Gatto mammone: differenze tra le versioni

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Il '''gatto mammone''' o '''gattomammone'''<ref>{{Sabatini Coletti|gattomammone}}</ref> è una creatura magica della [[tradizione popolare]], con le caratteristiche di un enorme [[gatto]] dall'aspetto terrificante<ref name="Cresti_2012">{{Cita|Cresti 2012|p. 101}}.</ref>. Il suo nome deriva dall'incontro del termine ''gatto'' (animale nel [[Medioevo]] associato al [[diavolo]]) con un'altra parola come ''maimūn'' (che in [[lingua araba|arabo]] significa «[[scimmia]]»)<ref>{{cita libro|autore=Giacomo Devoto|wkautore=Giacomo Devoto|titolo=Avviamento all'etimologia italiana|città=Milano|editore=Mondadori|anno=1979|isbn=88-04-26789-5}}</ref> oppure ''[[Mammona]]''<ref name="Cresti_2012" />, parola dall'incerta [[etimologia]] che in [[lingua aramaica]] è attributo del [[demonio]]. Tale Gatto sarebbe stato infatti dedito a spaventare le mandrie al pascolo e avrebbe avuto movenze ed espressioni demoniache<ref>Gian Paolo Caprettini, Alessandro Perissinotto, Cristina Carlevaris, Paola Osso, ''Dizionario della fiaba italiana'', editore Meltemi, 2000</ref>. Il suo verso è una via di mezzo tra il ruggito e un inquietante miagolio, ciò nonostante è tanto furtivo da assalire persone ignare e sbranarle senza lasciare neppure le ossa<ref name="Cresti_2012" />.
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[[File:Cheshire Cat appearing (detail).jpg|thumb|Gatto nell'oscurità.]]
In altre narrazioni, tuttavia, ha funzione protettiva ed è uno [[famiglio (spirito)|spirito]] positivo, immune agli effetti nefasti degli incantesimi di altri spiriti (vedi [[strego]]). In alcuni casi, ha una “emme” bianca sul muso nero, talvolta è tutto nero e si nasconde negli angoli bui.
In altre narrazioni, tuttavia, ha funzione protettiva ed è uno [[famiglio (spirito)|spirito]] positivo, immune agli effetti nefasti degli incantesimi di altri spiriti (vedi [[strego]]). In alcuni casi, ha una “emme” bianca sul muso nero, talvolta è tutto nero e si nasconde negli angoli bui.


== Origini, forme e interpretazioni ==
==Studi e avvistamenti==
Secondo alcuni studi, la tradizione del gatto mammone affonderebbe le sue radici tra la civiltà dei [[Fenici]]: dio [[Maimone]] o nell'[[Antico Egitto]], in cui i gatti erano animali sacri e simboli di fertilità (dio [[Amon]]). Con l'avvento del [[Cristianesimo]] questi antichi rituali [[paganesimo|pagani]] sarebbero stati prima demonizzati e poi racchiusi nel [[Carnevale]] che precede la [[Quaresima]], ed i loro simboli trasformati in maschere.
Secondo alcuni studi, la tradizione del gatto mammone affonderebbe le sue radici tra la civiltà dei [[Fenici]]: dio [[Maimone]] o nell'[[Antico Egitto]], in cui i gatti erano animali sacri e simboli di fertilità (dio [[Amon]]). Con l'avvento del [[Cristianesimo]] questi antichi rituali [[paganesimo|pagani]] sarebbero stati prima demonizzati e poi racchiusi nel [[Carnevale]] che precede la [[Quaresima]], ed i loro simboli trasformati in maschere.


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In [[Puglia]], in [[provincia di Bari]] e in generale nel nord barese, il termine "''mamàun"'' è usato nel significato di "[[stupidità|stupido]]" o anche "[[birichino]]". Infatti, secondo altre interpretazioni, la parola ''maimòne'' deriverebbe dall'[[Lingua araba|arabo]] e avrebbe sia il significato di "benedetto, fausto, di buon auspicio" (il buon auspicio che sembrano chiedere i ragazzi che, durante il Carnevale, portano in giro una lettiga di rami e frasche verdi nel rituale per scacciare la [[siccità]]), che quello di "[[mandrillo]], [[babbuino]]" e anche "[[scimmia]]".
In [[Puglia]], in [[provincia di Bari]] e in generale nel nord barese, il termine "''mamàun"'' è usato nel significato di "[[stupidità|stupido]]" o anche "[[birichino]]". Infatti, secondo altre interpretazioni, la parola ''maimòne'' deriverebbe dall'[[Lingua araba|arabo]] e avrebbe sia il significato di "benedetto, fausto, di buon auspicio" (il buon auspicio che sembrano chiedere i ragazzi che, durante il Carnevale, portano in giro una lettiga di rami e frasche verdi nel rituale per scacciare la [[siccità]]), che quello di "[[mandrillo]], [[babbuino]]" e anche "[[scimmia]]".

Il 1º luglio 1926 Serafina dal Pont segnalò ai giornali la comparsa presso [[Cesiomaggiore]] ([[provincia di Belluno]], [[Veneto]]) del gatto mammone, un mostruoso [[Felidae|felino]] che si limitò a spaventare un gruppo di [[mucca|mucche]] al pascolo. La donna si sarebbe salvata grazie all'intervento miracoloso di [[Rita da Cascia|Santa Rita]], apparsa sotto forma di un enorme [[topo]], il quale distrasse l'attenzione del mostro che si mise ad inseguirlo attraverso la campagna, sottraendosi ben presto alla vista.<ref>{{cita web|url=https://grisou70.wordpress.com/2012/04/11/il-gatto-mammone/|titolo=Il gatto mammone}}</ref> Un successivo avvistamento sarebbe avvenuto nel 1968.<ref>«Ancora nel 1968 venne comunicata ai giornali la fuggevole comparsa, in quel di Cesio Maggiore (Belluno) del Gatto Mammone, che si limitò a spaventare un gruppo di mucche al pascolo. Ma la più parte dei naturalisti è incline a ritenerlo una pura fantasia. Dobbiamo dunque pensare che la signora Serafina Dal Pont sia rimasta vittima di un'allucinazione? Già molto avanti in età, diciamo pure oltre i novanta, siamo riusciti a rintracciarla, nella fattoria di Faverga che da secoli appartiene alla famiglia. La sordità ha reso piuttosto precario il colloquio; tuttavia mi è parso di capire che Dal Pont ribadisce con fermezza, quasi con rabbia, la verità dell'incidente, che avrebbe potuto avere tragiche conseguenze. A sentir lei, Santa Rita sarebbe comparsa sotto forma di un grossissimo topo il quale distrasse l'attenzione del mostro che si mise a inseguirlo attraverso la campagna, sottraendosi ben presto alla vista.» ([[Dino Buzzati]], [https://books.google.it/books?newbks=1&newbks_redir=0&hl=it&id=HohOAAAAYAAJ&dq=buzzati+%22Ancora+nel+1968+venne+comunicata+ai+giornali+la+fuggevole+comparsa%22&focus=searchwithinvolume&q=%22Ancora+nel+1968+venne+comunicata+ai+giornali+la+fuggevole+comparsa%22 ''Il Gatto Mammone'' (1970)], incluso ne ''[[I miracoli di Val Morel]]'', cit. in ''Catalogo dell'opera pittorica'', a cura di Nicoletta Comar, pag. 250, Edizioni della Laguna, 2006).</ref> [[Dino Buzzati]], divertito, fece un disegno commemorativo dell'avvenimento.<ref>Dino Buzzati, ''[[I miracoli di Val Morel]]'' (1971).</ref> Gli scettici, ovviamente, affermarono che il racconto corrispondeva a pura fantasia o allucinazione.<ref>Sergio Fumich, ''Oltre il punto di non ritorno''</ref>


== Letteratura ==
== Letteratura ==
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== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
*[[Dino Buzzati]], ''[[I miracoli di Val Morel]]'', prefazione di [[Indro Montanelli]], Milano, Garzanti, 1971.
*{{cita libro |autore=Matteo Cosimo Cresti |titolo=Fate e folletti della Toscana |editore=Lucia Pugliese Editore |curatore=Franco Cardini |anno=2012 |città=Firenze |ISBN=978-88-905892-3-2 |cid=cresti 2012}}
*{{cita libro |autore=Matteo Cosimo Cresti |titolo=Fate e folletti della Toscana |editore=Lucia Pugliese Editore |curatore=Franco Cardini |anno=2012 |città=Firenze |ISBN=978-88-905892-3-2 |cid=cresti 2012}}



Versione delle 21:02, 8 giu 2022

Disambiguazione – Se stai cercando il film, vedi Il gatto mammone.

Il gatto mammone o gattomammone[1] è una creatura magica della tradizione popolare, con le caratteristiche di un enorme gatto dall'aspetto terrificante[2]. Il suo nome deriva dall'incontro del termine gatto (animale nel Medioevo associato al diavolo) con un'altra parola come maimūn (che in arabo significa «scimmia»)[3] oppure Mammona[2], parola dall'incerta etimologia che in lingua aramaica è attributo del demonio. Tale Gatto sarebbe stato infatti dedito a spaventare le mandrie al pascolo e avrebbe avuto movenze ed espressioni demoniache[4]. Il suo verso è una via di mezzo tra il ruggito e un inquietante miagolio, ciò nonostante è tanto furtivo da assalire persone ignare e sbranarle senza lasciare neppure le ossa[2].

In altre narrazioni, tuttavia, ha funzione protettiva ed è uno spirito positivo, immune agli effetti nefasti degli incantesimi di altri spiriti (vedi strego). In alcuni casi, ha una “emme” bianca sul muso nero, talvolta è tutto nero e si nasconde negli angoli bui.

Origini, forme e interpretazioni

Secondo alcuni studi, la tradizione del gatto mammone affonderebbe le sue radici tra la civiltà dei Fenici: dio Maimone o nell'Antico Egitto, in cui i gatti erano animali sacri e simboli di fertilità (dio Amon). Con l'avvento del Cristianesimo questi antichi rituali pagani sarebbero stati prima demonizzati e poi racchiusi nel Carnevale che precede la Quaresima, ed i loro simboli trasformati in maschere.

Nell'isola di Sardegna è ricorrente il legame del termine in lingua sarda Maimone (con tutte le sue varianti) con numerosi toponimi relativi a fonti e/o sorgenti, legame forse derivante dall'antica parola fenicia "mem" (in ebraico, "mayim"), che significa appunto "acqua", e ad una divinità ad essa collegata, e che si ritrova anche in varie altre località del Mediterraneo (ad esempio, Fonte Maimonide a Paternò in provincia di Catania, Sicilia). A Sarule, in provincia di Nuoro, su Maimòne è un fantoccio fatto con stracci e pelli di gatto e con una testa dai tratti del gatto, personificazione del Carnevale, ma esiste anche una personificazione del Martedì grasso: Martiperra (contrazione dei termini sardi martis, ovvero martedì, e perra, derivante dallo spagnolo emperrarse "adirarsi, irritarsi"), concepita come un gatto malevolo che assume proporzioni gigantesche per punire chi osa lavorare in quel giorno[5]. Sempre in Sardegna, a Iglesias, esiste una fontana sormontata dalla statua di un personaggio di aspetto grottesco chiamato Maimòni la cui bruttezza è in quei dintorni proverbiale: "légiu cumenti su Maimoni in pracia" = "Brutto come (la statua di) Maimone che sta in piazza"[6].

In Puglia, in provincia di Bari e in generale nel nord barese, il termine "mamàun" è usato nel significato di "stupido" o anche "birichino". Infatti, secondo altre interpretazioni, la parola maimòne deriverebbe dall'arabo e avrebbe sia il significato di "benedetto, fausto, di buon auspicio" (il buon auspicio che sembrano chiedere i ragazzi che, durante il Carnevale, portano in giro una lettiga di rami e frasche verdi nel rituale per scacciare la siccità), che quello di "mandrillo, babbuino" e anche "scimmia".

Letteratura

Il gatto mammone appare di frequente nelle fiabe di tradizione italiana, ad esempio nel Pentamerone di Giambattista Basile o nella Novellaja Fiorentina di Vittorio Imbriani, e spesso lo si menziona per spaventare i bambini (in questo simile al babau).

Compare spesso anche nelle letteratura italiana sin dalle sue origini, ad esempio ne Lo specchio della vera penitenza di Iacopo Passavanti ("animale a modo d'un satiro, o d'un gatto mammone"), nel Bisbio a magnificentia di messer Cane de la Scala di Immanuel Romano ("Qui sono leoni, e gatti mammoni"), nel Milione di Marco Polo, a volte anche col significato di leopardo. Un gatto mammone, che si accompagna ai cavalieri di Re Artù e narra in prima persona la propria vicenda, è anche il protagonista del Detto del gatto lupesco, di un anonimo toscano del Duecento.[7]

Anche nella letteratura tedesca, nel Faust di Goethe, viene descritta la famiglia di una Gatta Mammona che vive in una fucina di filtri magici, dove viene incaricata da Mefistofele di preparare una pozione alchemica in grado di ridare la gioventù al protagonista.[8] Il termine usato da Goethe, Meerkatze, traducibile letteralmente come «gatto di mare», indicherebbe in realtà una sorta di gatto-scimmione con una lunga coda,[9] ma nel poema è il famiglio fatato di una strega.[8]

Il gatto mammone ricompare a volte anche nella narrativa moderna quale animale fantastico, ad esempio ne La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Buzzati. Dello stesso autore troviamo Il gatto mammone, uno dei racconti contenuti nell'opera Per grazia ricevuta (I miracoli di Val Morel), pubblicata nel 1971.

Sono stati ripresi alcuni caratteri del gatto mammone in Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie per il Gatto del Cheshire (Stregatto nella versione italiana del cartone della Disney).

Sebbene non vi siano certezze, anche il personaggio di Tevildo, signore dei Gatti Mannari, dei Racconti perduti di J. R. R. Tolkien potrebbe derivare da questa figura.

Nel romanzo L'Inferno di Malinverno ovvero Diabolici e inutili tentativi di liberarsi di un gatto nero di Stefano Amadei il gatto mammone è coprotagonista del libro ambientato all'Inferno di Dante. Dello stesso autore troviamo il racconto intitolato Il gatto mammone. La storia, che riprende una novella della tradizione orale della Toscana e della Lombardia, è contenuta nella raccolta di fiabe per bambini Racconti Svolazzanti, pubblicata nel 2014.

Nell'arte e nella cultura di massa

Tre di bastoni

Note

  1. ^ Francesco Sabatini e Vittorio Coletti, gattomammone, in Il Sabatini Coletti - Dizionario della Lingua Italiana, Corriere della Sera, 2011, ISBN 88-09-21007-7.
  2. ^ a b c Cresti 2012, p. 101.
  3. ^ Giacomo Devoto, Avviamento all'etimologia italiana, Milano, Mondadori, 1979, ISBN 88-04-26789-5.
  4. ^ Gian Paolo Caprettini, Alessandro Perissinotto, Cristina Carlevaris, Paola Osso, Dizionario della fiaba italiana, editore Meltemi, 2000
  5. ^ Giuseppe Contu, Maimòne e mascara a gattu: note orientalistiche sulle maschere del carnevale di Sarule (Nuoro)
  6. ^ (http://www.panoramio.com/photo/59326151 Archiviato il 23 ottobre 2016 in Internet Archive.)
  7. ^ Igor Abbas, Massimiliano Minotti e Alessio Banini, Racconti di veglia: il Gatto Mammone, su lavaldichiana.it.
  8. ^ a b Andrea Casalegno, "Faust", prima parte della tragedia, su rodoni.ch, marzo 2018.
  9. ^ Maurizio Maravigna, Faust: una sinfonia in bianco, 24 febbraio 2020.

Bibliografia

  • Matteo Cosimo Cresti, Fate e folletti della Toscana, a cura di Franco Cardini, Firenze, Lucia Pugliese Editore, 2012, ISBN 978-88-905892-3-2.