Che fine ha fatto Totò Baby?

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Che fine ha fatto Totò Baby?
Totò in una foto fuori scena del film
Titolo originaleChe fine ha fatto Totò Baby?
Paese di produzioneItalia
Anno1964
Durata87 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,87 : 1
Generecommedia
RegiaOttavio Alessi
SoggettoOttavio Alessi, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi
SceneggiaturaOttavio Alessi, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi
ProduttoreAlberto Pugliese, Luciano Ercoli
FotografiaSergio D'Offizi
MontaggioLicia Quaglia
MusicheArmando Trovajoli
ScenografiaNedo Azzini
CostumiNedo Azzini
Interpreti e personaggi

Che fine ha fatto Totò Baby? è un film del 1964, diretto da Ottavio Alessi. È una parodia del film del 1962 Che fine ha fatto Baby Jane? interpretato da Bette Davis e Joan Crawford.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Totò Baby e Pietro sono due fratellastri legati da un rapporto di amore-odio e sono, inoltre, ladri di mestiere, compiendo furti di valigie alla Stazione Termini di Roma. Scoprono però che quella sottratta a una vecchina contiene in realtà un cadavere; nel tentativo di disfarsene la scambiano erroneamente con la valigia di una coppia di autostoppiste tedesche - chiamate Helga e Inga - appena conosciute.

Costretti a recuperare la valigia, arrivano alla villa dove stanno le ragazze ma vengono scoperti dal padrone di casa, il conte Mischa Auber, che subito li ricatta: in cambio del suo silenzio con la polizia, dovranno aiutarlo a sbarazzarsi della ricca moglie, alla cui eredità egli aspira. Dopo la morte della donna (che perde la vita a causa di uno spavento) è Totò a pretendere un favore dal conte, ovvero vitto e alloggio fino alla guarigione di Pietro, temporaneamente costretto sulla sedia a rotelle in seguito a un incidente.

Il nobile, contrariato, decide insieme alle autostoppiste di eliminare i due fratelli. Ma prima ancora che il piano possa essere attuato, Totò Baby scopre per caso una strana pianta coltivata nell'orticello della villa: la marijuana. Pensando che si tratti di un ortaggio da tavola, inizia a mangiarla in grandi quantità condita come insalata. Gli effetti allucinogeni non tarderanno a farsi sentire; Totò Baby impazzisce e in poco tempo commette un omicidio dietro l'altro: una delle due autostoppiste sciolta nell'acido durante un tentativo di seduzione e l'altra strangolata, il conte fatto a pezzi e servito per cena a Pietro inorridito, il giardiniere della villa e un giovane malcapitato portalettere trucidati entrambi con un coltello da macelleria per poi essere murati all'interno dell'edificio con le braccia lasciate in bella vista, macabramente penzolanti a mo' di reggilampade. Totò Baby fugge poi col fratello sul litorale ostiense, dove sarà catturato dalla polizia: viene infine internato in un manicomio criminale, nel quale si dedicherà a stendere le sue memorie con un'inesistente macchina per scrivere.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Seppur attribuito ad Ottavio Alessi, in realtà il film fu diretto sia da Paolo Heusch[1], che aveva lavorato con Totò ne Il comandante, sia da Mario Castellani. La stampa aveva riportato indiscrezioni riguardo alle frequentazioni omosessuali di Heusch[2], che si vide proibire, da parte della produzione, di firmare il film[3].

Nel cast vi è la presenza dell'attore russo Misha Auer, noto per aver interpretato film del cinema dell'orrore e drammatici. Nella parte del pensionato alto e grosso recita Giuseppe Tosi, ex atleta olimpionico di lancio del disco ed ex appartenente al reparto del Reggimento Corazzieri della Repubblica.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Le foto di Totò in possesso della polizia raffigurano l'attore in tre suoi precedenti film: I due colonnelli, Totò Diabolicus, Totòtruffa '62.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Il film è la testimonianza della capacità di improvvisazione di Totò. È lo stesso collega Pietro De Vico che ha raccontato:

«una volta... dovendo girare una scena del film, Totò si avvicinò e mi disse: ho letto il copione di questa scena, è una vera schifezza. Fai tutto quello che ti dico di fare e segui le mie battute, improvvisiamo... così facemmo e ne venne fuori una delle migliori scene del film»

Paolo Isotta, nel suo volume consacrato a Totò, pone questo film tra i suoi migliori in assoluto.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Roberto Poppi, Dizionario del cinema italiano- i registi, Gremese editore, 2002, p. 17.
  2. ^ Alberto Anile, Totalmente Totò. Vita e opere di un comico assoluto, Edizioni della Cineteca di Bologna (2017)
  3. ^ a b Paolo Isotta, San Totò, Marsilio editore, 2021.

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