Guerra civile siriana: differenze tra le versioni

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== Gli schieramenti sul campo - Forze filogovernative ==
== Gli schieramenti sul campo - Forze filogovernative ==
{{vedi anche|Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana#Forze filogovernative}}


=== Forze armate siriane ===
{{vedi anche|Forze armate siriane}}
All'inizio della rivolta, le [[forze armate siriane]] contavano 325.000 truppe regolari, di cui 220.000 membri dell'esercito e la restante parte nella marina e nell'[[Al-Quwwat al-Jawwiyya al-'Arabiyya al-Suriyya|aviazione]]. I riservisti ammontavano a 280.000-300.000<ref>http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5gtkInEzwWbqoAc5rB8YjKot8Or-A?docId=CNG.d5f1d6f398b0170d098b3ce0afb1ae34.4a1&hl=en</ref>.

A partire dal giugno 2011 le forze armate sono soggette ad un numero crescente di defezioni. Al 1 ottobre 2011 si contano 10.000 disertori, inclusi ufficiali di alto rango<ref>http://www.haaretz.com/news/middle-east/over-10-000-soldiers-have-deserted-syria-army-says-high-ranking-defector-1.387494</ref>. A marzo 2012 il numero dei disertori sale a 60.000<ref>http://www.bloomberg.com/news/2012-03-15/syria-loses-20-000-troops-as-deserters-flee-turkey-says-1-.html</ref>.

Uno studio dell'International Institute for Strategic Studies di Londra dell'agosto 2013 valuta il peso delle forze armate in 178.000 truppe, di cui 110.000 nell'esercito, 36.000 nell'[[Al-Quwwat al-Jawwiyya al-'Arabiyya al-Suriyya|aviazione]] e 5.000 nella marina<ref>http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5gtkInEzwWbqoAc5rB8YjKot8Or-A?docId=CNG.d5f1d6f398b0170d098b3ce0afb1ae34.4a1&hl=en</ref>.

Sebbene le defezioni abbiano assottigliato notevolmente le [[Forze armate siriane|forze armate]] e abbiano colpito anche vertici militari, l'efficacia delle forze armate siriane non è stata intaccata in quanto i disertori sono in maggioranza [[Sunnismo|sunniti]], mentre i ruoli strategici chiave sono controllati da ufficiali [[Alauiti|alawiti]]<ref>http://www.iol.co.za/news/world/syria-defections-hurt-army-morale-1.1334774#.Us7W4qwoGLl</ref>.

Verso la fine del 2013 si sono verificati casi di ritorno di soldati disertori nelle file dell'esercito regolare<ref>http://edition.cnn.com/2013/12/03/world/meast/syria-civil-war-defectors/</ref>, anche a seguito dell'[[Amnistia (diritto italiano)|amnistia]] concessa dal presidente<ref>http://italian.ruvr.ru/2013_11_29/Siria-Assad-concede-una-proroga-per-lamnistia/</ref>.

=== Forza Nazionale di Difesa ===
La Forza Nazionale di Difesa (FND) è l'istituzionalizzazione da parte del governo siriano dei "''Comitati Popolari''" nati spontaneamente in molte città con scopo di autodifesa in particolare nei confronti delle milizie ribelli islamiste.

Viene creata verso la fine del 2012 e i suoi membri vengono equipaggiati, addestrati e stipendiati dal governo<ref>https://now.mmedia.me/lb/en/commentaryanalysis/rise-of-the-militias
<div>

</div></ref>. La Forza Nazionale di Difesa è un organismo parallelo all'[[Forze armate siriane|esercito regolare]], pur operando insieme ad esso come complemento di fanteria, ed ha una forte capacità attrattiva nei confronti della popolazione in quanto viene impiegata a scopi difensivi nelle aree di reclutamento. La creazione della FND e la sua popolarità giocheranno un ruolo fondamentale nel ribaltamento delle sorti del conflitto a partire dalla metà del 2013<ref>http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424127887323997004578639903412487708
<div>

</div></ref>.

Sebbene la FND sia considerata una milizia laica, la maggior parte dei suoi membri provengono dalle minoranze religiose siriane, che più hanno sofferto la presenza dei ribelli jihadisti. Principalmente i miliziani sono [[Alauiti|alawiti]], [[Arabi cristiani|cristiani]] e [[drusi]]<ref>http://www.reuters.com/article/2013/04/21/us-syria-crisis-paramilitary-insight-idUSBRE93K02R20130421
<div>

</div></ref>.

Il numero di miliziani della FND è salito dai 60.000<ref>http://dailystar.com.lb/News/Middle-East/2013/Dec-13/240910-pro-regime-militias-may-outlast-assad-threaten-future-state-report.ashx#axzz2nLDdtgGF
</ref> del giugno 2013 ai 100.000 dell'agosto 2013<ref>http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21579494-president-bashar-assad-and-his-forces-have-won-new-lease-life-regime-digs
<div>

</div></ref>.

Esiste una divisione composta da sole donne chiamata "''Leonesse della Difesa Nazionale''" di circa 500 elementi<ref>http://www.al-monitor.com/pulse/tr/originals/2013/09/women-fighters-syria-rebels-regime.html#
</ref>.

=== Shabiha ===
{{vedi anche|Shabiha}}
Le [[shabiha]] sono milizie filogovernative non ufficiali composte principalmente da siriani di religione [[Alauiti|alawita]]<ref>www.guardian.co.uk/world/2012/may/31/ghosts-syria-regime-shabiha-militias</ref>. La maggior parte dei suoi membri proviene dalla fascia costiera siriana<ref>http://www.businessweek.com/news/2011-06-01/syrian-thugs-are-assad-s-tool-in-protest-crackdown-groups-say.html</ref>. Vengono tuttavia riporate testimonianze di miliziani shabiha anche di religione sunnita nell'area di [[Aleppo]]<ref>http://www.reuters.com/article/2012/02/03/us-syria-aleppo-idUSTRE81213720120203</ref>.

Sebbene organizzati in gruppi, non rispondono ad alcuna leadership. Fanno la loro comparsa in maniera significativa al comparire delle prime manifestazioni antigovernative del 2011 e operano in sostituzione della polizia nella repressione dei dimostranti. Con l'acuirsi della crisi l'esercito regolare usa le [[shabiha]] per ingaggiare battaglie urbane ed eseguire operazioni contro i civili solidali con i ribelli.

L'anarchia, l'odio settario e l'impunità garantita dal governo permettono alle milizie shabiha di rendersi protagonisti di azioni sanguinose, massacri, saccheggi<ref>http://www.lb.boell.org/downloads/Yassin_al-Haj_Saleh-The_Syrian_Shabiha_and_Their_State.pdf</ref> e violazioni dei diritti umani<ref>http://harpers.org/blog/2011/06/the-two-homs/</ref>.

Nel dicembre 2012 le shabiha sono inserite nell'elenco delle organizzazioni terroristiche da parte degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]<ref>http://edition.cnn.com/2012/12/11/world/meast/syria-civil-war/index.html</ref>.

Nel giugno 2012 il numero di miliziani ammonterebbe a 10.000, ma il loro reale numero è di difficile stima<ref>http://www.edition.cnn.com/2012/06/07/world/meast/syria-shabiha</ref>.

=== Hezbollah ===
{{vedi anche|Hezbollah}}
Il movimento libanese [[Sciismo|sciita]] [[Hezbollah]] è uno storico alleato del governo siriano di [[Bashar al-Assad]]. Insieme a [[Siria]] ed [[Iran]] sono infatti parte dell'”''Asse della Resistenza''” e della “''Mezzaluna crescente sciita''”.

Tuttavia fino ad aprile 2013 la presenza di Hezbollah in Siria è estremamente limitata e si concentra nel controllo delle cittadine di confine con il [[Libano]]<ref>http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-21496735</ref> o nella difesa dei santuari sciiti in Siria, come quello di [[Zaynab bint Ali|Sayda Zeinab]] a [[Damasco]]<ref>http://www.reset.it/reset-doc/siria-se-il-futuro-di-hezbollah-si-gioca-a-damasco</ref>.

Su spinta dell'Iran, [[Hezbollah]] entra pesantemente nella guerra civile siriana in appoggio all'[[Forze armate siriane|esercito regolare]] nell'aprile 2013, quando contribuisce in maniera decisiva alla conquista di [[al-Qusayr]]<ref>english.alarabiya.net/en/News/middle-east/2013/04/13/Activists-say-40-Hezbollah-Syrian-regime-fighters-killed-in-Qusayr-clashes.html</ref>. Da allora Hezbollah si affianca all'esercito nelle principali operazioni militari in corso nel paese modificando a favore del governo le sorti del conflitto.

La partecipazione di Hezbollah al conflitto siriano ha alterato gli equilibri mediorientali, accelerando anche la deriva settaria della guerra. Prima della guerra civile siriana infatti Hezbollah godeva dell'appoggio trasversale della popolazione araba, anche [[Sunnismo|sunnita]], come baluardo contro [[Israele]]. Ora viene invece identificata come una milizia prettamente [[sciismo|sciita]]<ref>www.cnn.com/2013/06/07/opinion/abdo-shia-sunni-tension/index.html</ref>.

L'intervento di Hezbollah in [[Siria]] ha anche generato uno sconfinamento del conflitto in territorio libanese, dove gruppi armati sunniti solidali con i ribelli siriani hanno iniziato una campagna di attentati e assalti alle basi Hezbollah e alla popolazione di fede sciita.

Oltre all'impegno attivo sul campo, Hezbollah in collaborazione con elementi dei [[Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica|Guardiani della Rivoluzione]] iraniani hanno creato, finanziato e armato la milizia al-Jaysh al-Sha'bi su modello dei [[Basij]] iraniani<ref>http://iipdigital.usembassy.gov/st/english/article/2012/12/20121211139861.html#axzz2GxiqHxql</ref>. Scopo della milizia è quello di "preservare gli interessi iraniani in Siria" nel caso di collasso del regime<ref>http://www.theguardian.com/world/2013/feb/12/iran-hezbollah-milita-networks-syria</ref>.

Il numero di miliziani Hezbollah presenti in Siria è sconosciuto, come il numero di morti totali. Alcune stime parlano di almeno 5.000 uomini<ref>http://www.timesofisrael.com/hezbollah-sent-5000-fighters-to-help-assad-daily-reports/#comments</ref> e circa 500 morti<ref>http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21592634-civil-war-neighbouring-syria-putting-ever-greater-strain-lebanons</ref>.

=== Altri gruppi filogovernativi ===
Il fronte filogovernativo annovera una serie di gruppi armati minori che partecipano in maniera difensiva o offensiva alla guerra civile.

E' forte la presenza di gruppi di ispirazione confessionale [[sciismo|sciita]]. Tra questi la [[Brigata Al-Abbas|Brigata al-Abbas]] annovera più di 10.000 miliziani siriani<ref>http://www.theguardian.com/world/2013/jun/04/syria-islamic-sunni-shia-shrines-volunteers</ref>. L'attività principale del gruppo è la difesa e il presidio dei santuari sciiti sul territorio siriano<ref>http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5hCteJ1qtqe6-Yb0wGdbQLxndZByw?docId=CNG.f08ca8ccc37c7ff791a2acc4767d3f7f.601&hl=en</ref>.

Altre milizie sciite, con il consenso del governo, sono confluite in Siria soprattutto dal confinante [[Iraq]]. Queste milizie, coordinate tra loro, sono attive soprattutto sul fronte di [[Damasco]] ed hanno avuto un ruolo importante nella riconquista dei sobborghi meridionali nell'ottobre 2013<ref>http://www.thestar.com.my/News/World/2013/10/11/Syrian-army-retakes-two-Damascus-suburbs-from-rebels.aspx/
<div><br>
</div></ref>. Tra queste vi sono [[Kata'ib Hezbollah]]<ref>http://jihadology.net/2013/05/11/hizballah-cavalcade-roundup-of-iraqis-killed-in-syria-part-1/
<div><br>
</div></ref>, le [[Brigate Badr]], le [[Brigate Haidar al-Karar]] <ref>http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2013/10/iraqi-shiites-join-syrian-war.html
<div><br>
</div></ref> e le [[Brigate del Giorno Promesso]], che sono anche le più numerose<ref>http://www.reuters.com/article/2013/04/10/us-syria-crisis-iraq-idUSBRE9390OB20130410
<div><br>
</div></ref>.

Miliziani sciiti sono giunti in Siria anche dallo [[Yemen]], grazie al gruppo armato [[Houthis]], che fa riferimento alla corrente [[zaydismo|zaydista]] dello sciismo. I miliziani Houthis sono qualche centinaio e partecipano alla guerra civile affiancando le milizie Hezbollah<ref>http://www.jpost.com/Middle-East/Report-Yemen-Houthis-fighting-for-Assad-in-Syria-315005
<div><br>
</div></ref>.

Oltre alle milizie di stampo confessionale sciita, il governo siriano può contare su combattenti appartenenti alle altre fedi religiose minoritarie in [[Siria]] e minacciate dai movimenti islamisti. Oltre ai combattenti inquadrati nella [[Forza Nazionale di Difesa]], è presente una milizia armata composta solo da [[drusi]]: [[Jaysh al-Muwahhideen]]. La loro azione è limitata nel [[Gebel Druso]] a sud del paese dove difendono la popolazione locale dagli attacchi dei ribelli<ref>http://www.joshualandis.com/blog/druze-militias-southern-syria/
<div><br>
</div></ref>.

Il governo siriano è sostenuto anche da fazioni armate che fanno riferimento all'ideologia del [[Partito Ba'th|partito Baath]] o al [[socialismo arabo]]. Tra questi gruppi il più importante è il [[Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina]], alleato della [[Siria]] fin dai tempi della [[Guerra civile libanese|guerra in Libano]]. La sua area di operazione è il campo profughi palestinese di [[Yarmuk]], a sud di [[Damasco]] e teatro di duri scontri con i ribelli. La posizione del movimento è estremamente delicata in quanto altre organizzazioni palestinesi hanno apertamente appoggiato i ribelli siriani<ref>http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2012/al-monitor/pflp-on-defense-in-gaza.html
<div><br>
</div></ref>. Anche l'[[Esercito di Liberazione della Palestina]] mantiene dei miliziani in Siria, che sono stati integrati con l'esercito regolare siriano<ref>http://www.scoop.co.nz/stories/WO1207/S00485/hamas-slams-killing-of-palestinian-troops-in-syria.htm
<div><br>
</div></ref>.

Tra gli altri gruppi armati laici vi sono la [[Resistenza Siriana]], una milizia di stampo [[Marxismo-leninismo|marxista-leninista]] che opera principalmente nell'area di [[Aleppo]] e conta 2.000 uomini<ref>http://www.todayszaman.com/news-315474-mihrac-ural-a-man-with-a-long-history-of-terrorism.html
<div><br>
</div></ref>, e le [[Brigate Baath]], composte da membri del partito volontari che hanno come obiettivo principale il presidio degli uffici statali<ref>http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2013/11/baath-party-brigade-syria-war-aleppo.html
<div><br>
</div></ref>.
== Gli schieramenti sul campo - Forze ribelli ==
== Gli schieramenti sul campo - Forze ribelli ==
{{vedi anche|Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana#Forze ribelli}}


=== Coalizione Nazionale Siriana ===
{{vedi anche|Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione|Consiglio Nazionale Siriano}}
La [[Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione]] è il principale organo politico dell'opposizione siriana al governo di [[Bashar al-Assad]].

Nasce a Doha l'11 novembre 2012<ref>http://www.usatoday.com/story/news/world/2012/11/11/syrian-opposition-deal/1697693/
<div><br>
</div></ref> e incorpora i membri del [[Consiglio Nazionale Siriano]], nato a Istanbul il 23 agosto 2011<ref>http://www.edmondsun.com/news_tab3/x2122765173/Syrian-dissidents-form-national-council</ref> con l'intenzione di amalgamare le diverse anime della rivolta, creare un interlocutore politico per l'[[Esercito siriano libero|Esercito Siriano Libero]] e cercare sostegno sul piano internazionale.
[[File:Syrian National Coalition Members 11-11-2012 (Press photo).jpg|thumb|358x358px|I membri della Coalizione Nazionale Siriana a Doha.]]
La struttura estremamente eterogenea delle opposizioni che compongono la Coalizione, che spaziano dai partiti laici a quelli legati alla [[Fratelli Musulmani|Fratellanza Musulmana]], ha causato una serie di problemi politici sin dai primi mesi di formazione. Il presidente [[Mu'adh al-Khatib|Moaz al-Khatib]] si dimette dopo soli 4 mesi denunciando le divisioni interne e le interferenze subite da paesi stranieri, tra cui [[Qatar]] e [[Arabia Saudita]]<ref>http://www.aljazeera.com/programmes/talktojazeera/2013/05/2013510141112681380.html
<div><br>
</div></ref>.

Tuttavia la Coalizione rimane il principale interlocutore dell'Esercito Siriano Libero, ha creato un governo provvisorio in esilio<ref>http://www.worldbulletin.net/?aType=haber&ArticleID=105541
<div><br>
</div></ref> ed è stato riconosciuto come legittimo rappresentante del popolo siriano dai membri del [[Consiglio di cooperazione del Golfo]]<ref>http://lynk.ly/stories/view/14731025
<div><br>
</div></ref>, dalla [[Lega araba|Lega Araba]]<ref>http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-20307668
<div><br>
</div></ref>, dagli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]<ref>http://www.state.gov/r/pa/prs/ps/2012/11/200435.htm
<div><br>
</div></ref>, dalla [[Turchia]]<ref>http://www.aa.com.tr/en/headline/100601--turkish-foreign-minister-says-his-country-recognizes-syrian-national-coalition-as-the-sole-legitimate-representative-of-syrian-people
<div><br>
</div></ref>, dalla [[Francia]]<ref>http://www.france24.com/fr/20121113-paris-syrie-hollande-nouvelle-coalition-opposition-bachar-al-assad-livraisons-armes-asl
<div><br>
</div></ref>. L'Unione Europea ha invece riconosciuto la Coalizione nazionale siriana come "legittimo rappresentante delle aspirazioni del popolo siriano"<ref>http://www.aljazeera.com/news/europe/2012/11/20121119195737909518.html
<div><br>
</div></ref>.

Le forze ribelli di ispirazione islamista, inclusi il [[Fronte al-Nusra]], lo [[Stato Islamico dell'Iraq e del Levante|Stato Islamico dell'Iraq e Levante]] e i ribelli curdi non riconoscono l'autorità della Coalizione<ref>http://voiceofrussia.com/2012_11_19/Largest-Islamic-groups-reject-new-Syria-opposition-coalition/
<div><br>
</div></ref><ref>http://gulfnews.com/news/region/syria/syria-kurdish-leader-rejects-new-coalition-1.1107985
<div><br>
</div></ref>.

Le difficoltà politiche della Coalizione si sono aggravate a seguito del mancato intervento internazionale in Siria nel Settembre 2013. La Coalizione pur avendo caldeggiato l'intervento, non ha avuto nessun ruolo politico nella soluzione della crisi<ref>http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21586879-islamist-rebels-sever-ties-political-opposition-their-own-men</ref>.

L'attuale presidente della Coalizione è [[Ahmad Jarba]].

=== Esercito Siriano Libero ===
{{vedi anche|Esercito Siriano Libero}}
L'[[Esercito siriano libero|Esercito Siriano Libero]] (ESL) è la forza di opposizione armata al governo siriano più numerosa e meglio equipaggiata. L'ossatura e la linea di comando è composta da soldati e ufficiali disertori delle [[Forze armate siriane]]<ref>http://www.aljazeera.com/indepth/features/2012/02/201221315020166516.html</ref>.

L'ESL viene fondato ufficialmente il 29 luglio 2011 da un gruppo di ex ufficiali siriani che nomina proprio comandante il colonnello [[Riyad al-As'ad|Riad al-Asaad]]<ref>http://www.joshualandis.com/blog/free-syrian-army-established-to-fight-the-syrian-army/</ref>.

Scopo primario dell'ESL era quello di proteggere i dimostranti pacifici dalle violenze perpetrate da polizia, esercito e [[Shabiha]]. Tuttavia, con il perdurare della crisi e a seguito della sua graduale militarizzazione, l'ESL si è trasformato in una milizia combattente strutturata, suddivisa in brigate con centri di comando nelle principali città siriane.

L'ESL si arricchisce di numerosi disertori, per lo più sunniti, e attiva centri di addestramento per i civili che si vogliono unire alla ribellione armata. I primi mesi del 2012 registrano un continuo flusso di soldati regolari verso l'ESL<ref>http://www.hurriyetdailynews.com/syrian-opposition-defections-rise.aspx?pageID=238&nID=12670&NewsCatID=352</ref> e anche alcuni ufficiali di alto rango<ref>http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/8997209/Damascus-bomb-kills-25-as-regime-suffers-high-level-defection.html</ref>.

Il numero complessivo di disertori e, più in generale, di miliziani legati all'ESL è sconosciuto<ref>http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2011/12/20111226171260898.html</ref>. Le stime più ottimistiche contano 50.000 effettivi<ref>http://www.informationclearinghouse.info/article37127.htm</ref>.

La sede centrale dell'ESL è in [[Turchia]], da cui riceve finanziamenti e sostegno.

La strategia di combattimento privilegiata dall'ESL è quella della [[guerriglia urbana]] con armi leggere, anche se i miliziani hanno partecipato a battaglie a più ampio raggio con l'ausilio di carri armati sottratti alle forze regolari in combattimento o a seguito della diserzione di carristi<ref>http://www.nytimes.com/slideshow/2012/01/29/world/middleeast/20120129Syria-5.html?_r=0</ref>.

Brigate legate all'[[Esercito siriano libero|ESL]] hanno partecipato alle principali battaglie contro l'esercito regolare. Tra le piu' significative quelle di [[Damasco]] e [[Aleppo]], che nel luglio 2012 viene conquistata in larga parte.

L'ESL viene considerata come la forza di opposizione più laica al governo siriano, sebbene alcune frange (come le brigate al-Farouq) siano di chiara impronta islamista<ref>www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-22521161</ref>.

L'ESL ha come interlocutore politico la [[Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione|Coalizione nazionale siriana]] e viene sostenuto e finanziato dalle nazioni che la hanno riconosciuta come rappresentante del popolo siriano.

Il ruolo dell'ESL nella guerra civile siriana ha subito un lento declino a partire dal 2013, quando le formazioni [[jihad|jihadiste]] e integraliste hanno cominciato ad assumere un ruolo sempre piu' importante, causando anche il travaso di miliziani da alcune brigate<ref>http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/11/21/rebels_inc</ref>.

Da luglio 2013 l'ESL apre un "''terzo fronte''" combattendo contemporaneamente l'esercito governativo e i gruppi fondamentalisti islamici<ref>www.ilpost.it/2013/09/19/terzo-fronte-guerra-in-siria/</ref>.

L'attuale comandante in capo dell'ESL è il generale [[Salim Idris]]<ref>http://english.alarabiya.net/articles/2012/12/10/254251.html</ref>.

=== Fronte al-Nusra ===
{{vedi anche|Fronte al-Nusra}}
Il [[Fronte al-Nusra]] è il più numeroso e organizzato gruppo [[jihad|jihadista]] [[Salafismo|salafita]] che, tra le file dell'opposizione armata, combatte il governo siriano<ref>http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/9716545/Inside-Jabhat-al-Nusra-the-most-extreme-wing-of-Syrias-struggle.html</ref>.

Il Fronte è considerato il ramo siriano della rete terroristica di [[al-Qaida|al-Qaeda]] ed ha ricevuto pubblicamente il riconoscimento di [[Ayman al-Zawahiri]]<ref>http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2013/Nov-08/237219-zawahiri-disbands-main-qaeda-faction-in-syria-jazeera.ashx#axzz2k58jAbml</ref>. Alcuni suoi membri utilizzano apertamente il nome "al-Qaeda in Siria"<ref>http://www.memri.org/report/en/0/0/0/0/207/0/7589.htm</ref>.

Il Fronte al-Nusra si forma il 23 gennaio 2012<ref>http://english.alarabiya.net/articles/2012/03/21/202177.html</ref> e la sua struttura iniziale è composta da miliziani siriani e iracheni provenienti dallo [[Stato Islamico dell'Iraq e del Levante|Stato Islamico dell'Iraq]], branca irachena di al-Qaeda<ref>http://www.quilliamfoundation.org/wp/wp-content/uploads/publications/free/jabhat-al-nusra-a-strategic-briefing.pdf</ref>.

Nell'aprile 2013 il leader dell' Stato Islamico dell'Iraq, [[Abu Bakr al-Baghdadi]], cerca di fondere le due organizzazioni, creando lo [[Stato Islamico dell'Iraq e del Levante|Stato Islamico dell'Iraq e Levante]]. Tuttavia Ayman al-Zawahiri, interviene annullando la fusione<ref>http://www.ilpost.it/2014/01/10/al-qaida-guerra-in-siria/</ref>. Si crea dunque una scissione interna al Fronte al-Nusra tra i militanti fedeli alla linea ufficiale di al-Qaeda e quelli che confluiscono nel nuovo gruppo<ref>http://www.reuters.com/article/2013/05/17/us-syria-crisis-nusra-idUSBRE94G0FY20130517</ref>.

Obiettivo del [[Fronte al-Nusra]] è la creazione di un [[emirato]] islamico in [[Siria]], governato secondo i dettami della [[Shari'a|sharia]].

Oltre alle tattiche di guerra tradizionale, il Fronte si rende protagonista di un'ondata di [[attentato|attentati suicidi]] (almeno 50) in cui spesso rimane vittima anche la popolazione civile. Nel dicembre 2012 il Fronte al-Nusra viene annoverato tra le [[Terrorismo islamista|organizzazioni terroristiche]] dagli Stati Uniti<ref>http://www.longwarjournal.org/threat-matrix/archives/2012/11/al_nusrah_front_claims_3_more.php</ref>.

Il Fronte al-Nusra collabora con l'[[Esercito siriano libero|ESL]] su tutti i principali fronti della guerra civile, in particolar modo ad [[Aleppo]]<ref>http://www.usatoday.com/story/news/world/2012/12/13/syria-bombing-assad/1766029/</ref>. Tuttavia i rapporti tra le due milizie, soprattutto nell'amministrazione dei territori conquistati, è piuttosto tesa fino a sfociare in conflitto nel luglio 2013. A partire dalla metà del 2013 il [[Fronte al-Nusra]] assume la leadership di numerose battaglie e, grazie alla determinazione dei soi miliziani, ad aumentare notevolmente il proprio peso nel fronte ribelle, fino ad egemonizzarlo soprattutto nel governatorato di [[al-Raqqa|Raqqa]], che diventa "la più grande città mai controllata da [[al-Qaida|al-Qaeda]]"<ref>http://www.bbc.co.uk/news/world-24926584</ref>.

Il Fronte non riconosce l'autorità della [[Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione|Coalizione Nazionale Siriana]] e si è opposta a qualunque intervento internazionale per la soluzione della crisi siriana<ref>http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/9716545/Inside-Jabhat-al-Nusra-the-most-extreme-wing-of-Syrias-struggle.html</ref>.

I miliziani del gruppo si sono resi responsabili di numerosi atti di violenza settaria contro le minoranze religiose siriane<ref>http://www.theblaze.com/stories/2013/06/30/catholic-priest-beheaded-in-syria-by-al-qaeda-linked-rebels-as-men-and-children-take-pictures-and-cheer/</ref>.

Si stima che il numero di miliziani del [[Fronte al-Nusra]] si aggiri intorno ai 20.000<ref>http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/12/al-qaeda-leader-syria-speaks-al-jazeera-20131218155917935989.html</ref>, inclusi molti combattenti non siriani<ref>http://www.theguardian.com/world/2012/sep/23/syria-foreign-fighters-joining-war</ref>.

=== Stato Islamico dell'Iraq e Levante (ISIL) ===
{{vedi anche|Stato Islamico dell'Iraq e del Levante}}
Lo [[Stato Islamico dell'Iraq e del Levante|Stato Islamico dell'Iraq e Levante]] è il gruppo ribelle jihadista più violento presente in [[Siria]]. Il [[fondamentalismo islamico]] che lo caratterizza, la sua natura transnazionale e i ripetuti atti di violenza verso la popolazione civile, i prigionieri di guerra e gli altri gruppi di opposizione hanno causato la rottura del fronte ribelle nel luglio 2013<ref>http://www.ilpost.it/2013/09/19/terzo-fronte-guerra-in-siria/
<div><br>
</div></ref> e scontri aperti con le altre milizie islamiste nel gennaio 2014<ref>http://www.latimes.com/world/worldnow/la-fg-wn-syrian-rebel-infighting-20140105,0,2285747.story#axzz2pX5mNcca
<div><br>
</div></ref>.

L'ISIL viene creato nell'aprile 2013 dal leader dello Stato Islamico dell'Iraq, [[Abu Bakr al-Baghdadi]], che intende fondere in un'unica entità il suo gruppo con il "distaccamento" siriano, il [[Fronte al-Nusra]]. L'operazione viene bloccata dal leader di [[al-Qaida|al-Qaeda]], [[Ayman al-Zawahiri]], che vuole mantenere distinte le due entità<ref>http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/06/2013699425657882.html
<div><br>
</div></ref>. Tuttavia al-Baghdadi ignora il comando ed esegue la fusione<ref>http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2013/06/2013615172217827810.html
<div><br>
</div></ref>. Si crea quindi una scissione nel Fronte al-Nusra e una parte di miliziani confluisce nella nuova formazione.

La principale differenza tra il Fronte al-Nusra e l'ISIL è che il primo combatte per la formazione di un [[emirato]] islamico in Siria, mentre il secondo mira alla creazione di un califfato transnazionale tra [[Siria]] e [[Iraq]]. Tuttavia fino a gennaio 2014 le due formazioni collaborano strettamente e conducono operazioni militari congiunte. In alcuni casi condividono anche i centri di comando<ref>http://www.theguardian.com/world/2013/oct/02/syria-massacre-reports-alawites-assad
<div><br>
</div></ref>.

L'area dove l'ISIL è più attiva è il nord del paese, nei [[governatorato di Aleppo|governatorati di Aleppo]], [[governatorato di Idlib|Idlib]] e [[governatorato di al-Raqqa|Raqqa]], dove lentamente riesce a indebolire anche la presenza del [[Fronte al-Nusra]]<ref>http://edition.cnn.com/2013/11/05/world/europe/syria-turkey-al-qaeda/
<div><br>
</div></ref>.

L'ISIL amministra le aree conquistate con estrema violenza, applicando la forma più rigida di sharia, creando prigioni segrete e organizzando esecuzioni sommarie e torture<ref>http://www.amnesty.org/en/news/syria-harrowing-torture-summary-killings-secret-isis-detention-centres-2013-12-19
<div><br>
</div></ref>.

Le milizie ISIL si sono rese protagoniste anche di violenze e rapimenti nei confronti di giornalisti, personale medico e minoranze religiose siriane<ref>http://www.nybooks.com/blogs/nyrblog/2013/dec/27/how-al-qaeda-changed-syrian-war/?insrc=hpss&utm_source=Sailthru&utm_medium=email&utm_term=*Mideast%20Brief&utm_campaign=Mideast%20Brief%201-3-2013
<div><br>
</div></ref>.

A partire da gennaio 2014 l'ISIL entra in aperto conflitto con le altre forze ribelli abbandonando molte cittadine ma conservando alcune roccaforti tra cui [[al-Raqqa|Raqqa]]<ref>http://www.asianews.it/news-en/Syria,-anti-Assad-rebel-infighting-leaves-700-dead,-including-civilians-30013.html</ref>. Nello stesso periodo scatena un'offensiva nella regione di [[al-Anbar]] in Iraq, causando il primo importante sconfinamento della guerra civile siriana<ref>http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2014/Jan-04/243100-fallujah-outside-iraq-government-control-security-official.ashx#axzz2oNa3sbT8
<div><br>
</div></ref>.

Il numero di miliziani è intorno ai 5.000<ref>http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/10/10/al_qaeda_s_syrian_strategy</ref> ed è la formazione che annovera la maggior parte di combattenti [[jihad|jihadisti]] non siriani.

=== Fronte Islamico ===
Il [[Fronte Islamico]] è una coalizione di 7 gruppi armati di ispirazione [[Salafismo|salafita]] che si oppongono militarmente al governo siriano.

Il Fronte nasce il 22 novembre 2013<ref>http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-25053525
<div><br>
</div></ref> con l'intenzione di unire le forze di tutti i gruppi islamisti siriani finora rimasti isolati o appartenenti alle due principali coalizioni (il [[Fronte Islamico Siriano]] e il [[Fronte Islamico Siriano di Liberazione]]) che vengono sciolte.

Confluiscono nel Fronte anche due tra i più importanti gruppi islamisti: [[Jaysh al-Islam]] e [[Ahrar al-Sham]].

L'unione delle forze permette al Fronte Islamico di essere, secondo alcune fonti, la milizia di opposizione più numerosa in [[Siria]], con 60.000 uomini<ref>https://now.mmedia.me/lb/en/commentaryanalysis/529244-has-sahwa-hit-the-fan-in-syria
<div><br>
</div></ref>.

I rapporti con l'[[Esercito siriano libero|Esercito Siriano Libero]] sono tesi e sono sfociati in conflitto in diverse occasioni<ref>http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702304202204579252021900591220</ref>. Nel dicembre 2013 il [[Fronte Islamico]] conquista il valico di frontiera con la [[Turchia]] di Bab al Hawa a scapito dell'ESL. Tale avvenimento provoca l'interruzione degli aiuti ai ribelli in tutta la fascia settentrionale della Siria da parte di [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e [[Gran Bretagna]]<ref>http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-11/siria-washington-e-londra-bloccano-aiuti-ribelli-nord-190447.shtml?uuid=ABv7jSj
<div><br>
</div></ref>.

ESL e Fronte Islamico si sono alleati nel gennaio 2014<ref>http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2013/Dec-17/241361-fsa-alliance-pushes-back-against-islamic-front.ashx#axzz2qVGSsQ9H
<div><br>
</div></ref> contro lo [[Stato Islamico dell'Iraq e del Levante|Stato Islamico dell'Iraq e Levante]] a seguito dell'esecuzione di un membro di spicco del Fronte<ref>http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2014/Jan-03/242966-isis-condemned-for-brutal-murder-of-fellow-jihadist.ashx#axzz2qVGSsQ9H
<div><br>
</div></ref>.

Il Fronte Islamico e il [[Fronte al-Nusra]] hanno solide relazioni e hanno condotto operazioni militari congiunte<ref>http://www.longwarjournal.org/archives/2013/12/islamic_front_joins.php
<div><br>
</div></ref>.

Il Fronte Islamico e in particolare alcuni gruppi che lo compongono sono pesantemente finanziati e armati dall'[[Arabia Saudita]] che, secondo alcune fonti, riesce anche a influenzare le decisioni sul campo<ref>http://www.al-monitor.com/pulse/security/2013/12/saudi-fighters-syria-official-silence.html
<div><br>
</div></ref>.

L'obiettivo del Fronte Islamico è la creazione di un [[emirato]] islamico in [[Siria]], governato secondo i dettami della [[Shari'a|sharia]]<ref>http://uk.news.yahoo.com/rebel-alliance-wants-syria-islamic-state-213423598.html#MQgFrxX
<div><br>
</div></ref>.

Il Fronte Islamico non riconosce l'autorità della [[Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione|Coalizione Nazionale Siriana]] e contrasta ogni forma di accordo politico con il governo siriano.

Tra le file del Fronte Islamico militano molti combattenti non siriani<ref>http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2013/12/syria-lebanon-islamic-front-political-transition-conflict.html</ref>.

=== Altri gruppi ribelli ===
Il fronte ribelle è caratterizzato da un grado di atomizzazione superiore rispetto a quello filogovernativo. Inoltre, escluse le formazioni piu' grosse precedentemente descritte, nel corso della guerra civile si è assistito alla nascita e al declino di molte milizie che si sono riorganizzate, fuse con altri gruppi o che semplicemente hanno cambiato nome. Alcune milizie autonome sono composte da poche decine di combattenti. E' presente anche un forte interscambio di miliziani che combattono sotto varie bandiere contemporaneamente. Creare quindi una lista delle formazioni ribelli minori e indicare il loro peso in numero di uomini è complesso e necessariamente parziale.

La quasi totalità delle milizie minori sul campo sono di ispirazione [[Fondamentalismo islamico|islamista]].

Tra le formazioni indipendenti più numerose vi è la [[Brigata Ahfad al-Rasul]], che conta 15.000 miliziani ed è finanziata direttamente dal [[Qatar]]<ref>http://www.americanprogress.org/issues/security/report/2013/05/14/63221/the-structure-and-organization-of-the-syrian-opposition/</ref>.

Il 2 gennaio 2014 viene annunciata la formazione dell'[[Esercito dei Mujahedeen]] che raggruppa diverse formazioni islamiste minori e una divisione uscita dall'[[Esercito siriano libero|Esercito Siriano Libero]]. Principale obiettivo della nuova formazione è la lotta contro i miliziani dello [[Stato Islamico dell'Iraq e del Levante|Stato Islamico dell'Iraq e Levante]]<ref>www.nytimes.com/2014/01/04/world/middleeast/qaeda-insurgents-in-syria.html?_r=1&</ref>. Stime ottimistiche attribuiscono 12.000 combattenti tra le fila del gruppo<ref>http://www.mcclatchydc.com/2014/01/06/213669/al-qaida-rebels-leave-mass-grave.html</ref>.

Tra le formazioni [[jihad|jihadiste]] ispirate ad [[al-Qaida|al-Qaeda]] e alleate dell'ISIL e del [[Fronte al-Nusra]] vi è [[Jaish al-Muhajireen wal-Ansar]], composta quasi esclusivamente da fondamentalisti islamici non siriani tra cui [[ceceni]], francesi e turchi<ref>http://www.theguardian.com/world/2012/sep/23/syria-foreign-fighters-joining-war</ref>. Hanno avuto un ruolo importante durante la battaglia di [[Aleppo]] nel settembre 2012<ref>http://www.lastampa.it/2013/11/23/esteri/ceceni-gli-irriducibili-di-aleppo-faremo-sanguinare-il-mondo-39EnDvRjt95yDWiohSNEwO/pagina.html</ref>. Il gruppo conta circa 1.000 miliziani<ref>http://www.longwarjournal.org/archives/2013/03/chechen_jihadist_for.php</ref>. Altra formazione composta da fondamentalisti islamici è [[Fath al-Islam]], i cui membri sono palestinesi ed è attiva principalmente in [[Libano]] (soprattutto a [[Tripoli (Libano)|Tripoli]]). La presenza in [[Siria]] è documentata in diverse zone del paese<ref>http://www.yalibnan.com/2012/04/23/lebanons-most-wanted-sunni-terrorist-blows-himself-up-in-syria</ref>, anche se il numero di miliziani coinvolti è sconosciuto. Altra formazione jihadista è [[Jund al-Sham]], composta da libanesi provenienti da Tripoli. E' attiva quasi esclusivamente nel [[governatorato di Homs]], dove ha creato un [[emirato]] nella cittadina di [[Krak dei Cavalieri|Qalaat al Hosn]]<ref>http://www.mcclatchydc.com/2013/06/25/194944/al-qaida-linked-nusra-front-rebels.html#.UdBz22JHIpk</ref>.

La milizia [[Ghuraba al-Sham]], di ispirazione jihadista e alleata del [[Fronte al-Nusra]], è attiva ad [[Aleppo]] ed è stata coinvolta in alcuni scontri con i miliziani [[curdi]]<ref>http://english.alarabiya.net/articles/2012/11/22/251219.html</ref>. E' formata prevalentemente da cittadini provenienti dall'[[Europa orientale]]<ref>dailynewsegypt.com/2012/12/06/jihadists-eclipsing-other-rebels-in-syrias-aleppo/</ref>.
== Coinvolgimento internazionale ==
== Coinvolgimento internazionale ==
Fra gli schieramenti che prendono parte alla guerra civile siriana si devono evidenziare i ruoli di quanti hanno offerto appoggio al governo siriano e quelli che lo hanno fatto in favore delle forze ribelli.
Fra gli schieramenti che prendono parte alla guerra civile siriana si devono evidenziare i ruoli di quanti hanno offerto appoggio al governo siriano e quelli che lo hanno fatto in favore delle forze ribelli.

Versione delle 16:23, 18 gen 2014

Guerra civile siriana
parte della primavera araba
Quartiere di Homs durante la guerra civile (aprile 2012)
Data15 marzo 2011 - (conflitto in corso)
LuogoSiria, con sconfinamenti minori nei paesi vicini
EsitoConflitto in corso
Schieramenti
Coalizione nazionale siriana

Mujaheddin

con ruoli di supporto diretto:
Bandiera dell'Arabia Saudita Arabia Saudita
Bandiera del Qatar Qatar
Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Bandiera della Turchia Turchia
con ruoli di supporto indiretto:

Bandiera del Regno Unito Regno Unito
Bandiera della Francia Francia
Repubblica Araba di Siria

Bandiera dell'Iran Iran

File:Flag of Hezbollah.svg Hezbollah[12]

Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina[13]

Miliziani sciiti iracheni[14]

con ruoli di supporto diretto:
Bandiera della Russia Russia
Bandiera della Corea del Nord Corea del Nord[15]
con ruoli di supporto indiretto:

Bandiera della Cina Cina
Bandiera del Venezuela Venezuela Bandiera della Bielorussia Bielorussia[16] Bandiera dell'Algeria Algeria[17]
Bandiera dell'Egitto Egitto[18]
Partito dell'Unione Democratica (PYD)
Comandanti
Effettivi
140 000 insorti[23](luglio 2012)
Fronte Islamico: 45 000[24]
Fronte Al-Nusra: 15 000[25]
Stato Islamico di Iraq e Levante: 8 500[26]

5 000 combattenti non siriani[27]
200 000 soldati (2011)[28]
178 000 soldati (2013)[29]
Forza Nazionale di Difesa: 80 000[30]
Shabiha: 10 000[31]
Jaysh al-Sha'bi: 50 000[32]
Brigata al-Abbas: 10 000[33] Hezbollah: 5 000[34]
40 000[21] – 45 000[22] combattenti
Perdite
27 746[35] - 50 937 (Fonte SOHR) ribelli31 174 soldati[35]
19 256 Shabiha e Forza Nazionale di Difesa[35]
250 Hezbollah[36]
256 altri miliziani non siriani[35]
240+ combattenti uccisi (fonte SOHR)
circa 130 000 morti totali (dicembre 2013)[37]
44 381 civili[38]
Voci di guerre presenti su Wikipedia

La guerra civile siriana o crisi siriana è un conflitto in corso nel paese che vede contrapposte militarmente le forze governative a quelle dell'opposizione, e che viene inserito nel contesto più ampio della Primavera araba. Il conflitto è iniziato il 15 marzo 2011 con le prime dimostrazioni pubbliche, si è sviluppato in rivolte su scala nazionale, per poi divenire guerra civile nel 2012.

Le iniziali proteste hanno l'obiettivo di spingere alle dimissioni il presidente Bashar al-Assad ed eliminare la struttura istituzionale monopartitica del Partito Ba'ath. Col radicalizzarsi degli scontri si aggiunge con sempre maggiore forza una componente estremista di stampo salafita che, anche grazie agli aiuti di alcune nazioni sunnite del Golfo Persico, si pensa possa aver raggiunto il 75% della totalità dei combattenti[39]. Tali gruppi fondamentalisti hanno come principale obiettivo l'instaurazione della Sharia in Siria.[40][41]

Nell'aprile 2011 il governo dispiega le forze armate siriane per reprimere le rivolte. Dopo un mese, la rivolta si trasforma in opposizione armata, anche grazie alle prime diserzioni tra le forze armate. I militari che si uniscono alla rivolta permettono di superare la totale mancanza di una struttura organizzata e formano, insieme ai civili addestrati, l'Esercito Siriano Libero (ESL). Tale organizzazione non verrà mai riconosciuta dal governo centrale e verrà sempre definita "gruppo terroristico armato".

Gli scontri durante la seconda metà del 2011 dilagano nel Paese senza però che si formi un vero e proprio "fronte". La guerra asimmetrica si combatte in ogni città[42]

Dall'inizio del 2012 cominciano ad emergere i primi gruppi organizzati di ispirazione fondamentalista e dichiaratamente vicini all'ideologia di Al-Qaeda. Il più numeroso e meglio armato è il Fronte al-Nusra che si forma nel gennaio 2012 e si renderà protagonista di numerosi attentati suicidi[43]. Nel 2012 si crea una nuova area di conflitto a nord della Siria, quando la minoranza di etnia curda si organizza in gruppi armati e rivendica l'indipendenza del Kurdistan siriano[44]. I miliziani curdi operano con finalità diverse dall'opposizione siriana, quindi nel 2012 operano in autonomia con momentanee alleanze di convenienza. Tuttavia a luglio del 2013 la convivenza in alcuni villaggi con i militari dell'ESL e soprattutto con i combattenti jihadisti termina in scontro aperto, generando un nuovo fronte di guerra civile.[45]

Il 2012 si chiude con una sostanziale avanzata dei ribelli in molte città siriane, ma soprattutto ad Aleppo, centro economico del Paese. Le truppe regolari sono arginate nei quartieri ovest e gran parte dei villaggi del governatorato passano sotto il controllo dei ribelli.[46]

Nel 2013 la situazione sul campo volge a favore del governo siriano grazie all'ingresso in Siria dei miliziani libanesi sciiti di Hezbollah, che permettono la riconquista decisiva della cittadina di Al-Qusayr[47] al confine con il Libano e, di fatto il controllo di Homs[48] e le vie di comunicazione per la costa. Il fronte dei ribelli invece si indebolisce e, tra l'ESL e i miliziani jihadisti le divergenze sull'amministrazione dei territori conquistati degenerano in scontro aperto[49]. Nasce un nuovo gruppo jihadista estrememente violento composto prevalentemente da non-siriani: lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante (ISIL)[50].

A causa della posizione strategica della Siria, i suoi legami internazionali e del perdurare della guerra civile, la crisi ha coinvolto i paesi confinanti e l'intera comunità internazionale. Gli organi dirigenti del Partito Ba'ath e lo stesso presidente appartengono alla comunità religiosa alawita, una branca dello sciismo che è tuttavia minoritaria in Siria. Per questo motivo, le nazioni a maggioranza sciita sono intervenute a protezione del governo siriano. Sia l'Iran che l'Iraq cercano di mantenere un governo alleato che permette di creare una macroregione che arriva fino al Libano. Sia combattenti iracheni che iraniani sono presenti a fianco dell'esercito regolare[51][52][53]. Il fronte dei ribelli è invece stato sostenuto dalla Turchia[54] e soprattutto dai Paesi sunniti del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Qatar che mirano a contrastare la presenza sciita in Medio Oriente[55][56][57][58]. In ambito ONU si è verificata una profonda spaccatura tra Stati Uniti, Francia e Regno Unito che hanno espresso sostegno ai ribelli[59][60] e Cina e Russia che invece sostengono il governo siriano sia in ambito diplomatico che militare[61][62][63].

La delicata composizione etnica siriana[64] si è fortemente riflessa negli schieramenti in campo. Sebbene le prime manifestazioni antigovernative avessero uno spirito "laico" e avessero coinvolto tutte le principali città del paese, incluse quelle a maggioranza alawita (come Lattakia[65]), il perdurare della crisi ha polarizzato gli schieramenti, portando la componente sciita a sostenere il governo insieme a gran parte delle minoranze religiose, che hanno goduto della protezione del governo laico del Partito Ba'ath[66][67][68]. Il fronte dei ribelli rimane composto prevalentemente da sunniti anche se non costituiscono un blocco compatto. Parte della popolazione sunnita continua a sostenere il governo[69]. Sono sunniti alcuni membri del governo e buona parte dell'esercito[70][71], nonché la stessa moglie di Bashar al-Assad. Le stragi perpetrate dalle componenti fondamentaliste dei ribelli nei confronti delle minoranze religiose in Siria[72][73][74] ha portato le Nazioni Unite a definire la guerra civile come un "conflitto di natura settaria"[75].

Secondo le Nazioni Unite il bilancio delle vittime è superiore a 125 000[76][77][78], di cui circa la metà civili. Vi sono inoltre circa 4 milioni di siriani sfollati all'interno del paese e 2,5 milioni fuggiti in altri paesi[79] quali la Turchia, la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.

Le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze governative e i miliziani Shabiha di usare i civili come scudi umani, di puntare intenzionalmente le armi su di loro e di adottare la tattica della terra bruciata. I ribelli anti-governativi sono stati accusati di abusi dei diritti umani tra cui torture, sequestri, detenzioni illecite ed esecuzioni di soldati e civili[80][81].

L'accezione "guerra civile" per descrivere il conflitto in atto è stata usata il 15 luglio 2012 dal Comitato Internazionale della Croce Rossa che ha definito la crisi siriana un conflitto armato non internazionale.[82]

Storia

L'attuale presidente della Repubblica Araba di Siria, Bashar al-Assad, è esponente del partito Baath Arabo Socialista. Tale partito, di ispirazione laica e legata al socialismo arabo e al panarabismo, fin dalla sua fondazione negli anni '40 ha evidenziato la sua caratteristica interconfessionale essendo i suoi tre ideatori un cristiano, un alawita e un sunnita.

Il Baath in Siria assume un ruolo di primo piano a seguito del disfacimento della Repubblica Araba Unita (RAU) nel 1961 e il successivo caos politico. Una serie di colpi di stato militari, durante i quali, nel 1962, venne introdotto lo stato di emergenza che di fatto sospende la maggior parte dei diritti costituzionali dei cittadini, definisce la nuova classe dirigente siriana. L'8 marzo 1963 un nuovo colpo di stato porta al governo il partito attraverso il "Comando Rivoluzionario del Consiglio Nazionale", composto da ufficiali dell'esercito e funzionari civili.

Il padre di Bashar al-Assad, Hafiz al-Assad, ha l'opportunità di esercitare una grossa pressione sul governo nel 1966, quando un nuovo golpe permette al Partito Baath di eliminare tutti gli altri partiti politici e Hafiz diventa ministro della Difesa.

A seguito dell'indebolimento del governo dopo la sfortunata Guerra dei Sei Giorni con Israele e dei dissidi interni al partito, il 13 novembre 1970 Hafiz conquista la guida del partito e la presidenza della Repubblica. La Siria vive un periodo di stabilità con un sistema di governo verticistico, monopartitico e repressivo. Assad, in maniera simile agli altri leader arabi sviluppa anche un forte culto della personalità. La stabilità della nazione, garantita anche dall'appoggio dell'URSS, permette importanti riforme infrastrutturali, mentre la laicità garantita dal partito garantisce una forte tutela alle numerose minoranze religiose presenti in Siria. La minoranza alawita di cui Assad fa parte riceve pero' i vantaggi maggiori, garantendosi i posti più importanti nell'amministrazione pubblica e nei gradi delle forze armate.

Nel 1982 Hafiz al-Assad deve affrontare una grave insurrezione di matrice islamica, guidata dalla locale branca dei Fratelli Musulmani che porta all'assedio della città di Hama e alla dura repressione degli insorti per mezzo dell'esercito e dell'aviazione. La stima dei morti varia, da una cifra minima del New York Times di almeno 10 000 cittadini siriani uccisi[83], ai 40 000 stimati dal Comitato siriano per i diritti umani[84], di cui 1000 soldati.

Gli anni '90 portano ad un avvicinamento della Siria all'Occidente a seguito del sostegno all'Operazione Desert Storm contro l'Iraq di Saddam Hussein e al tentativo di siglare un accordo di pace con Israele.

Nel 1999, alla notizia della designazione come successore alla presidenza del figlio Bashar al-Assad, scoppiano delle violente proteste a Lattakia tra la polizia e i seguaci di Rifa'at al-Assad, fratello di Hafiz che sperava di succederlo alla presidenza.

Hafiz al-Assad, gravemente malato di cuore, muore un anno dopo, il 10 giugno 2000. Come programmato, gli succede Bashar al-Assad, anche grazie a un rapido emendamento costituzionale che permette di abbassare da 40 a 34 anni l'età minima per essere eletti presidente. Viene eletto col 99,7% dei voti.

Bashar, che parla francese e inglese e che è sposato con una donna siriana nata in Inghilterra (Asma al-Assad), anche a causa della sua giovane età venne definito “ispiratore di speranza” per le riforme e l'inizio del suo mandato viene considerato la “Primavera di Damasco”.

La prima sfida per il nuovo presidente è l'indipendentismo curdo. Infatti nel 2004 scoppiano una serie di rivolte nel nord della Siria. La più grave nella cittadina di Kamichlié, quando durante una partita di calcio, alcune persone cominciano a sventolare bandiere curde. La violenta reazione della polizia causa almeno 30 morti e la protesta dilaga in molti altri centri sfociando in scontri anche con la comunità araba.

Le speranze di un cambiamento del sistema di governo vengono disattese. Bashar non modifica la rigida struttura di controllo della popolazione, la censura della stampa libera e continua a non permettere la formazione di partiti politici di opposizione. Inoltre si incrinarono i rapporti con l'Occidente a seguito dell'appoggia a Saddam Hussein durante la guerra all'Iraq del 2003, l'appoggio a movimenti considerati terroristici come Hezbollah e Hamas e il coinvolgimento nell'assassinio dell'ex-Primo Ministro libanese Rafīq Ḥarīrī.

Bashar al-Assad dichiarò che il suo Stato era immune dalle proteste di massa che si stavano manifestando in Egitto. Buthayna Sha'bān, un consigliere presidenziale, diede la colpa agli ambienti clericali sunniti e alle loro prediche che incitavano alla rivolta, così come aveva fatto lo "shaykh informatico" egiziano (ma residente in Qatar) Yusuf al-Qaradawi in un suo sermone da Doha il 25 marzo 2011. Secondo il The New York Times il governo siriano ha chiamato solamente le unità dei servizi segreti in mano agli alauiti per reprimere la rivolta. Sarà utile ricordare che il fratello minore del Presidente, Maher al-Assad, comanda la IV Divisione mentre il cognato, Assef Shawkat, è Capo di Stato Maggiore dell'esercito.

Cronologia degli eventi

Avvisaglie della crisi (gennaio 2011 - febbraio 2011)

La prima fase dell'insurrezione contro il governo siriano è caratterizzata da una serie di manifestazioni di piazza organizzate attraverso i social network sulla scia di iniziative simili che si stavano diffondendo in Medio Oriente e Nord Africa (Primavera Araba).

In un'intervista concessa al quotidiano statunitense Wall Street Journal, Bashar al-Assad si dice convinto del fatto che siano necessarie riforme e che si stia costruendo una "nuova era" in Vicino Oriente, mentre in altri paesi del Nordafrica si svolgono manifestazioni di piazza senza precedenti.[85] La mobilitazione indetta però in Siria per il 4 e 5 febbraio, in contemporanea con la "giornata della partenza" proclamata in Egitto, nel 2011, non ottiene il risultato sperato e scarse risultano le adesioni da parte della popolazione, soprattutto per la paura di ritorsioni da parte degli organi di sicurezza[86]. Il giorno prima si era rivelato un insuccesso un sit-in indetto davanti alla sede del Parlamento "in segno di solidarietà con studenti, lavoratori e pensionati privi di reddito".[87]

Per limitare le possibili aggregazioni di manifestanti, il governo attua una politica di censura su Internet, impedendo l'accesso a Facebook, Twitter e Youtube[86]. Tuttavia il 10 febbraio Damasco apre definitivamente ai social network e dopo 5 anni fa cadere il divieto che ne prevedeva l'oscuramento.[88] La decisione di eliminare le limitazioni, secondo quanto riferisce il quotidiano filo-governativo al-Waṭan (La Patria), dimostra "la fiducia del governo nell’uso della rete". Secondo l'opposizione il libero accesso ai social network sarebbe un tentativo delle autorità siriane per contrastare attività sediziose contro il regime.[88] Il 17 febbraio però Tal al-Mallouhi, giovane blogger siriana, viene condannata a cinque anni di carcere dall'Alta corte per la sicurezza dello Stato, con l'accusa di aver lavorato per conto della Cia.[89]

Inizia la rivolta (marzo 2011)

Dal 15 marzo la Siria è di nuovo percorsa da timide manifestazioni anti-regime, che però solo a Dar'a, città della Siria meridionale, capoluogo della regione agricola e tribale del Hawran (tra le più povere del paese), sfociano dal 18 marzo in proteste di massa senza precedenti, represse con le forze militari.[90][91] Numerose persone rimangono uccise durante gli scontri. Il governatore della regione, Faysal Kulthum, il 23 marzo viene rimosso dall'incarico dal presidente siriano.[90]

Nonostante l'annuncio delle riforme dato il giorno prima dal portavoce del presidente, il 25 marzo le proteste proseguono e sfociano in scontri che provocano numerose vittime a Dar'a, Latakia e Samnin.[92][93]

Il 26 marzo, mentre manifestazioni si svolgono a Darʿā, i partecipanti al funerale delle vittime dei giorni precedenti danno alle fiamme la sede locale del partito Baʿth e manifestazioni si svolgono anche a Latakia, dove il giorno successivo si apprende che almeno 12 persone (secondo l'opposizione 20), tra cui una decina di militari, rimangono uccise negli scontri.[94][95] A Darʿā ancora il 28 marzo persone scese in strada per protestare contro lo stato di emergenza sono fatte oggetto di attacchi a colpi di arma da fuoco da parte della polizia. Nello stesso giorno il vice presidente siriano annuncia che il presidente Assad prenderà decisioni che saranno "gradite al popolo siriano".[96]

Il 30 marzo rimangono uccise 25 persone a Latakia, porto a nord-ovest di Damasco, durante la repressione delle manifestazioni.[97] Lo stesso giorno il presidente siriano, Bashar al-Assad, nel discorso pronunciato in parlamento a Damasco, annuncia che il prossimo governo è pronto ad attuare riforme per la lotta alla corruzione e l'aumento degli stipendi.[98] Assad accusa inoltre forze straniere di fomentare la rivolta e condanna i media satellitari come Al Jazeera di sobillare i rivoltosi.[99]

Parallelamente alla repressione delle manifestazioni, il presidente siriano Bashar al-Assad offre una serie di concessioni. Scioglie il governo e nomina l'ex ministro dell'Agricoltura Adel Safar nuovo Premier e gli affida l'incarico di formare il nuovo governo.[100] La coscrizione obbligatoria viene ridotta da 21 a 18 mesi[101]. Viene rimosso il governatore della provincia di Darʿā[102]. Vengono fatte promesse per la diminuzione delle tasse e la revisione dei salari[103].

La rivolta dilaga (aprile 2011 - maggio 2011)

Situazione delle proteste in Siria al 15 aprile 2011
Manifestazione filogovernativa a Damasco l'8 aprile 2011

Aprile si apre con imponenti manifestazioni che interessano tutte le maggiori città del Paese, ma è a Dar'a, nella Siria meridionale che si concentrano gli scontri più violenti. A partire dall'8 aprile, numerosi manifestanti rimangono uccisi in questa città dove gli scontri durano alcuni giorni.[104] In occasione della celebrazione del funerale delle vittime, la polizia disperde con l'uso delle armi la folla in lutto provocando l'uccisione di numerose persone.[105]

A Dar'a, diventata il fulcro delle proteste, viene per la prima volta schierato l'esercito siriano che con 6.000 uomini e mezzi corazzati cinge d'assedio la città[106][107]. Oltre 400 sono i decessi registrati dall'inizio della protesta, mentre circa 500 persone sono tratte in arresto.[108]

Oltre a Dar'a, la protesta dilaga in diverse città della Siria: Latakia, Homs, Damasco e Aleppo dove attivisti dei diritti umani riferiscono di numerosi morti e centinaia di feriti.[109]

Il 22 aprile un raduno di manifestanti a Damasco contro il regime viene disperso a colpi di fumogeni.[110] Altre proteste si svolgono nello stesso tempo a Raduni, Kamichlié e Amuda.[110] In un sobborgo a nord della capitale, a Duma, si registrano morti in seguito al ricorso ad armi da fuoco da parte della polizia, mentre numerosi altri se ne contano in altre città siriane nello stesso giorno.[111][112] Nel corso della giornata, che vede man mano estendersi la protesta in numerose città del paese, oltre 60 persone muoiono per mano delle forze di sicurezza.[113][114] Alla fine si scopriranno essere più di 100 le vittime del venerdì in Siria.[115]

Manifestazione a Baniyas il 29 aprile 2011: il "venerdì della rabbia"

Venerdì 29 aprile manifestazioni si svolgono in numerosissime piazze del paese, compresa Der'a, e per la prima volta compaiono organizzazioni dichiaratamente islamiste, come la clandestina Fratellanza Musulmana messa fuori legge nel paese.[116][117]

Dopo un sanguinoso attacco rivolto alla città di Baniyas (una delle roccaforti della protesta) il 7 maggio, l'11 maggio anche la città di Homs, e soprattutto il quartiere di Bab Amr, sono al centro di una vasta operazione dell'esercito siriano volta a colpire le cellule della protesta.[118] A metà maggio una trentina di manifestanti risultano aver perso la vita negli scontri degli ultimi tre giorni tra manifestanti e forze di sicurezza a Tall Kalakh, nella Siria occidentale a ridosso del confine con il Libano.[119] Durante il "venerdì delle libertà" proclamato per il 21 maggio circa 40 persone vengono uccise dalle forze di polizia nel corso di manifestazioni nella provincia occidentale di Idlib e nella città di Homs.[120][121]

Per tutto il mese di maggio le proteste non si esauriscono, ed aumenta il numero dei morti, fino ad arrivare a oltre 1000. Si contano in 10 000 invece gli arresti.[122]

A partire dalla fine di marzo, la piazza si riempie anche di manifestazioni a favore del governo caratterizzate da una grande quantità di persone, una buona organizzazione e una forte visibilità sulle televisioni nazionali. Manifestazioni si svolgono a Damasco[123][124], Aleppo[125], Tartous[126] e Lattakia[127].

Inoltre il governo continua ad accogliere parte delle richieste dei manifestanti. Il 21 aprile viene eliminato lo stato di emergenza, che era una delle principali richieste[128].

La rivolta diventa armata (giugno 2011 - ottobre 2011)

La bandiera della Repubblica di Siria in uso tra il 1932 e il 1958 e adottata nuovamente nel 2011 dall'opposizione siriana.

Il 4 giugno 2011 avviene, per la prima volta, un'azione di protesta in cui i dimostranti prendono le armi e reagiscono violentemente agli apparati di sicurezza. Accade a Jisr ash-Shugur, nella provincia di Idlib, vicino al confine con la Turchia. I dimostranti aggrediscono le forze di polizia uccidendo 8 persone e prendono il controllo della locale stazione di polizia, saccheggiandola e distribuendo le armi contenute al suo interno[129]. Gli scontri continuano per una settimana, nella quale i gruppi armati uccidono un totale di 120 poliziotti[130].

La reazione del governo è delle più dure. Oltre all'esercito, vengono dispiegati i carri armati e alcuni elicotteri[131]. Solo il 12 giugno viene ristabilita la calma in città. Grazie alla vicinanza con la Turchia, 10.000 residenti fuggono dalla battaglia oltrepassando il confine[129].

Altre manifestazioni, più pacifiche, compaiono a Maarat al-Numaan[132] e Aleppo[133].

Il 3 luglio 2011 ad Hama si svolge la più imponente manifestazione contro il governo[134]. La circostanza è particolarmente delicata in quanto è la prima azione di ribellione di questa città dopo la sanguinosa insurrezione del 1982 e l'organizzazione islamista dei Fratelli Musulmani è qui ancora molto forte. L'intervento del governo è immediato: viene inviato l'esercito e in un mese viene riportata la calma in città a costo di più di 200 morti[135]. La durissima repressione del governo, senza che si fossero verificate reali ostilità da parte dei dimostranti, genera la prima forte protesta sul piano internazionale, principalmente da Stati Uniti[136] e Unione Europea[137].

Fin da inizio giugno, quando la repressione si intensifica, si registrano casi di diserzione da parte di membri della polizia e dell'esercito[129]. Il 29 luglio 2011, un gruppo di ufficiali disertori crea L'Esercito Siriano Libero (ESL)[138]. Questo evento modifica sensibilmente l'evoluzione dell'opposizione, che, di fatto, si trasforma in un vero e proprio esercito combattente con lo scopo di destituire il governo baatista. L'ESL comincia a creare una catena di comando e ad organizzare i gruppi ribelli, armandoli e addestrandoli.

Le due principali città siriane, Damasco e Aleppo, registrano alcune manifestazioni di opposizione, ma il numero di partecipanti è molto basso e non si verificano significativi atti di repressione[139]. Le piazze principali sono invece teatro di oceanici raduni di manifestanti filogovernativi[140].

Il 23 agosto 2011 i vari gruppi di opposizione in esilio creano il Consiglio Nazionale Siriano (CNS) con sede a Istanbul[141]. L'intento è quello di creare un punto di riferimento politico per l'opposizione siriana e creare un interlocutore con l'ESL. Tuttavia l'opposizione rimarrà sempre un insieme poco amalgamato di gruppi politici da molto tempo in esilio (quindi con poca conoscenza della reale situazione in patria) e diviso su linee ideologiche, etniche e religiose[142].

Con la nascita dell'ESL, gli scontri diventano molto più violenti e, al posto delle dimostrazioni di piazza, si verificano atti di guerriglia, sabotaggio e imboscate. Un esempio è la Battaglia di Rastan, combattuta tra il 27 settembre e il 1° ottobre 2011 in cui i ribelli riescono a sconfiggere l'esercito regolare e allontanarlo dalla città per 4 giorni[143]. Le forze armate governative reagiscono mettendo in campo l'aviazione e la marina[144].

Per tutta la durata di ottobre in Siria si registrano combattimenti in tutte le città, soprattutto a Idlib e nel suo governatorato[145].

Guerra civile (novembre 2011 - marzo 2012)

Lo stesso argomento in dettaglio: Referendum costituzionale siriano del 2012.

Sebbene a livello internazionale la crisi siriana non venga ancora ufficialmente considerata una guerra civile, sul campo si verifica un'escalation degli scontri causata anche dal flusso continuo di disertori che ingrossano le file dell'ESL[146]. L'evento più significativo è la serie di attacchi che a fine ottobre vengono compiuti dall'Esercito Siriano Libero nella città di Homs. Vengono uccisi 37 soldati[147]. La reazione dell'esercito regolare incontra un livello di resistenza mai incontrato prima e, a differenza delle operazioni svolte a Dar'a e Hama, la rivolta non viene sedata[129]. L'ESL riesce a conquistare i quartieri nevralgici della terza città siriana e costringe l'esercito ad un'azione di difesa. Il corrispondente di Sky News, Stuart Ramsay, descrive la situazione a Homs come una "chiara zona di guerra"[148]. A causa della tenace resistenza dei ribelli, Homs verrà in seguito definita la "Capitale della rivoluzione"[149].

L'assedio di Homs, anche a causa della sua durata, provoca anche i primi chiari scontri settari tra civili, prevalentemente musulmani sunniti e alawiti[150]. Questi ultimi considerati come sostenitori del regime de facto.

Tra novembre e dicembre l'ESL si alimenta grazie alle continue diserzioni[151] e aumenta il numero e l'intensità degli attacchi. In soli due mesi vengono attaccati: la sede dei servizi segreti dell'aeronautica a Damasco, la sede del Partito Baath e un edificio dell'intelligence a Idlib e un aeroporto militare vicino Homs[152].

Il 15 dicembre, grazie a un'imboscata, i ribelli uccidono 27 soldati a Dar'a. È l'attacco singolo più sanguinoso finora avvenuto[153].

Il 28 dicembre, di fronte alle difficoltà sorte nel combattere una guerra asimmetrica, il presidente Bashar al-Assad fa nuove concessioni agli oppositori e libera 755 detenuti politici[154].

Tra le concessioni più importanti vi è la modifica della costituzione, che, tra i punti fondamentali, prevede il tetto alla possibilità di ricandidatura del presidente a 2 anni ed elimina la citazione del Partito Baath come partito unico in Siria[155]. La nuova costituzione viene sottoposta a referendum il 26 febbraio, boicottato dall'opposizione[156]. I risultati, non confermati da osservatori internazionali, vedono una partecipazione del 57,41% e una vittoria del SI con l'89,42%[157].

A gennaio 2012 non si verificano più manifestazioni pacifiche di piazza, che lasciano il posto al conflitto armato su larga scala[158]. L'Esercito Siriano Libero ottiene importanti vittorie in tutto il paese: a Zabadani l'opposizione controlla l'intera città[159] e avanza nei dintorni di Damasco, soprattutto nella città di Douma[160], dove l'esercito regolare è costretto a ritirarsi. A Idlib, dopo una lunga serie di scontri, i ribelli controllano parte della città[161].

Nel governatorato di Homs l'opposizione armata, dopo una settimana di scontri, ottiene il pieno controllo della città di Rastan e delle cittadine nei dintorni[162]. L'esercito regolare, decimato dalle defezioni, è costretto alla ritirata.

Sebbene l'Esercito Siriano Libero costituisca l'ossatura dell'opposizione armata in Siria, a inizio gennaio compaiono altri gruppi paralleli che operano in maniera più autonoma. Tra essi quello più importante è il Fronte Al-Nusra che si costituisce il 23 gennaio[43]. Il gruppo è inizialmente composto da membri della branca irachena di Al-Qaeda (Stato Islamico dell'Iraq) che combatte la presenza americana nel paese. I membri siriani dell'organizzazione, inclusi militanti di nazionalità irachena, tornano in patria vedendo nella crisi siriana l'opportunità di rovesciare il governo di Assad e instaurare uno Stato islamico basato sulla sharia[163].

Il Fronte Al-Nusra, rappresentante l'ala più radicale del fondamentalismo sunnita, opera in maniera indipendente e con finalità diverse rispetto all'ESL. Tuttavia elementi di entrambe le fazioni combattono insieme contro le truppe regolari siriane. Il gruppo introduce tuttavia una strategia di attacco molto più violenta basata anche su attentatori suicidi che eseguono singoli attentati contro istituzioni governative con finalità di puro terrorismo. La strategia degli attacchi suicidi, generalmente per mezzo di auto-bomba, viene inaugurata nel distretto Al-Midan di Damasco il 6 gennaio 2012 con la morte di 26 persone, tra cui molti civili[164].

L'esercito siriano, inizialmente in difficoltà di fronte ai successi dei ribelli, organizza una controffensiva il 2 febbraio che dura circa due mesi e permette al governo di arginare l'avanzata dei ribelli nel Governatorato di Damasco. Il risultato più importante viene ottenuto nella città di Idlib che il 15 marzo viene riconquistata dopo giorni di combattimenti[165].

Alla fine di marzo 2012 il computo totale dei morti in Siria sale a 10.000[166].

I civili nel mirino (aprile 2012 - giugno 2012)

Situazione a giugno 2012. Il rosa chiaro indica le aree di conflitto, le zone rosse quelle conquistare dall'ESL.

L'avanzata dei ribelli in molte aree del paese estremizza la reazione del governo. Vengono utilizzati elicotteri d'assalto nei centri abitati[167] e nelle città i soldati governativi impiegano negli attacchi sempre più spesso le milizie shabiha. Tali bande, composte prevalentemente da siriani di religione alawita e senza una reale struttura organizzativa, sono composte da giovani spesso legati alla criminalità comune. Le bande di shabiha compaiono in maniera concomitante alle prime manifestazioni antigovernative del 2011, dove sono protagonisti di gesti di violenza conto i dimostranti. E' forte il sospetto che oltre ad essere "tollerate" dal governo, siano una vera e propria milizia non ufficiale[168]. Con l'acuirsi della crisi le milizie vengono impiegate nelle azioni più violente contro i ribelli e i civili considerati sostenitori dell'opposizione. Tale impiego dovrebbe proteggere l'esercito regolare da eventuali accuse di violazione dei diritti umani.

A partire da aprile 2012 l'abuso nell'utilizzo degli shabiha provoca una serie di massacri della popolazione civile che culmina nei due episodi più gravi: la Strage di Houla[169][170], in cui vengono uccise a sangue freddo 108 persone[171], e quella di Al-Qubeir[172][173][174], dove vengono uccise 78 persone[175].

In entrambi i casi il governo siriano cerca di negare l'accaduto attribuendo la responsabilità ai gruppi ribelli[176][177].

L'eco delle stragi, amplificate dai media, provoca per la prima volta una forte reazione internazionale. A fine maggio molte nazioni espellono l'ambasciatore siriano per prendere le distanze dal governo di Bashar al-Assad[178][179].

Da giugno 2012, vedendo le difficoltà nella gestione della crisi da parte del governo siriano, molte Nazioni straniere cominciano a prefigurare una prossima caduta di Bashar al-Assad e sostengono apertamente il fronte dei ribelli[180].

La Nazione più attiva è la Turchia che fornisce armi all'ESL e da rifugio ai vertici militari dell'opposizione[181][182]. USA[183][184], Francia[185] e Gran Bretagna[186] cominciano a fornire equipaggiamenti e finanziamenti, mentre l'Unione Europea inasprisce l'embargo sulla Siria[187].

Gli Stati del Golfo Persico, in maniera simile a quanto avvenuto durante le rivolte della Primavera Araba, da aprile 2012 finanziano e inviano armi ai ribelli[188][189]. I destinatari sono prevalentemente i gruppi di ispirazione salafita[190].

La presa di posizione a favore dei ribelli di molte Nazioni, provoca la reazione degli Stati tradizionalmente alleati della Siria. La Russia, che ha un accordo con il governo di Assad per l'utilizzo del porto di Tartus, invia del personale tecnico per la formazione dei militari siriani[191]. L'Iran, che teme di perdere un prezioso alleato regionale, in aprile comincia ad inviare armi e finanziamenti al governo siriano[192].

Sul campo i ribelli continuano a guadagnare terreno, avanzando nel Governatorato di Idlib[193] e soprattutto conquistando il 10 luglio la cittadina di Al-Qusayr[194], posizionata strategicamente su un valico di confine con il Libano e sulla strada che conduce dalla costa ad Homs.

Battaglia per Damasco e Aleppo. Si apre il fronte curdo (luglio 2012 - agosto 2012)

Nel mese di luglio le forze ribelli continuano a mantenere l'iniziativa e scatenano la più imponente offensiva contro il governo siriano tentata finora.

Le due principali città siriane: la capitale Damasco e Aleppo, cuore commerciale del paese, fin dal 2011 non erano state teatro di forti manifestazioni antigovernative e finora erano state colpite dal conflitto solo in maniera marginale[140]. A Damasco i ribelli erano stati fermati a inizio anno prima che entrassero nei sobborghi della città. Successivamente i danni più ingenti erano stati singoli attacchi terroristici per mezzo di autobomba[195][196][197] contro obiettivi militari o governativi. Anche nella città di Aleppo, a parte poche manifestazioni di piazza[133], non si erano mai verificati scontri armati e la città veniva considerata una roccaforte filo-governativa[198]. I dintorni di Aleppo invece, a partire da febbraio, erano stati oggetto dell'avanzata dei miliziani dell'ESL che provenivano dalle loro roccaforti intorno a Idlib e dal confine turco[199][200].

A metà luglio i ribelli attaccano entrambe le città. All'operazione partecipano sia l'Esercito Siriano Libero che tutte le formazioni islamiste.

Sempre nel mese di luglio, nelle zone a nord e nord-est della Siria, i 2 principali partiti che rappresentano la popolazione di etnia curda, minoranza etnica a lungo discriminata dal governo siriano, siglano un accordo che prevede la formazione di un organo politico unitario (il Comitato Supremo Curdo) e la "liberazione" delle aree a maggioranza curda, in modo da implementare un governo autonomo[201]. La posizione curda è di fatto completamente indipendente sia dai ribelli che dal governo centrale. I ribelli sono considerati degli alleati[202], ma vengono visti con scetticismo per i legami instaurati con la Turchia e la presenza delle fazioni islamiste[203]. Il governo centrale viene considerato il vero nemico, ma, di fatto, durante le prime dimostrazioni la repressione è stata molto meno violenta rispetto alle zone arabe. Inoltre la nuova dirigenza curda vuole operare in modo da mantenere inalterata l'amministrazione pubblica siriana, per poi gradualmente sostituirla con quella curda[204].

Il 19 luglio 2012 le Unità di Protezione Popolare (YPG), braccio armato del Comitato Supremo Curdo, iniziano la campagna di liberazione del Kurdistan Siriano.

Damasco

Il 15 luglio 2012 inizia la Battaglia di Damasco[205], denominata "Operazione Vulcano di Damasco"[206]. Per l'offensiva vengono spostati verso la capitale miliziani da Homs e Idlib[207].

Situazione durante la Battaglia di Damasco. Le aree rosa indicano le zone di combattimento.

I ribelli si riversano in città dando luogo ad una serie di scontri a fuoco con l'esercito regolare e applicando la tattica della guerriglia cittadina[208]. Viene attaccato l'aeroporto[209] e le zone centrali della città, vicino alla Banca Centrale[210]. Intensi combattimenti si susseguono nei quartieri di Midan, Kfar Sousa, Barzeh e Qabun[211]. In soli due giorni l'esercito regolare conta 70 morti[212] e arretra in molte aree della città. Dopo la sorpresa iniziale, il governo corre ai ripari, impiegando carri armati, aerei ed elicotteri[211]. Vengono chiamati rinforzi dalle alture del Golan per proteggere la capitale[213]. L'avanzata dei ribelli è così rapida che in una nota l'intelligence israeliana afferma: "Il regime è disperato. Il suo controllo su Damasco si fa sempre più debole"[211].

Il 18 luglio è il giorno più difficile per il governo siriano. I ribelli fanno detonare una bomba posizionata nel quartier generale della Sicurezza Nazionale colpendo i più alti vertici della Difesa e dell'Intelligence siriana[214]. Vengono uccisi il Ministro della Difesa, Generale Dawoud Rajiha[215], il Viceministro della Difesa e cognato di Bashar al-Assad, Generale Assef Shawkat[216], l'Assistente del Vicepresidente, Generale Hasan Turkmani[217] e il direttore dell'Ufficio della Sicurezza Nazionale, Generale Hisham Ikhtiyar. Vengono feriti gravemente altre figure di spicco del governo, come il fratello di Bashar al-Assad, Maher al-Assad, a capo della Guardia Repubblicana e il Ministro degli Interni Mohammad al-Shaar.

La notizia della decapitazione dei vertici militari siriani demoralizza le truppe sul campo. La notte stessa la 3ª Armata Siriana si ritira da molti distretti della città, abbandonando l'equipaggiamento[218]. Il comandante Mohammad al-Bardan diserta insieme ai suoi uomini, unendosi all'Esercito Siriano Libero[219]. Nel terzo e quarto giorno di battaglia vengono uccisi 60 soldati[220].

Il 19 luglio gli scontri continuano e i ribelli avanzano verso l'aeroporto[221]. La presenza di Bashar al-Assad a Lattakia, roccaforte alawita[222], il trasferimento della madre e della sorella a Tartus[222] e le voci, poi rivelatesi false, di una fuga della moglie Asma al-Assad in Russia[223], fanno pensare ad un prossimo crollo del regime.

Il 20 luglio invece, Assad ritorna a Damasco[224] e l'esercito siriano scatena una controffensiva su larga scala[225]. In breve tempo l'esercito riesce a riconquistare il distretto di Midan[226] e tutto il centro storico[227]. Il giorno dopo i ribelli sono costretti a ritirarsi anche da Tadamon, Qaboun e Barzeh[228].

Nei giorni seguenti continuano gli scontri, ma lentamente l'esercito siriano riesce a respingere gli assalti dei ribelli facendo largo uso dell'aviazione[229].

Il 23 luglio gran parte della città è in mano all'esercito regolare[230]. Il 4 agosto, con l'entrata delle truppe nel distretto di Tadamon, la battaglia si conclude con la prima vera sconfitta dell'Esercito Siriano Libero[231].

Il fallimento dell'Operazione Vulcano di Damasco, che è arrivata ad un passo da far collassare il regime siriano, è dovuta principalmente all'impossibilità dei ribelli di consolidare il terreno conquistato dopo il primo attacco a sorpresa. La popolazione civile infatti non garantisce sostegno ai ribelli, composti prevalentemente da miliziani provenienti dalle regioni a nord del paese[232]. Si crea per la prima volta una reale spaccatura anche tra i settori della società che solidarizzavano con le prime manifestazioni pacifiche e i ribelli armati.

I ribelli tuttavia mantengono il controllo di parte dei sobborghi della capitale e di alcuni villaggi.

Aleppo

Il 19 luglio 2012 inizia la Battaglia di Aleppo[233], denominata dai ribelli la "madre di tutte le battaglie"[234], considerando la scala e l'importanza dell'obiettivo.

Dai villaggi intorno alla città i ribelli attaccano Aleppo nel quartiere di Salaheddine[235], a sud-ovest e nei quartieri di Haydariya e Sakhour[236], a nord-est, aprendo due fronti di combattimento. La strategia ha successo e in 3 giorni i combattimenti raggiungono le aree centrali della città[237].

Il 24 luglio l'ESL e i gruppi islamisti scatenano l'offensiva decisiva per il controllo del centro storico. Si registrano scontri anche nell'antico suk e intorno alla cittadella.

La reazione del governo è inizialmente rallentata dalla maggiore attenzione rivolta verso la situazione a Damasco, ma vengono inviati 10.000 uomini spostati dalla costa e, soprattutto, l'aviazione[238]. Anche le file dei ribelli vengono ingrossate da 2.000 combattenti provenienti dal nord della Siria[239].

Il 28 luglio l'esercito siriano riesce a scatenare una prima controffensiva concentrata sul quartiere di Salaheddine, ove si concentra la maggior parte dei miliziani[240]. L'offensiva è imponente ed utilizza carri armati, aerei, elicotteri e artiglieria pesante[241]. Tuttavia i ribelli riescono a resistere al primo impatto e, contemporaneamente, avanzano nel centro storico, riuscendo ad unire i due fronti aperti da sud-ovest e nord-est[242].

A fine giornata l'attacco è considerato respinto[243]. Inoltre sono riportate alcune diserzioni da parte di carristi dell'esercito siriano[244], che permette ai ribelli di ottenere armamento pesante.

Gli scontri interessano tutta la città e, a inizio agosto, l'ESL ottiene una vittoria strategica fondamentale: viene conquistata la cittadina di Anadan, a nord di Aleppo, ovvero viene liberata la strada principale che proviene dal nord del paese, già in mano all'opposizione[245]. I ribelli si garantiscono una importante via di approvvigionamento[246].

Grazie ai carri armati e ai rifornimenti, l'ESL dilaga in città e riesce a ottenere il controllo di gran parte dei distretti nella direttrice sud-ovest nord-est[247].

Tuttavia tra il 3 e il 5 agosto l'offensiva ribelle entra in una fase di stallo e fallisce nel tentativo di conquistare i distretti a nord di Salaheddine[248]. Soprattutto grazie all'uso martellante dell'aviazione, l'esercito regolare riesce a bloccare l'iniziativa dei miliziani, ne uccide il leader e distrugge alcuni centri di comando dei ribelli[249][250].

Il 7 agosto scoppiano degli scontri intorno alla cittadella di Aleppo e le truppe governative riescono parzialmente ad accerchiare i ribelli[251].

Il giorno seguente l'esercito tenta una nuova offensiva per controllare il quartiere chiave di Salaheddine. I ribelli soffrono, oltre ai bombardamenti aerei e dell'artiglieria pesante, anche della mancanza di munizioni. Così l'esercito riesce ad entrare nel quartiere e costringe i miliziani ad una fuga precipitosa[252].

Il 9 agosto il quartiere viene definitivamente conquistato dall'esercito attuando un rastrellamento casa per casa e ricorrendo pesantemente alle milizie shabiha[253].

La Battaglia di Aleppo di fatto non si conclude, ma si trasforma in una lunga guerra di posizione con vari tentativi di avanzamento da ambo le parti. Per tutto agosto si registrano scontri isolati in tutta la città, ma senza nessun avanzamento di rilievo[254][255][256].

Kurdistan siriano

Il 19 e 20 luglio le Unità di Protezione Popolare curde (YPG) entrano in armi nelle città di Ayn al-Arab, Amuda ed Efrîn[257]. La reazione delle forze governative (polizia ed esercito) è estremamente debole e, di fatto, abbandonano le città senza combattere[258].

Il giorno successivo vengono occupati i villaggi intorno al confine turco[259].

La mossa successiva dell'YPG è la conquista della città di Qamishli, la città siriana più grande a maggioranza curda nell'est del paese. Tuttavia la forte presenza di popolazione araba e di forze di sicurezza governative porta ai primi scontri armati[260]. Tuttavia il numero di combattenti YPG sovrasta i militari siriani che si ritrovano completamente circondati[261]. In città si genera una "guerra fredda" tra le due fazioni per cui le truppe regolari rimangono nelle caserme e viene mantenuta l'amministrazione statale della città, ma l'ordine pubblico è gestito dall'YPG[262].

Entro il 24 luglio, in meno di una settimana dall'inizio delle ostilità, le forze curde occupano tutte le città a maggioranza curda nel nord del paese. L'operazione comporta un numero ridottissimo di perdite sia per i Curdi che per le forze governative[263].

La veloce e indolore avanzata curda è dovuta a due fattori: il sostegno popolare assoluto nelle aree a maggioranza curda e la volontà del governo siriano di focalizzarsi sui territori a maggioranza araba. La presenza dell'YPG nelle città del nord di fatto "libera" le truppe siriane che vengono dislocate nelle aree "calde" del paese[264].

Il 2 agosto il Comitato Supremo Curdo annuncia la liberazione della maggioranza del territorio del Kurdistan siriano[265].

I ribelli all'offensiva (settembre 2012 - dicembre 2012)

Il periodo successivo alle battaglie di Damasco e Aleppo, vede i ribelli nuovamente all'attacco in tutte le zone del paese. Il conflitto si allarga all'intero territorio nazionale.

A Damasco l'esercito siriano allarga l'operazione che aveva permesso l'allontanamento dei ribelli dai quartieri centrali e attacca i sobborghi esterni controllati dagli insorti. L'intenzione è sfruttare la momentanea disorganizzazione dei ribelli in ritirata per mettere definitivamente al sicuro la città. Ad agosto l'esercito regolare riconquista la cittadina strategica di Al-Tall, a nord della città e sulla strada che porta nella regione di Qalamoun[266]. I ribelli avevano qui ammassato le truppe per tentare un nuovo assalto a Damasco[267].

Le truppe governative riescono ad avanzare anche nei sobborghi a sud[268] e ad est della capitale[269].

La riconquista delle zone periferiche di Damasco viene condotta con estrema brutalità dall'esercito, che utilizza in larga misura artiglieria, elicotteri da combattimento e milizie Shabiha[270]. La popolazione di alcune cittadine periferiche è infatti solidale con gli insorti e gli attacchi non tengono conto del loro status di civili[271][272]. Emblematica è la situazione di Darayya, roccaforte degli insorti posizionata sulla strada per l'aeroporto di Mezze. Il bombardamento martellante e l'azione delle milizie filogovernative lascia sul campo più' di 400 morti, la maggior parte vittima di esecuzione[273][274][275].

L'operazione termina a fine settembre, quando l'esercito consolida le posizioni acquisite, che corrispondono a quelle antecedenti alla Battaglia di Damasco.

Si susseguono scontri per tutto il mese di ottobre, con piccole alterazioni dello status quo[276][277][278]. Nello stesso periodo l'ESL conduce una campagna di omicidi mirati di vertici politici e militari[279][280].

A novembre i ribelli scatenano una nuova offensiva su Damasco avanzando dalle roccaforti a sud e ad est della città[281]. A fine novembre l'offensiva ottiene come successi la chiusura dell'aeroporto civile di Damasco e la cattura di due basi militari a Hajar al-Aswad (sud) e Ghouta (est) dove vengono instaurati i centri direzionali dell'ESL[282][283]. L'afflusso di armi e finanziamenti permette ai ribelli di migliorare le strategie di attacco e di difendersi anche contro l'aviazione.

L'avanzata dei ribelli viene rallentata dall'afflusso di nuove truppe regolari smobilitate dalle campagne e a prezzo di un gran numero di perdite[284].

L'offensiva rallenta e si prolunga per tutto dicembre e gennaio. I successi più significativi per i ribelli avvengono sul fronte est, dove riescono a conquistare tutto il sobborgo di Ghouta. A sud invece l'esercito lancia una vittoriosa offensiva su Darayya[285].

Il fallimento dei continui assalti alla città da parte dei ribelli sono dovuti al dispiegamento delle truppe migliori da parte del governo, che vuole difendere la città a oltranza ed evitare le condizioni che avevano portato ad un passo dal crollo del regime nel luglio 2012. Tuttavia il richiamo di un così ingente numero di soldati lascia sguarniti gli altri fronti interni.

Soprattutto a nord della Siria, nei governatorati di Idlib e Aleppo, l'ESL, in collaborazione con le milizie jihadiste, dilaga soprattutto nelle zone rurali, riuscendo a controllare gran parte dei punti di frontiera con la Turchia, vitali per l'afflusso di armi e combattenti[286][287][288]. Verso la fine di settembre viene spostato il centro di comando dell'ESL dalla Turchia alle aree controllate[289].

Il successo strategicamente più' significativo è la conquista della città di Maarrat al-Nu'man tra l'8 e il 13 ottobre. Essa è uno snodo fondamentale che collega Damasco, Aleppo, Idlib e la costa. La Siria viene in questo modo tagliata in due[290]. Il 28 ottobre viene sottratta al controllo dell'esercito anche l'ultimo sobborgo di Idlib: Salqin[291]. La successiva conquista della cittadina di Saraqib permette di isolare completamente Idlib e Aleppo anche dalle regioni costiere[292].

La costa, ovvero i governatorati di Lattakia e Tartus, sono filogovernativi. L'atteggiamento della popolazione è radicalmente cambiato rispetto alle prime manifestazioni del marzo 2011, quando nelle principali città costiere erano scoppiate dimostrazioni di protesta molto numerose. Tale cambiamento è sintomatico della radicalizzazione della guerra civile e la sua deriva settaria. Infatti le regioni costiere, a maggioranza sciita alawita (la stessa religione della famiglia Assad) subiscono il fondamentalismo sunnita salafita dei gruppi jihadisti e la criminalizzazione da parte dei membri dell'ESL. Ad Aqrab, nel dicembre 2012, i ribelli compiono il massacro della popolazione civile di fede alawita, uccidendo circa 125 persone[293].

Inoltre la presenza dei combattimenti genera un deterioramento dell'ordine pubblico causata dall'assenza di organismi statali riconosciuti. La criminalità comune aumenta sensibilmente, spesso confondendosi e appoggiandosi alle forze ribelli. Si susseguono saccheggi e rapimenti a scopo estorsivo[294].

Situazione nella città di Aleppo a novembre 2012. In verde le aree controllate dai ribelli, in giallo dai curdi, in rosso dal governo e in marrone le zone di conflitto.

I miliziani salafiti, col perdurare della crisi, cominciano ad assumere un ruolo di primo piano nel fronte ribelle a causa del loro forte impatto sul campo di battaglia, la crescita del loro numero e la maggiore disponibilità economica garantita dal finanziamento da Qatar e Arabia Saudita. Il fanatismo dei gruppi islamisti (tra cui il Fronte al-Nusra è il più numeroso) provoca la reazione non solo degli sciiti alawiti, ma anche delle altre minoranze etniche e religiose. A metà del 2012 si cominciano a formare gruppi auto-organizzati, denominati "Comitati Popolari", composti da cittadini di origine cristiana, drusa, alawita e sciita con lo scopo di difesa dalle azioni di odio settario da parte delle milizie sunnite[295]. I primi gruppi nascono a Damasco, ma si registrano comitati in tutte le grandi città. Ad Aleppo il comitato popolare cristiano partecipa alla battaglia dell'agosto 2012 per difendere i quartieri cristiani dall'avanzata dei ribelli[296]. Verso la fine del 2012 il governo cerca di "istituzionalizzare" i comitati popolari fondendoli nella Forza Nazionale di Difesa: un'organizzazione alle dipendenze dell'esercito che fornisce armi, addestramento e coordinamento[297].

Nella città di Aleppo, il 27 settembre i ribelli tentano una nuova offensiva, volta a risolvere lo stallo militare[298]. L'attacco parte dai quartieri meridionali e presto raggiunge il centro storico della città. I combattimenti sono molto violenti e si registrano forti perdite in entrambi gli schieramenti[299]. L'avanzata ribelle è molto lenta e si ferma alle porte dell'antico suq di Aleppo che viene completamente distrutto da un incendio generatosi durante gli scontri[300]. Dopo solo 3 giorni di offensiva si raggiunge lo stallo a causa della tenace resistenza dell'esercito regolare senza sostanziali modifiche allo status quo[301].

Una nuova offensiva ribelle su larga scala viene scatenata in novembre, sfruttando il sostanziale isolamento di Aleppo dal resto del Paese. A questi nuovi attacchi partecipano con maggior presenza i miliziani islamisti del Fronte al-Nusra, che assumono anche il comando di alcune incursioni[302]. Anche questa offensiva si risolve in una logorante guerra di posizione, con l'eccezione dei quartieri orientali, dove i ribelli riescono a raggiungere l'aeroporto[303]. A fine anno ad Aleppo si combatte casa per casa. La città è divisa sostanzialmente a metà tra ribelli e forze governative.

Il 16 dicembre 2012 i ribelli, consolidata la presenza nella strategica città di Maarrat al-Nu'man, scatenano un'offensiva verso sud, volta a conquistare la città di Hama, controllata interamente dal governo fin dal 2011[304]. L'offensiva si rivela efficace anche per la ritirata dell'esercito siriano che abbandona le aree rurali concentrandosi sulla difesa della città[305][306]. L'offensiva viene infatti bloccata il 31 dicembre alle porte di Hama[307]. I ribelli riescono a controllare molti villaggi inclusi due a maggioranza alawita dove gli abitanti sono oggetto dell'odio settario[308].

I jihadisti si rafforzano (gennaio 2013 - marzo 2013)

Sebbene il comando strategico delle operazioni dei ribelli sia ancora mantenuto dall'Esercito Siriano Libero, i gruppi jihadisti acquisiscono sempre maggiore autonomia sul campo.

La presenza di miliziani di legati al fondamentalismo islamico è particolarmente forte nelle regioni orientali del paese. Fin dalla fine del 2012 si intensificano i combattimenti nella fascia fertile della valle dell'Eufrate, finora teatro solo di sporadiche scaramucce con l'esercito regolare.

La valle dell'Eufrate è storicamente abitata da tribù un tempo beduine di religione sunnita e molto tradizionalista. Esse sono infatti imparentate con i beduini provenienti dall'Arabia Saudita e molti hanno la doppia nazionalità[309]. In questa regione le incursioni dei ribelli sono guidate dalle formazioni islamiste, quasi sempre il Fronte al-Nusra.

Il 19 settembre 2012 i ribelli conquistano il valico di frontiera con la Turchia nel centro nord della Siria[310], mentre il 22 novembre 2012 viene conquistato il valico con l'Iraq nella strategica città di Mayadeen[311]. Questi passaggi assicurano ai ribelli un continuo flusso di uomini e rifornimenti. In particolare dal valico con l'Iraq possono affluire in Siria i combattenti delle formazioni islamiste irachene che compongono l'ossatura del Fronte al-Nusra.

L'11 gennaio 2013 il Fronte al-Nusra, a capo di una coalizione di gruppi fondamentalisti, ottiene la prima conquista strategica di rilievo operando indipendentemente dall'ESL. Gli islamisti dopo una serie di assalti, ottengono il pieno controllo della base militare di Taftanaz, una delle più grosse nel nord del paese. Gli islamisti possono ora accedere a carri armati, lanciarazzi e altro materiale militare. Il leader di al-Nusra dichiara che per la quantità di materiale ottenuto, l'azione cambierà le "regole del gioco"[312].

Successivamente gli islamisti ottengono una serie di successi lungo l'Eufrate. Il 29 gennaio viene conquistato il ponte di Siyasiyeh, che connette Deir ez-Zor con Hasakah, e permette di agli islamisti di entrare a contatto con la zona d'influenza curda[313]. L'11 febbraio vengono conquistate le cittadine di Al-Thawrah e Tabqa Dam, dove sorge un'importante centrale idroelettrica[314]. Il 14 febbraio viene controllato il valico con l'Iraq di Shadadeh[315].

Il successo più importante avviene tra il 3 e il 6 marzo 2013, quando il Fronte al-Nusra assume il completo controllo della città di Raqqa. La città era considerata "pacifica" e fin dal 2011 non si erano tenute dimostrazioni significative né conflitti armati[316]. La posizione della città garantisce il controllo di buona parte del centro-nord della Siria.

I ribelli attaccano da nord e in pochissimo tempo controllano l'intera città, causando la fuga dei pochi soldati regolari che si barricano nella locale base militare[317][318].

I militanti del Fronte al-Nusra, appoggiati da Ahrar al-Sham, issano la bandiera nera della jihad nella piazza principale e cominciano subito un processo di islamizzazione della città[319].

La presenza dei fondamentalisti islamici si fa sentire anche sul fronte di Damasco, dove il 6 febbraio 2013 i ribelli lanciano una nuova offensiva verso il centro città, denominata "Battaglia dell'Armageddon"[320]. Ancora una volta è la periferia est che presenta le maggiori difficoltà per l'esercito regolare. I ribelli arrivano fino alla circonvallazione interna della città[321]. Tuttavia l'operazione di sfondamento verso il centro fallisce e la battaglia raggiunge lo stallo con i ribelli alle "porte della città"[322]. I miliziani del Fronte al-Nusra per la prima volta guidano alcuni attacchi e si rendono protagonisti di un'ondata di autobombe che producono 80 morti, per lo più civili[323].

Le file dei gruppi fondamentalisti si arricchiscono anche di numerosi volontari stranieri che raggiungono la Siria dai Paesi del Medio Oriente o da quelli Occidentali per unirsi alla jihad. A febbraio 2013 vengono stimati in più' di 6.000[324].

La svolta di Qusayr (aprile 2013 - giugno 2013)

Ad aprile 2013 la guerra civile siriana vede il costante avanzamento dei ribelli in tutte le regioni del paese, soprattutto nelle aree rurali. Il governo invece riesce a mantenere il controllo sulle principali città, esclusa Aleppo, che controlla solo parzialmente. Indicativamente i ribelli controllano circa il 60% del territorio[325].

Il rafforzamento della componente jihadista della ribellione e il continuo flusso di armi e finanziamenti verso i ribelli da parte di Qatar e Arabia Saudita[326] impensieriscono l’Iran sciita, storico alleato della Siria di Assad e avversario degli Stati sunniti a cui contende il ruolo egemonico nell’area mediorientale[327]. Un’eventuale caduta di Assad e la nascita di una nazione rigorosamente sunnita, provocherebbe la rottura dell’”Asse della Resistenza”, composto da Iran, Siria e l’Hezbollah libanese[328] e, più in generale, della “Mezzaluna crescente sciita[329], ovvero la macroregione composta dagli stati a maggioranza sciita o governati da esponenti dello sciismo.

Posizione della città di al-Qusayr, al confine con il Libano.

L’Iran già dalle prime proteste in Siria nel 2011 ha fornito supporto alle forze armate siriane in termini di addestramento, rifornimenti e finanziamento[330]. Con l’inasprirsi delle ostilità, il coinvolgimento è aumentato, fornendo armamenti, intelligence e addestratori militari sul campo[331][332].

Ad aprile 2013, constatate le difficoltà del governo siriano sul campo, l’Iran decide di intervenire in maniera più decisiva. Per farlo si affida ai miliziani libanesi di Hezbollah, che hanno le loro roccaforti al confine con la Siria.

La situazione in Libano risente della crisi siriana. Soprattutto nelle cittadine di Hermel e Arsal, poste sul lato libanese dei valichi controllati dai ribelli, si forma un canale di approvvigionamento e di afflusso di combattenti[333][334]. Hezbollah finora non è mai intervenuto nella crisi siriana e anche tra gli analisti vi è forte scetticismo su un suo coinvolgimento, reputando più probabile un suo impegno nell’evitare un contagio in Libano[335].

L’11 aprile 2013 l’esercito siriano scatena un’offensiva contro la cittadina di al-Qusayr, controllata dai ribelli dal luglio 2012 e posizionata strategicamente sul confine libanese e sulla strada principale tra la costa, Damasco e Homs[336], ancora teatro di combattimenti. Dal Libano si riversano in Siria più di 700 combattenti sciiti di Hezbollah che si uniscono all’esercito regolare[337]. I combattimenti crescono di intensità e, grazie alla tattica di guerriglia di Hezbollah, i ribelli sono costretti a cedere terreno, abbandonando numerosi villaggi[338][339][340]. La strategia è quella di occupare le aree rurali per circondare e successivamente attaccare al-Qusayr[341]. L’assedio della città viene completato il 19 maggio. L’assalto alla cittadina dura 3 settimane e si conclude il 5 giugno con una completa vittoria dell’esercito siriano, che allontana i ribelli costretti ad una precipitosa rotta verso la regione del Qalamoun[342][343][344].

La vittoria governativa è un punto di svolta per la guerra, in quanto i ribelli perdono l’iniziativa e, per la prima volta, sono costretti a cedere ampie zone di territorio. La sconfitta e la ritirata disorganizzata provocano anche tensioni all’interno del fronte ribelle, con accuse reciproche tra i comandanti e la dirigenza politica del Consiglio Nazionale Siriano, considerato lontano dal campo di battaglia e tra le diverse anime della rivolta armata[344].

Anche le cancellerie internazionali sono costrette a rivalutare la forza dei ribelli e considerare nuovamente Assad come un possibile interlocutore politico.

La rotta dei ribelli ad al-Qusayr apre la strada per Homs, dove fin dal 2011 continuano ininterrotti i combattimenti che vedono i ribelli mantenere le loro posizioni sui quartieri centrali della città. I rinforzi dell'esercito e di Hezbollah permettono di conquistare il 2 maggio il quartiere di Wadi al-Sayeh[345] che divide le due aree controllate dai ribelli: la città vecchia e il distretto di Khalidiya che sono ora completamente separate e circondate[346].

Il sostegno di Hezbollah galvanizza l'esercito regolare, che, da aprile, ottiene una serie di importanti vittorie anche sugli altri fronti. Il 17 aprile nel governatorato di Idlib l'esercito riesce a rompere l'accerchiamento dei ribelli a Wadi al-Deif, permettendo di riottenere il controllo su due grosse basi militari nel nord[347].

L'impegno nella battaglia di al-Qusayr ha anche sottratto forze ribelli da Aleppo, causando un loro indebolimento anche su questo fronte. Il 2 giugno, verso il termine della battaglia ad al-Qusayr, i vertici dell'esercito siriano chiedono ad Hezbollah un affiancamento per un'offensiva sulla città. Centinaia di miliziani si spostano in profondità nel nord della Siria[348].

L'operazione "Tempesta del Nord" inizia il 9 giugno[349][350]. L'offensiva, nella prima settimana, causa l'arretramento dei ribelli sia in città che nelle campagne circostanti[351]. Tuttavia l'afflusso di nuovi combattenti e nuove armi, tra cui missili anticarro dall'Arabia Saudita, permettono ai ribelli di rallentare l'avanzata e fermarla il 17 giugno[352][353]. L'ESL e i miliziani jihadisti lanciano un'operazione diversiva nei quartieri occidentali di Aleppo il 24 giugno per dividere le forze governative. Tale offensiva viene chiamata "Battaglia di Qadisiyah", in riferimento all'omonima battaglia del 636 quando le armate arabe sconfissero quelle persiane[354]. E' chiaro il riferimento all'attuale Iran e di come venga esso ritenuto responsabile della svolta favorevole al governo siriano.

Anche nel sud della Siria l'arrivo dei miliziani Hezbollah aiuta l'esercito regolare a guadagnare terreno nei confronti dei ribelli. L'8 maggio l'esercito conquista la città strategica di Khirbet Ghazaleh, che permette un controllo totale sull'autostrada che porta in Giordania e alla città di Dar'a, oggetto di combattimenti con i ribelli fin dal 2011[355][356].

Anche Damasco vede l'avanzata delle truppe governative che, sostenute da Hezbollah, scatenano il 7 aprile un'offensiva su larga scala verso le roccaforti ribelli a est e sud della città[357]. Le aree oggetto dell'attacco sono Ghouta, Otaiba e soprattutto Jdaidet al-Fadl, dove ha luogo una feroce battaglia che causa numerosi morti tra la popolazione civile[358]. Le vittorie governative portano all'isolamento dei ribelli nei sobborghi della città e ad un loro accerchiamento[359].

Il fronte ribelle si rompe (luglio 2013 - agosto 2013)

Gli eventi di Qusayr e la lunga serie di vittorie strategiche da parte dell'esercito regolare hanno un impatto molto forte sul fronte dei ribelli. Sia dal punto di vista militare che politico. Il ruolo di primo piano che l'Esercito Siriano Libero aveva tenuto fin dagli inizi della crisi comincia a sgretolarsi mentre le formazioni islamiste, che col tempo hanno aumentato la loro influenza nelle battaglie, cominciano ad operare in maniera sempre più autonoma o a prendere la guida delle operazioni.

Il gruppo islamista più violento, il Fronte al-Nusra, viene affiancato da una nuova formazione composta prevalentemente da miliziani non siriani: lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL). Originariamente i due gruppi avrebbero dovuto fondersi insieme, ma ad aprile 2013 il leader del Fronte al-Nusra e il leader di al-Qaeda, Ayman Al-Zawahiri, sono intervenuti per mantenere le formazioni distinte[360][361].

L'ISIL, per la sua natura transnazionale, interpreta la guerra di Siria come un passo verso la Jihad globale e la rifondazione del califfato. L'indebolimento dell'ESL e il contemporaneo afflusso di sempre nuovi combattenti jihadisti porta all'aumento della tensione tra i gruppi ribelli. 

L'11 luglio 2013 i miliziani dell'ISIL uccidono un alto comandante dell'ESL, Kamal Hamami, e dichiarano guerra a quella frangia dei ribelli che viene definita "secolarista", "eretica" e "foraggiata dagli USA"[362]. Si parla quindi dell'apertura del "terzo fronte"[363].

Il conflitto tra ESL e ISIL, a cui si allea il Fronte al-Nusra, si diffonde in tutto il paese. Ma è soprattutto nel nord che il conflitto si fa più duro, portando l'ESL a cedere terreno e armamenti ai jihadisti.

L'ascesa dei fondamentalisti islamici alla guida dell'opposizione armata comporta un aumento della frizione nelle zone sotto il controllo delle milizie curde. Fin da febbraio vi erano stati scontri occasionali che si erano localizzati principalmente nei quartieri curdi di Aleppo e nella città di Ras al-Ayn, al valico con la Turchia nel nord-est del paese[364]

Il 17 luglio a Ras al-Ayn riesplode il conflitto[365] che a breve si diffonde in tutte le zone a controllo misto tra le due forze ribelli. Le milizie curde, forti del sostegno compatto della popolazione civile, hanno la meglio nella maggior parte degli scontri e a partire da agosto riescono a espellere dai villaggi a maggioranza curda tutte le formazioni islamiste e dell'Esercito Siriano Libero[366][367].

Nel nord del paese si crea un'area di conflitto molto estesa che spesso deborda anche in territorio iracheno, da dove i Curdi ricevono sostegno. Il 29 settembre lo ISIL rivendica un'ondata di autobomba nella città curda irachena di Erbil[368].

L'ideologia fondamentalista sunnita dei gruppi jihadisti porta come inevitabile conseguenza un aumento degli episodi di guerra settaria e veri e propri atti di "pulizia etnica" nei confronti delle minoranze religiose siriane. Uno degli episodi più gravi si verifica nel Governatorato di Latakia, quando, in risposta ai successi governativi in tutto il Paese, il 4 agosto le formazioni islamiste guidano un attacco verso la costa. L'operazione, chiamata "Liberazione della Costa"[369], non ha successo in quanto si svolge in un territorio che da sempre sostiene il governo Assad. I miliziani, di cui 300 non-siriani, compiono una serie di massacri nei villaggi momentaneamente occupati, facendo strage dei civili non sunniti, in maggioranza alawiti[370]. La strage conta tra i 62 e i 140 civili uccisi e altri 200 scomparsi. In migliaia scappano verso le città costiere[371][372]. Questa strage, denunciata anche da Human Rights Watch, aliena definitivamente l'appoggio delle minoranze religiose alla causa ribelle.

Nei mesi di luglio e agosto le truppe governative e le milizie Hezbollah continuano a guadagnare terreno. Il 28 luglio le aree ancora sotto il controllo ribelle di Homs vengono attaccate e, con la conquista del quartiere di Khalidiya, la città entra quasi del tutto sotto il controllo governativo[373]. Il presidente Bashar al-Assad viene ripreso mentre visita le truppe nel centro storico[374].

A Damasco le truppe governative scatenano un'offensiva verso i sobborghi orientali. Il 21 agosto nel quartiere di Ghouta viene riportato l'uso di armi chimiche che colpisce militari governativi, ribelli e popolazione civile[375]. L'evento provoca una forte presa di posizione dell'ONU e di gran parte delle cancellerie internazionali non solo per l'elevato numero di vittime (tra i 281[376] e le 1.729[377]) ma per il fatto che il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, nel 2012 aveva posto come "linea rossa" per un intervento militare internazionale, proprio l'utilizzo di armi chimiche[378].

Il governo e i ribelli si accusano a vicenda per l'operazione[379]. I Curdi si dicono "scettici che il governo siriano abbia condotto l'attacco"[380].

Il mancato intervento internazionale (settembre 2013)

A seguito dell'uso di armi chimiche a Damasco, la crisi siriana diventa internazionale accentuando le differenze tra gli schieramenti a favore e contro i ribelli. Due giorni dopo l'attacco Stati Uniti e Unione Europea accusano le forze governative di Bashar al-Assad di aver condotto l'operazione[381]. La Russia e l'Iran invece difendono il governo e accusano i ribelli[382].

Si apre concretamente la possibilità di un intervento militare contro il regime, quando Barak Obama annuncia la possibilità di uno strike punitivo con il lancio di missili verso le postazioni militari siriane in 48 ore[383].

Tuttavia la forte opposizione dell'opinione pubblica[384], di parte del congresso americano[385] e i ripetuti interventi di Russia e Cina in sede ONU[386] spingono il presidente ad attendere un'approvazione da parte del congresso[387]. A fianco degli USA le nazioni più interventiste sono Francia[388], Regno Unito e Turchia. La Russia risponde all'avvio della macchina militare americana inviando navi nel Mediterraneo di fronte alla costa siriana[389], mentre l'Iran dichiara che un attacco verso la Siria causerebbe un lancio di missili verso Israele[390].

L'ipotesi di un allargamento incontrollato del conflitto su scala regionale e mondiale viene sollevato dalla Cina[391] e dall'Italia, che annuncia di non essere disposta a concedere l'utilizzo degli aeroporti militari italiani[392]. Anche il Vaticano, pur condannando l'uso delle armi chimiche, si oppone fermamente ad un intervento militare contro la Siria. Papa Francesco indice per il 7 settembre una giornata di digiuno e preghiera per la pace a cui partecipano anche laici e esponenti di altre religioni[393].

L'ostacolo più forte all'intervento militare avviene il 30 agosto, quando il parlamento inglese nega al primo ministro David Cameron la possibilità di intervento armato[394] e di fatto isola USA e Francia.

La diplomazia prende il sopravvento e la discussione sull'intervento in Siria monopolizza l'incontro del G20 di San Pietroburgo del 6 settembre. Grazie alla proposta di soluzione russa, il 14 settembre viene raggiunto un accordo che elimina la possibilità di intervento armato in cambio della distruzione dell'arsenale chimico siriano, il libero accesso ai depositi di armi chimiche da parte dei funzionari ONU e l'adesione del governo siriano alla "Convenzione sulle Armi Chimiche"[395][396].

Il 27 settembre viene votata all'unanimità all'ONU la Risoluzione 2118 che prevede la distruzione dell'arsenale chimico siriano[397].

Il mese di settembre, a causa del possibile intervento occidentale, non vede significative evoluzioni sul campo di battaglia. Anche l'offensiva verso i quartieri orientali di Damasco da parte dell'esercito si ferma.

Riprende l'offensiva governativa (ottobre 2013 - dicembre 2013)

Archiviata la possibilità di un intervento occidentale in Siria e aperti i canali diplomatici tra il governo e i funzionari ONU per l'eliminazione dell'arsenale chimico, ad ottobre il governo siriano scatena una nuova serie di offensive, mentre si riacutizza il conflitto tra ribelli islamisti e curdi nel nord del paese. L'ESL, che aveva sostenuto l'intervento militare contro la Siria, perde ulteriore peso politico e inesorabilmente il fronte ribelle viene egemonizzato dalle formazioni jihadiste.

L'offensiva governativa si sviluppa su tre fronti distinti: Aleppo, Damasco e la regione montuosa di Qalamoun, al confine con il Libano.

L'offensiva governativa verso Aleppo dell'ottobre 2013. In rosso le aree controllate dall'esercito, in verde quelle controllate dai ribelli.

La situazione ad Aleppo non subiva sostanziali modifiche dal luglio 2013 ed era caratterizzata da un conflitto continuativo generalizzato. A seguito dei progressi governativi ad Homs la via principale verso Aleppo supponeva un attacco verso Maarat al-Numaan, saldamente sotto controllo ribelle. L'esercito siriano invece scatena l'offensiva lungo la cosiddetta "Via del Deserto" che da Hama conduce direttamente verso la regione a sud-est di Aleppo.

Il 1° ottobre viene attaccata la città strategica di Khanasir, dove i ribelli si arrendono 3 giorni dopo[398]. La conquista di Khanasir permette l'apertura di un'importante via di rifornimento da Hama e l'apertura della via di accesso verso Aleppo. In pochi giorni l'esercito controlla i villaggi circostanti e il 10 ottobre assedia la città di al-Safira, controllata dai jihadisti del Fronte al-Nusra e ISIL e sede di un deposito di armi chimiche[399]. Con il fondamentale sostegno delle milizie Hezbollah l'esercito entra in città il 30 ottobre[400]. Il successo spiana la strada per l'entrata ad Aleppo.

Il repentino avanzamento governativo e la debole risposta delle forze ribelli porta alle dimissioni del comandante in capo dell'ESL ad Aleppo, Abdul Jabbar al-Oqaidi[401].

Le truppe governative in una settimana riescono a conquistare le cittadine intorno ad al-Safira e rompere l'assedio all'aeroporto di Aleppo[402].

L'obiettivo delle truppe governative è spingersi a nord-est cercando di accerchiare i quartieri centrali di Aleppo controllati dai ribelli. L'avanzata si spinge fino al distretto di al-Naqqarin dove si ferma a causa della forte resistenza dei ribelli[403] che il 13 novembre avevano chiamato alla mobilitazione generale di tutte le forze presenti ad Aleppo[404].

Il mese di dicembre è caratterizzato dall'offensiva dell'aviazione siriana che bombarda giornalmente le posizioni degli insorti[405].

L'offensiva è un grosso successo per il governo siriano, che ora controlla il 60% della città[406].

A nord del paese continua anche l'avanzata delle milizie curde che, anche approfittando della mobilitazione di combattenti verso Aleppo, espandono la propria area di influenza combattendo principalmente contro le milizie islamiste. L'operazione più importante si svolge il 26 ottobre, quando lo YPG conquista il valico di frontiera con l'Iraq di Til Koçer[407]. A inizio novembre i Curdi scatenano l'"Offensiva del martire Serekeniye"[408] che permette di conquistare gran parte del governatorato di Al-Hasakah ed estendere il controllo curdo su circa 50 altre cittadine[409].

Anche a Damasco l'esercito governativo scatena una serie di offensive verso i sobborghi controllati dai ribelli. La prima linea d'attacco è l'area a sud della capitale, dove dal 9 all'11 ottobre l'esercito, spalleggiato dalle milizie Hezbollah e dalle milizie sciite irachene, conquista le 3 città strategiche di Sheikh Omar, al-Thiabiya e Husseiniya[410][411], isolando le posizioni ribelli dalle linee di rifornimento provenienti da sud. Per tutto il mese di novembre si susseguono le vittorie delle truppe governative che accerchiano completamente le sacche ribelli a sud e ad est della capitale, assediandole. In particolare i distretti nella Ghouta orientale cominciano a soffrire della mancanza di rifornimenti e viveri.

Negli ultimi giorni di novembre i ribelli provano uno sfondamento del fronte per rompere l'assedio. Il massiccio attacco provoca una carneficina da ambo le parti. In una settimana vengono uccisi più di 1.000 ribelli, inclusi i vertici di comando[412]. L'operazione viene bloccata dall'esercito regolare con il massiccio aiuto delle milizie Hezbollah, che lasciano sul campo almeno 40 morti[413].

A novembre l'esercito siriano scatena un'offensiva volta a conquistare la regione montuosa del Qalamoun. Questa regione è strategica in quanto controlla l'autostrada che congiunge Damasco ad Homs e in quanto, essendo al confine con il Libano, permette l'approvvigionamento dei ribelli e il loro afflusso sul fronte di Damasco. 

L'offensiva era largamente attesa a causa dell'ammassarsi di truppe governative e milizie Hezbollah sul lato libanese[414]. Tuttavia, a differenza dell'attacco di Quasyr, le operazioni militari si svolgono più lentamente, permettendo all'esercito siriano di controllare il terreno conquistato[415]. Il 15 novembre comincia l'offensiva che permette la conquista delle cittadine di Qara, An-Nabk e Deir Attiyeh entro la fine del mese[416][417].

L'unica controffensiva di rilievo, condotta principalmente dalle formazioni islamiste, avviene il 29 novembre, quando viene attaccata e occupata la cittadina cristiana di Maalula[418]. Sebbene il valore strategico sia limitato, quello simbolico è alto. Infatti Maalula è una delle poche città cristiane dove si parla aramaico e sede dell'importante Monastero di Santa Tecla. Le milizie islamiste arrecano molti danni alle chiese, uccidono gli abitanti che non vogliono convertirsi all'Isalm[419] e rapiscono 12 monache[420], poi portate a Yabroud[421].

L'11 dicembre le truppe siriane pongono l'assedio alla città di Yabroud, controllata dai ribelli fin dai primi mesi del 2012[422] e mai toccata da precedenti offensive governative. 

La radicata presenza dei ribelli e il valore simbolico della città più popolosa della regione, porta le truppe governative ad essere cauti su un'offensiva diretta, preferendo un assedio caratterizzato da bombardamenti aerei e terrestri e sporadiche incursioni.

Anche a causa delle cattive condizioni metereologiche di fine dicembre, l'avanzata nel Qalamoun entra in una fase di stallo. 

La forte presenza dei ribelli jihadisti nel nord del paese e il loro controllo sui valichi di confine costringe Stati Uniti e Gran Bretagna a sospendere ogni tipo di supporto ai ribelli siriani in quelle zone[423]

Verso la conferenza di Ginevra (gennaio 2014 - presente)

Lo stesso argomento in dettaglio: Conferenza di pace Ginevra 2.

Nei primi giorni di gennaio, il fronte ribelle subisce un ulteriore frazionamento. Oltre al conflitto che oppone l'ESL alle milizie islamiste, anche il fronte jihadista si rompe.  

Il 3 gennaio il Fronte Islamico, appoggiato dall'ESL, attacca le basi dello Stato Islamico dell'Iraq e Levante nei governatorati di Idlib e Aleppo occupandole rapidamente[424]. Il 6 gennaio le ostilità si allargano al governatorato di RaqqaDeir ez-Zor[425] e l'8 gennaio nella regione del Qalamoun[426]. Dopo 10 giorni di combattimenti, il numero di morti tra ISIL e ribelli contrapposti sale a 700[427]

Al 13 gennaio l'ISIL riesce a cacciare le altre forze ribelli da Raqqa e parte del suo governatorato[428] e avanza verso la città di al-Bab, nel governatorato di Aleppo. La maggioranza delle città nel resto del nord della Siria vede invece un arretramento dei miliziani dell'ISIL[429]. Per la prima volta si registrano scontri significativi anche tra ISIL e Fronte al-Nusra, finora rimasto neutrale[430]

Il 16 gennaio il numero di morti nei combattimenti tra milizie islamiste sale a 1.000[431]

Gli schieramenti sul campo - Forze filogovernative

Forze armate siriane

Lo stesso argomento in dettaglio: Forze armate siriane.

All'inizio della rivolta, le forze armate siriane contavano 325.000 truppe regolari, di cui 220.000 membri dell'esercito e la restante parte nella marina e nell'aviazione. I riservisti ammontavano a 280.000-300.000[432].

A partire dal giugno 2011 le forze armate sono soggette ad un numero crescente di defezioni. Al 1 ottobre 2011 si contano 10.000 disertori, inclusi ufficiali di alto rango[433]. A marzo 2012 il numero dei disertori sale a 60.000[434].

Uno studio dell'International Institute for Strategic Studies di Londra dell'agosto 2013 valuta il peso delle forze armate in 178.000 truppe, di cui 110.000 nell'esercito, 36.000 nell'aviazione e 5.000 nella marina[435].

Sebbene le defezioni abbiano assottigliato notevolmente le forze armate e abbiano colpito anche vertici militari, l'efficacia delle forze armate siriane non è stata intaccata in quanto i disertori sono in maggioranza sunniti, mentre i ruoli strategici chiave sono controllati da ufficiali alawiti[436].

Verso la fine del 2013 si sono verificati casi di ritorno di soldati disertori nelle file dell'esercito regolare[437], anche a seguito dell'amnistia concessa dal presidente[438].

Forza Nazionale di Difesa

La Forza Nazionale di Difesa (FND) è l'istituzionalizzazione da parte del governo siriano dei "Comitati Popolari" nati spontaneamente in molte città con scopo di autodifesa in particolare nei confronti delle milizie ribelli islamiste.

Viene creata verso la fine del 2012 e i suoi membri vengono equipaggiati, addestrati e stipendiati dal governo[439]. La Forza Nazionale di Difesa è un organismo parallelo all'esercito regolare, pur operando insieme ad esso come complemento di fanteria, ed ha una forte capacità attrattiva nei confronti della popolazione in quanto viene impiegata a scopi difensivi nelle aree di reclutamento. La creazione della FND e la sua popolarità giocheranno un ruolo fondamentale nel ribaltamento delle sorti del conflitto a partire dalla metà del 2013[440].

Sebbene la FND sia considerata una milizia laica, la maggior parte dei suoi membri provengono dalle minoranze religiose siriane, che più hanno sofferto la presenza dei ribelli jihadisti. Principalmente i miliziani sono alawiti, cristiani e drusi[441].

Il numero di miliziani della FND è salito dai 60.000[442] del giugno 2013 ai 100.000 dell'agosto 2013[443].

Esiste una divisione composta da sole donne chiamata "Leonesse della Difesa Nazionale" di circa 500 elementi[444].

Shabiha

Lo stesso argomento in dettaglio: Shabiha.

Le shabiha sono milizie filogovernative non ufficiali composte principalmente da siriani di religione alawita[445]. La maggior parte dei suoi membri proviene dalla fascia costiera siriana[446]. Vengono tuttavia riporate testimonianze di miliziani shabiha anche di religione sunnita nell'area di Aleppo[447].

Sebbene organizzati in gruppi, non rispondono ad alcuna leadership. Fanno la loro comparsa in maniera significativa al comparire delle prime manifestazioni antigovernative del 2011 e operano in sostituzione della polizia nella repressione dei dimostranti. Con l'acuirsi della crisi l'esercito regolare usa le shabiha per ingaggiare battaglie urbane ed eseguire operazioni contro i civili solidali con i ribelli.

L'anarchia, l'odio settario e l'impunità garantita dal governo permettono alle milizie shabiha di rendersi protagonisti di azioni sanguinose, massacri, saccheggi[448] e violazioni dei diritti umani[449].

Nel dicembre 2012 le shabiha sono inserite nell'elenco delle organizzazioni terroristiche da parte degli Stati Uniti[450].

Nel giugno 2012 il numero di miliziani ammonterebbe a 10.000, ma il loro reale numero è di difficile stima[451].

Hezbollah

Lo stesso argomento in dettaglio: Hezbollah.

Il movimento libanese sciita Hezbollah è uno storico alleato del governo siriano di Bashar al-Assad. Insieme a Siria ed Iran sono infatti parte dell'”Asse della Resistenza” e della “Mezzaluna crescente sciita”.

Tuttavia fino ad aprile 2013 la presenza di Hezbollah in Siria è estremamente limitata e si concentra nel controllo delle cittadine di confine con il Libano[452] o nella difesa dei santuari sciiti in Siria, come quello di Sayda Zeinab a Damasco[453].

Su spinta dell'Iran, Hezbollah entra pesantemente nella guerra civile siriana in appoggio all'esercito regolare nell'aprile 2013, quando contribuisce in maniera decisiva alla conquista di al-Qusayr[454]. Da allora Hezbollah si affianca all'esercito nelle principali operazioni militari in corso nel paese modificando a favore del governo le sorti del conflitto.

La partecipazione di Hezbollah al conflitto siriano ha alterato gli equilibri mediorientali, accelerando anche la deriva settaria della guerra. Prima della guerra civile siriana infatti Hezbollah godeva dell'appoggio trasversale della popolazione araba, anche sunnita, come baluardo contro Israele. Ora viene invece identificata come una milizia prettamente sciita[455].

L'intervento di Hezbollah in Siria ha anche generato uno sconfinamento del conflitto in territorio libanese, dove gruppi armati sunniti solidali con i ribelli siriani hanno iniziato una campagna di attentati e assalti alle basi Hezbollah e alla popolazione di fede sciita.

Oltre all'impegno attivo sul campo, Hezbollah in collaborazione con elementi dei Guardiani della Rivoluzione iraniani hanno creato, finanziato e armato la milizia al-Jaysh al-Sha'bi su modello dei Basij iraniani[456]. Scopo della milizia è quello di "preservare gli interessi iraniani in Siria" nel caso di collasso del regime[457].

Il numero di miliziani Hezbollah presenti in Siria è sconosciuto, come il numero di morti totali. Alcune stime parlano di almeno 5.000 uomini[458] e circa 500 morti[459].

Altri gruppi filogovernativi

Il fronte filogovernativo annovera una serie di gruppi armati minori che partecipano in maniera difensiva o offensiva alla guerra civile.

E' forte la presenza di gruppi di ispirazione confessionale sciita. Tra questi la Brigata al-Abbas annovera più di 10.000 miliziani siriani[460]. L'attività principale del gruppo è la difesa e il presidio dei santuari sciiti sul territorio siriano[461].

Altre milizie sciite, con il consenso del governo, sono confluite in Siria soprattutto dal confinante Iraq. Queste milizie, coordinate tra loro, sono attive soprattutto sul fronte di Damasco ed hanno avuto un ruolo importante nella riconquista dei sobborghi meridionali nell'ottobre 2013[462]. Tra queste vi sono Kata'ib Hezbollah[463], le Brigate Badr, le Brigate Haidar al-Karar [464] e le Brigate del Giorno Promesso, che sono anche le più numerose[465].

Miliziani sciiti sono giunti in Siria anche dallo Yemen, grazie al gruppo armato Houthis, che fa riferimento alla corrente zaydista dello sciismo. I miliziani Houthis sono qualche centinaio e partecipano alla guerra civile affiancando le milizie Hezbollah[466].

Oltre alle milizie di stampo confessionale sciita, il governo siriano può contare su combattenti appartenenti alle altre fedi religiose minoritarie in Siria e minacciate dai movimenti islamisti. Oltre ai combattenti inquadrati nella Forza Nazionale di Difesa, è presente una milizia armata composta solo da drusi: Jaysh al-Muwahhideen. La loro azione è limitata nel Gebel Druso a sud del paese dove difendono la popolazione locale dagli attacchi dei ribelli[467].

Il governo siriano è sostenuto anche da fazioni armate che fanno riferimento all'ideologia del partito Baath o al socialismo arabo. Tra questi gruppi il più importante è il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, alleato della Siria fin dai tempi della guerra in Libano. La sua area di operazione è il campo profughi palestinese di Yarmuk, a sud di Damasco e teatro di duri scontri con i ribelli. La posizione del movimento è estremamente delicata in quanto altre organizzazioni palestinesi hanno apertamente appoggiato i ribelli siriani[468]. Anche l'Esercito di Liberazione della Palestina mantiene dei miliziani in Siria, che sono stati integrati con l'esercito regolare siriano[469].

Tra gli altri gruppi armati laici vi sono la Resistenza Siriana, una milizia di stampo marxista-leninista che opera principalmente nell'area di Aleppo e conta 2.000 uomini[470], e le Brigate Baath, composte da membri del partito volontari che hanno come obiettivo principale il presidio degli uffici statali[471].

Gli schieramenti sul campo - Forze ribelli

Coalizione Nazionale Siriana

La Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione è il principale organo politico dell'opposizione siriana al governo di Bashar al-Assad.

Nasce a Doha l'11 novembre 2012[472] e incorpora i membri del Consiglio Nazionale Siriano, nato a Istanbul il 23 agosto 2011[473] con l'intenzione di amalgamare le diverse anime della rivolta, creare un interlocutore politico per l'Esercito Siriano Libero e cercare sostegno sul piano internazionale.

I membri della Coalizione Nazionale Siriana a Doha.

La struttura estremamente eterogenea delle opposizioni che compongono la Coalizione, che spaziano dai partiti laici a quelli legati alla Fratellanza Musulmana, ha causato una serie di problemi politici sin dai primi mesi di formazione. Il presidente Moaz al-Khatib si dimette dopo soli 4 mesi denunciando le divisioni interne e le interferenze subite da paesi stranieri, tra cui Qatar e Arabia Saudita[474].

Tuttavia la Coalizione rimane il principale interlocutore dell'Esercito Siriano Libero, ha creato un governo provvisorio in esilio[475] ed è stato riconosciuto come legittimo rappresentante del popolo siriano dai membri del Consiglio di cooperazione del Golfo[476], dalla Lega Araba[477], dagli Stati Uniti[478], dalla Turchia[479], dalla Francia[480]. L'Unione Europea ha invece riconosciuto la Coalizione nazionale siriana come "legittimo rappresentante delle aspirazioni del popolo siriano"[481].

Le forze ribelli di ispirazione islamista, inclusi il Fronte al-Nusra, lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante e i ribelli curdi non riconoscono l'autorità della Coalizione[482][483].

Le difficoltà politiche della Coalizione si sono aggravate a seguito del mancato intervento internazionale in Siria nel Settembre 2013. La Coalizione pur avendo caldeggiato l'intervento, non ha avuto nessun ruolo politico nella soluzione della crisi[484].

L'attuale presidente della Coalizione è Ahmad Jarba.

Esercito Siriano Libero

Lo stesso argomento in dettaglio: Esercito Siriano Libero.

L'Esercito Siriano Libero (ESL) è la forza di opposizione armata al governo siriano più numerosa e meglio equipaggiata. L'ossatura e la linea di comando è composta da soldati e ufficiali disertori delle Forze armate siriane[485].

L'ESL viene fondato ufficialmente il 29 luglio 2011 da un gruppo di ex ufficiali siriani che nomina proprio comandante il colonnello Riad al-Asaad[486].

Scopo primario dell'ESL era quello di proteggere i dimostranti pacifici dalle violenze perpetrate da polizia, esercito e Shabiha. Tuttavia, con il perdurare della crisi e a seguito della sua graduale militarizzazione, l'ESL si è trasformato in una milizia combattente strutturata, suddivisa in brigate con centri di comando nelle principali città siriane.

L'ESL si arricchisce di numerosi disertori, per lo più sunniti, e attiva centri di addestramento per i civili che si vogliono unire alla ribellione armata. I primi mesi del 2012 registrano un continuo flusso di soldati regolari verso l'ESL[487] e anche alcuni ufficiali di alto rango[488].

Il numero complessivo di disertori e, più in generale, di miliziani legati all'ESL è sconosciuto[489]. Le stime più ottimistiche contano 50.000 effettivi[490].

La sede centrale dell'ESL è in Turchia, da cui riceve finanziamenti e sostegno.

La strategia di combattimento privilegiata dall'ESL è quella della guerriglia urbana con armi leggere, anche se i miliziani hanno partecipato a battaglie a più ampio raggio con l'ausilio di carri armati sottratti alle forze regolari in combattimento o a seguito della diserzione di carristi[491].

Brigate legate all'ESL hanno partecipato alle principali battaglie contro l'esercito regolare. Tra le piu' significative quelle di Damasco e Aleppo, che nel luglio 2012 viene conquistata in larga parte.

L'ESL viene considerata come la forza di opposizione più laica al governo siriano, sebbene alcune frange (come le brigate al-Farouq) siano di chiara impronta islamista[492].

L'ESL ha come interlocutore politico la Coalizione nazionale siriana e viene sostenuto e finanziato dalle nazioni che la hanno riconosciuta come rappresentante del popolo siriano.

Il ruolo dell'ESL nella guerra civile siriana ha subito un lento declino a partire dal 2013, quando le formazioni jihadiste e integraliste hanno cominciato ad assumere un ruolo sempre piu' importante, causando anche il travaso di miliziani da alcune brigate[493].

Da luglio 2013 l'ESL apre un "terzo fronte" combattendo contemporaneamente l'esercito governativo e i gruppi fondamentalisti islamici[494].

L'attuale comandante in capo dell'ESL è il generale Salim Idris[495].

Fronte al-Nusra

Lo stesso argomento in dettaglio: Fronte al-Nusra.

Il Fronte al-Nusra è il più numeroso e organizzato gruppo jihadista salafita che, tra le file dell'opposizione armata, combatte il governo siriano[496].

Il Fronte è considerato il ramo siriano della rete terroristica di al-Qaeda ed ha ricevuto pubblicamente il riconoscimento di Ayman al-Zawahiri[497]. Alcuni suoi membri utilizzano apertamente il nome "al-Qaeda in Siria"[498].

Il Fronte al-Nusra si forma il 23 gennaio 2012[499] e la sua struttura iniziale è composta da miliziani siriani e iracheni provenienti dallo Stato Islamico dell'Iraq, branca irachena di al-Qaeda[500].

Nell'aprile 2013 il leader dell' Stato Islamico dell'Iraq, Abu Bakr al-Baghdadi, cerca di fondere le due organizzazioni, creando lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante. Tuttavia Ayman al-Zawahiri, interviene annullando la fusione[501]. Si crea dunque una scissione interna al Fronte al-Nusra tra i militanti fedeli alla linea ufficiale di al-Qaeda e quelli che confluiscono nel nuovo gruppo[502].

Obiettivo del Fronte al-Nusra è la creazione di un emirato islamico in Siria, governato secondo i dettami della sharia.

Oltre alle tattiche di guerra tradizionale, il Fronte si rende protagonista di un'ondata di attentati suicidi (almeno 50) in cui spesso rimane vittima anche la popolazione civile. Nel dicembre 2012 il Fronte al-Nusra viene annoverato tra le organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti[503].

Il Fronte al-Nusra collabora con l'ESL su tutti i principali fronti della guerra civile, in particolar modo ad Aleppo[504]. Tuttavia i rapporti tra le due milizie, soprattutto nell'amministrazione dei territori conquistati, è piuttosto tesa fino a sfociare in conflitto nel luglio 2013. A partire dalla metà del 2013 il Fronte al-Nusra assume la leadership di numerose battaglie e, grazie alla determinazione dei soi miliziani, ad aumentare notevolmente il proprio peso nel fronte ribelle, fino ad egemonizzarlo soprattutto nel governatorato di Raqqa, che diventa "la più grande città mai controllata da al-Qaeda"[505].

Il Fronte non riconosce l'autorità della Coalizione Nazionale Siriana e si è opposta a qualunque intervento internazionale per la soluzione della crisi siriana[506].

I miliziani del gruppo si sono resi responsabili di numerosi atti di violenza settaria contro le minoranze religiose siriane[507].

Si stima che il numero di miliziani del Fronte al-Nusra si aggiri intorno ai 20.000[508], inclusi molti combattenti non siriani[509].

Stato Islamico dell'Iraq e Levante (ISIL)

Lo stesso argomento in dettaglio: Stato Islamico dell'Iraq e del Levante.

Lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante è il gruppo ribelle jihadista più violento presente in Siria. Il fondamentalismo islamico che lo caratterizza, la sua natura transnazionale e i ripetuti atti di violenza verso la popolazione civile, i prigionieri di guerra e gli altri gruppi di opposizione hanno causato la rottura del fronte ribelle nel luglio 2013[510] e scontri aperti con le altre milizie islamiste nel gennaio 2014[511].

L'ISIL viene creato nell'aprile 2013 dal leader dello Stato Islamico dell'Iraq, Abu Bakr al-Baghdadi, che intende fondere in un'unica entità il suo gruppo con il "distaccamento" siriano, il Fronte al-Nusra. L'operazione viene bloccata dal leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, che vuole mantenere distinte le due entità[512]. Tuttavia al-Baghdadi ignora il comando ed esegue la fusione[513]. Si crea quindi una scissione nel Fronte al-Nusra e una parte di miliziani confluisce nella nuova formazione.

La principale differenza tra il Fronte al-Nusra e l'ISIL è che il primo combatte per la formazione di un emirato islamico in Siria, mentre il secondo mira alla creazione di un califfato transnazionale tra Siria e Iraq. Tuttavia fino a gennaio 2014 le due formazioni collaborano strettamente e conducono operazioni militari congiunte. In alcuni casi condividono anche i centri di comando[514].

L'area dove l'ISIL è più attiva è il nord del paese, nei governatorati di Aleppo, Idlib e Raqqa, dove lentamente riesce a indebolire anche la presenza del Fronte al-Nusra[515].

L'ISIL amministra le aree conquistate con estrema violenza, applicando la forma più rigida di sharia, creando prigioni segrete e organizzando esecuzioni sommarie e torture[516].

Le milizie ISIL si sono rese protagoniste anche di violenze e rapimenti nei confronti di giornalisti, personale medico e minoranze religiose siriane[517].

A partire da gennaio 2014 l'ISIL entra in aperto conflitto con le altre forze ribelli abbandonando molte cittadine ma conservando alcune roccaforti tra cui Raqqa[518]. Nello stesso periodo scatena un'offensiva nella regione di al-Anbar in Iraq, causando il primo importante sconfinamento della guerra civile siriana[519].

Il numero di miliziani è intorno ai 5.000[520] ed è la formazione che annovera la maggior parte di combattenti jihadisti non siriani.

Fronte Islamico

Il Fronte Islamico è una coalizione di 7 gruppi armati di ispirazione salafita che si oppongono militarmente al governo siriano.

Il Fronte nasce il 22 novembre 2013[521] con l'intenzione di unire le forze di tutti i gruppi islamisti siriani finora rimasti isolati o appartenenti alle due principali coalizioni (il Fronte Islamico Siriano e il Fronte Islamico Siriano di Liberazione) che vengono sciolte.

Confluiscono nel Fronte anche due tra i più importanti gruppi islamisti: Jaysh al-Islam e Ahrar al-Sham.

L'unione delle forze permette al Fronte Islamico di essere, secondo alcune fonti, la milizia di opposizione più numerosa in Siria, con 60.000 uomini[522].

I rapporti con l'Esercito Siriano Libero sono tesi e sono sfociati in conflitto in diverse occasioni[523]. Nel dicembre 2013 il Fronte Islamico conquista il valico di frontiera con la Turchia di Bab al Hawa a scapito dell'ESL. Tale avvenimento provoca l'interruzione degli aiuti ai ribelli in tutta la fascia settentrionale della Siria da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna[524].

ESL e Fronte Islamico si sono alleati nel gennaio 2014[525] contro lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante a seguito dell'esecuzione di un membro di spicco del Fronte[526].

Il Fronte Islamico e il Fronte al-Nusra hanno solide relazioni e hanno condotto operazioni militari congiunte[527].

Il Fronte Islamico e in particolare alcuni gruppi che lo compongono sono pesantemente finanziati e armati dall'Arabia Saudita che, secondo alcune fonti, riesce anche a influenzare le decisioni sul campo[528].

L'obiettivo del Fronte Islamico è la creazione di un emirato islamico in Siria, governato secondo i dettami della sharia[529].

Il Fronte Islamico non riconosce l'autorità della Coalizione Nazionale Siriana e contrasta ogni forma di accordo politico con il governo siriano.

Tra le file del Fronte Islamico militano molti combattenti non siriani[530].

Altri gruppi ribelli

Il fronte ribelle è caratterizzato da un grado di atomizzazione superiore rispetto a quello filogovernativo. Inoltre, escluse le formazioni piu' grosse precedentemente descritte, nel corso della guerra civile si è assistito alla nascita e al declino di molte milizie che si sono riorganizzate, fuse con altri gruppi o che semplicemente hanno cambiato nome. Alcune milizie autonome sono composte da poche decine di combattenti. E' presente anche un forte interscambio di miliziani che combattono sotto varie bandiere contemporaneamente. Creare quindi una lista delle formazioni ribelli minori e indicare il loro peso in numero di uomini è complesso e necessariamente parziale.

La quasi totalità delle milizie minori sul campo sono di ispirazione islamista.

Tra le formazioni indipendenti più numerose vi è la Brigata Ahfad al-Rasul, che conta 15.000 miliziani ed è finanziata direttamente dal Qatar[531].

Il 2 gennaio 2014 viene annunciata la formazione dell'Esercito dei Mujahedeen che raggruppa diverse formazioni islamiste minori e una divisione uscita dall'Esercito Siriano Libero. Principale obiettivo della nuova formazione è la lotta contro i miliziani dello Stato Islamico dell'Iraq e Levante[532]. Stime ottimistiche attribuiscono 12.000 combattenti tra le fila del gruppo[533].

Tra le formazioni jihadiste ispirate ad al-Qaeda e alleate dell'ISIL e del Fronte al-Nusra vi è Jaish al-Muhajireen wal-Ansar, composta quasi esclusivamente da fondamentalisti islamici non siriani tra cui ceceni, francesi e turchi[534]. Hanno avuto un ruolo importante durante la battaglia di Aleppo nel settembre 2012[535]. Il gruppo conta circa 1.000 miliziani[536]. Altra formazione composta da fondamentalisti islamici è Fath al-Islam, i cui membri sono palestinesi ed è attiva principalmente in Libano (soprattutto a Tripoli). La presenza in Siria è documentata in diverse zone del paese[537], anche se il numero di miliziani coinvolti è sconosciuto. Altra formazione jihadista è Jund al-Sham, composta da libanesi provenienti da Tripoli. E' attiva quasi esclusivamente nel governatorato di Homs, dove ha creato un emirato nella cittadina di Qalaat al Hosn[538].

La milizia Ghuraba al-Sham, di ispirazione jihadista e alleata del Fronte al-Nusra, è attiva ad Aleppo ed è stata coinvolta in alcuni scontri con i miliziani curdi[539]. E' formata prevalentemente da cittadini provenienti dall'Europa orientale[540].

Coinvolgimento internazionale

Fra gli schieramenti che prendono parte alla guerra civile siriana si devono evidenziare i ruoli di quanti hanno offerto appoggio al governo siriano e quelli che lo hanno fatto in favore delle forze ribelli.

Posizioni in merito alla guerra civile siriana: gli stati in verde appoggiano l'opposizione, mentre quelli in rosso il governo siriano.

Fra gli Stati che appoggiano economicamente e militarmente le forze ribelli che hanno come riferimento politico la Coalizione Nazionale Siriana vi sono Stati Uniti[541], Gran Bretagna[542], Francia[543] e i più importanti Stati sunniti del Medio Oriente, tra cui Qatar[544], Arabia Saudita[545] e Turchia[546] che estendono il loro appoggio anche alle fazioni più integraliste.

Il governo di Damasco riceve sostegno finanziario, politico e militare principalmente da parte di Russia[547] e Iran[548], mentre forniscono un sostegno minore anche Corea del Nord[549], Venezuela[550] e il vicino Iraq[551], che subisce lo sconfinamento di alcune milizie islamiste.

A giugno 2012 nasce l'organizzazione "Amici della Siria", un gruppo di oltre ottanta nazioni che si riuniscono periodicamente per discutere della crisi. Tuttavia, a causa dello sbilanciamento a favore del fronte ribelle e dell'emergere dei crimini commessi da alcune formazioni fondamentaliste, il gruppo si è ridotto a solo 10 membri.

La Lega Araba ha sospeso la Siria dai suoi membri a causa della repressione attuata dal governo[552]. Il 24 febbraio 2012 Kofi Annan è stato nominato inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega araba in Siria[553]. Tuttavia, constatate le eccessive divisioni all'interno dell'ONU circa l'atteggiamento da tenere verso il governo siriano, il 2 agosto 2012 ha rinunciato all'incarico[554] ad è stato sostituito dal diplomatico algerino Lakhdar Brahimi[555].

L'evolversi della crisi siriana viene seguita da vicino anche da paesi dichiaratisi neutrali, come la Germania, che schiera al largo delle coste siriane la nave spia Oker, dotata di strumenti radar molto avanzati e in grado di intercettare qualsiasi comunicazione o movimento aereo fino a 600 km di distanza.[556]

Anche la posizione dell'Italia è ambivalente. Da una parte si è criticato il governo siriano sottoscrivendo al G20 di San Pietroburgo un documento che lo accusa dell'utilizzo di armi chimiche[557], dall'altro è stato negato qualsiasi utilizzo delle basi aeree italiane in caso di attacco alla Siria[558]. Il governo italiano ha spinto in sede ONU per un coinvolgimento maggiore dell'Iran nella soluzione politica della crisi[559].

Scontri turco-siriani

Cacciabombardiere McDonnell Douglas F-4 Phantom dell'aviazione turca

Il prolungarsi dello status quo siriano, non particolarmente gradito agli Stati Uniti, ha chiamato in causa la vicina Turchia che è stata oggetto di una intensa attività diplomatica già a partire dal 27 agosto quando il direttore della CIA David Petraeus è giunto ad Ankara allo scopo di discutere di problemi legati alla lotta al terrorismo e problemi legati alla situazione turco-siriana,[560] il cui confine era, da alcune settimane stato interessato da fenomeni di ammassamento di truppe turche[561].

Il 21 giugno 2012, il presidente turco Abdullah Gul, ha avvertito che l’abbattimento del caccia-bombardiere Phantom F-4 turco in acque internazionali non potrà essere ignorato e per questo prese le misure opportune. Tale episodio, secondo una notizia data dall'emittente araba Al Arabiya sarebbe stato provocato sulla base di un ordine proveniente da Mosca e in coordinamento con le forze navali russe. I piloti turchi, il capitano Gorkhan Ertan e il luogotenente Hasan Husyin Aksoy, sarebbero stati recuperati vivi, trasportati a terra ed uccisi subito dopo.[562] Il 3 ottobre 2012 il governo di Ankara riferisce colpi di mortaio provenienti da parte siriana i quali provocano fra la popolazione civile 5 morti e 13 feriti, facendo seguire azioni su obiettivi militari siriani che hanno causato 5 vittime e 15 feriti tra le forze militari siriane fedeli a Bashar al-Assad. Su iniziativa turca è stato inoltre convocato un consiglio atlantico in merito all'aggressione di cui la Turchia si dice vittima e verso la quale gli Stati Uniti manifestavano appoggio incondizionato in caso di escalation di tipo militare,[563] la Russia al contrario esprimeva il proprio appoggio al governo di Damasco.

Il 10 ottobre due F-16 turchi costringevano un Airbus A320 siriano, partito da Mosca e diretto a Damasco, ad atterrare nell'aeroporto Esenboga di Ankara, sulla base del sospetto che quest'ultimo trasportasse armi destinate all'esercito regolare siriano. Secondo indiscrezioni provenienti da fonti interne all'azienda Rosoboronexport, unica azienda russa nel mercato delle armi export russe, sull'aereo ci sarebbero state tecnologie antimissile destinate ai lealisti siriani. Nell'ambito di questa vicenda i servizi segreti Fsb hanno aperto un'inchiesta su come possa essere avvenuta tale fuga di notizie.[564]

Le forze ribelli straniere

Un cecchino ribelle.

La protesta, vista a lungo come fenomeno legato meramente alla dissidenza popolare, ha ricevuto notevole apporto da parte di nazioni terze in termini di armi e di uomini fino a costituire l'ossatura stessa delle forze ribelli. Gli insorti, dapprima indigeni, sono stati infatti appoggiati da numerosi gruppi armati perlopiu' legati al movimento jihadista e provenienti dalle regioni del nord Africa e Medio Oriente.[565][566][567][568] Gli armamenti in dotazione a queste forze, laddove non propri, sono forniti da alcuni paesi occidentali fra cui gli Stati Uniti[569], e parte dei quali prelevate dagli arsenali libici[570][571].

Questo scenario va analizzato guardando le contrapposizioni tra le varie correnti religiose interessate dal conflitto presenti in Siria: le forze armate ribelli (principalmente sunnite) ricevono l'appoggio dei paesi arabi in cui vi è lo stesso tipo di prevalenza (come ad esempio Turchia, curdi e palestinesi vicini ad Hamas), al contrario le forze lealiste (di estrazione alawita) sono appoggiate dai libanesi di Hezbollah, in un singolare contesto che vede i Mujaheddin, considerati terroristi nei conflitti iracheno e afgano, appoggiati questa volta dalle democrazie occidentali, in funzione anti regime di Assad.

Il caso dell'uso di armi chimiche

Secondo parte della comunità internazionale[572][573][574], sono state utilizzate armi chimiche contro gli insorti, in un attacco effettuato nella periferia della capitale, il 21 agosto 2013. Per verificare la veridicità di tale violazione, l'ONU ha effettuato, dopo cinque giorni dall'attacco, ispezioni sia negli ospedali in cui sono curati i superstiti[575] sia nei siti sottoposti a tale attacco.[576]

In un'intervista a Le Figaro (il 2 settembre)[577] e poi il 9 alla CBS (che verrà trasmessa lunedì 16), Assad ha smentito l'uso di armi chimiche il 21 agosto e minacciato ritorsioni in caso di attacco USA.[578]

Il 28 agosto 2013[579] lo speaker alla Camera dei Rappresentanti John Boehner ha inviato una lettera a Obama nella quale concorda sull'esistenza delle prove dell'uso delle armi chimiche e che la Siria con questo atto abbia superato la red-line del non-intervento, e chiede i dettagli operativi e la giustificazione legale di un attacco statunitense. La lettera segue quella del 26 agosto[580], in cui invita il Presidente a non prendere decisioni unilaterali e a consultare il Congresso, prima di autorizzare qualsiasi azione militare.

L'interpretazione di tali eventi, fatti dagli Stati Uniti, non viene accettata dalla Russia, per la quale le prove non sono sufficienti a dimostrare un coinvolgimento del regime siriano nel lancio di tali ordigni.[581] Tale contrapposizione venne ad aumentare con l'intenzione di Mosca di difendere il regime da ogni possibile embargo e aumentando la presenza militare in Siria.[582]

Per evitare un'escalation militare, Papa Francesco chiede di digiunare e di pregare per la pace il giorno 7 settembre 2013,[583] ottenendo l'adesione di diverse fedi religiose e di politici.[584]

Il 14 settembre 2013, a Ginevra, viene siglato un accordo tra gli Stati Uniti e la Russia con cui si stabilisce la distruzione delle armi chimiche in mano alla Siria entro la prima metà del 2014. Qualora il governo siriano non dovesse collaborare alla distruzione, verrebbe richiesta una risoluzione all'ONU in cui potrebbe essere paventato anche l'uso della forza.[585]

Lunedì 16 settembre 2013 il team indipendente delle Nazioni Unite incaricato di verificare l’eventuale uso di armi chimiche in Siria ha consegnato il suo rapporto definitivo al segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon. Il rapporto, lungo 38 pagine, ha confermato che le «armi chimiche sono state usate relativamente su larga scala nel conflitto tra le due parti in Siria, anche contro i civili, inclusi i bambini». Nel rapporto, come previsto, non sono stati individuati esplicitamente i responsabili dell’attacco del 21 agosto: l’inchiesta del team guidato dallo scienziato svedese Ake Sellstrom è stata principalmente di tipo tecnico, cioè si è limitata a stabilire se siano state usate armi chimiche in Siria, ma non ha indagato su chi le abbia usate. Il rapporto comunque ha fornito delle prove significative dell’uso di gas sarin in tre quartieri diversi di Ghouta, sobborgo a est di Damasco: gli ispettori dell’ONU hanno spiegato di avere raccolto sui posti bombardati prove mediche, chimiche e ambientali fino al 31 agosto, giorno in cui hanno lasciato il paese.[586][587][588]

Ban Ki-moon riceve ufficialmente il 28 settembre Ahmad Jarba, presidente del Governo provvisorio siriano, ostile ad al-Assad.[589]

Schieramenti navali

Nel mar Mediterraneo sono presenti navi di vari paesi, il cui intervento nella crisi siriana è possibile. Alcune di queste appartengono a paesi rivieraschi o sono parte di formazioni navali stabili come la Sesta flotta statunitense o la Stanavformed della NATO. Altre sono presenze occasionali di paesi con interessi nell'area come le navi russe appartenenti alla flotta del Mar Nero ridislocate nell'occasione, in quanto nessuna nave da guerra russa è stabilmente di base nel Mediterraneo. Ad esse si aggiungono le navi della marina militare siriana, obsolete e dal limitatissimo potenziale offensivo, le cui navi più grosse sono 3 corvette Classe Petya da 1.100 t non dotate di missili antinave, e motovedette lanciamissili classe Osa da 200 t[590].

Le forze siriane sono di base nei porti di Baniyas, Latakia, Minat al Bayda e Tartus.

Mappa della base navale di Tartus, con i moli russi evidenziati dal numero 5

La politica russa è estremamente contraddittoria nelle sue dichiarazioni, tanto che nel giro di 24 ore, il 26 giugno, fonti diplomatiche parlavano di ritirare tutto il personale dalle basi siriane[591], ed il 27 il ministero della difesa smentiva[592]; inoltre i moli ad uso esclusivo della marina russa a Tartus, che non è classificata come base navale ma come struttura logistica (Пункт материально-технического обеспечения, ПМТО)[593], non consentono l'attracco di navi superiori a 100m di lunghezza, possibile però nel resto del porto; la forza navale russa schierata in area dovrebbe aggirarsi intorno alle 10 unità, con fulcro sull'incrociatore lanciamissili Moskva, ammiraglia della flotta del Mar Nero, e sul cacciatorpediniere Smetlivy[594]; in viaggio per la Siria sarebbe in viaggio la nave per operazioni anfibie Nikolai Filchenkov con un carico di missili S-300 per la Siria[594].

Molte informazioni sugli schieramenti navali nell'area sono illazioni non confermate e comunque poco attendibili vista la rapida evoluzione degli eventi; l'incrociatore Moskva doveva rimpiazzare, secondo fonti del 4 settembre, il cacciatorpediniere lanciamissili Admiral Panteleyev della Classe Udaloj specializzata nella lotta antisommergibile[595] come dichiarato all'agenzia Interfax. Sempre al 4 settembre, la squadra russa era composta dalle navi da sbarco Aleksandr Shabalin, Admiral Nevelskoy e Peresvet, scortate dalla fregata Neustrashimy, da un rifornitore e un rimorchiatore[595].

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