Disease mongering: differenze tra le versioni

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* {{Cita pubblicazione|autore= Campbell EJ, Scadding JG, Roberts RS |titolo= The concept of disease |rivista= Br Med J |volume= 2 |numero= 6193 |pp= 757–62 |anno= 1979 |pmid= 519183 | pmc = 1596412 }}
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* Sackett DL, Haynes RB, Guyatt GH, Tigwell P. Clinical epidemiology: a basic science for clinical medicine. Boston: Little, Brown: 1991:59.
* Sackett DL, Haynes RB, Guyatt GH, Tigwell P. Clinical epidemiology: a basic science for clinical medicine. Boston: Little, Brown: 1991:59.

* {{Cita libro|autore=Lynn Payer|titolo=Disease-Mongers: How Doctors, Drug Companies, and Insurers Are Making You Feel Sick|url=http://books.google.com/books?id=9kkOAAAACAAJ|data=1º marzo 1994|editore=Wiley|isbn=978-0-471-00737-1}}
* {{Cita libro|autore=Lynn Payer|titolo=Disease-Mongers: How Doctors, Drug Companies, and Insurers Are Making You Feel Sick|url=http://books.google.com/books?id=9kkOAAAACAAJ|data=1º marzo 1994|editore=Wiley|isbn=978-0-471-00737-1}}
* {{cita web|http://bmj.com/cgi/content/full/324/7334/DC1|Elenco delle 200 non-malattie secondo: BMJ 2002; 324 (7334). (15-22 February)}}
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* {{Cita libro|autore=Giorgia Crescentini|titolo=Il network comunicazionale in sanità|url=http://books.google.com/books?id=pkYEmYqqRx8C&pg=PA52|anno=2012|editore=libreriauniversitaria.it ed.|isbn=978-88-6292-210-4|pp=52–}}
* {{Cita libro|autore=Giorgia Crescentini|titolo=Il network comunicazionale in sanità|url=http://books.google.com/books?id=pkYEmYqqRx8C&pg=PA52|anno=2012|editore=libreriauniversitaria.it ed.|isbn=978-88-6292-210-4|pp=52–}}
* {{Cita libro|autore=Vijay Pabbathi|titolo=Real and Present Danger: When Science Fails Us|url=http://books.google.com/books?id=sAS_efASBokC&pg=PA67|data=10 ottobre 2011|editore=Xlibris Corporation|isbn=978-1-4653-5176-0|pp=67–}}
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* {{Cita libro|autore1=Mark L Flear|autore2=Anne-Maree Farrell|autore3=Tamara K Hervey|coautori=Thérèse Murphy|titolo=European Law and New Health Technologies|url=http://books.google.com/books?id=4arD9MvLG40C&pg=PA168|data=14 marzo 2013|editore=OUP Oxford|isbn=978-0-{{cite book|author=Jack James|title=The Health of Populations: Beyond Medicine|url=https://books.google.com/books?id=nNPUBQAAQBAJ&pg=PA179|date=2 November 2015|publisher=Elsevier Science|isbn=978-0-12-802813-1|pages=179–}}19-965921-0|pp=168–}}
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*{{cite book|author=Dien Ho|title=Philosophical Issues in Pharmaceutics: Development, Dispensing, and Use|url=https://books.google.com/books?id=T6M7DgAAQBAJ&pg=PA125|date=27 February 2017|publisher=Springer|isbn=978-94-024-0979-6|pages=125–}}


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==

Versione delle 14:56, 29 mag 2017

Copertina di una collezione di articoli sull'argomento pubblicati sul Public Library of Science-Medicine[1]

«Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque.»

L'espressione in lingua inglese disease mongering o corporate disease mongering[3] o, traslando, commercialization of disease[4][5] (in italiano: "mercificazione della malattia"[6][7][8] o "commercializzazione della malattia") indica l'utilizzo di particolari strategie di marketing, finalizzate all'introduzione di un protocollo terapeutico o nuove procedure diagnostico/terapeutiche o di un farmaco già pronto o prossimo all'immissione in commercio. Ciò attraverso una opportuna campagna di sensibilizzazione finalizzata all'introduzione di quadri clinici non strettamente patologici, per indurre il consumatore e/o paziente alla ricerca di una soluzione alle sue "presunte" malattie, che lo rendono comunque sofferente, allo scopo di generare nuovi mercati di potenziali pazienti.[3]

I soggetti che normalmente beneficiano dall'utilizzo di queste strategie sono le aziende farmaceutiche, i medici e le loro organizzazioni professionali e quelle dei consumatori, gli oggetti di queste strategie sono i consumatori, gruppi particolari di pazienti o intere classi sociali.

Cenni storici

Lo stesso argomento in dettaglio: Prevenzione quaternaria.

Questo fenomeno ha fatto sorgere la necessità di istituzionalizzare una forma di prevenzione chiamata prevenzione quaternaria, termine coniato da Jamoulle dell'Università di Liegi,[9] al fine di prevenire e ridurre le conseguenze del disease mongering.[4]
Essa può essere definita come:

«Azione intrapresa per identificare pazienti a rischio di overmedicalization (sovra-medicalizzazione), per proteggerli da un approccio medico aggressivo e suggerire interventi che siano eticamente accettabili; tale concetto è ormai accettato in varie branche della medicina.»

Il concetto di malattia è un concetto molto scivoloso.[11]

«Con il termine "non-malattia" si intende "un processo umano o un problema che alcuni hanno definito come una condizione medica, ma in cui le persone possono avere risultati migliori se il problema o il processo non viene definito in questo modo.»

Senza con ciò dire che la sofferenza delle persone che soffrono di queste "non-malattie" non sia realmente autentica, ma solamente che le stesse persone soffrono più di quanto non soffrirebbero per malattie realmente riconosciute come tali.[11]

Gli autori di queste affermazioni in una indagine condotta su 570 persone nel 2002, ha rilevato che vi sono 200 condizioni umane ritenute patologie, ma molte di queste sono condizioni fisiologiche e non patologiche secondo l'accezione medica (di seguito l'elenco delle prime 20 individuate):[11]

«Alcune di queste non-malattie già appaiono in classifiche ufficiali di malattia, e alcune che attualmente (N.d.T. 2002) non sono ufficialmente tali forse lo saranno presto.»

Secondo lo scrittore Lynn Payer le metodiche comuni a tutte queste pratiche di disease mongering prevedono:.[12]

  1. Affermare che normali esperienze umane sono anormali e quindi bisognose di cure.
  2. Riconoscere una sofferenza che spesso non è presente.
  3. Ricondurre la definizione di malattia come presente nel più ampio numero di persone possibile.
  4. Ricondurre le causa di una malattie a una qualche vaga carenza o ambiguo squilibrio ormonale.
  5. Creare opportune campagne di pubbliche relazioni associate a una malattia.
  6. Dirigere l'elaborazione di discussione pubblica per una determinata malattia.
  7. Abusare intenzionalmente di statistiche prodotte per esagerare i benefici del trattamento.
  8. Proporre end point clinici scientificamente oggetto di dubbi nel campo della ricerca medica.
  9. Produrre campagne pubblicitarie che suggeriscono un trattamento senza effetti collaterali (o gravi effetti collaterali).
  10. Suggerire con la pubblicità la presenza di un sintomo normalmente comune come una malattia grave.

La prima volta che questo termine è stato usato fu nel 1992, quando lo scrittore Lynn Payer lo usò per la campagna del collutorio contro l'alitosi (alito cattivo) Listerine della Johnson & Johnson.[12] L'alitosi, la condizione che ha indotto Payer a coniare l'espressione "disease mongering", non è semplicemente uno stigma sociale immaginato, ma può derivare da un ampio spettro di condizioni mediche, condizioni che vanno da un'infezione batterica delle gengive a una insufficienza renale. Questa condizione oggi è riconosciuta dal consiglio scientifico della American Dental Association come "una condizione riconoscibile che merita attenzione professionale".[13] In altri termini l'automedicazione con un collutorio può nascondere la presenza di gravi patologie delle quali l'alitosi è un sintomo riconoscibile (patognomonico) per il medico.

Secondo Lynn Payer «il disease mongering è la più insidiosa delle varie forme che la pubblicità medica, la cosiddetta educazione medica, ... può assumere.»[14] Inoltre dice Arthur Caplan, Professore di Bioetica presso l'Università della Pennsylvania di Filadelfia, in un popolare programma televisivo americano: «Se si vuole instillare una preoccupazione nel pubblico, e hai i dollari per farlo con la pubblicità, è possibile trasformare qualsiasi cosa in una malattia.»[14]

Il giornalista scientifico Ray Moynihan[15][16] sottolinea come fattore aggravante è la sempre maggiore consapevolezza del consumatore verso la propria salute, consumatore che è diventato più attivo, più informato sui rischi e benefici e ha meno fiducia nell'autorità medica, essendo per altro meno disponibile ad accettare passivamente il potere del medico sul proprio corpo. Questa erosione della fiducia del parere medico rafforza la necessità di vasto controllo pubblico sul ruolo di indirizzo che l'industria ha in questi processi.[17]

Egli individua quattro aspetti cruciali per comprendere il disease mongering:

«Alcune forme di "medicalizzazione" possono ora essere meglio descritte come "disease mongering", questo si fa per espandere i confini della malattia curabile e conseguentemente espandere i mercati per nuovi prodotti.
Le alleanze tra le industrie farmaceutiche, i medici e i gruppi di pazienti sono finalizzate a utilizzare i media per inquadrare le condizioni mediche come fenomeni diffusi e gravi.
Il disease mongering può trasformare disturbi ordinari in problemi medici, facendo vedere sintomi lievi come gravi; oppure vedendo dei potenziali rischi come malattie.
Le informazioni sulla malattia finanziate da aziende dovrebbero essere sostituite da informazioni indipendenti.»

Barbara Mintzes riassume diversamente le sottili modalità d'azione delle grandi multinazionali del farmaco:[18]

  • Promuovere ansia nei consumatori sani rispetto al loro futuro di salute.
  • Gonfiare ad arte i tassi di prevalenza di una malattia o disturbo.
  • Promuovere trattamenti aggressivi e costosi per malattie e sintomi lievi.
  • L'introduzione di nuove diagnosi discutibili, ad esempio PMDD o disturbo d'ansia sociale (timidezza eccessiva), ma che sono difficili da distinguere dalle condizioni di vita normale.
  • Ridefinire le malattie in termini di esiti surrogati (ad esempio, l'osteoporosi diventa una malattia da bassa densità ossea piuttosto che da fratture da fragilità ossea, definizioni queste sottilmente diverse ma grandemente diverse nell'incidenza sulla popolazione).
  • Promuovere i farmaci come soluzione di prima linea per i problemi che in precedenza non venivano considerati di interesse medico, come ad esempio il comportamento in classe disturbante o le relazioni sessuali problematiche.

Riassumendo l'industria farmaceutica persegue i suoi interessi di allargare i suoi mercati di potenziali consumatori/pazienti attraverso tre vie preferenziali non auto-escludenti tra loro:[19][20]

Quantitativa: diminuzione delle soglie di malattia,

Temporale: diagnosi precoce,

Qualitativa: nuova malattia.

Conflitto d'interessi privato/pubblico

Il logo

Gli aspetti più sociologici, o anche filosofici se parliamo di etica del fenomeno, si possono ricondurre concettualmente a un importante lavoro di Garrett Hardin del 1968 che utilizza gli strumenti della teoria dei giochi. L'articolo: The Tragedy of the Commons (in Italiano: La tragedia dei beni comuni) dimostrava che la massimizzazione del profitto individuale mette a repentaglio necessariamente il bene pubblico, quando questo non trova una soluzione tecnica se non con una necessaria e fondamentale estensione morale.[21]

Il fenomeno si amplifica approfittando delle politiche di deregolamentazione, successiva al 1980, quando l'industria farmaceutica cominciò a programmare una pipeline di R&D di farmaci orientata verso farmaci utili per il miglioramento del cosiddetto lifestile (stile di vita), e conseguentemente anche il marketing verso una sempre maggiore pubblicità rivolta ai consumatori finali, e non solo o soltanto rivolta, come prima accadeva, alla classe medica. I giornalisti hanno giocato e giocano un ruolo chiave per «stuzzicare l'appetito» del pubblico verso quelle le notizie mediche, facendo da cassa di risonanza a ogni nuova scoperta e ai suoi trattamenti.[22]

Da tempo si osserva il tentativo in Europa, e non solamente, di deregolamentare la pubblicità dei farmaci in modo simile agli Stati Uniti, dove è ammessa la pubblicità di farmaci prescrivibili al paziente (N.d.T. in Europa e in Italia il destinatario della pubblicità dei farmaci è solo il sanitario).[23][24]

Invece, i conflitti di interesse tra ricercatori e industria farmaceutica possono così essere compresi e correlati:[25]

  1. ai guadagni finanziari che si possono ricavare dal partecipare alle sperimentazioni sponsorizzate dalle industrie farmaceutiche,
  2. alla possibilità di pubblicare le sperimentazioni promosse dalle industrie farmaceutiche con indubbi vantaggi sulla propria carriera accademica,
  3. ai vantaggi personali, come la partecipazione a conferenze, spesso in luoghi turistici, e/o viaggi di piacere.

Anche le università o gli istituti di ricerca possono avere anche conflitti di interesse con le grandi multinazionali del farmaco. Ciò accade nella misura in cui, nei loro bilanci, quote significative di finanziamenti provengano dall'industria farmaceutica oppure, anche e spesso, grazie all'acquisto (spesso in comodato) di attrezzature.[25]

Il conflitto di interesse tra consumatore/paziente e le grandi multinazionali del farmaco nasce tutte le volte che l'accesso a farmaci di difficile reperimento può essere superato con la partecipazione a sperimentazioni cliniche sponsorizzate dalle aziende. Ciò è tanto più vero per i paesi in via di sviluppo.[25] Un esempio emblematico dei rischi di un siffatto conflitto di interessi è il caso del Contenzioso di Kano tra la Pfizer e lo stato nigeriano.

Scrivono David Badcott e Stephan Sahm dell'Università di Cardiff che anche il NICE, (l'Istituto Nazionale per la Salute e l'Eccellenza Clinica nel Regno Unito) deputato e finanziato dal Sistema Sanitario Nazionale Inglese a garantire che ogni nuovo trattamento medico disponibile lo sia in una logica di costo-efficacia, non è immune da pressioni indebite da parte delle grandi multinazionali del farmaco e dei mass media che lo giudicano un ostacolo al progresso e all'accesso a cure migliori.[26] Badcott e Sahm citando lo scritto di Edgar:[27] The Dominance of Big Pharma: Power scrivono:

«... l'industria cerca attivamente di influenzare la legittimità percepita delle politiche sanitarie di governo, attraverso la manipolazione dei pazienti, dei gruppi di difesa dei pazienti, dei medici e di altri professionisti del settore medico.»

In modo più ampio, (secondo Edgar) le grandi multinazionali del farmaco influenzano i mass media, le agenzie governative per modellare opinione pubblica a favore del settore stesso o rispetto prodotti particolari. Sempre secondo Edgar il primo e più importante problema consiste nell'influenza indebita delle grandi multinazionali rispetto alle concezioni che modellano il paziente-consumatore, con il disease mongering e favorendo la distorsione del dibattito pubblico sull'allocazione delle risorse prioritarie.[27]

Brezis M. dell'Università Ebraica di Gerusalemme in Israele scrive che:[28]

  • Big Pharma finanzia circa l'80% delle ricerche e questi programmi di ricerca che seguono primariamente logiche di Marketing piuttosto che di tipo clinico/sanitario, logiche in cui sono coinvolti statistici ed epidemiologi che aiutano a ottenere i risultati voluti. Ciò pone grossi dubbi circa la qualità dei dati pubblicati quasi sempre sbilanciati a favore dell'efficacia dei nuovi prodotti.
  • Il marketing con mezzi finanziari importanti, superiori a quelli della ricerca scientifica in senso stretto, impone Linee Guida con valore di indirizzo per i sanitari e agisce anche manipolando i media con azioni di disease mogering.
  • Inoltre, fenomeni di lobbing con la classe dei politici sono frequenti, cosa che comporta una riduzione e indebolimento delle azioni degli enti deputati ai controlli.
  • Ovviamente, ciò non si applica solo all'industria farmaceutica ma a tutti i settori industriali e in particolare ai settori della chimica, del tabacco e dell'alimentare. Brezis quindi sottolinea e suggerisce come imperativo per gli azionisti chiedere più considerazione per la salute pubblica; anche rispetto a possibili "incidenti di percorso" che possono minare i bilanci aziendali.

A conferma di quanto scrive, cita come esempi paradigmatici il caso dell'antinfiammatorio Vioxx della Merck e del procinetico Prepulsid della Johnson & Johnson.

Sempre Brezis sostiene che vanno sollevati dubbi sulle questioni chiavi della sicurezza, del conflitto di interessi dei ricercatori, delle infiltrazioni nelle università, nei media e nelle agenzie legislative. Nello stesso tempo egli suggerisce di rivalutare le buone pratiche di utilizzo di vecchi e più collaudati farmaci, tecniche di addestramento al comportamento preventivo come il caso delle riabilitazione cardiaca, l'uso di cure palliative in modo diffuso e soprattutto attività di promozione vera della salute su larga scala. Ricordando che i soggetti più esposti e indifesi sono spesso i meno istruiti, i malati e i meno abbienti, inoltre, conclude:

«... i successi del libero mercato sembrano porre problemi irrisolvibili per la giustizia sociale nella sanità pubblica.»

Un importante lavoro pubblicato nel 2011 per opera di Susan L. Norris, et al., studia in modo dettagliato il fenomeno del conflitto di interesse tra i ricercatori e l'estensione di Linee Guida e pratiche di buona condotta medica.[29] Una commissione di revisione indipendente nominata di proposito, e solo a tal fine, potrebbe giudicare se una linea guida mostra segni di ingerenza da parte delle aziende farmaceutiche. Questa commissione ad hoc può rappresentare la soluzione del problema.[30]

La posizione dell'industria farmaceutica, rispetto a queste accuse, è debole; essa si difende con questa affermazione di principio:

«L'industria lavora per sviluppare farmaci, non le malattie.»

Ruolo della stampa medica

Vecchio numero del BMJ

Va considerato preliminarmente che in diversi paesi al mondo, contrariamente all'Italia, è possibile fare direttamente pubblicità ai farmaci attraverso i mass media.

Ricercatori Francesi nel 1990 hanno rilevato che solo in 41 su 141 annunci, pubblicati su riviste mediche e paramediche volte a personale sanitario nell'Africa francofona, le indicazioni erano assenti in 5 (3,5%), e in 42 (29,8%) la pubblicità era esagerata. Gli effetti collaterali non sono stati menzionati affatto in 37 (26,2%); allo stesso modo, le controindicazioni erano assenti da 30 (21,3%), e incomplete in 19 (13,5%). Gli autori della ricerca concludono sostenendo che: «è chiaro che le aziende farmaceutiche non sempre seguono un codice di comportamento etico e che spesso sfruttano la mancanza di controlli efficaci nei paesi in via di sviluppo».[32]

Negli USA la FDA ha regolamenta la pubblicità sui farmaci; ricercatori della UCLA hanno studiato, nel 1992, le pubblicità farmaceutiche attraverso la stampa valutandone la conformità di tali annunci pubblicitari alle norme vigenti Food and Drug Administration (FDA). Essi hanno rilevato che nel 30% dei casi, due o più revisori sono in disaccordo con l'affermazione delle aziende farmaceutiche inserzioniste quando sostengono che il farmaco è da ritenere il "farmaco di scelta." Nei titoli degli annunci pubblicitari il 32% di questi inducono in errore il lettore circa l'efficacia. Inoltre, nel 44% dei casi, i revisori hanno ritenuto che la pubblicità porterebbe a una prescrizione impropria di un farmaco, se un medico non avesse altre informazioni diverse rispetto quelle contenute nel messaggio pubblicitario. Infine, i revisori della ricerca non avrebbero assolutamente raccomandato la pubblicazione del 28% degli annunci pubblicitari e gli stessi avrebbero richiesto importanti revisioni nel 34% delle affermazioni fatte, prima della pubblicazione.[33]

Una valutazione delle pubblicità di farmaci pubblicati in riviste mediche da tre revisori indipendenti ha raggiunto la conclusione che, basandosi esclusivamente sulle informazioni presentate, in queste pubblicità di farmaci è possibile arrivare ad avere prescrizioni inappropriate nel 44% dei casi.[34]

Villanueva et al. hanno valutato che le notizie riguardanti gli ipolipemizzanti e i farmaci antipertensivi, pubblicati in riviste mediche spagnole, sono per il 44% delle dichiarazioni promozionali, perché prive di citazione scientifica a sostegno della stesse.[35]

Una ricerca condotta negli USA su 69 riviste psichiatriche, ha valutato la reperibilità delle fonti, rispetto alle affermazioni fatte. In quest'indagine del 2008 condotta presso il Dipartimento di Psicologia della Metropolitan State University, St. Paul, Minnesota si è constatato che poco più della metà delle affermazioni pubblicitarie (50,2%) ha fornito una qualche fonte raggiungibile da poter essere utilizzata per verificare la veridicità dell'affermazione. Quando le fonti sono state trovate queste hanno sostenuto correttamente le affermazioni citate nel 65% delle volte (95% CI: 61,0-69,1). Mentre le affermazioni riguardanti l'efficacia dei farmaci sono stati sostenute da fonti solo nel 53,2% dei casi (95% CI: 46,2-60,2). Il tentativi di ottenere dati citati dagli archivi delle aziende farmaceutiche raramente hanno raramente successo. Gli autori della ricerca concludono sostenendo che «una maggiore regolamentazione di tale pubblicità è giustificata.»[36]

A Basilea in Svizzera una ricerca ha indicato che il 53% di tutte le affermazioni fatte dalla industrie farmaceutiche, pubblicate in importanti riviste scientifiche, non sono supportate dagli studi di riferimento o quando presenti sono citati sulla base di informazioni potenzialmente di parte. Gli autori dello studio concludono sostenendo che «i medici non dovrebbero fidarsi delle affermazioni di farmaci pubblicitarie, anche quando sembrano fare riferimento a studi scientifici.»[37]

Un aspetto interessante, di difficile soluzione, è quello riferito alla pubblicazione di dati sperimentali prodotti dai lavori clinici pubblicati nelle riviste; esso è legato a due problemi ampiamente noti della metodologia statistica:[38]

  1. il problema della classe di riferimento (popolazione scelta),
  2. la distinzione tra significatività statistica e clinica.

Un caso particolare di tentativo di gestione delle informazioni scientifiche ha visto la multinazionale Pfizer opporsi alla rivista New England Journal of Medicine.

Ruolo delle grandi Case farmaceutiche

Template:Link img Da rilevare come alcuni di queste condizione sopraindicate, si siano negli anni via via medicalizzate sempre di più grazie all'offerta di nuovi trattamenti farmacologici, chirurgici (chirurgia estetica e nuove tecniche di chirurgia mininvasiva) e altro.

In questo un ruolo decisivo hanno avuto le grandi multinazionali farmaceutiche talvolta chiamate: Big Pharma, infatti,

«L'aumento di contatti segnalato tra i medici e l'industria farmaceutica, anche se non esistono dati in letteratura per quanto riguarda i potenziali conflitti di interessi finanziari per gli autori di linee guida di pratica clinica (CPG). Queste interazioni possono essere particolarmente rilevanti poiché (le Linee Guida) CPGs sono progettate per influenzare la pratica di un gran numero di medici.
...
L'80% degli autori aveva una qualche forma di interazione con l'industria farmaceutica.»

Tipicamente le grandi multinazionali farmaceutiche agiscono negli approcci di marketing secondo alcune strategie che sono il cuore dei fenomeni desease mongering. Secondo Ray Moynihan, spesso, si cerca di rendere malattie minori o semplici disturbi come malattie importanti:[17]

  1. La calvizie, che è un fenomeno fisiologico, o al più un disturbo comune, è trattato come problema medico.
  2. La sindrome dell'intestino irritabile che è un sintomatologia solitamente lieve, è trattata come malattia grave.
  3. La fobia sociale che è un problema personale o sociale è trattato come situazione medica.
  4. L'osteoporosi che è solo un segno clinico concettualizzata come un rischio di malattia.
  5. Stime di prevalenza di una malattia esasperate per massimizzarne le dimensioni come problema di salute: ne è un esempio la disfunzione erettile.

Va detto anche che le grandi multinazionali farmaceutiche con strumenti sofisticati riescono ad "eludere" le norme fatte nell'interesse dei pazienti e il pubblico in generale e che limitano il suo potere, attraverso quello che Edgar A. della Università di Cardiff definisce: la «terza dimensione» della potenza di Big Pharma. Questo potere che si applica in primis nascondendo il conflitto di interessi tra ricercatori, sanitari e pazienti. Poi con l'assunzione di impegni solo formali con le agenzie deputate al controllo e alla formazione dell'opinione pubblica. Infine, l'esclusione selettiva di organizzazioni o di strutture non in linea con le grandi multinazionali farmaceutiche facendo venir meno loro i fondi spesso necessari per le attività di queste organizzazioni. Infatti elemento molto forte di controllo è «la soppressione o la distorsione del dibattito sull'allocazione delle risorse».[40]

A sostegno delle posizioni dell'industria farmaceutica sostiene Alan Goldhammer, Vice Presidente Associato di PhRMA, un'organizzazione a sostegno del commercio e dell'industria, che una ricerca clinica non ha fondamento morale se il trattamento sperimentale non è rivolto ad uno stato di malattia; ed aggiunge testualmente:

«Il nostro lavoro è la ricerca di cure, non creare malattia. Tocca alla comunità medica sviluppare nuovi strumenti diagnostici e modi per valutare la risposta del paziente.»

Jerry Avorn, un professore di medicina presso la Harvard University pur critico con l'industria farmaceutica scrive che: bisogna fare attenzione a stigmatizzare sic et simpliciter la ricerca farmaceutica, i progressi sono innegabili e sono sotto gli occhi di tutti; ma nello stesso modo bisogna evitare di essere nichilisti e vedere le malattie come una invenzione a tutti i costi, «la verità sta da qualche parte nel mezzo».[14]

Deterrenza delle sanzioni

Un aspetto delicato, e tale da far comprendere il perdurare di certi atteggiamenti della grande industria farmaceutica, è data dallo scarsa deterrenza fin qui ottenuta con le sanzioni commisurate alla aziende stesse.

In particolare la Pfizer, la più grande multinazionale del farmaco al mondo, dal 1999 al 2006 è stata oggetto di 6 i casi giudiziari nei quali si è dovuta difendere da diverse tipi di accuse.[41] Questi casi hanno comportato per la Pfizer un risarcimento in indennizzi pari ad un totale di 2.890.100.000 di $, di cui 715,4 milioni riguardano contratti del Governo Federale USA.[42]

Va detto però che Pfizer, a proposito delle multe pagate per gli usi off-label dei suoi farmaci, ha comunque ottenuto un vantaggio economico avendo venduto molte più confezioni dei suoi farmaci nelle indicazioni non approvate rispetto a quelle approvate, con un ampio margine di profitto rispetto alle multe pagate.[43] Infatti, con il Neurontin, negli usi off-label, ha realizzato circa 2 miliardi di $.[44]; così come raccontato nel suo libro: Global Pharma (ediz. Rizzoli 2007) da Peter Rost, ex manager di Pfizer.

In un articolo, del 2010 della giornalista scientifica Melanie Newman, riportato dal BMJ,[45] si legge che: «il 2 settembre 2009 la Pfizer ha subito la più grande multa mai comminata dal Dipartimento della Giustizia USA[46] ad una azienda farmaceutica; multa pari a 2,3 miliardi di $ per i farmaci: valdecoxib, ziprasidone, linezolid, e pregabalin che sono stati suggeriti per usi non approvati (off-label); con anche la grave accusa di concussione ai medici, al fine di aumentare maggiormente le vendite di questi farmaci. Questa pratica è assolutamente illegale e fraudolenta, anche perché il governo USA è costretto a pagare per farmaci inutili ed spesso inefficaci nelle indicazioni off-label. » Il giorno dopo, il New York Times[47] ha sottolineato che $ 2,3 miliardi corrispondono per Pfizer a meno di tre settimane di vendite.

Inaspettatamente viene data la seguente risposta alla domanda: "perché le multe non sono un deterrente sufficiente"?

«Il problema sta nel fatto che le multe vengono gestite da Pfizer come un ulteriore costo di business. Inoltre, questo costo è riassorbito nel tempo con progressivi aumenti negli anni del prezzo dei farmaci; finendo quindi per far pagare ai consumatori il prezzo delle multe subite.»

Inoltre, la Pfizer ha fatturato circa 180 miliardi con i farmaci oggetto delle indagini federali, l'autrice dell'articolo fa notare che: "Hanno pagato 2,3 miliardi di $, per ottenere 180 miliardi; questo è certamente un buon business plan".

Per evitare ulteriori sanzioni amministrative la Pfizer ha fatto ammettere ad una sua consociata (Pharmacia) la responsabilità della promozione in off-label del (Valdecoxib) Bestra,[48] lasciando il marchio madre "pulito", e libero di continuare a lavorare con il governo senza alcun impedimento.[49] In conclusione, la Pfizer non è punibile per questi comportamenti essendo un'azienda molto grande ed essendo molte le persone che usano utilmente i suoi farmaci. infatti, la possibilità di tagliare posti di lavoro dei dipendenti e togliere farmaci, comunque utili alla popolazione, non è una opzione percorribile per nessun politico.

Una possibile soluzione, però, sembra essere quella di costringere, in caso di abusi, a cedere a società terze indipendenti le aziende coinvolte e/o far cessare la validità del brevetto in modo che il farmaco entri immediatamente in concorrenza con il generico, opzione questa molto temuta dalle aziende.

Alla luce di ciò si comprende il contesto finanziario e il razionale delle azioni commesse da Pfizer nel tempo; e si capisce anche da cosa nasca la spasmodica ricerca di Pfizer di dimensioni aziendali sempre più macroscopiche e dominanti il mercato, con operazioni di merger (fusioni/acquisizioni), ben al di là del ritorno economico ottenuto.[50]

Strategia quantitativa: Diminuzione delle soglie di malattia

Terapia ormonale sostitutiva

Sintomi della menopausa

La terapia ormonale sostitutiva (HRT), senza che questa abbia garantito un miglioramento nella mortalità o morbilità ma provocato la morte inutile di migliaia di donne, è un possibile esempio di rischio significativo collegato al trattamento di malattie inesistenti con farmaci voluttuari è costosi per i solo fini della produzione farmaceutica.[51]

Barbara Mintzes dell'University of British Columbia di Vancouver chiarisce bene in un articolo, del aprile 2006 pubblicato su PLoS Medicine, i termini del problema della terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa.[18]

«La promozione della terapia ormonale sostitutiva (HRT) per la prevenzione delle malattie è un esempio chiave di disease mongering legata alla vendita di farmaci.»

Ormai le donne hanno realizzato il concetto che la menopausa è legata ad un aumento del rischio per la salute, per un aumento dell'1% del rischio assoluto per gravi danni a cinque anni (prevalentemente danni cardiologici).[52]

Rischio evitabile ricorrendo a farmaci ormonali sostitutivi; a partire del 2005 si è iniziato a sostenere ciò. in termini di vantaggi sulle prestazioni in menopausa quali: capacità motorie, memoria, e una riduzione del pensiero flessibile e adattabile. Nel 2006 si inizia a parlare di vampate di calore, alterazioni dell'umore e della memoria, l'aspetto (rughe), disturbi del sonno, il controllo della vescica e cambiamenti sessuali che sono elencati come i sintomi gravi della menopausa. Dimenticando di citare i rischi di ictus, attacchi di cuore, embolia polmonare o i sintomi di probabile demenza associata alla terapia ormonale sostitutiva, che sono i disturbi più gravi insiti in una terapia ormonale di tipo sostitutivo. Inoltre, il rischio di cancro al seno è descritto come entità non superiore ai rischi dello stile di vita associato.

La terapia HRT è raccomandata a fronte di sintomi da moderati a gravi a breve termine (5 anni) come sicura ed efficace. Ciò a fronte di un miglioramento mai provato tra menopausa e rughe, che invece sono legate all'invecchiamento. A fronte tutto ciò di un rischio di gravi patologie iatrogene quali il cancro, la demenza e il rischio cardiovascolare?[18]

Osteoporosi

Curve di densità ossea nell'uomo e nella donna

L'osteoporosi è una patologia complessa che inizia con l'avanzare degli anni. Esso può rappresentare un esempio di disease mongering per il fatto che come fattore di rischio di patologie può esso stesso diventare malattia. Per meglio comprendere, l'osteporosi è un sintomo causa di patologie come le fratture spontanee; ma essa può essere concettualizzata come malattia, dal momento che una riduzione della perdita ossea si può tradurre in una diminuzione del rischio di patologie secondarie. Il conseguente trattamento farmacologico con farmaci può rallentare la perdita ossea ma questo rallentamento nelle persone più sane offre pochi vantaggi in termini di riduzione del rischio in valore assoluto. Inoltre la medicalizzazione con farmaci secondo alcuni può distrarre il paziente dal mettere in pratica le misure di prevenzione primaria come l'integrazione alimentare con il Calcio, la vitamina D, la cessazione dal fumo, la riduzione del peso corporeo e l'esercizio fisico, tutti fattori questi di protezione.[53]

Il criterio guida per definire un'osteoporosi è la Densità minerale ossea o BDM. Essa si calcola misurando la materia minerale presente per centimetro quadrato di osso per mezzo di un esame diagnostico che è la mineralometria ossea computerizzata o MOC.

In letteratura, si è visto che esso non è un predittivo sufficientemente accurato del rischio di un individuo di avere fratture; da essere utilizzato come guida per la terapia.[54] I sintomi dell'osteoporosi come malattia sono difficili da rilevare e criteri diagnostici assolutamente affidabili non ancora sono stati formulati.[51]

Le aziende farmaceutiche, con abilità e con costose campagne e iniziative promozionali, hanno instillato nella popolazione femminile la paura della malattia, invitando le persone a fare la MOC, esame indolore e per niente invasivo, con questo messaggio: «è questa malattia un ladro silenzioso, se non siete vigili, può insidiarsi e strappare la qualità della vita e la vostra salute a lungo termine.»[53]

Il razionale in chiave di disease mongering è dato dal fatto che è sufficiente per una donna essere in menopausa per giustificare l'esame perché indicherà certamente una differenza tra le donne in menopausa sane con le donne più giovani prese a confronto. Un valore più basso fisiologico della densitometria ossea indicherà un rischio che potrà giustificare il ricorso al farmaco.

La costruzione dei criteri diagnostici dell'OMS ampiamente utilizzato è tale che un gran numero di donne sane in menopausa saranno automaticamente diagnosticate come avere questa "malattia", perché le loro ossa sono state confrontate con quelle di donne molto più giovani.[A scongiurare tale rischio è compito degli osteopati interpretare i dati]

Va ricordato però, che in un contesto di controversia sulla definizione di malattia, ha scarso valore predittivo di misurazione della densità ossea, e le terapie fortemente pubblicizzate e costose offrono benefici marginali alle donne in menopausa, il marketing delle aziende ha sostenuto attività promozionali enormi, «attività che stanno tentando di convincere milioni di donne sane in tutto il mondo che sono malate.»[53]

Lo sviluppo di tale pseudo-malattia medicalizzando fenomeni fisiologici ai fini di una maggiore vendita di farmaci costosi senza miglioramento tangibile di mortalità e morbilità è il fine del disease mongering.[51]

«... grosse somme di denaro sono state spese per la sensibilizzazione, la diagnosi e il trattamento dell'osteoporosi, ma il suo legame con frattura dell'anca non è forte e le terapie farmacologiche utilizzate possono essere di scarso beneficio o causare un danno effettivo.»

Pablo Alonso-Coello e colleghi del Centro Iberoamericano Cochrane, Universidad Autónoma de Barcellona, sostengono in un articolo del 2008 pubblicato da British Medical Journal che le aziende farmaceutiche hanno esagerato i benefici dei farmaci e nascosto i rischi utilizzando valori modestamente abbassati della densità minerale ossea nelle donne in menopausa. In dettaglio le aziende farmaceutiche interessate a farmaci antiosteoporotici hanno:[55]

  • Ampliato una condizione medica già controversa in ambito clinico.
  • Re-analisi statistica dove la scienza è asservita al marketing.
  • Esagerato sui benefici dei farmaci.
  • Minimizzato gli effetti Collaterali dei farmaci.

Nascondendo, per altro, i potenziali conflitti di interesse nella letteratura presentata a sostegno dell'ipotesi di una medicalizzazione farmacologica tout court dell'osteoporosi.

Ipercolesterolemia

Nel 2004 un comitato di esperti negli USA hanno ridefinito, abbassandolo, il valore sierico del colesterolo che necessita di trattamento medico; ciò ha comportato un aumento della popolazione dei soggetti che hanno "valori elevati di colesterolo" nel sangue. questo è accaduto perché, come riporta Lenzer J., «otto dei nove estensori delle linee guida aveva un conflitto di interessi non dichiarato con i produttori di farmaci ipocolesterolemizzanti (statine).»[56] Nel 2011 vi è stata la richiesta di revisione di questa linea guida da parte di associazioni di consumatori statunitensi,[29] chiedendo la nomina di un gruppo di ricercatori indipendenti per rivedere le stesse Linee Guida.[56]

John Abramson, della Harvard Medical School di Boston in Massachusetts, sostiene che «un gruppo che potrebbe beneficiare del trattamento, sono gli uomini di età inferiore ai 65 anni con fattori di rischio multipli, Ma occorrerebbe trattare 238 uomini per un anno consecutivamente per prevenire un attacco di cuore, e per prevenire una morte il trattamento andrebbe esteso a 526 pazienti per un anno.»[56]

Talvolta la multinazionale del farmaco mette in bilancio la possibile sanzione per usi fraudolenti di un suo farmaco sapendo che questi utili generano profitti superiori alla sanzione stessa. In ambito ipercolesterolemia questo è stato fatto alla Pfizer con il Lipitor (atorvastatina).

Lo stesso argomento in dettaglio: Pfizer § Lipitor falsi Claims promozionali.

Strategia temporale: diagnosi precoce

Diabete

In data 26 agosto 2015 un lancio giornalistico sottolinea la possibilità di prevedere con grande anticipo l'insorgenza del diabete in soggetti predisposti.[57]

«... appare chiaro quale sia l'importanza di diagnosticare prontamente questa condizione, per poterla affrontare e trattare immediatamente, modificando lo stile di vita, correggendo i fattori di rischio e assumendo una terapia farmacologica adeguata, dove necessario. E tutto questo, idealmente, anche prima che la malattia si sia manifestata.»

Gli inviti a partecipare allo screening per il diabete sono solitamente sintetici e focalizzano solamente i benefici ma poco i potenziali danni del mancato riconoscimento della patologia. Se da un lato una informazione più accurata scoraggerebbe le persone meno istruite, al contrario darebbe maggiori stimoli a quelle più motivate a cambiare il comportamento per ridurre i rischi.[58]

Sindrome metabolica

La sindrome metabolica come è stato l'Ipercolesterolemia sembra essere, secondo Wolinsky H., una nuova malattia creata per procurare profitti all'industria farmaceutica piuttosto che curare i problemi reali dei pazienti. I farmaci per ridurre il colesterolo: Statine sono diventati nel 2004 i farmaci più usati negli USA; potrebbe la sindrome metabolica diventare un business più grande.[14][59]

Molti sostengono che non necessariamente un grave problema di salute pubblica è data da una nuova malattia, quanto un modo per le aziende farmaceutiche di aumentare i ricavi.[14]

Sindrome dell'intestino irritabile

Tumore del pancreas

Domenighetti G.et al., scrivono nel 2000 che il tentativo di far passare come protettivo, in termini di prevenzione del tumore del pancreas, l'uso del marker tumorale Ca.19.9 è destinato al fallimento nel momento che vengono esplicitati alcuni dati fondamentali. In particolare le percentuali di sensibilità del test con oltre il 70% di falsi positivi, l'incidenza del tumore sulla popolazione pari a 11 casi su 100 000 persone/anno e la sopravvivenza che a 5 anni rimane del 3 %. Quando noti questi dati, si osserva uno scarso interesse per il test da parte dei potenziali consumatori/pazienti (interesse pari al 13,5%), che inizialmente erano, invece, attratti dall'idea di prevenire una forma di tumore molto temibile (interesse pari al 60%).[60]

In altri termini la modalità di descrizione del rischio atteso per un evento influenza i tassi di consenso, ovvero la volontà del paziente di accettare un intervento consigliato.[61] Certamente è più facile per i non addetti ai lavori comprendere un potenziale beneficio di un trattamento in termini di NNT (numero necessario da trattare) piuttosto che in termini di rinvio di un evento; influenzando molto la volontà del paziente di accettare un intervento consigliato.[61] L'NNT (Number needed to treat) è calcolato come il reciproco della riduzione del rischio assoluto, è un parametro che fornisce informazioni quantitative sull'efficacia di interventi terapeutici.

Strategia qualitativa: nuova malattia

Calvizie

Scala di hamilton per la calvizie

La terapia della calvizie ha inizio in modo serendipico con la scoperta che il minoxidil, un antipertensivo, era in grado di far crescere i peli nel corpo dei pazienti ipertesi trattati. Da qui il passo per una sperimentazione per il trattamento della calvizie è stato breve, la Upjohn detentrice del brevetto del minoxidil sviluppò questo farmaco in una indicazione medica molto legata allo stile di vita e all'immagine di sé. Una semplice ricerca su Pubmed indica un'esplosione della produzione scientifica riferita all'uso del minoxidil nella calvizie a partire degli anni 80, in concomitanza delle scoperte riguardanti il potenziale terapeutico di questo principio attivo nella alopecia androgenetica.[62]

Il progressivo scemare della produzione scientifica sul minoxidil a partire dal 1987 si può spiegare, a conferma di quanto prima detto, con la perdita di interesse da parte della stessa Upjohn per la scadenza internazionale del brevetto del minoxidil (brevetto N° US 3,461,461);[63] e con la successiva debrandizzazione del farmaco, causa di un calo importante dei profitti per la multinazionale americana e quindi il conseguente abbandono dell'interesse della stessa per la ricerca sulla calvizie. Ciò per indicare come la ricerca scientifica è quantitativamente ampia in funzione dei possibili profitti che da essa possono nascere.

Successivamente con l'utilizzo della finasteride nella calvizie si è assistito ad un aumento sui media (N.d.t. in Australia) del messaggio:[17]

«L'azienda sostiene che gli uomini hanno il legittimo diritto di essere messo al corrente delle opzioni scientificamente dimostrate capaci di fermare la perdita di capelli...»

Ciò con l'evidente e palese intento di sollevare l'interesse dei calvi verso le possibili opzioni terapeutiche, pur senza agire direttamente con la pubblicità su di essi, ma sfruttando il canale medico come fattore sensibilizzante i possibili consumatori.[65]

Disordine ipoattivo del desiderio sessuale e FSD

Probabili contraffazioni in vendita in strada a Bangkok in Thailandia

Un altro caso di mercificazione della malattia è legato all'uso del Flibanserin nel Disordine ipoattivo del desiderio sessuale (HDSS) delle donne in pre-/menopausa[66], circostanza che ha messo in evidenza come le lobby del farmaco possono in qualche modo influenzare anche la potente FDA[67][68][69][70][71].

«La creazione e la promozione di "disfunzione sessuale femminile" FSD (Female sexual Disease) è un caso da manuale di mercificazione della malattia da parte dell'industria farmaceutica e da altri agenti di medicalizzazione, come i giornalisti della salute e della scienza, gli operatori sanitari, agenzie di relazioni pubbliche e imprese di pubblicità, organizzazioni di ricerca a contratto, e gli altri soggetti dell'industria della medicalizzazione

La medicalizzazione della sessualità ha inizio a partire dagli anni 1970, quando si cominciò per la prima volta a veder l'apprendimento e l'educazione come chiavi per la soddisfazione sessuale. Dal 1980 la natura delle ricerche sul sesso e le sue competenze hanno cominciato a spostarsi verso una nuova "medicina sessuale" grazie al crescente interesse della classe medica e grazie anche alle nuove tecnologie diagnostiche in ambito urologico e soprattutto all'interesse dell'industria farmaceutica.[22]

La storia di questo disturbo ha un inizio nel maggio 1997 quando a Cape Cod in una conferenza, sponsorizzata da aziende farmaceutiche, dal tema: "Funzione sessuale: valutazione negli studi clinici", ha inizio il percorso storico del disturbo, così come oggi esso è inteso.[72]

La Pfizer, è stata il principale promotore della FSD (Female sexual disorder) 1997-2004, quando era in corso il suo tentativo di avere approvato il Viagra per il trattamento del disturbo sessuale femminile dell'eccitazione; tentativo poi fallito per gli scarsi risultati nei trial clinici con il sildenafil nell'indicazione.[22]

Il direttore del Kinsey Institute, ha scritto sul BMJ:

«"La storia recente dello studio di disfunzione sessuale femminile è un classico esempio di partenza da un qualche preconcetto, e non basata sull'evidenza; la categorizzazione diagnostica delle disfunzioni sessuali delle donne, sulla base del modello maschile, richiede quindi ulteriori ricerche per basarsi su tale ipotesi.»

Un altro momento segno distintivo della storia FSD, è lo sviluppo di un cerotto a base di testosterone per il trattamento del desiderio sessuale ipoattivo, cerotto mai approvato dalla FDA per questa indicazione per mancanza di dati sulla sicurezza a lungo termine. Nel 2004 il disturbo dell'eccitazione sessuale femminile diventa desiderio sessuale ipoattivo rendendo così l'uso del testosterone legato alla patologia. Jan Shifren stima che un quinto di tutte le prescrizioni di prodotti a base di testosterone nell'uso approvato per gli uomini sono effettivamente scritti (off-label) per le donne.[73]

Disfunzione erettile

Sileno e il caprone - kyathos attico a figure nere

Nell'indagine del BMJ del 2002, la disfunzione erettile e eiaculazione precoce sono individuabili al XVII posto, alla più generica circostanza: ansia per le dimensioni del pene e/o invidia del pene. Sia il sildenafil e i suoi derivati (inibitori delle fosfodieterasi) nella disfunzione erettile, che nel caso della eiaculazione precoce la Dapoxetina, sono esempi di riuscite campagne di marketing riconducibili nel disease mongering; in un contesto medico che riguarda la sfera sessuale.

In tutti questi casi si tratta di molecole che rispondono ad ampi bisogni di "salute" da parte della popolazione maschile. Ritenere, però, che il sildenafil (Viagra) e i suoi simili, siano usati solamente secondo i precisi e rigidi criteri medici di trattamento della disfunzione erettile, contrasta con una ormai rilevante letteratura scientifica sull'uso ricreazionale degli inibitori della fosfodiesterasi-5.[74][75][76]

La creazione dell'entità "disfunzione erettile", come un disturbo medico grave, diffuso, e curabile si è sviluppato con l'introduzione del Viagra. Infatti, esso è stato lanciato nel 1998 con una campagna di pubbliche relazioni a livello mondiale senza precedenti, come Joel Lexchin descrive in un numero di PLoS Medicine.[22][77]

Le ricerche mediche sul testosterone nel trattamento della disfunzione erettile e sull'invecchiamento sono un altro possibile caso di disease mongering.[78]

Negli USA, in Canada e in Nuova Zelanda dopo il 2010 si è avuto un aumento esplosivo delle vendite di testosterone nell'invecchiamento e nei problemi correlati. I farmaci a base di testosterone sono stati studiati e approvati nelle forme di ipogonadismo con bassi livelli di testosterone endogeno. Suggerendo, però, che bassi livelli di testosterone sono correlati con l'invecchiamento e con la bassa libido maschile si è fatta una "indebita" pressione sulla popolazione circa la possibilità di "risolvere" un problema tipico dell'età. Inoltre, è stato tentato agendo sulle categorie di medici specialisti di spostare il valore patologico del livello serico del testosterone circolante.[79]

Eiaculazione precoce

La dapoxetina, invece, è il risultato di un processo registrativo di un farmaco che come altri della stessa classe farmacologica (antidepressivi) ha attività sulla capacità di controllare la eiaculazione precoce, infatti è molto ampia la letteratura scientifica che riguarda l'uso degli antidepressivi farmaci in questa problematica maschile.[80][81][82][83][84]

Inibitori della COX-2

Nel settembre 2009,[85] La Pfizer paga 2,3 miliardi di $ chiudendo così le pendenze civili e penali dovute alla commercializzazione illegale di quattro farmaci tra cui un inibitore elle COX-2 il Valdecoxib poi ritirato dal commercio. Accusa riguardava l'intenzione di frodare o indurre in errore la classe medica e i consumatori attraverso la promozione di questi farmaci in usi non approvati.[86] Il cosiddetto Pfizer Settlement[87] è un crimine federale secondo l'FBI alla pari di altri crimini commessi dai White Collar Crime (Crimini dei colletti bianchi). La multa pagata da Pfizer è la più alta mai fatta pagare dal Dipartimento della Giustizia USA.[88] Inoltre, 1,3 miliardi di $ sono stati pagati dalla controllata di Pfizer: Pharmacia and Upjohn Company, Inc., colpevole della violazione dei regolamenti della FDA nella promozione del Valdecoxib.[89] La Pfizer ha, però, negato tutte le accuse civili, con l'eccezione del riconoscimento di alcune azioni improprie legate alla promozione del Linezolid.[90]

Dolore neuropatico

Lo stesso argomento in dettaglio: Pfizer § Marketing illegale del Neurontin.

Il Neurontin Gabapentin è un antiepilettico che è stato usato nel dolore neuropatico in modo illegale perché questa è un'indicazione off-label[L'uso off-label non è illegale]. Esso è un esempio classico di disease mongering.

Fobia sociale

Un episodio di disease mongering riferito alla fobia sociale riguarda la Roche nel 1997 nella promozione del suo antidepressivo Aurorix (moclobemide). Sovrastimando l'incidenza della forma psicologica e rendendola malattia con il consenso di autorevoli clinici e medici di medicina generale specie in Australia, il Marketing della Roche è riuscito a far diventare la fobia sociale (timidezza eccessiva) come una entità clinica distinta rendendo ineluttabile il trattamento con il proprio farmaco. Secondo Moynihan R.« ... la medicalizzazione del disagio umano sembra non avere limiti».[17]

Sindrome da deficit di attenzione e iperattività

Lo stesso argomento in dettaglio: Controversie sull'ADHD.

Pandemia influenzale

Vance M.A. della Butler University, College of Pharmacy and Health Sciences di Indianapolis, sostiene che spese enormi nella preparazione di vaccini antinfluenzali hanno prodotto pochi benefici dimostrabili e qualche danno, indipendentemente dalle risorse sprecate; ciò grazie a meccanismi di disease mongering, insieme ad una diffusa paura dell'influenza, ci si dovrebbe opporre con vigore a ciò.[91]

In Australia è stata condotta un'indagine su come i media hanno diffuso notizie circa la epidemia influenzale del 2009, gli autori della ricerca hanno concluso che: «raramente sono stati contestualizzati i quotidiani conteggi dei tassi di infezione e i commenti sulle variazioni del livello di allerta pandemica ciò per meglio aiutare le persone a capire meglio per la propria persona il rischio».[92]

In generale è accettata l'idea che contro l'epidemia influenzale sono richieste la partecipazione non solo dei sistemi sanitari nazionali ma anche di tutta la società.[93]

Ruolo di lobby mediche

Disegno azteco di una nascita

In un'accezione ampia di Disease-mongering va anche inquadrato il ruolo di lobby di interessi di tipo sanitario e non solo farmaceutico. Intendendo per lobby di interesse medico il ruolo di sanitari e non, che influenzano o impongono consapevolmente oppure no, una medicalizzazione, nel senso più ampio della parola, scegliendola loro tra le possibili opzioni nei confronti di una non-malattia. Ciò accade soprattutto quando il confine tra la non-malattia ed un potenziale stato di patologia nella stessa è molto labile. Un esempio eclatante è dato dall'evento naturale del parto della donna.[94][95][96]

Infatti, il ruolo che nelle società occidentali ha raggiunto la medicalizzazione del parto,[97][98] e maggiormente in Italia, è un dato ampiamente noto.[99][100] Questa circostanza risponde ad una logica di medicina difensiva ma anche ad una logica di risposta dei sistemi di organizzazione sanitaria (ospedali e/o cliniche), verso l'utenza femminile e ciò anche, in Italia, con ampie differenze regionali. Questo fatto è ancor più vero se ci si riferisce al discrepante dato esistente in letteratura scientifica sulle percentuali di parto spontaneo e di parto cesareo rispetto alle gravidanze a rischio.[99][101]

I medici, in particolare gli urologi hanno trovato nella medicina sessuale, rispetto alle classiche patologie del distretto genito-urinario, un'importante opportunità di carriera, dal momento che l'avvento della litotripsia e dei farmaci efficaci per la malattia prostatica benigna ha ridotto il loro spazio chirurgico.[22]

Un elemento che complica la lettura dei dati scientifici sulle cause di morte in soggetti con tumore è dato dal fatto che spesso la causa merterm è imputata al tumore sulla base di un pregiudizio clinico.[102]

Prevenzione del tumore alla prostata

Va ricordato che la prostatectomia radicale, intervento elettivo nella terapia dei tumori della prostata, è associata ad un significativa diminuzione della qualità della vita di un maschio per l'insorgenza di una disfunzione erettile ed una diminuzione della continenza urinaria.[103]

Una ricerca di tipo metanalitico della Cochrane del 2013, condotta da Ilic D., Neuberger M.M., Djulbegovic M. e Dahm P. del dipartimento di Epidemiologia e Medicina Preventiva, della Monash University di Melbourne in Australia, sostiene che:[104]

«Lo screening del cancro della prostata non è diminuito in modo significativo la mortalità specifica per cancro della prostata in una meta-analisi combinata di cinque RCT (Random Clinical Trials).
Solo uno studio (ERSPC) ha riportato una significativa riduzione del 21% della mortalità specifica per cancro della prostata in un sottogruppo pre-specificato di uomini di età compresa tra i 55 ei 69 anni.
...
...
Sovradiagnosi e overtreatment sono comuni e sono associate a danni correlati al trattamento.
Gli uomini devono essere informati di questo e degli effetti negativi dimostrati quando sono di decidere o meno di intraprendere lo screening per il cancro alla prostata.
Qualsiasi riduzione della mortalità specifica per il tumore alla prostata può richiedere fino a 10 anni per svilupparsi; pertanto, gli uomini che hanno una aspettativa di vita inferiore a 10 ai 15 anni devono essere informati che lo screening per il cancro alla prostata è improbabile che siano di beneficio.»

Prevenzione del tumore alla mammella

Esempio di mammografia positiva per tumore

Uno studio di tipo metanalisi della Cochrane pubblicato nel 2006 sostiene l'inutilità dello screening di massa del tumore alla mammella nella donna, non avendo esso dimostrato un'utilità sulla sopravvivenza su una popolazione di mezzo milione di donne popolazione.[105]

Una successiva metanalisi della Cochrane pubblicato nel 2011 ad opera di Gøtzsche PC e Nielsen M. responsabili del Nordic Cochrane Centre, Rigshospitalet, di Copenaghen afferma quanto segue:[106]

  • «Una stima ragionevole è che con lo screening si ottiene una riduzione del 15% corrispondente ad una riduzione del rischio assoluto di 0,05%.»
  • « Lo screening ha portato al 30% di sovradiagnosi e conseguenti sovratrattamenti, con un aumento del rischio assoluto di questi del 0,5%. »
  • «Ogni 2000 donne invitate allo screening durante i 10 anni, ... a 10 donne sane, cui non sarebbe stato diagnosticato il tumore se non ci fosse stato lo screening, saranno state trattate inutilmente.»
  • «Inoltre, più di 200 donne sperimenteranno importante disagio psicologico per molti mesi a causa di risultati falsamente positivi. »
  • «Non è quindi chiaro se lo screening fa più bene che male. »
  • «Per garantire che le donne siano pienamente informati sia benefici che rischi prima di decidere o meno di frequentare lo screening, abbiamo scritto un volantino evidence-based per i laici che è disponibile in diverse lingue su www.cochrane.dk.»

L'indagine ha considerato un panel di circa 600 000 donne in un arco temporale di 13 anni.

Successivamente Gøtzsche PC e Jørgensen KJ. del Nordic Cochrane Centre, Rigshospitalet, di Copenaghen scrivono:[107] come lo screening del tumore al seno, con una riduzione della mortalità del 15% ma con una sovra diagnosi e sovratrattamento del 30%, si traduce nel fatto che nell'arco di 10 anni avremo ridotto la possibilità di un tumore al seno a 10 donne.; ma più di 200 donne avranno uno stress psicologico ed un ansia importante con uno stato di incertezza protratto per anni a causa di un risultato dello screening falsamente positivo.

Inoltre:

«Recenti studi osservazionali mostrano nelle prove più sovradiagnosi e molto poca o nessuna riduzione dell'incidenza dei tumori avanzati con lo screening.»

Autori di Linee Guida sul tumore alla mammella sono, secondo Hietanen P., in conflitto di interesse con l'industria farmaceutica.[29][108]

Prevenzione del cancro del colon


Soluzioni possibili

Le soluzioni possibili necessariamente devono agire sia al livello dei consumatori, ovvero i potenziali pazienti; sia sul sistema sanitario che eroga servizi e prestazioni. Mentre sui sistemi erogatori di servizi e prestazioni qualcosa si è fatto per ridurre le distorsioni del mercato poco o nulla si è fatto per sensibilizzare i cittadini alla "prevenzione" di questi fenomeni di cui si diventa possibili vittime.[109]

Una attuazione compiuta della Carta di Ottawa per la promozione della salute sicuramente è un obbiettivo ancora da raggiungere pienamente.[110]

Obbligo di dichiarazione del conflitto di interesse degli estensori di Linee guida, con la creazione di un comitato indipendente di valutazione di preesistenti o presenti conflitti di interessi.[29][30][56]

Obbligo di presentare, per la registrazione del farmaco, Random Clinical Trials di confronto e di non inferiorità, non solo con il placebo ma con un farmaco attivo di confronto standard.[111]

Rigido controllo sull'uso off-label dei farmaci in commercio.[112][113][114][115]

Sanzioni severe alle aziende che contravvengono le norme; con una possibile e reale decadenza del brevetto anticipata o cessione del marchio ad aziende terze.[45]

Norme antitrust, specie ora che sta per essere approvato il TTIP.[50]

Norme sull'attività di lobbing severe e con controlli realistici.[116][117][118][119][120]

Note

  1. ^ PLOS Collections : Article collections published by the Public Library of Science - Disease mongering Collection, su ploscollections.org.
  2. ^ Luciano Rubini, Malattie, farmaci e profitti, su unipd.it, Università di Padova, 26 luglio 2013.
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  6. ^ Ben Goldacre, Effetti collaterali, Mondadori, 16 aprile 2013, p. 253, ISBN 88-520-3788-8.
  7. ^ Domenico Battaglia, Medicina Consapevole: Con un poco di zucchero la pillola andrà giù?, Draco Edizioni, 19 giugno 2013, p. 45, ISBN 978-88-6353-038-4.
  8. ^ Francesco Nicosia, Il nuovo ospedale è snello. Far funzionare gli ospedali con il Lean Healthcare: consigli pratici e sostenibilità: Far funzionare gli ospedali con il Lean Healthcare: consigli pratici e sostenibilità, FrancoAngeli, 29 settembre 2010T00:00:00+02:00, p. 17, ISBN 978-88-568-2919-8.
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Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni