Utente:The Boss Bomber2/Sandbox/Michael Martin (politico)

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Chicago Riverwalk[modifica | modifica wikitesto]

Il Riverwalk visto da Upper Wacker Drive guardando il Vietnam Veterans Memorial

Il Chicago Riverwalk o semplicemente The Walk è un lungofiume aperto e pedonale situato sulla riva sud del fiume Chicago nel centro di Chicago, in Illinois. Si estende da Lake Shore Drive a Franklin Street. Viene spesso chiamato "Second Lakefront"[1] (Secondo lungolago) della città. Contiene spazi verdi, caffè, spazi commerciali ed è nel complesso un "ottimo posto dove gli impiegati e le famiglie possono rilassarsi e mangiare qualcosa".[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Blair Kamin, Cityscapes: City's second waterfront: Riverwalk improved, but hurdles remain, su featuresblogs.chicagotribune.com, Chicago Tribune. URL consultato il 18 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2012).
  2. ^ (EN) Chicago Riverwalk, su cityofchicago.org, City of Chicago. URL consultato il 18 giugno 2023.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Gaming Hall of Fame[modifica | modifica wikitesto]

La Gaming Hall of Fame è stata istituita nel 1989 per riconoscere le persone che hanno svolto un ruolo significativo nell'industria del gioco e dell'intrattenimento.

Il Gala di beneficenza della Gaming Hall of Fame è un evento annuale organizzato dall'American Gaming Association (AGA) e dai suoi membri per onorare i risultati ottenuti nella leadership e nell'intrattenimento del settore. L'ingresso nella Gaming Hall of Fame è il più alto premio concesso dall'industria del gioco e dell'intrattenimento. Ogni anno, le persone che si sono distinte attraverso contributi significativi al settore ricevono questo riconoscimento. Più di 80 persone sono state inserite nella Gaming Hall of Fame sin dal suo inizio nel 1989.

La cena di beneficenza e la cerimonia di induzione della Gaming Hall of Fame sono organizzate dall'AGA e dai suoi membri e avvantaggiano il National Center for Responsible Gaming.

Elenco delle persone nella Gaming Hall of Fame[modifica | modifica wikitesto]

Le persone importanti che sono state inserite nella Hall of Fame sono elencate di seguito, con il loro anno di induzione.

  • Sheldon Adelson – Presidente di Las Vegas Sands (2011)
  • Paul Anka – Cantante nei casinò (2001)
  • Bob Arum – Promotore di pugilato (2008)
  • Bill Bennett – Cofondatore di Circus Circus Enterprises, proprietario del Sahara Hotel and Casino (1990)
  • Fred Benninger – Presidente di Metro-Goldwyn-Mayer e MGM Grand, Inc. (2004)
  • Lyle Berman – Cofondatore di Grand Casinos (2016)
  • Benny Binion – Proprietario di Binion's Horseshoe, fondatore delle World Series of Poker (1990)
  • Jack Binion – Fondatore di Horseshoe Gaming (2004)
  • Jan Jones Blackhurst – Sindaco di Las Vegas, dirigente di Caesars Entertainment (2014)
  • Blue Man Group – Artisti di performance nei casinò di Las Vegas (2011)
  • Sam Boyd – Cofondatore di Boyd Gaming (1991)
  • David Copperfield – Mago nei casinò (2007)
  • Celine Dion – Cantante al Caesars Palace (2013)
  • Franco Dragone – Direttore degli show del Cirque du Soleil e Le Rêve (2006)
  • William R. Eadington – Accademico che ha studiato l'industria del gioco (2011)
  • Jack Entratter – Direttore al Sands Hotel (1999)
  • Frank Fahrenkopf – Fondatore dell'American Gaming Association (2013)
  • Jackie Gaughan – Proprietario di diversi casinò nel centro di Las Vegas (1990)
  • Michael Gaughan – Fondatore di Coast Casinos (2009)
  • Henry Gluck – Presidente di Caesars World (1993)
  • Bernard Goldstein – Fondatore di Isle of Capri Casinos, "padre dei giochi fluviali" (2008)
  • Merv Griffin – Proprietario di Resorts International, investitore di Players International (2002)
  • William Harrah – Sviluppatore di Harrah's Reno e Harrah's Lake Tahoe (1989)
  • Richard A. "Skip" Hayward – Personaggio che ha guidato gli sforzi per ottenere il riconoscimento del Mashantucket Pequot Tribe, consentendo lo sviluppo di Foxwoods Resort Casino (2016)
  • Barron Hilton – Presidente di Hilton Hotels (1990)
  • Jeremy Jacobs – Presidente di Delaware North (2021)
  • Tom Jones – Cantante nei casinò (2003)
  • Don King – Promotore di pugilato (2008)
  • Kirk Kerkorian – Fondatore di MGM Resorts International, sviluppatore dell'International Hotel e MGM Grand Hotel and Casino (1991)
  • Sol Kerzner – Sviluppatore di casinò in Sudafrica e dell'Isola del paradiso (1991)
  • Emeril Lagasse – Ristoratore nei casinò (2008)
  • Guy Laliberté – Fondatore di Cirque du Soleil (2012)
  • J. Terrence Lanni – Presidente di MGM Mirage, dirigente di Caesars World (2000)
  • Don Laughlin – Omonimo di Laughlin, Nevada, sviluppatore del Riverside Resort Hotel & Casino (1991)
  • Steve Lawrence & Eydie Gorme – Cantanti nei casinò (1999)
  • Gary Loveman – CEO di Caesars Entertainment (2013)
  • Michael Mina – Ristoratore nei casinò della Las Vegas (2007)
  • Craig H. Neilsen – Fondatore di Ameristar Casinos (2005)
  • Wayne Newton – Cantante nei casinò (2000)
  • Charlie Palmer – Ristoratore nei casinò del Nevada (2011)
  • Clifford Perlman – CEO di Caesars World (2007)
  • Steven Perskie – Legislatore dello stato del New Jersey, ha guidato gli sforzi per legalizzare i casinò ad Atlantic City (2018)
  • Wolfgang Puck – Ristoratore nei casinò (2005)
  • William Raggio – Senatore degli Stati Uniti per il Nevada (2012)
  • Harry Reid – Senatore degli Stati Uniti per il Nevada, presidente della Nevada Gaming Commission (2001)
  • William "Si" Redd – Fondatore di International Game Technology (1991)
  • Debbie Reynolds – Cantante nei casinò (2005)
  • Don Rickles – Comico nei casinò (2004)
  • Larry Ruvo – Distributore di liquori a Las Vegas, filantropo (2005)
  • Jay Sarno – Sviluppatore di Caesars Palace e Circus Circus Las Vegas (1989)
  • Guy Savoy – Ristoratore al Caesars Palace (2013)
  • Grant Sawyer – Governatore del Nevada, influente nello sviluppo dei regolamenti di gioco (1989)
  • Julian Serrano – Ristoratore nei casinò di Las Vegas (2012)
  • Siegfried & Roy – Maghi nei casinò (1998)
  • Frank Sinatra – Cantante nei casinò (1997)
  • Alex Stratta – Ristoratore nei casinò di Las Vegas (2006)
  • E. Parry Thomas – Banchiere che ha finanziato numerosi casinò a Las Vegas (1989)
  • Donald Trump – Sviluppatore di casinò ad Atlantic City e nell'Indiana (1995)
  • Thomas Young Sr. – Fondatore di Young Electric Sign Company (1998)
  • Del Webb – Costruttore e proprietario di diversi casinò a Las Vegas e ad Atlantic City (2000)
  • Elaine Wynn – Direttore di Mirage Resorts e Wynn Resorts, filantropo (1999)
  • Steve Wynn – Presidente di Mirage Resorts, fondatore di Wynn Resorts (2006)

Cyrus L. Warner[modifica | modifica wikitesto]

Cyrus Lazelle Warner (17891852) è stato un architetto statunitense di New York. Ha progettato la Sinagoga Kahal Kadosh Beth Elohim in stile revival greco nel 1840 a Charleston, nella Carolina del Sud, nonché una chiesa in uno stile simile due anni prima.[1] È stato anche coinvolto nei lavori del Merchant's Exchange Building a New York con Isaiah Rogers.[2][3] Aveva il suo ufficio al 122 di Broadway dal 1842 al 1847.

I suoi figli Samuel A. Warner e Benjamin Warner erano entrambi architetti a New York. Sua figlia Harriet Amanda Warner sposò l'architetto Leopold Eidlitz nel 1845.[4] Anche Cyrus L. W. Eidlitz, nipote di Warner, era un architetto.

Potrebbe aver prestato servizio militare nella contea di Cayuga.[5]

Era sposato con Elizabeth Wadland Adams (1792-1860).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Synagogue Architecture in America: Faith, Spirit & Identity, Henry Stolzman e Daniel Stolzman
  2. ^ (EN) I. N. Phelps Stokes, The iconography of Manhattan Island 1498-1909, vol. 3, Robert H. Dodd, 1918, p. 623. Ospitato su Columbia University Libraries Digital Collections.
  3. ^ (EN) 2nd Merchant's Exchange Building
  4. ^ (EN) Leopold Eidlitz, Architecture and Idealism in the Gilded Age, Kathryn E. Holliday, p. 29.
  5. ^ (EN) [1] Verbali militari del Consiglio di nomina dello Stato di New York ..., volume 3, Council of Appointment of the State of New York


Samuel A. Warner[modifica | modifica wikitesto]

Samuel Adams Warner (18221897) è stato un architetto statunitense. Ha studiato architettura nell'ufficio di suo padre Cyrus L. Warner e ha collaborato con suo fratello minore Benjamin Warner dal 1862 al 1868. Ha progettato edifici mercantili per le merci secche per HB Claflin Co., SB Chittendon & Co., Charles St. John e HD Aldrich. Ha anche progettato la Collegiata di marmo e diversi edifici nel Cast Iron Historic District di SoHo dal 1879 al 1895.[1]

Benjamin Warner è accreditato per aver progettato 33 Greene Street all'angolo nord-ovest di Grand Street (1873).[2]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Category: Samuel A. Warner | SoHo Historic Architecture, su informavore.com. URL consultato il 18 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 4 novembre 2013).
  2. ^ a b c d e f g (EN) N. White, E. Willensky e F. Leadon, AIA Guide to New York City, Oxford University Press, USA, 2010, p. 116, ISBN 9780199772919. URL consultato il 18 giugno 2023.


Collegiata di marmo[modifica | modifica wikitesto]

Collegiata di marmo
La Collegiata di marmo
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Stato federatoNew York
LocalitàNoMad
ReligioneCristiana

La Collegiata di marmo (in inglese: Marble Collegiate Church), fondata nel 1628, è una delle più antiche congregazioni protestanti esistenti del Nord America. La congregazione, che fa parte di due denominazioni nella tradizione riformata - la Chiesa unita di Cristo e la Chiesa riformata in America - si trova al 272 della Quinta Strada all'angolo della Ventinovesima Strada occidentale nel quartiere NoMad di Manhattan a New York. Fu costruita nel 1851-1854 e fu progettata da Samuel A. Warner in stile neoromanico con finiture gotiche. La facciata è rivestita in marmo Tuckahoe,[1] ragione per la quale la chiesa, originariamente chiamata Fifth Avenue Church, fu ribattezzata con questo nome nel 1906.

L'edificio è stato designato come punto di riferimento della città di New York nel 1967,[1] ed è stato aggiunto al registro nazionale dei luoghi storici nel 1980.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Matthew A. Postal, Guide to New York City Landmarks, New York, John Wiley & Sons, 2009.

Pastori della Collegiata di marmo[modifica | modifica wikitesto]


Prima chiesa presbiteriana a Jamaica[modifica | modifica wikitesto]

Prima chiesa presbiteriana a Jamaica
La chiesa nel 2022
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Stato federatoNew York
LocalitàJamaica
ReligioneCristiana

La prima chiesa presbiteriana a Giamaica (in inglese: First Presbyterian Church in Jamaica) è una chiesa di Jamaica, nel Queens, un quartiere di New York. Costituita nel 1662, è la più antica chiesa presbiteriana in servizio continuo negli Stati Uniti.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa fu costituita per la prima volta nel 1662. La maggior parte dei suoi fondatori proveniva da Halifax, nel West Yorkshire, in Inghilterra.[2] Sebbene ci siano chiese più antiche a Long Island, questa congregazione non ha mai interrotto il servizio. Nel 1699 fu costruita una chiesa in pietra su quella che oggi è Jamaica Avenue, pagata con i dollari delle tasse.[2] Nel 1702 le congregazioni dell'Episcopale Grace e della Prima Chiesa Riformata si separarono.[3] Una nuova chiesa fu costruita nel 1813 vicino a quella che oggi è la 163esima Strada. La chiesa fu spostata, insieme a una canonica costruita del 1824, nel 1920 nell'attuale sede in 89-60 164th Street. Due anni dopo, fu eretta una tavoletta di bronzo per celebrare il 260° anniversario.[4] Nel 1925 fu eretta una chiesa, ora nota come Magill Memorial Building, per soddisfare il crescente bisogno di spazi per uffici e aule per la chiesa. Nel 1959, Donald Trump ha ricevuto qui i sacramenti e ha assistito alle funzioni nel corso degli anni formativi.[5] Nell'aprile 2008, la chiesa ha celebrato il suo 345° anniversario.[1] Nello stesso anno, la chiesa rifiutò il riconoscimento dei punti di riferimento da parte della Commissione per la conservazione dei punti di riferimento della Città di New York.

Tree of Life Center[modifica | modifica wikitesto]

Il Tree of Life Center (Centro dell'albero della vita) è un programma di sensibilizzazione per potenziare economicamente Jamaica e rendere autosufficienti gli individui della comunità. I programmi presso il Centro includono preparazione GED, ESL e SAT, alfabetizzazione finanziaria e corsi di preparazione al lavoro e alleviamento della fame. Il centro integra anche i fornitori dei servizi sociali esistenti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Allison Cox, Nation's oldest Presbyterian church reaching into community with PD principles, su purposedrivenchurch.com, 2008 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2010).
  2. ^ a b (EN) Henry Isham Hazelton, FIRST PRESBYTERIAN CHURCH, JAMAICA*, su Nassau County History Rootsweb, 1924. URL consultato il 16 giugno 2023.
  3. ^ (EN) First Presbyterian Church in Jamaica, First Presbyterian Church in Jamaica - History, su firstchurchjamaica.org, 2008 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 20110).
  4. ^ (EN) BRONZE TABLET MARKS 260TH YEAR OF CHURCH - Jamaica Observes Founding of Oldest Presbyterian Body in the Country. (PDF), in New York Times, 13 ottobre 1922. URL consultato il 16 giugno 2023.
  5. ^ (EN) MJ Lee God and the Don. in CNN.com, 2 giugno 2017.


Tony Schwartz[modifica | modifica wikitesto]

Tony Schwartz (2 maggio 1952) è un giornalista statunitense. A nome del futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha scritto il libro Trump: L'arte di fare affari come ghostwriter dal 1985 al 1987.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Tony Schwartz è figlio del medico Irving Schwartz e dell'attivista Felice Schwartz. Ha studiato studi americani presso l'Università del Michigan e si è laureato nel 1974. Schwartz è stato editorialista per il New York Post, editore per Newsweek , giornalista per il New York Times e editore per le riviste New York e Esquire.

A partire dal 1985 ha lavorato per l'imprenditore Donald Trump e ha scritto, su lui,[1] il libro Trump: L'arte di fare affari, di cui Trump e Schwartz sono citati come autori. È stato pubblicato nel novembre 1987. Schwartz è rimasto nelle immediate vicinanze di Trump per un anno e mezzo per fare ricerche sul libro. Il libro si è posizionato per tredici settimane al primo posto nella lista dei bestseller del New York Times e vi è rimasto per 48 settimane. L'editore Random House ha pagato $ 500.000 per il manoscritto, che i due autori hanno condiviso. Trump e Schwartz si divisero anche i diritti d'autore. Secondo PolitiFact ha venduto circa un milione di copie entro il 2015, prima che Trump annunciasse la candidatura presidenziale.

Schwartz in seguito ha preso le distanze da Trump e dalle sue opinioni politiche e sociali e, per quanto si sa, considera Trump problematico e inadatto alla presidenza. Il 31 ottobre 2016, otto giorni prima delle elezioni presidenziali, Schwartz ha rilasciato un'intervista alla BBC in cui ha affermato di aver in qualche modo creato una versione di Donald Trump che dipinge un quadro fin troppo positivo ("Ho creato una versione di Donald Trump che è molto più accattivante di quanto non sia in realtà."). Ha affermato poi che Trump è un "sociopatico". Schwartz è stato particolarmente irritato dal fatto che Trump abbia annunciato la sua candidatura nel luglio 2015 con le parole "Abbiamo bisogno di un leader che abbia scritto L'arte di fare affari" - sebbene sia stato lui, Schwartz, a scrivere ogni singola parola di questo libro. Se Trump viene eletto presidente, cosa che non crede, lascerà sicuramente gli Stati Uniti con la sua famiglia.[2]

Schwartz ha scritto il libro What Really Matters: Searching for Wisdom in America nel 1995 e il suo libro Work in Progress nel 1998 con Michael Eisner, allora CEO di The Walt Disney Company . Ha pubblicato diversi libri su argomenti di gestione e saggi sulla Harvard Business Review.

Pubblicazioni (selezione)[modifica | modifica wikitesto]

  • con Donald Trump: Trump: The Art of the Deal. Random House, New York 1987
  • What Really Matters: Searching for Wisdom in America. Bantam Books, New York 1995, ISBN 9780553093988
    • Was wirklich zählt. Auf der Suche nach Weisheit und Lebenssinn heute. Droemer Knaur, München 1996, ISBN 978-3-426-86097-7
  • con Michael Eisner: Work in progress. Random House, New York 1998, ISBN 978-0-375-50071-8
    • Michael D. Eisner: „Disney ist jeden Tag ein Abenteuer“. Stationen einer Karriere. Traduzione di Bernhard Liesen e Erwin Unkrieg. Heyne, München 1999, ISBN 978-3-453-12933-7; Edzione tascabile estesa: Von der Micky Maus zum Weltkonzern. Der Disney-Chef über sein Erfolgsrezept. ebd. 2000, ISBN 978-3-453-17263-0
  • con Jim Loehr: The Power of Full Engagement: Managing energy, not time, is the key to high performance and personal renewal. Free Press, New York 2003, ISBN 9780743226745
    • Die Disziplin des Erfolgs. Von Spitzensportlern lernen – Energie richtig managen. Econ, München 2003, ISBN 978-3-430-18203-4
  • con Jean Gomes & Catherine McCarthy: The Way We're Working Isn’t Working: The Four Forgotten Needs That Energize Great Performance. Free Press, New York 2010, ISBN 9781439127667
  • con Jean Gomes e Catherine McCarthy: Be Excellent at Anything: The Four Keys to Transforming the Way We Work and Live. Free Press, New York 2010, ISBN 9781849834322

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Jane Mayer, Donald Trump’s Ghostwriter Tells All, in The New Yorker, 25 luglio 2016. URL consultato il 16 giugno 2023.
  2. ^ (EN) Tony Schwartz: „If Trump wins I’ll leave US“, 31 ottobre 2016. URL consultato il 16 giugno 2023.

Storia degli ebrei a Gibilterra[modifica | modifica wikitesto]

Ebrei gibilterriani
Gibraltarian Jews
Judios gibraltareños
יהודים גיברלטרים
Luogo d'origineBandiera di Gibilterra Gibilterra
Popolazione600
Linguainglese, spagnolo, llanito ebraico, ladino haketia, arabo giudeo-marocchino
Religioneebraismo
Gruppi correlatiebrei sefarditi , ebrei marocchini

La storia degli ebrei a Gibilterra risale a oltre 650 anni. Ci sono stati periodi di persecuzione, ma per la maggior parte del tempo gli ebrei di Gibilterra hanno prosperato e sono stati una delle più grandi minoranze religiose della città, dove hanno contribuito alla cultura, alla difesa e al governo di Gibilterra.

Significativamente, gli ebrei di Gibilterra non hanno affrontato quasi nessun antisemitismo ufficiale durante la loro permanenza in città. Durante la celebrazione del terzo centenario di Gibilterra, Jonathan Sacks, il rabbino capo del Regno Unito di Gran Bretagna, Irlanda del Nord e del Commonwealth, è stato citato dicendo: "Nei tempi bui dell'espulsione e dell'inquisizione, Gibilterra ha acceso il faro della tolleranza" e che Gibilterra "è probabilmente la comunità in cui gli ebrei sono stati maggiormente integrati".[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La Sinagoga grande di Gibilterra con la Torah, in essa contenuta

Ci sono stati ebrei a Gibilterra almeno dal 1356. Una fonte sopravvissuta di quel periodo menziona che gli ebrei chiesero aiuto per gli ebrei catturati dai pirati. Quando gli ebrei furono espulsi dalla Spagna nel 1492, molti di loro fuggirono in Marocco attraverso Gibilterra. Nel 1713 la Spagna firmò il trattato di Utrecht, cedendo Gibilterra agli inglesi. Il trattato proibiva ai "mori" e agli ebrei di stabilirsi nell'area, ma nel 1729 gli inglesi conclusero comunque un trattato con il sultano del Marocco consentendo ai commercianti ebrei di stabilirsi a Gibilterra.[2] Al giorno d'oggi, molti ebrei della regione hanno radici marocchine.[3]

Nel 1805, il numero degli ebrei era già aumentato tanto da costituire circa la metà della popolazione di Gibilterra. Nel 1843 iniziò ad essere pubblicata Cronica Israelitica, una rivista sulla lingua ladina. Il numero di ebrei raggiunse il massimo nel 1878, quando erano 1.533. Tuttavia, il loro numero è diminuito con l'inizio del XX secolo e durante la seconda guerra mondiale molti degli sfollati non sono mai tornati.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Molte tradizioni ebraiche marocchine sono ancora vive a Gibilterra. Tra le altre cose, gli ebrei locali celebrano le feste all'henné, che si tengono la notte prima del matrimonio. Anche molti canti cantati nelle sinagoghe sono di origine marocchina. È anche possibile ottenere un'istruzione ebraica nella zona.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Isambard Wilkinson, Gibraltar rocks to Hebrew 'God Save the Queen', in The Daily Telegraph, 13 dicembre 2004. URL consultato il 19 giugno 2023.
  2. ^ a b (EN) Gibraltar, su jewishvirtuallibrary.org. URL consultato il 19 giugno 2023.
  3. ^ (EN) Jews of Gibraltar reflect on their roots, su bbc.co.uk. URL consultato il 19 giugno 2023.

Michael Martin, barone Martin di Springburn[modifica | modifica wikitesto]

Lord Martin di Springburn
Michael Martin nel 2007

Speaker della Camera dei comuni
Durata mandato23 ottobre 2000 –
21 giugno 2009
PredecessoreBetty Boothroyd
SuccessoreJohn Bercow

Presidente di Ways and Means
Durata mandato14 maggio 1997 –
23 ottobre 2000
PresidenteBetty Boothroyd
PredecessoreGeoffrey Lofthouse
SuccessoreSylvia Heal

Membro del Parlamento
Durata mandato3 maggio 1979 –
22 giugno 2009
PredecessoreRichard Buchanan
SuccessoreWillie Bain
Legislatura48° , 49° , 50° , 51° , 52°, 53°, 54°
Gruppo
parlamentare
Laburista
(1979-2000)
Indipendente
(2000-2009)
CollegioGlasgow Springburn (1979-2005)
Glasgow nord-est
(2005-2009)
Sito istituzionale

Dati generali
Prefisso onorificoThe Right Honourable
Suffisso onorificoMP
Partito politicoIndipendente
(2000-2009)
Laburista
(1966-2000)
ProfessioneSindacalista

Michael John Martin, barone Martin di Springburn (Glasgow, 3 luglio 194529 aprile 2018), è stato un politico e sindacalista britannico, membro del Partito Laburista e Speaker della Camera dei comuni dal 23 ottobre 2000 al 21 giugno 2009.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Martin è nato il 3 luglio 1945 a Glasgow in William Street da padre marinaio e madre bidella.[1] Era uno dei cinque figli della coppia [2] e venne allevato ad Anderston. La famiglia in seguito si trasferì a Springburn quando Michael aveva quattordici anni.[3] Ha frequentato la St Patrick's Boys 'School, lasciandola alcuni giorni prima del suo quindicesimo compleanno per diventare un apprendista operaio in una fabbrica chiamata Heatovent.[1]

Attività professionale[modifica | modifica wikitesto]

Si è unito al Partito Laburista quando aveva 21 anni.[4] Lavorò come operaio alla Rolls-Royce Limited dal 1960 al 1976[5] e nello stabilimento di Hillington. Verso la metà dei venti anni di età, fu un shop steward a tempo pieno della Amalgamated Union of Engineering Workers.[6]

A 26 anni, nel 1973, Martin fu eletto consigliere laburista della Corporazione di Glasgow, in rappresentanza del rione di Firfield. Nel 1974 fu eletto nel consiglio distrettuale della città di Glasgow, in rappresentanza di Balornock. È stato rappresentante sindacale della National Union of Sheet Metal Workers and Coppersmiths (NUPE) tra il 1976 e il 1979.[2]

Carriera politica[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni 1987-1997 è stato a capo del cosiddetto Scottish Grand Comittee (Grande Commissione Scozzese), che raggruppa tutti i membri della Camera dei Comuni eletti in Scozia. Nel 1997 è diventato Vice speaker della Camera dei comuni.

Speaker della Camera dei comuni[modifica | modifica wikitesto]

Il 23 ottobre 2000 divenne Speaker della Camera dei comuni, ciò rappresentò per lui una rottura con qualsiasi politica di partito. Nelle elezioni del 2005, nessuno dei tre partiti principali aveva un contro-candidato nel suo collegio elettorale, il che gli assicurò una facile vittoria. La sua caratteristica principale come Speaker erano le deliberazioni alla Camera emesse con l'accento scozzese.

Critiche all'operato[modifica | modifica wikitesto]

A partire dall'autunno 2008, il modo in cui Martin ha svolto il suo operato è stato oggetto di crescenti critiche da parte sia dei media che dei membri del Parlamento. Nel novembre 2008, ha dato il suo consenso (anche se non lo confermò pubblicamente per molto tempo), ala polizia di Londra di entrare nel Palazzo di Westminster e cercare, senza un ordine di ricerca ufficiale, l'ufficio del deputato conservatore Damian Green sospettato di rivelare il segreto di stato (in seguito, il pubblico ministero ha archiviato il caso).[7][8] Nella prima metà del 2009, la scena politica britannica è rimasta scioccata dallo scandalo associato al ripetuto abuso del parlamentare sul diritto al rimborso emesso in connessione con l'adempimento del mandato. Nel maggio 2009, il leader dei Liberal Democratici, Nick Clegg, ha chiesto formalmente le dimissioni di Martin dalla carica di presidente dell'assemblea.[9]

Dimissioni e nomina a pari a vita[modifica | modifica wikitesto]

Il 21 giugno 2009, si è dimesso dalla carica andando così a costituire un fatto nuovo in oltre 300 anni al Parlamento.

Il 25 agosto dello stesso anno è stato nominato pari a vita come Barone Martin di Springburn e Port Dundas della città di Glasgow e viene ufficialmente ammesso alla Camera dei lord, di cui ne ha fatto parte come crossbencher.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) John Egan meets Glasgow Springburn MP Michael Martin, Speaker of the House of Commons, in Kirkintilloch Herald, 17 settembre 2003. URL consultato il 15 novembre 2018.
  2. ^ a b (EN) Andrew Roth, Michael Martin. Glasgow Springburn (1979-), in The Guardian, 19 marzo 2001.
  3. ^ (EN) Deborah Summers, 'I think of doctors like mechanics with a car. And I've had a fine-tune', in The Herald, 10 maggio 2006. URL consultato il 15 novembre 2018.
  4. ^ (EN) Michael Martin speaks out on a prestigious career, in Kirkintilloch Herald, 24 giugno 2009.
  5. ^ (EN) Lord Martin of Springburn, su parliament.uk, Parliament of the United Kingdom. URL consultato il 15 novembre 2018.
  6. ^ (EN) Obituary - Michael Martin, former Commons speaker criticised for handling of expenses scandal, in The Herald, 29 aprile 2018. URL consultato il 15 novembre 2018.
  7. ^ (EN) Speaker Martin sanctioned raid on opposition's office, su talkcarswell.com, 28 novembre 2008. URL consultato il 15 novembre 2018.
  8. ^ (EN) PM had 'no knowledge' of arrest], su bbc.co.uk, 29 novembre 2008. URL consultato il 15 novembre 2018.
  9. ^ (EN) T. Helm, G. Hinsliff e K. Scott, Nick Clegg calls for Speaker to resign over expenses storm, in The Guardian, 17 maggio 2009. URL consultato il 15 novembre 2018.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Speaker della Camera dei comuni Successore
Betty Boothroyd 23 ottobre 2000 – 21 giugno 2009 John Bercow
Predecessore Presidente di Ways and Means Successore
Geoffrey Lofthouse 14 maggio 1997 – 23 ottobre 2000 Sylvia Heal

Porto di Los Angeles[modifica | modifica wikitesto]

Porto di Los Angeles
Vista del porto di Los Angeles e di Long Beach da Palos Verdes
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Stato federato  California
ComuneLos Angeles
MareOceano Pacifico
Tipocommerciale
Logo del porto di Los Angeles

Il porto di Los Angeles (in inglese: Port of Los Angeles o Worldport LA) è un porto marittimo gestito dal Los Angeles Harbour Department, si trova sulla baia di San Pedro, a circa 30 chilometri a sud del centro di Los Angeles. Il complesso portuale occupa 30 km². Adiacente a esso si trova Long Beach. Vicino al porto si trovano altre città come Lomita, Carson e Rancho Palos Verdes. Istituito con la creazione di un Board of Harbor Commissioners il 9 dicembre 1907, il porto di Los Angeles è il più grande porto container del Nord America, davanti al porto di New York. Nell'area portuale lavorano complessivamente oltre 16.000 persone.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1542, Juan Rodriquez Cabrillo scoprì la "Baia dei Fumi".[1] La baia di San Pedro, posizionata a sud, era originariamente una distesa fangosa piatta, troppo morbida per costruire un molo. Le navi in ​​​​arrivo avevano due scelte: ancorare lontano a largo e far trasportare le loro merci e passeggeri sulla spiaggia in barche più piccole, o rischiare di arenarsi. Questa situazione imbarazzante è descritta nel libro di memorie Two Years Before the Mast di Richard Henry Dana Jr., attraverso un marinaio in visita nella baia di San Pedro nel 1834. Nel 1871 le cose migliorarono grazie a Phineas Banning che scavò un canale fino a Wilmington a una profondità di dieci piedi. Successivamente il porto inizio a gestire 50.000 tonnellate di merci marittime all'anno. Banning possedeva una compagnia di autotrasporti che collegava San Pedro con Salt Lake City e Yuma; Nel 1868 costruì la prima ferrovia della zona, collegando la baia di San Pedro a Los Angeles.[2]

Dopo la morte di Banning nel 1885, i suoi figli, nel proprio interesse, continuarono a promuovere il porto, che quell'anno movimentava già 500.000 tonnellate di merci. La Southern Pacific Railroad e Collis P. Huntington, volevano invece costruire il porto di Los Angeles a Santa Monica e vi edificarono il Long Wharf nel 1893. Il redattore del Los Angeles Times Harrison Gray Otis e il senatore Stephen M. White fecero pressione sul governo federale per sostenere il progetto a San Pedro. Nel 1897 le controversie sul porto furono risolte quando il progetto di San Pedro fu approvato da una commissione guidata dal contrammiraglio John C. Walker. Con il sostegno del governo degli Stati Uniti, nel 1899 iniziò la costruzione di un molo e nel 1906 l'area e uno stretto corridoio furono collegati al centro di Los Angeles. Nel dicembre 1907, con la creazione di una Commissione portuale per amministrare il distretto portuale da parte del Consiglio comunale di Los Angeles, nasce ufficialmente il porto di Los Angeles.

Nell'ambito delle Olimpiadi estive del 1932, il porto fungeva da sede per le gare di vela.

Distretto portuale[modifica | modifica wikitesto]

Il distretto portuale è un dipartimento indipendente e autosufficiente del governo della città di Los Angeles. Il porto è controllato da una commissione portuale di cinque membri, il Los Angeles Board of Harbor Commissioners, i cui membri sono nominati dal sindaco e approvati dal consiglio comunale.

Prigione[modifica | modifica wikitesto]

All'ingresso del porto c'è un'isola prigione: l'Istituto penitenziario federale di Terminal Island.

Traffico[modifica | modifica wikitesto]

Nell'anno fiscale 2008, il volume dei container era di 8,1 milioni di TEU (container da 20 piedi), rispetto ai 6,7 milioni di TEU del 2003. Per volume di container, il porto di Los Angeles è il porto più grande degli Stati Uniti e il 17° più grande del mondo, se si include il vicino porto di Long Beach, il nono più grande. I maggiori e principali partner commerciali nel 2004 sono stati:

I principali tipi di merci importate erano, in ordine decrescente: mobili, abbigliamento, giocattoli e articoli sportivi, veicoli, parti di veicoli e prodotti elettronici.

A partire dal 2002 il porto ha sempre avuto un grande numero di navi da far sbarcare. Molti analisti ritengono che il traffico del porto abbia superato sia la sua capacità tecnica sia la capacità dei sistemi autostradali e ferroviari locali. La congestione cronica del porto inizia a incidere sull'economia americana e interrompe la produzione just-in-time di molte aziende.

Il porto è servito dalla ferrovia Pacific Harbor Line (PHL). Da lì, i vagoni ferroviari intermodali viaggiano attraverso l'Alameda Corridor fino a Los Angeles.

Viaggi in nave passeggeri[modifica | modifica wikitesto]

Il porto di Los Angeles è la più grande struttura marittima per le navi passeggeri sulla West Coast; più di 1 milione di passeggeri vengono trasportati da qui ogni anno. Il rinnovato World Cruise Center è classificato come il terminal passeggeri più sicuro d'America.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) L. Sowinski, Portrait of a Port, World Trade Magazine, February 2007, p. 32
  2. ^ (EN) Gilbert Estrada, Brief History of the Ports of Los Angeles and Long Beach, KCET, 24 gennaio 2014. URL consultato il 17 settembre 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Oliver Vickery, Harbor heritage: tales of the harbor area of Los Angeles, California, 1979, p. 250, ISBN 9780894300363.
  • Michael D. White, The Port of Los Angeles, Arcadia Publishing, 2008, p. 127, ISBN 9780738556093.


Dichiarazione di Singapore[modifica | modifica wikitesto]

La dichiarazione di Singapore sui principi del Commonwealth è stata una dichiarazione emessa dai capi di governo del Commonwealth delle nazioni, che stabiliva i valori fondamentali della cooperazione politica come parte principale dei criteri di adesione all'organizzazione. La Dichiarazione è stata emessa a Singapore il 22 gennaio 1971 a conclusione della prima riunione dei capi di governo del Commonwealth (CHOGM).[1] Insieme alla Dichiarazione di Harare, emessa nel 1991, è considerata uno dei due documenti più importanti della costituzione non codificata del Commonwealth,[2] fino all'adozione della Carta del Commonwealth nel 2012.

Il testo della dichiarazione iniziava con una descrizione dell'identità del Commonwealth, del rapporto tra l'organizzazione e i suoi membri e i suoi obiettivi fondamentali:

«Il Commonwealth delle nazioni è un'associazione volontaria di Stati sovrani indipendenti, ciascuno responsabile delle proprie politiche, che si consultano e cooperano negli interessi comuni dei loro popoli e nella promozione della comprensione internazionale e della pace mondiale.»

[1]

Il secondo articolo descrive l'estensione e la diversità del Commonwealth, che comprende nazioni ricche e povere in sei continenti e cinque oceani. Il terzo articolo afferma, al culmine della Guerra fredda, che l'appartenenza al Commonwealth è compatibile con quella di qualsiasi altra organizzazione internazionale.[1]

I successivi dieci articoli descrivono a loro volta alcuni dei principi politici fondamentali del Commonwealth. Questi includono (nell'ordine in cui sono menzionati): la pace nel mondo e il sostegno alle Nazioni Unite; la libertà individuale e l'egualitarismo; lo sradicamento della povertà, dell'ignoranza, delle malattie e della disuguaglianza economica; il libero scambio; la cooperazione istituzionale; il multilateralismo; e il rifiuto della coercizione internazionale.[1]

Questi principi sono riassunti nell'articolo finale, che funge da punto focale per i principi del Commonwealth:

«Intendiamo promuovere ed estendere queste relazioni, poiché crediamo che la nostra associazione plurinazionale possa espandere la comprensione umana e quella tra le nazioni, assistere nell'eliminazione della discriminazione basata su differenze di razza, colore o credo, mantenere e rafforzare la libertà personale, contribuire all'arricchimento della vita per tutti e sviluppare una potente influenza per la pace tra le nazioni.»

[1]

La parte della dichiarazione considerata più inquietante è stata l'ultima ad essere menzionata: "rifiutare la coercizione come strumento di politica".[3] L'implicazione è che nemmeno il Commonwealth stesso ha alcun diritto di far rispettare i suoi valori fondamentali, poiché ciò significherebbe usare la coercizione.[3] Questo apparente conflitto è stato risolto dalla Dichiarazione di Harare e dal Programma d'azione del Commonwealth di Millbrook, che impone chiaramente al Commonwealth di occuparsi delle situazioni interne dei suoi membri.[3]

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Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (EN) Singapore Declaration of Commonwealth Principles 1971 (PDF), su thecommonwealth.org, Segretariato del Commonwealth, 22 gennaio 1971. URL consultato il 19 giugno 2023.
  2. ^ (EN) Key Declarations, su thecommonwealth.org, Segretariato del Commonwealth. URL consultato il 19 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 19 agosto 2007).
  3. ^ a b c (EN) Paul D. Williams, Blair's Britain and the Commonwealth, vol. 94, The Round Table, luglio 2005, pp. 381–391, DOI:10.1080/00358530500174960.