Shari'a

Paesi membri dell'Organizzazione della cooperazione islamica dove non gioca alcun ruolo nel sistema giuridico.
Paesi dove si applica la sharia per questioni private (per esempio matrimonio, divorzio, eredità e custodia dei figli).
Paesi dove la sharia è applicata in pieno sia per questioni private sia per le procedure penali.
Paesi dove la sharia è applicata con variazioni a livello regionale.
NellʼIslam la Shariʿah o sharia[1], in italiano anche sciaria[2][3][4] (in arabo: شريعة sharīʿa 'legge'; letteralmente "strada battuta", "il cammino che conduce alla fonte a cui abbeverarsi"), è il complesso di regole di vita e di comportamento dettato da Dio per la condotta morale, religiosa e giuridica dei suoi fedeli. È un concetto suscettibile di essere interpretato in chiave metafisica o pragmatica. Nel significato metafisico, la sharīʿah è la Legge di Dio e, in quanto sua rivelazione diretta, rimane assoluta e incontestabile dagli uomini.
In quello pragmatico, il fiqh, ovvero la scienza giurisprudenziale islamica interpretata secondo la legge sacra, rappresenta lo sforzo concreto esercitato per identificare la Legge di Dio; in tal senso, la letteratura legale prodotta dai giuristi (faqīh; pl. fuqahāʾ) costituisce opera di fiqh, non di sharīʿa.
Alcune delle pratiche classiche della sharia sono state ritenute incompatibiuli con i diritti umani, con l'uguaglianza di genere e con la libertà di espressione.[5]
Fonti della sharī‘a[modifica | modifica wikitesto]
Fonti della legge islamica sono generalmente considerate il Corano (190 versi su 6236 totali)[6], la Sunna (ovvero gli ḥadīth del Profeta), il consenso della comunità dei credenti (ijma') e l'analogia giuridica (qiyas). La sharīʿa accetta solo le prime due fonti in quanto divinamente prodotte o ispirate. Mentre esiste un solo Corano, esistono diverse raccolte "ufficiali", antiche e tradizionali, di ʾaḥādīth: è questa una delle ragioni da cui segue l'impossibilità teorica di pervenire univocamente alla (vera) shari'a. I versi della rivelazione nel Corano sono in maggioranza versi dedicati ad Allah e alle sue qualità predicabili, narrazione di profeti precedenti, e di tipo escatologico.
Natura della sharī‘a[modifica | modifica wikitesto]
In alcuni Paesi a maggioranza islamica (quali Iran e Arabia Saudita) vi è il recente tentativo di intendere la shari'a non già quale codice di leggi comportamentali o consuetudinarie, bensì quali norme di diritto positivo; peraltro, la stessa shari'a distingue le norme riguardanti il culto e gli obblighi rituali da quelle di natura più giuridica.
Sebbene in alcuni Stati a maggioranza musulmana la sharī‘a venga considerata come una fonte di diritto positivo, nell'Islam delle origini e per molti studiosi attuali (tra i quali Ṭāriq Ramaḍān) essa è più propriamente un codice di comportamento etico che dovrebbe essere privo di potere coercitivo.
L'islam riconosce l'Antico e il Nuovo Testamento della Bibbia come testi religiosi sacri, secondi per importanza al Corano che chiarisce e completa la Rivelazione di Allah ai profeti. Le fonti normative del Corano prevalgono pertanto su tutta la tradizione biblica precedente.
Le cinque categorie[modifica | modifica wikitesto]
Per la giusta condotta sulla vita terrena le azioni umane più rilevanti sono suddivise in cinque categorie:[7]
- obbligatorie (farḍ)
- raccomandabili (mustahahh)
- lecite (ḥalāl)
- sconsigliate (makruh)
- proibite (harām)
Questi atti hanno disposizioni "materiali o morali" nella comprensione della Sharia. L'abbandono delle azioni "considerate fard, wajib e sunnah" e il compimento di quelle proibite "considerate makruh e haram" sono penalizzate (punizioni hadd o tazir). Per esempio il pestaggio, l'imprigionamento e l'uccisione di coloro che si ostinano a non pregare (Ṣalāt) possono essere considerati in questo contesto.
Scuole giuridiche[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ambito della Sharia con il passare del tempo si sono evolute diverse scuole giuridiche (madhahib) con proprie peculiarità sull'interpretazione della stessa:
- scuola hanafita - in origine presente in Iraq, Khorasan, Transoxiana, oggi anche in Asia Centrale, Afghanistan, India e Pakistan.
- scuola malikita - nel Maghreb, in alcuni paesi dell'Africa subsahariana
- scuola sciafiita - in Bahrein, Indonesia, Arabia meridionale, Yemen, Egitto e Africa orientale.
- scuola hanhalita - in Arabia Saudita.
- scuola ihadita - in Oman, Zanzibar, in alcune zone di Libia, Tunisia, Yemen.
- scuola ismailita - in India e Pakistan.
- scuola zaydita - in Yemen.
- scuola ga'farita imamita o duodecimana - in Iran.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Sharia, su Vocabolario on line, Treccani. URL consultato il 22 luglio 2015.
- ^ Abdul Rahman Al-Sheha, La dignità della donna nell'islam, subhanaka-allahumma, 2009. URL consultato il 16 agosto 2021.
- ^ Barbara De Poli, I musulmani nel terzo millennio: laicità e secolarizzazione nel mondo islamico, Carocci, 2007, ISBN 978-88-430-4062-9. URL consultato il 16 agosto 2021.
- ^ A. Alâaddin Çetin, Guida degli archivi dell'Impero ottomano conservati nell'Archivio della Presidenza del Consiglio dei ministri della Turchia, Il Centro di ricerca, 1985. URL consultato il 16 agosto 2021.
- ^ (EN) Maria Sole Russo, Clash between Sharia law and human rights in light of PACE Resolution 2253, su iusinitinere.it. URL consultato il 5 ottobre 2021.«In order to give a response to the long-standing question of the compatibility between Sharia law and human rights, too many aspects must be taken into consideration and a deeper analysis is needed.»
- ^ Il profeta dell'islam e la parola di Dio, giunti editore, 2000, pag. 57
- ^ Massimo Papa e Lorenzo Ascanio, Shari'a. La legge sacra dell'islam., 2014, il Mulino, Bologna, ISBN 978-88-15-25070-4
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- F. Castro, Lineamenti di storia del diritto musulmano, 2 volumi, Venezia, Coop. Libraria Editr. Cafoscarina, Università di Ca' Foscari, 1979.
- A. Cilardo, Teorie sulle origini del diritto islamico, Roma, IPO, 1990.
- N. J. Coulson, A History of Islamic Law, Edimburgo, Edinburgh University Press, 1964. (traduz. francese: Histoire du Droit Musulman, Paris, 1995).
- Wael B. Hallaq, Introduzione al diritto islamico, Bologna, Il Mulino, 2013.
- Wael B. Hallaq, Sharıˉaː Theory, Practice, Transformations, Cambridge, Cambridge University Press, 2009.
- Massimo Papa, Lorenzo Ascanio, Shari'a. La legge sacra dell'Islam, Bologna, Il Mulino, 2014.
- R. Potz, "Islamic Law and the Transfer of European Law", European History Online, Magonza: Institute of European History, 2011, consultato in data 1º marzo 2013.
- J. Schacht, Introduzione al diritto musulmano, Torino, Fondazione Agnelli, 1995, traduz. dall'inglese a cura di G. M. Piccinelli.
- D. Santillana, Istituzioni di diritto musulmano mālichita con riguardo anche al sistema sciafiita, Roma, IPO, 1926, 2 voll.
- E. Tyan, L'organisation judiciaire en pays d'Islam, Leiden, E.J. Brill, 1960.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- shari'a, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- sharī‛a, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
- (EN) Shari'a, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
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