Karl Pavlovič Brjullov: differenze tra le versioni

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sepoltura e memoria
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Nella città natale il Brjullov frequentò insieme al fratello l'[[Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo|Accademia di Belle Arti]]. Karl ebbe come maestri Andrei Ivànov, Aleksej Egòrov e Vasilij Šebùev. Sia egli che il fratello uscirono dall'Accademia con ottimo profitto: Karl in particolare ottenne una medaglia d'oro e un attestato di primo grado per il dipinto ''L’apparizione di Dio ad Abramo alla quercia di Mambre, in aspetto di tre Angeli'', soggetto noto alla tradizione iconografica medievale russa<ref name= cazzola />.
Nella città natale il Brjullov frequentò insieme al fratello l'[[Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo|Accademia di Belle Arti]]. Karl ebbe come maestri Andrei Ivànov, Aleksej Egòrov e Vasilij Šebùev. Sia egli che il fratello uscirono dall'Accademia con ottimo profitto: Karl in particolare ottenne una medaglia d'oro e un attestato di primo grado per il dipinto ''L’apparizione di Dio ad Abramo alla quercia di Mambre, in aspetto di tre Angeli'', soggetto noto alla tradizione iconografica medievale russa<ref name= cazzola />.


In più, i due fratelli si aggiudicarono una borsa di studio di cinquemila [[Rublo russo|rubli]] annui come contributo per il perfezionamento artistico da svolgersi all'estero per un periodo di tre anni. Fu in quell'occasione che i due fratelli russificarono il loro cognome, trasformandolo da Brüleau a Brjullov, data l'impossibilità per gli stranieri di godere di sovvenzioni economiche pubbliche<ref name= ruvr />.
In più, i due fratelli si aggiudicarono una borsa di studio di cinquemila [[Rublo russo|rubli]] annui come contributo per il perfezionamento artistico da svolgersi all'estero per un periodo di tre anni. Fu in quell'occasione che i due fratelli russificarono il loro cognome, trasformandolo da Brüleau a Brjullov, data l'impossibilità per gli stranieri di godere di sovvenzioni economiche pubbliche<ref name= ruvr >[http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/41920446/44244928/ ''I fratelli Brjullov. Aleksandr e Karl'', sul sito "La voce della Russia"]</ref>.


===Il primo soggiorno romano (1823-1827)===
===Il primo soggiorno romano (1823-1827)===
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===Il ritorno in Italia e la morte (1850-1852)===
===Il ritorno in Italia e la morte (1850-1852)===
Nonostante l'aggravarsi delle condizioni di salute, fece ritorno in Italia nel 1850. Divenne intimo della famiglia Tittoni, dei cui membri dipinse i ritratti e nella cui casa di Manziana venne regolarmente ospitato<ref name= cazzola />.


Nonostante l'aggravarsi delle condizioni di salute, fece ritorno in Italia nel 1850. Divenne intimo della famiglia Tittoni, dei cui membri dipinse i ritratti e nelle cui case di Roma e di [[Manziana]] era ospitato<ref name= cazzola />.
Proprio là nel 1852 morì a soli cinquantatre anni<ref>In ''Brjullov Alexandr Pavlovic'', in Enciclopedia Treccani, 1930, si indica la morte come avvenuta a "Marciano di Roma". Tale indicazione è anche seguita dalla pubblicazione ''[[Museo civico di Crema e del Cremasco]]''. Tuttavia, non esistendo traccia di tale località ed essendo probabile il suo decesso nella casa dove era spesso ospitato, questa informazione deve considerarsi un refuso. Si segue dunque l'informazione più plausibile e suggerita dalle altre fonti, secondo cui la morte sarebbe avvenuta a Manziana.</ref>.


La sue condizioni di salute tuttavia peggiorarono drasticamente. Il dottor De Masi, medico della famiglia Tittoni, diagnosticò una "emorragia arteriosa" ([[aneurisma aortico]]) e nel giugno del 1852 il Brjullov morì nel Palazzo Tittoni di Manziana, a soli cinquantatre anni<ref name= lazio_segreto >[http://laziosegreto.blogspot.it/2012/09/le-tracce-del-pittore-karl-brjullov-tra.html ''Le tracce del pittore Karl Brjullov tra Manziana e Roma'', sul sito "Lazio segreto"].</ref><ref>In ''Brjullov Alexandr Pavlovic'', in Enciclopedia Treccani, 1930, si indica la morte come avvenuta a "Marciano di Roma". Tale indicazione è anche seguita dalla pubblicazione ''Museo civico di Crema e del Cremasco''. Tuttavia questa informazione deve considerarsi un refuso, non esistendo traccia di tale località ed essendo essa smentita da tutte le altre fonti disponibili.</ref>.
Fu sepolto al [[cimitero del Testaccio|cimitero acattolico del Testaccio]] di Roma<ref name= cazzola /><ref name= ruvr >[http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/41920446/44244928.html Biografia di Brjullov] sul sito "La voce della Russia".</ref>.

===Sepoltura e memoria del pittore===

Il Brjullov fu sepolto al [[cimitero del Testaccio|cimitero acattolico del Testaccio]] di Roma. La sua lapide contiene un bassorilievo che raffigura simbolicamente la vita dell'artista: sulla sinistra della scena una figura femminile rappresenta da [[Neva]], il fiume di San Pietroburgo, città natale del Brjullov, mentre sulla destra un uomo barbuto rappresenta il [[Tevere]], simbolo di Roma. Al centro, si trova il pittore, circondato da figure femminili, probabilmente [[Musa|Muse]], e da un bambino, forse [[Apollo]]. L'epigrafe, che recita "''Carolus Brullof / pictor qui Petropolis / in imperio russiarum / natus anno MDCCXCIX / decessit MDCCCLII''" è di difficile lettura, sia per la latinizzazione del nome, sia per l'indicazione di "Petropolis", antico nome di San Pietroburgo, come città natale del pittore<ref name= lazio_segreto />.

La tomba è stata oggetto di studi da parte dell'[[Università della Calabria]]<ref>''Issues in Applied Physics'', Scholarly editions, 2011.</ref> e quindi di un radicale restauro conservativo<ref name= lazio_segreto />.

Al Brjullov è dedicata una via nel borgo di Manziana<ref>[http://www.tuttocitta.it/cap/lazio/RM/manziana/via-karl-brjullov www.tuttocittà.it]</ref>, mentre lapidi commemorative in sua memoria sono state poste presso il Palazzo Tittoni, sempre a Manziana<ref name= lazio_segreto />, e a Roma, nel palazzo in via San Claudio dove il pittore aveva il suo studio e dove espose per la prima volta il ''Pompei''<ref>[http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=11248 Scheda e foto della lapide] sul sito "Chi era costui?"</ref>.


==Stile pittorico e giudizi critici==
==Stile pittorico e giudizi critici==
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*I. Ciseri, ''Il romanticismo'', Mondadori, 2003.
*I. Ciseri, ''Il romanticismo'', Mondadori, 2003.
*Hugh Honour, ''Il romanticismo'', Einaudi, 2007.
*Hugh Honour, ''Il romanticismo'', Einaudi, 2007.
*''Issues in Applied Physics'', Scholarly editions, 2011.
*P. Daverio, ''Il secolo lungo della modernità'', Rizzoli, 2012.
*P. Daverio, ''Il secolo lungo della modernità'', Rizzoli, 2012.


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*[http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/41920446/44244928.html Biografia di Brjullov] sul sito "La voce della Russia".
*[http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/41920446/44244928.html Biografia di Brjullov] sul sito "La voce della Russia".
*[http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/U0070-00136/?view=autori&offset=0&hid=1170&sort=sort_int Scheda dell'opera ''Enrico Martini, diplomatico in Russia''] sul sito Lombardia Beni Culturali.
*[http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/U0070-00136/?view=autori&offset=0&hid=1170&sort=sort_int Scheda dell'opera ''Enrico Martini, diplomatico in Russia''] sul sito Lombardia Beni Culturali.
*[http://laziosegreto.blogspot.it/2012/09/le-tracce-del-pittore-karl-brjullov-tra.html ''Le tracce del pittore Karl Brjullov tra Manziana e Roma'', sul sito "Lazio segreto"].
*[http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=11248 Scheda e foto della lapide] sul sito "Chi era costui?".
*[http://www.tuttocitta.it/cap/lazio/RM/manziana/via-karl-brjullov Via Brjullov a Manziana sul sito www.tuttocittà.it.]


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Versione delle 14:01, 27 feb 2014

Karl Brjullov nel suo ultimo autoritratto (1848), conservato alla Galleria Tret'jakov di Mosca[1]

Karl Pavlovič Brjullov, (in russo Карл Павлович Брюллов?) (San Pietroburgo, 12 dicembre 1799Manziana, 11 giugno 1852), è stato un pittore russo.

Nato a San Pietroburgo da una famiglia di origine francese, era fratello di Aleksandr, celebre architetto.

Appartenne a quella generazione di pittori russi, fra cui Sil'vestr Feodosievič Ščedrin, Fëdor Antonovič Bruni e Aleksandr Andreevič Ivanov che, tra gli anni Venti e gli anni Trenta dell'Ottocento, effettuarono lunghi soggiorni in Italia, studiandone la tradizione pittorica dei secoli precedenti e raffigurandone vedute di città, campagne ed elementi naturali, ed eseguendo grandi dipinti di scene storiche dal gusto neoclassico o romantico[2].

In Italia dipinse la sua opera più celebre, Gli ultimi giorni di Pompei, uno dei dipinti più noti della pittura russa del XIX secolo.

Viaggiò molto anche in altri Paesi d'Europa, come Germania, Francia, Portogallo, Grecia e Turchia. In Russia fu pittore acclamato e professore all'Accademia di belle arti di San Pietroburgo.

Tornato in Italia negli ultimi anni di vita, morì a Manziana a soli cinquantatre anni.

Biografia

Le origini familiari e la formazione artistica (1799-1823)

Karl Brjullov nacque a San Pietroburgo da una famiglia ugonotta di lontani origini francesi, scappata in Russia a seguito dell'Editto di Fontainebleau, emesso da Luigi XIV di Francia nel 1685 e con il quale, revocava l'Editto di Nantes e quindi la libertà di culto in Francia.

Il suo nome in francese era Charles Brüleau[3].

Alcuni suoi avi erano stati scultori ornamentalisti mentre il padre, Pavlov, era pittore. Pittori erano anche due suoi fratelli[4]. Un altro fratello, il celebre Aleksandr, era un celebre architetto ed anch'egli pittore, abile ritrattista[1].

Nella città natale il Brjullov frequentò insieme al fratello l'Accademia di Belle Arti. Karl ebbe come maestri Andrei Ivànov, Aleksej Egòrov e Vasilij Šebùev. Sia egli che il fratello uscirono dall'Accademia con ottimo profitto: Karl in particolare ottenne una medaglia d'oro e un attestato di primo grado per il dipinto L’apparizione di Dio ad Abramo alla quercia di Mambre, in aspetto di tre Angeli, soggetto noto alla tradizione iconografica medievale russa[4].

In più, i due fratelli si aggiudicarono una borsa di studio di cinquemila rubli annui come contributo per il perfezionamento artistico da svolgersi all'estero per un periodo di tre anni. Fu in quell'occasione che i due fratelli russificarono il loro cognome, trasformandolo da Brüleau a Brjullov, data l'impossibilità per gli stranieri di godere di sovvenzioni economiche pubbliche[5].

Il primo soggiorno romano (1823-1827)

Nel 1822 i due fratelli Brjullov partirono per l'Italia, ma una malattia costrinse Karl in Germania per alcuni mesi. Visitò le città ed i musei di Dresda e Monaco di Baviera. Giunto in Italia nel 1823, compì un lungo itinerario fra le città d'arte del Paese, fra cui Venezia, Padova, Verona, Mantova, Bologna e Firenze. Giunto a Roma, si dedicò al suo primo lavoro, una copia fedele e a grandezza naturale della Scuola di Atene di Raffaello. L'opera fu spedita a San Pietroburgo, dove suscitò notevole ammirazione[4], valendogli l'aumento della sovvenzione economica e l'onorificenza di San Vladimir[5].

I fratelli Brjullov presero alloggio nel quartiere degli artisti, sul Quirinale, dove frequentarono altri ex studenti dell'Accademia di San Pietroburgo in viaggio in Italia[5].

A Roma il Brjullov strinse inoltre amicizia con il pittore italiano Cherubino Cornienti, che ne ammirò da subito il talento, ispirandosi spesso alla sua pittura, soprattutto per la tecnica del "non finito" e per le forti e drammatiche suggestioni luministiche, e ne porterà avanti la "secessione" milanese degli anni Quaranta[6][7].

A Roma frequentò e fu sentimentalmente legato alla contessa Yulija Pàvlovna Samòjlova (1803-1875), nobildonna russa trapiantata a Milano, adottata dal conte Giulio Renato Litta, al servizio della Russia come militare e diplomatico e divenuto Ammiraglio dopo la guerra contro la Svezia (1788-90). Non avendo figli, la contessa aveva a sua volta adottato Amacilia e Giovannina Pacini, figlie del noto compositore Giovanni Pacini, a sua volta amico del Brjullov, in quanto orfane di madre[4].

La Samòjlova teneva a Milano un salotto, definito austriacante[8], frequentato da artisti, scrittori e musicisti nel Palazzo del Borgonuovo, arricchito da una delle più preziose raccolte d'arte della città, fra le quali più avanti compariranno anche i ritratti della contessa eseguiti proprio dal Brjullov[7].

Un altro personaggio di cui il Brjullov divenne frequentatore fu Anatolij Demidov (1813-1870), mecenate e collezionista d'arte appartenente ad una famiglia di industriali e benefattori russi trapiantati in Italia, tra Roma e Firenze, marito della contessa Matilde Bonaparte, figlia di Gerolamo e cugina dello Zar Nicola I[9].

Il viaggio in Campania e Gli ultimi giorni di Pompei (1827)

Nell'estate del 1827 il pittore si recò in Campania in compagnia del fratello Alexandr, della contessa Samòjlova e del Demidocv. In Campania, il gruppo ebbe modo di visitare gli scavi di Pompei e di Ercolano. Fu lì che nacque l'idea per un nuovo dipinto, Gli ultimi giorni di Pompei: l'opera venne cominciata subito, ma venne portata a termine a Roma solo sei anni più tardi, nel 1833ì[4].

Il successo a Roma, la tournée a Milano e Parigi e il viaggio in Oriente (1827-1836)

In seguito all'enorme successo riscosso a Roma, il Brjullov e il Pompei intrapresero una trinfale tournée con tappe a Milano, dove l'opera venne messa in mostra all'Accademia di Brera nel 1833, e a Parigi, dove venne esposta al Museo del Louvre, in occasione del Salon di quell'anno (1834). L'opera venne infine inviata in Russia, mentre il Brjullov nel 1835, dopo un breve ritorno a Milano, partì per un viaggio in Grecia e in Turchia al fine di eseguire disegni di paesaggi dei luoghi, che verranno pubblicati nel 1839-40, al suo ritorno a San Pietroburgo. In quel viaggio ebbe come allievo ed aiutante Grigorij Grigor'evič Gagarin, figlio dell’ambasciatore russo alla Corte papale, e conosciuto a Roma poco prima, il quale sarà anche il suo primo biografo[4].

Il ritorno in Russia (1936-1949)

Terminata anche questa esperienza, il Brjullov tornò in madrepatria. A Mosca conobbe Aleksandr Puškin; a San Pietroburgo lavorò ai bozzetti per le decorazioni della Cattedrale di Sant'Isacco, che tuttavia non riuscì mai a portare a termine. Nella città natale divenne inoltre professore all'Accademia di Belle Arti e si dedicò ai ritratti di molti personaggi dell'aristocrazia russa del tempo[1] e lo Zar Nicola I lo insignì dell’onorificenza di S. Anna di terzo grado[5].

Gli ultimi viaggi in Europa (1849-1850)

Nonostante la sua salute cominciava a farsi cagionevole, nell'aprile del 1849 il Brjullov partì per degli ulteriori e impegnativi viaggi: in compagnia di alcuni allievi passò attraversò la Polonia, la Prussia, il Belgio, l'Inghilterra. Da lì, giunse in Portogallo e poi sull'isola di Madera, dove soggiornò qualche mese e dove all'ormai costante produzione ritrattistica affiancò dei dipinti di paesaggi dello stesso stile di quelli eseguiti anni prima in Grecia ed in Turchia. Infine, nel 1950 fu in Spagna[4].

Il ritorno in Italia e la morte (1850-1852)

Nonostante l'aggravarsi delle condizioni di salute, fece ritorno in Italia nel 1850. Divenne intimo della famiglia Tittoni, dei cui membri dipinse i ritratti e nelle cui case di Roma e di Manziana era ospitato[4].

La sue condizioni di salute tuttavia peggiorarono drasticamente. Il dottor De Masi, medico della famiglia Tittoni, diagnosticò una "emorragia arteriosa" (aneurisma aortico) e nel giugno del 1852 il Brjullov morì nel Palazzo Tittoni di Manziana, a soli cinquantatre anni[10][11].

Sepoltura e memoria del pittore

Il Brjullov fu sepolto al cimitero acattolico del Testaccio di Roma. La sua lapide contiene un bassorilievo che raffigura simbolicamente la vita dell'artista: sulla sinistra della scena una figura femminile rappresenta da Neva, il fiume di San Pietroburgo, città natale del Brjullov, mentre sulla destra un uomo barbuto rappresenta il Tevere, simbolo di Roma. Al centro, si trova il pittore, circondato da figure femminili, probabilmente Muse, e da un bambino, forse Apollo. L'epigrafe, che recita "Carolus Brullof / pictor qui Petropolis / in imperio russiarum / natus anno MDCCXCIX / decessit MDCCCLII" è di difficile lettura, sia per la latinizzazione del nome, sia per l'indicazione di "Petropolis", antico nome di San Pietroburgo, come città natale del pittore[10].

La tomba è stata oggetto di studi da parte dell'Università della Calabria[12] e quindi di un radicale restauro conservativo[10].

Al Brjullov è dedicata una via nel borgo di Manziana[13], mentre lapidi commemorative in sua memoria sono state poste presso il Palazzo Tittoni, sempre a Manziana[10], e a Roma, nel palazzo in via San Claudio dove il pittore aveva il suo studio e dove espose per la prima volta il Pompei[14].

Stile pittorico e giudizi critici

Nei primi anni della sua carriera pittorica, l'influenza dell'arte italiana suggerì a Brjullov un'originale accostamento fra tema storico, ritrattistica ufficiale, tipici dell'Ottocento romantico, e atmosfere e rivisitazioni idilliache, ricordo di un classicismo settecentesco di ispirazione greca. Gli anni Trenta portarono invece per il pittore una sensibilità diversa: il tema storico, costante della pittura Brjulloviana, cominciò a perdere in idillio e ad essere interpretato sotto una luce più drammatica e catastrofica, come evidente ne Gli ultimi giorni di Pompei. Le radici di questa svolta, personale prima ancora che pittorica, vanno ricercate nei particolari avvenimenti della storia russa di quegli anni, segnati dalla rivolta dei decabristi e dalle difficoltà politiche che caratterizzarono il regno dello zar Nicola I[2].

Quanto allo stile e alla tecnica pittorica, Brjullov si distinse da quanto si andava affermando fra i pittori dell'epoca e in particolar modo fra quegli artisti russi trapiantati in Italia, Ščedrin su tutti: alla ricerca, da parte di quei pittori, di una morbida unità tonale, percorsa da sottili sfumature di luci e colori, creata dall'osservazione della realtà en plen air, Brjullov rispondeva con un utilizzo più vigoroso del colore, caratterizzato dalla creazione di grosse chiazze cromatiche dal sicuro impatto ed effetto. Questa caratteristica, evidente nelle opere del primo periodo, andò scemando nella produzione più romantica e matura[2].

Una parte importante della produzione artistica del Brjullov è costituita dal ritratto. La sua fama di ritrattista, la velocità di esecuzione e l'originalità nel creare ritratti "ambientati", tanto in voga nell'aristocrazia dell'epoca, gli procurarono una vasta e generosa committenza e un posto di contendente a Giuseppe Molteni per il ruolo di protagonista nella ritrattistica milanese, ruolo in cui il Brjullov finì con l'essere consacrato dalla committenza, ancora più del Molteni, a causa delle entrature della Samòjlova e dell'abilità del pittore nel creare un sapiente equilibrio tra finito e non finito[4][15]. Tuttavia la sua produzione in questo particolare ambito riscosse anche alcue critiche negative, essendo giudicata di scarso valore[16].

Ad ogni modo, il Brjullov è generalmente considerato un ottimo pittore, anche se non mancano in proposito giudizi discordanti: se da un lato era definito già in vita pittore eccelso, tanto da meritarsi in patria l'appellativo di "Karl il grande"[4][5], d'altra parte è stato anche criticato per un "suo freddo e compassato accademismo", tale da rendere la sua fama superiore ai suoi meriti[17].

Gli ultimi giorni di Pompei

Il dipinto: genesi, soggetto e caratteristiche

Gli ultimi giorni di Pompei (1827-1833)

Il dipinto raffigura la tragica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che distrusse le città di Pompei, Ercolano e Stabia.

L'opera venne iniziata nel 1827 durante il viaggio che i due fratelli Brjullov fecero per assistere agli scavi archeologici di Ercolano e a quelli di Pompei. Si racconta che Karl cominciò ad abbozzare l'opera dopo aver assistito alla rappresentazione teatrale Ultimo giorno di Pompei dell'amico Giovanni Pacini, a Napoli nel 1827[18].

Il lavoro venne inizialmente commissionato dalla nobildonna russa M. G. Razumovskaja, che tuttavia si ritirò. Come committente rimase il Demidov[4].

Venne però ultimato a Roma, ben sei anni più tardi, nel 1833. È ipotizzabile che la lunga gestazione dell'opera fosse costituita più che altro da studi preparatori, ancora oggi conservati, e che il dipinto vero e proprio fosse stato realizzato poi in tempi brevi, in un momento di particolare ispirazione[2].

Figlio di quel nuovo sentire che caratterizzò il Brjullov negli anni Trenta, presenta un felice intreccio della tematica romantica dell'impeto della natura e dello sconvolgimento dell'ambiente, con la visione di un'umanità comunque fiera ed eroica, anche di fronte alla catastrofe. Il tema storico acquista vigore non solo sul piano artistico ed emotivo, ma anche sul piano del realismo descrittivo e della contestualizzazione storiografica: il pittore, recatosi a Pompei personalmente, affrontò le fonti storiche con attenzione e precisione, servendosi di dati archeologici e documentandosi sui fatti, studiando la lettera che Plinio il Giovane indirizzò a Tacito, in cui descrisse con dovizia di particolari l'evento[2]. Nel quadro è infatti riprodotto uno scorcio reale dell'antica città: ad essere raffigurata è la Via dei Sepolcri, dalla Porta Ercolano alla Villa di Diomede, nella direzione della Villa dei Misteri[4].

Nel Pompei il soggetto storico è l'occasione per una riflessione del Brjullov sulle sorti dell'umanità e della sua impotenza verso la natura. Si è rilevato come questo tipo di tensione emotiva fosse ancora più accentuata negli schizzi preparatori, piuttosto che nel lavoro finale. Ad esempio, l'espressiva presenza del sacerdote pagano che, al centro della scena negli studi preparatori, scappa portando via i tesori del tempio, avvolto in un vistoso mantello scarlatto, è smorzata spostando il soggetto in una parte meno appariscente della composizione, dietro al gruppo di figure sulla sinistra, e visivamente attenuata dal colore bianco delle vesti. Al suo posto, in primo piano sulla scena, si trovano le figure in fuga con il vecchio caricato in spalle, un richiamo alle figura di Enea ed Anchise, segno di maggior rispetto ed aderenza alla tradizione classica ed ai canoni pittorici più accademici[4].

Ma il significato del dipinto comprende anche una riflessione sul crollo della civiltà classica, che la città di Roma, in cui Brjullov soggiornava all'epoca, rappresentava[19].

L'opera è senza dubbio la più celebre del pittore russo ed è considerata come uno dei momenti più significativi della pittura russa dell'Ottocento, nonché una delle opere di culto dell'arte romantica del tempo.[2][7][19].

Il successo dell'opera a Roma e nelle altre città italiane

Il dipinto fu esposto, appena ultimato, nello studio del Brjullov in via San Claudio, dove suscitò l'ammirazione dei numerosissimi visitatori e ricevette gli elogi di importanti personalità dell'epoca, in qual periodo presenti in Italia, quali Walter Scott, che definì l'opera "un colosso", Stendhal e Franz Liszt. Nel giro di pochissimo tempo, la popolarità del Pompei si espanse in tutta Italia e valse al pittore importanti riconoscimenti: fu nominato, oltre che socio dell'Accademia di San Luca a Roma, anche membro dell'Accademia Clementina a Bologna, dell'Accademia Ducale di Parma e dell'Accademia di Brera a Milano.[4].

Milano: la prima tappa della tournée e l'impatto sulla pittura storica italiana

Fu proprio l'Accademia di Brera che richiese il trasferimeno temporaneo dell'opera a Milano, in occasione della mostra accademica annuale. A Milano essa ottenne la stessa fama e suscitò la stessa ammirazione della stampa e del pubblico di cui aveva goduto a Roma. Tuttavia gli ambienti braidensi reagirono con una certa freddezza, se non con aperte critiche: se si esclude il positivo apprezzamento dell'accademico Ignazio Fumagalli di cui il Brjullov realizzerà un ritratto, il Pompei venne definito "una frittata" e il pittore russo Andrei Ivanov, suo maestro a San Pietroburgo, rimproverò all'allievo la "mancanza di ordine nella composizione"[4].

Al di là del primo entusiastico clamore, la presenza dell'opera a Milano provocò un vero e proprio smottamento, destinato ad incidere e a durare nel tempo, nella pittura romantica italiana dell'epoca, i cui canoni stilistici erano in quegli anni fortemente legati all'accademismo e alla lezione formale di Francesco Hayez, definito da Giuseppe Mazzini, nel suo scritto londinese Modern italian painters, "il massimo esponente della pittura storica italiana, che la coscienza nazionale vuole per l'Italia, l'artista più avanzato che noi abbiamo nel sentimento dell'Ideale che è chiamato a governare tutti i problemi dell'Europa". Grazie al Pompei (ma anche al successivo Morte di Ines di Castro, sempre di soggetto storico, del 1834), il Brjullov divenne l'iniziatore di una nuova pittura storica definita "eretica" e il punto di riferimento di una vasta secessione dai canoni stilistici della pittura storica ufficiale dell'Hayez, ritenuta ora troppo legata alla tradizione accademica e al richiamo degli equilibri dei grandi maestri cinquecenteschi[7].

Fu da quel momento che la pittura romantica italiana, nello specifico quella di soggetto storico, cominciò a orientarsi verso riletture drammatiche, eroiche, tragiche e luttuose di vicende storiche nuove, come quelle bibliche, riguardanti episodi come il Diluvio universale, o quelle del martirio dei santi, prima d'allora quasi sconosciute alla pittura storica italiana ottocentesca[7].

Con il Brjullov assente dall'Italia (lascerà il Paese subito dopo il breve soggiorno milamese e vi ritornerà sedici anni dopo, poco prima di morire) a portare avanti quest'operazione di rinnovamento furono pittori a lui vicini, in particolare Carlo Arienti e Cherubino Cornienti, che fu con lui con lui nel viaggio in Oriente negli anni seguenti ma da lì in poi stabilmente in Italia. L'influenza che per tramite di questi seguaci il Brjullov esercitò a Milano e in Italia segnò l'opera di tanti pittori degli anni a venire, come Giacomo Trecourt, Pasquale Massacra, Mauro Conconi e in una certa misura anche Giovanni Carnovali, (detto "il Piccio"). Questi artisti ricercarono nuove rese pittoriche e nuove suggestioni emotive tramite l'uso del chiaroscuro, degli effetti di controluce e della drammatizzazione della scena e dei personaggi, incuranti della tradizione hayeziana, in seguito perpetrata da Francesco Podesti e comunque ancora autorevole per tutti gli anni Quaranta, forte dell'appoggio di solidi testi di riferimento che invece mancavano agli "eretici", lodati solo dalla stampa periodica, fino a quando, con l'inizio del nuovo decennio, lo stesso Hayez si rivolse a nuove proposte formali più adeguate all'evolversi dei tempi e dei gusti[7][20].

L'esposizione a Parigi e l'accoglienza in Russia

Il dipinto venne dunque trasferito a Parigi, in occasione del Salon annuale presso il Museo del Louvre. Infine fu inviato in Russia ed esposto all'Ermitage di San Pietroburgo, per poi essere donato da parte del Demidov allo Zar, per volere del quale fu collocato al Museo russo di San Pietroburgo, dove è tuttora conservato insieme ai molti disegni preparatori[4].

In patria ricevette grandi lodi, fra cui quelle di Nikolaj Gogol', che gli dedicò un saggio dei suoi Arabeschi e che trasse probabilmente ispirazione dalla figura della donna morta con il bambino in lacrime che occupa il centro della camposizione per la descrizione della strega esanime e delle madri affamate durante la scena dell'assedio di Dubno in Taras Bul'ba (1835)[21].

Anche Fëdor Dostoevskij parlò del Pompei nelle sue Memorie dalla casa dei morti (1861).

Mattino italiano (1823)

Il dipinto fu inoltre una delle fonti di ispirazione per il romanzo Gli ultimi giorni di Pompei dello scrittore inglese Edward Bulwer-Lytton, apparso nel 1834[18].

Altre opere notevoli

Mattino italiano

È uno dei primi dipinti di Brjullov, eseguito nel 1823 con uno stile ancora giovanile. Il quadro venne inviato a San Pietroburgo ed esposto ad una mostra d'arte nel 1825. Successivamente fu donato a Nicola I. Si racconta che egli lo avesse sistemato nel suo studio e che lì usasse contemplarlo a lungo[5].

Il pittore chiamava quest'opera "la mia creatura". Essa fa parte di quello che è considerato una sorta di "trittico", insiema a una Fanciulla che coglie l’uva nei dintorni di Napoli (eseguito durante il soggiorno campano dell'estate del 1827) e a un Meriggio italiano del 1828, a pendant rispetto al Mattino. Tuttavia, mentre le due altre opere sono oggi collocate al Museo russo di san Pietroburgo, il Mattino italiano è ora conservato al Kunsthalle di Kiel[4].

Betsabea

Betsabea (1832)

Conosciuta anche con il titolo Betsabea al bagno, o con la variante slava del nome (Virsavia), quest'opera raffigura Betsabea, moglie di Uria l'Ittita, la quale venne notata mentre faceva il bagno dal Re Davide, che se ne invaghì, tanto da sottrarla al marito e concepire con lei il figlio Salomone. Il personaggio è ritratto proprio nel momento in cui Davide la notò, e il suo sguardo rivolto all'osservatore suggerisce con efficacia la sensazione dell'incontro.

Il dipinto è tipico di quella maniera iniziale del Brjullov, in cui il soggetto storico veniva decontestualizzato dalla storia per essere affrontato secondo un gusto ancora classicheggiante ed idilliaco. Anche l'impianto pittorico è ancora tipico di quel primo periodo. Il colore è infatti disposto in modo chiazze vivaci e slegate fra loro. Anche il chiaroscuro è accentuato: sia livello generale, con forte rilievo luministico dato alla donna, rispetto alla figura, pur in primo piano, del moro, e allo sfondo dalle tonalità più cupe e indistinte, sia sulla figura stessa della protagonista, il cui volto è bizzarramente in ombra rispetto al resto del corpo posto in piena luce, quasi ad ingenerare nell'osservatore lo sguardo che Davide, invaghito, posò sul corpo di Betsabea, espediente dal sicuro effetto partecipativo dell'osservatore, appena smorzato e bilanciato dal richiamo operato dello sguardo fisso della donna. Il dipinto costituisce l'ultimo e forse il miglior esempio della prima maniera della pittura di Brjullov, la cui produzione cominciò a volgere in quegli anni verso un sentire più maturo e più tipicamente ottocentesco[2].

La cavallerizza

La cavallerizza (1832)

Eseguito nel 1832, si tratta del doppio ritratto di Giovannina e Amacilia Pacini, figlie del compositore Giovanni Pacini, amico di Brjullov, la cui opera "Ultimo giorno di Pompei" fu forse alla base della nascita dell'interesse del pittore verso quella vicenda storica[18].

Il doppio ritratto rivela anche il coinvolgimento personale di Brjullov, essendo le due bambine figlie adottive della contessa Yulia Samoilova, nobildonna russa che Brjullov conobbe a Roma e a cui fu a lungo sentimentalmente legato. L'opera fu eseguita durante il primo soggiorno italiano (1823- 1834) e rappresenta l'atmosfera aristocratica del tempo attraverso la raffigurazione di dettagli preziosi e raffinati. È conservata presso la Galleria Tret'jakov di Mosca[19].

Il "ritratto ambientato" d'ispirazione teatrale e musicale

Quella del ritratto ambientato fu una moda particolarmente diffusa tra l'aristocrazia e la borghesia del tempo, sia italiana che russa[15]. Un'altra tematica ricorrente era quella legata al mondo musicale e dei teatri, soprattutto in ambito milanese. La tematica teatrale, in particolare offriva interessanti spunti creativi alla pittura storica[22]. A questo si aggiunga il sempre maggior desiderio dei committenti di vedersi ritrarre in circostanze e situazioni tali da sottolinearne lo stile di vita lussuoso e raffinato[4].

Il Brjullov si fece interprete delle richieste della committenza in alcuni dipinti che ben fondono questi diversi filoni pittorici, distinti ma collegati, del ritratto ambientato, del teatro, della rappresentazione del lusso e dell'evocazione storica.

Si pensi per esempio al Ritratto di Giuditta Pasta nella scena della pazzia della Anna Bolena di Donizetti. Eseguito nel 1834, è uno dei numerosi dipinti di quegli anni ispirati alla figura di Anna Bolena, personaggio della celebre opera di Gaetano Donizetti, raffigurata frequentemente nella scena della pazzia, culmine del dramma. Il dipinto di Brjullov sottolinea la mimica teatrale fatta di calcate espressioni di dolore e gesti drammatici ed inconsulti. Il personaggio è raffigurato esattamente nei costumi indossati dall'attrice, Giuditta Pasta, nella "prima" a Bologna del 26 dicembre 1830. Il dipinto è conservato a Milano, presso il Museo teatrale alla Scala.[19]. L'opera è incompiuta, e questo suscitò le ire della Pasta, ma il Brjullov era ormai partito per Parigi[4].

Un altro esempio è costituito dal Ritratto della cantante Fanny Tacchinardi Persiani, eseguito anch'esso nel 1834. La celebre soprano, figlia del tenore Nicola Tacchinardi e moglie del direttore d'orchestra Giuseppe Persiani, è ritratta in un'atmosfera agreste e idillica, caratteristica della prima produzione del Brjullov[23], nei panni di Amina nell'opera La sonnambula di Vincenzo Bellini[4]. L'opera, conservata al Museo dell'Accademia delle arti di San Pietroburgo, ricorda decisamente, per le atmosfere bucoliche, per l'atteggiamento assorto del soggetto e per il suo gesto di tenere in mano dei fiori, il Ritratto della cantante Giuditta Pasta come Nina pazza per amore eseguito qualche anno prima (1829) dal "rivale" Giuseppe Molteni, ma superandolo per raffinatezza e correttezza esecutiva, nonostante la Giuditta Pasta sia considerata fra i più elevati risultati della ritrattistica molteniana, nonché l'opera della definitiva consacrazione del suo autore[24].

Fra le opere appartenenti a questo filone dell'arte del Brjullov, la più celebre è senz'altro La contessa Julija Samòjlova con la figlia Amacilia all'uscita dal ballo. L'opera si caratterizza per la marcata unità tonale dei rossi, per lo sfoggio degli abiti lussuosi delle due protagoniste, per un netto stacco fra i soggetti in primo piano, accuratamente eseguiti, e i cartoni scenografici di fondo, riprodotti nella loro incompiutezza e imprecisione disegnativa, soprattutto nelle linee prospettiche che attraversano i capitelli sulla destra: il "non finito", caratteristico delle opere del Brjullov, in questo non sta più nell'esecuzione del pittore, ma nel soggetto stesso. La presenza dei costumi d'epoca dà inoltre spunto al pittore per l'inserimento nell'opera della tematica storica.

Sogno di una suora (1831)

È difficile ricostruire se il dipinto sia stato eseguito in Italia o in Russia (dove è oggi conservato al Museo russo di San Pietroburgo) e di conseguenza ne è ardua la datazione. È comunque di sicuro risalente agli anni Trenta o Quaranta[7], forse precedente al 1842[4].

Il tema del sogno

Sogno di una fanciulla (1833)

La cultura romantica dei primi decenni dell'Ottocento annoverava fra i suoi temi ricorrenti quello del sogno e dell'incubo, sviluppato in antitesi al pensiero positivista francese ed inglese. Questo tema, che sarà alla base del successivo interesse per la psicoanalisi, venne coltivato in ambito artistico soprattutto da pittori quali Johann Heinrich Füssli e Francisco Goya. Anche Brjullov dimostrò interesse per la tematica, dipingendo numerosi soggetti del genere, tra i quali sono noti soprattutto Sogno di una suora, del 1831, e Sogno di una fanciulla, del 1833, acquarelli entrambi conservati al Museo Puškin di Mosca[25].

Il primo fonde la componente onirica a quella erotica. La giovane suora è raffigurata dormiente, mentre due figure sognanti ed ectoplasmatiche di amanti compaiono nella scarsa luce della sera. Al lato della composizione un'altra suora, più anziana, osserva la scena come a voler vigilare e scacciare il sogno della ragazza. La presenza di questa seconda figura è probabilmente ispirata dalla tradizione popolare russa, in cui il sogno è una realtà quotidiana di cui le donne di casa più anziane sono consideratele le interpreti[25].

Il secondo dipinto descrive invece il sogno di una fanciulla, in cui compare la ragazza da bambina stretta in un abbraccio con i genitori. La composizione e lo studio dell'interno sono del tutto simili al dipinto precedente. Manca invece la componente erotica e carnale, protagonista del Sogno di una suora, e in generale l'atmosfera del quadro è resa più serena dalla luce del giorno, dai colori più vivaci e dalla presenza della figura allegorica che porta alla ragazza l'immagine dei genitori[25].

Enrico Martini, diplomatico in Russia

Enrico Martini, diplomatico in Russia

Come suggerito dal titolo, il dipinto raffigura il conte Enrico Martini, (1818-1861) patriota risorgimentale, diplomatico e Deputato del Regno di Sardegna e poi del Regno d'Italia, nonché esponente della Destra storica.

Più difficile dargli una datazione ed una contestualizzazione: è stato datato negli anni Quaranta, quando il pittore si trovava in Russia, dove l'opera sarebbe stata dipinta, come ne suggerisce il titolo[26]. Tuttavia l'interpretazione del soggetto non è data per certa, e si è suggerito di dare all'opera il più generico titolo "Nobile con calesse", anticipando anche la datazione al decennio precedente, all'epoca del primo soggiorno di Brujllov in Italia, dove il dipinto sarebbe quindi stato eseguito[27].

L'opera è conservata ed esposta presso il Museo civico di Crema e del Cremasco. La presenza a Crema, città che non sembra aver avuto legami di nessun tipo con Brjullov, ma patria di Enrico Martini, sembra comunque confermare almeno l'identità del soggetto ritratto[26][27].

Diana sulle ali della notte

Uno degli ultimi quadri di Brjullov, eseguito nel 1852 poco prima di morire, rappresenta la Notte, personificata nelle sembianze di una donna, in volo su Roma, con Diana addormentata sulle sue ali. Nella veduta della città si nota il cimitero acattolico del Testaccio, indicato da un segno, quasi a voler indicare il luogo dove avrebbe voluto essere sepolto, come effettivamente accadde poco tempo dopo[5].

Elenco delle opere note

Periodo di formazione a San Pietroburgo (prima del 1823)

  • Narciso (1819)
  • L’apparizione di Dio ad Abramo alla quercia di Mambre, in aspetto di tre Angeli

Primo soggiorno italiano (1823-1834)

  • Copia de La scuola di Atene di Raffaello (1823)
  • Dafnis e Cloe
  • Satiro e Baccante
  • Numa Pompilio in colloquio con la Ninfa Egeria
  • Erminia tra i pastori, incompiuto
  • Mattino italiano (1823)
  • Autoritratto (1823)
  • Fanciulla che coglie l'uva nei dintorni di napoli (1827)
  • Meriggio italiano (1828)
  • Ritratto di Gagarin (1829)
  • La contessa Samojlova in gondola (1829)
  • Ritratto del fratello Alexandr (anni Venti)
  • Elena Pavlovna con la figlia Maria (1830)
  • Ritratto dello scultore baruzzi (1830)
  • Sogno di una suora (1831)
  • Famiglia italiana in attesa di un bimbo (1831)
  • Ritratto di Giovanni Pacini (1831)
  • Anatolij Nikolaevič Demidov a cavallo (1831), incompiuto
  • Betsabea (1832)
  • La cavallerizza (1832)
  • Ritratto di Sergej Sobolevskij (1832)
  • Ritratto della principessa Elizaveta Pavlovna Saltykòva (1833)
  • Gli ultimi giorni di Pompei (1827-1833)
  • Sogno di una fanciulla (1833)
  • Autoritratto (1833)
  • Morte di Ines de Castro (1834), incompiuto.
  • L’appuntamento mancato (1834)
  • Rovine nel parco
  • Perseo e Andromeda
  • La morte di Laocoonte
  • Ritratto di Ignazio Fumagalli (1833)
  • Ritratto di Giuditta Pasta nella scena della pazzia della "Anna Bolena di Donizetti (1834)
  • Ritratto di Fanny Tacchinardi Persiani, nella parte di Amina ne La sonnambula di Bellini (1834)
  • Ritratto di Francesco Guerrazzi
  • Ritratto di Giuseppe Capecelatro, arcivescovo di Taranto
  • Ritratto del conte Carlo Andrea Pozzo di Borgo

Periodo dei viaggi in Francia, Grecia e Turchia (1834-1836)

  • La contessa Olga Pavlovna Ferzen su un asinello (1835)

Periodo russo (1836-1849)

  • Cartoni preparatori per la Cattedrale di Sant'Isacco
  • Ritratto di V.Zukovskij[1]
  • Ritratto di I.Krylov[1]
  • Ritratto di P.Viardo[1]
  • Ritratto di Aleksej Konstantinovič Tolstòj in veste di cacciatore (1836)
  • Ritratto di Aleksej A. Perovskij
  • L’assedio di Pskov (1843), incompiuto
  • Ritratto delle sorelle Aleksandra ed Olga (1839)
  • Ritratto del fratello Alexandr (1841)
  • Ritratto di Pauline Viardot Garcia (1844)
  • Autoritratto (1848)

Il viaggio in Spagna e Portogallo (1849)

  • Ritratto del duca di Leuchtenberg (1849)

L'ultimo soggiorno italiano (1848-1850)

  • Ritratto di Michelangelo Lanci
  • Ritratto di Angelo Tittoni
  • Ritratto di Mariano Tittoni
  • Ritratto di Vincenzo Tittoni
  • Ritratto di Giulietta Tittoni
  • Ritratto di Caterina Tittoni
  • Dimostrazione politica a Roma nel 1846
  • Diana sulle ali della notte (1852)

Opere di difficile indicazione cronologica

  • Sotto la quercia della Vergine[2]
  • La contessa Julija Samòjlova con la figlia Amacilia all'uscita dal ballo (anni Trenta o Quaranta)
  • Enrico Martini, diplomatico in Russia o Nobile con calesse

Per quelle non descritte nel testo, la fonte di individuazione delle opere è P. Cazzola, op. cit., salvo dove diversamente indicato in nota.

Note

  1. ^ a b c d e f Marina Nikolaeva - Carlo Radollovich, Karl Brjullov.
  2. ^ a b c d e f g h Dmitrij Sarab'janov, Artisti russi in Italia nel XIX secolo, in Aa. Vv., I russi e l'Italia, Scheiwiller, 1995 (pagine 142-155).
  3. ^ Karl Pavlovich Bryullov, in Encyclopaedia Britannica.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u Piero Cazzola, Karl Brjullov, eccelso pittore russo a Roma nell’Ottocento, Strenna dei romanisti, 2003 (consultabile online).
  5. ^ a b c d e f g I fratelli Brjullov. Aleksandr e Karl, sul sito "La voce della Russia"
  6. ^ S. Bietoletti - M. Dantini, L'Ottocento italiano. La storia, gli artisti, le opere, Giunti, 2002 (pagine 48-49).
  7. ^ a b c d e f g F. Della Peruta - F. Mazzocca, Milano. Dalla Restaurazione alle Cinque Giornate, Skira, 1998
  8. ^ G. Rumi, L'aristocrazia e i salotti, in Milano dalla Restaurazione alle Cinque Giornate, Skira, 1998 (pagina 110)
  9. ^ O. Adamišina, I Demidov e Villa Abimelek in Aa. Vv., I russi e l'Italia, Scheiwiller, 1995 (pagine 154-165)
  10. ^ a b c d Le tracce del pittore Karl Brjullov tra Manziana e Roma, sul sito "Lazio segreto".
  11. ^ In Brjullov Alexandr Pavlovic, in Enciclopedia Treccani, 1930, si indica la morte come avvenuta a "Marciano di Roma". Tale indicazione è anche seguita dalla pubblicazione Museo civico di Crema e del Cremasco. Tuttavia questa informazione deve considerarsi un refuso, non esistendo traccia di tale località ed essendo essa smentita da tutte le altre fonti disponibili.
  12. ^ Issues in Applied Physics, Scholarly editions, 2011.
  13. ^ www.tuttocittà.it
  14. ^ Scheda e foto della lapide sul sito "Chi era costui?"
  15. ^ a b F. Mazzocca, Il ritrattista mondano e il pittore della vita del popolo, in Aa. Vv., Giuseppe Molteni e il ritratto nella Milano romantica, Skira, 2000 (pagine 28-30).
  16. ^ Karl Pavlovic Brujllov, in Enciclopedia italiana Treccani, I appendice, 1938.
  17. ^ Brjullov Alexandr Pavlovic, in Enciclopedia Treccani, 1930.
  18. ^ a b c Hugh Honour, Il romanticismo, Einaudi, 2007.
  19. ^ a b c d I. Ciseri, Il romanticismo, Mondadori, 2003.
  20. ^ M. Di Monte, Hayez, Francesco, Dizionario biografico degli italiani Treccani, volume 61, 2004 (consultabile online).
  21. ^ G. Strano, Gogol'. Ironia, polemica, parodia, 1830-1836, Rubbettino, 2004
  22. ^ D. Falchetti Pezzoli, Il mondo musicale, in Milano dalla Restaurazione alle Cinque Giornate,Skira, 1998 (pagine 102-103)
  23. ^ Aa. Vv., Milano dalla Restaurazione alle Cinque Giornate, Skira, 1998 (pagina 238)
  24. ^ Aa. Vv., Giuseppe Molteni e il ritratto nella Milano romantica, Skira, 2000 (pagine 28-30, 145-149, 208-209)
  25. ^ a b c P. Daverio, Il secolo lungo della modernità, Rizzoli, 2012 (pagine 384 e seguenti).
  26. ^ a b Scheda del dipinto sul sito Lombardia Beni Culturali.
  27. ^ a b Museo civico di Crema e del cremasco. Sezione di arte moderna e contemporanea, Leva Artigrafiche, 1995.

Bibliografia

La tomba di Brjullov al cimitero acattolico del Testaccio di Roma
  • Brujllov Alexandr Pavlovic, in Enciclopedia italiana Treccani, 1930 (consultabile online)
  • Karl Pavlovic Brujllov, in Enciclopedia Treccani, I appendice, 1938 (consultabile online).
  • Dmitrij Sarab'janov, Artisti russi in Italia nel XIX secolo, in AA. VV., I russi e l'Italia, Scheiwiller, 1995 (pagine 142-155).
  • Museo civico di Crema e del cremasco. Sezione di arte moderna e contemporanea, Leva Artigrafiche, 1995.
  • S. Bietoletti - M. Dantini, L'Ottocento italiano. La storia, gli artisti, le opere, Giunti, 2002.
  • Piero Cazzola, Karl Brjullov, eccelso pittore russo a Roma nell’Ottocento, 2003 (consultabile online).
  • Marina Nikolaeva - Carlo Radollovich, Karl Brjullov (consultabile online).
  • I. Ciseri, Il romanticismo, Mondadori, 2003.
  • Hugh Honour, Il romanticismo, Einaudi, 2007.
  • Issues in Applied Physics, Scholarly editions, 2011.
  • P. Daverio, Il secolo lungo della modernità, Rizzoli, 2012.

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