Villanovaforru

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Villanovaforru
comune
(IT) Villanovaforru
(SC) Biddanòa 'e Forru
Villanovaforru – Stemma
Villanovaforru – Bandiera
Villanovaforru – Veduta
Villanovaforru – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Sardegna
ProvinciaSud Sardegna
Amministrazione
SindacoMaurizio Onnis (lista civica) dal 6-6-2016 (2º mandato dall'11-10-2021)
Territorio
Coordinate39°37′56.16″N 8°52′08.61″E / 39.632267°N 8.869057°E39.632267; 8.869057
Altitudine324 m s.l.m.
Superficie10,93 km²
Abitanti680[1] (31-1-2024)
Densità62,21 ab./km²
Comuni confinantiCollinas, Lunamatrona, Sanluri, Sardara
Altre informazioni
Cod. postale09020
Prefisso070
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT111100
Cod. catastaleL986
TargaSU
Cl. sismicazona 4 (sismicità molto bassa)[2]
Nome abitanti(IT) villanovesi
(SC) biddanoesus
Patronosan Francesco
Giorno festivo3-4 ottobre
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Villanovaforru
Villanovaforru
Villanovaforru – Mappa
Villanovaforru – Mappa
Posizione del comune di Villanovaforru all'interno della provincia del Sud Sardegna
Sito istituzionale

Villanovaforru (Biddanoa 'e Forru in sardo) è un comune italiano di 680 abitanti della provincia del Sud Sardegna.

Situato tra le dolci colline della Marmilla, a circa 50 km da Cagliari, il paese appartiene al Consorzio Turistico Sa Corona Arrubia. Sino alla metà del Novecento era un piccolo centro agricolo quasi totalmente sconosciuto; in seguito alla scoperta del nuraghe Genna Maria e all'apertura del museo archeologico è diventato un centro legato anche all'ambito archeologico e culturale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ingresso alla torre del nuraghe Genna Maria

La zona era abitata già in epoca nuragica, per la presenza di numerosi nuraghi, e in epoca romana, per la presenza di alcune tombe con vari reperti archeologici.

In epoca medioevale appartenne al Giudicato di Arborea e fece parte della curatoria di Marmilla, e apparteneva alla diocesi di Usellus e Terralba, unificate poi in quella di Ales. Alla caduta del giudicato (1410) entrò a far parte del Marchesato di Oristano. In seguito al fallimento della rivolta antiaragonese di Leonardo Alagon, ultimo marchese di Oristano, dopo la battaglia di Macomer (1478) tutta l'area passò sotto il dominio aragonese. In epoca aragonese fece parte dell'Incontrada di Parte Montis, appartenente alla contea di Quirra, feudo dei Carroz. Nel 1603 la contea divenne un marchesato, feudo dei Centelles. In periodo sabaudo, nel 1798, passò agli Osorio de la Cueva, in possesso dei quali rimase fino al 1839 quando fu riscattato in seguito alla soppressione del sistema feudale.

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stemma e il gonfalone del Comune di Villanovaforru sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 6 aprile 2005.[3]

«Semipartito troncato: il 1° di verde, a tre spighe di grano, impugnate d'oro, legate di rosso; il 2° di rosso, al vaso piriforme nuragico d'oro, doppiamente ansato, riccamente rabescato, dello stesso; il 3° di azzurro, alla chiesa di Santa Marina, formata dall'edificio sacro d'oro, chiuso di nero, e dal portico di tre archi, antistante, più largo, d'oro, gli archi laterali per metà aperti del campo, essa chiesa sostenuta dalla campagna di verde. Ornamenti esteriori da Comune.»

Il gonfalone è un drappo di giallo.

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Abitanti censiti[4]

Lingue e dialetti[modifica | modifica wikitesto]

La variante del sardo parlata a Villanovaforru è il campidanese occidentale.

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Feste religiose[modifica | modifica wikitesto]

Santa Marina[modifica | modifica wikitesto]

Gli abitanti di Villanovaforru sono particolarmente devoti a santa Marina di Orense: "eroina" e martire spagnola che si festeggia due volte l'anno (il lunedì e martedì dopo Pasqua ed il 16-17 luglio).

Le rendono omaggio, onore e lode, con i canti paraliturgici (Coggius), con l'Ave Maria e il Rosario cantato in sardo dagli uomini e dalle donne, in processione, accompagnando il cocchio trainato dai buoi. Le donne anziane di Villanovaforru coltivano appositamente il basilico, che in occasione della festa viene benedetto e posto accanto alla statua della santa. Tutti i fedeli ne prendono un ramoscello e lo portano nella propria abitazione.

Esiste un film girato dal regista Piero Tatti a Villanovaforru su questa particolare usanza: Is frabbicas de Santa Marina (Il Basilico di Santa Marina), film che ha avuto una nomination al 61º Festival Internazionale del Cinema di Salerno.

San Francesco[modifica | modifica wikitesto]
La chiesa parrocchiale di San Francesco

Il 3 e 4 ottobre si venera san Francesco, patrono di Villanovaforru. Al santo è dedicata la chiesa parrocchiale sita in piazza Costituzione.

Sant'Isidoro[modifica | modifica wikitesto]

La domenica vicina al 15 maggio si celebra la festa di Sant'Isidoro, santo protettore degli agricoltori. Questi ultimi partecipano alla processione in onore del santo con i propri trattori.

San Sebastiano[modifica | modifica wikitesto]

Il 20 gennaio si festeggia san Sebastiano.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Il 17 luglio 1977, nella chiesa di Villanovaforru fu introdotta, per la prima volta nella storia recente della Sardegna, la celebrazione della messa in lingua sarda[5].

Musei[modifica | modifica wikitesto]

Il museo civico archeologico "Genn'e Maria" venne inaugurato il 18 dicembre del 1982. Esso è ubicato in una elegante palazzina ottocentesca, utilizzata in precedenza come "Monte di soccorso". Nel museo vengono conservati ed esposti vari reperti di epoca prevalentemente nuragica provenienti in larga parte dagli scavi di Genna Maria. Nelle numerose vetrine trovano collocazione, inoltre, reperti anche di altri paesi, quali Collinas, Lunamatrona, Siddi e Gesturi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 gennaio 2024.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Emblema del Comune di Villanovaforru (Cagliari), su presidenza.governo.it, Governo Italiano, Ufficio Onorificenze e Araldica, 2005. URL consultato il 22 gennaio 2021.
  4. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28-12-2012.
  5. ^ Eduardo Blasco Ferrer, La lingua sarda contemporanea, Cagliari, 1986, pag. 58. Un altro accenno all'uso ecclesiastico del sardo, stavolta in epoca meno recente, si trova a pag. 78.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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