Utente:Archeologo/Storia dell'antica Grecia/Grecia antica

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Il Partenone di Atene è considerato il simbolo della civiltà greca classica e dell'Atene di Pericle del V secolo a.C., ancora oggi ripreso come emblema delle istituzioni greche contemporanee.

La storia dell'antica Grecia riguarda gli eventi che caratterizzarono la civiltà sviluppatasi nella Grecia continentale e lungo le coste del Mar Mediterraneo.

Gli storici non sono concordi sull'inizio della storia greca, anche se la tradizione antica fa coincidere questa data con i giochi della prima Olimpiade nel 776 a.C.. In seguito allo sviluppo della civiltà minoica e poi micenea durante l'età del Bronzo, gli storici ritengono che intorno al VIII secolo a.C. si formino i caratteri fondamentali della civiltà greca antica. Al contrario, la conclusione di questa epoca è riconducibile alla fine dell'indipendenza, quando la Repubblica romana vince la battaglia di Corinto nel 146 a.C. e trasforma la Grecia in provincia romana.

La prima colonizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Colonizzazione greca.
Mappa della colonizzazione greca nel Mediterraneo, che interessa prima l'Asia Minore e poi successivamente anche la Magna Grecia.

I primi insediamenti della colonizzazione greca interessano la costa occidentale dell'Anatolia, nota in seguito come Asia Minore, a cui seguono in pochi decenni circa 150 poleis in tutto il bacino del Mar Egeo, definite da Platone "come rane intorno allo stagno". La colonizzazione greca consentì alle nuove poleis di rendersi indipendenti (apoikiai), mantenendo con la città di origine solamente un legame religioso-cultuale; difatti le attività di colonizzazione erano perlopiù iniziative private, contrariamente a quanto avvenuto durante il colonialismo moderno. I racconti di fondazione riportano i ricordi della madrepatria con rielaborazioni tardive poco affidabili, spesso costruendo una mitologia del padre fondatore, come avverrà anche successivamente con la figura di Enea per Roma. Le cause della mobilità arcaica, di cui è impossibile conoscere le spedizioni fallite, sono dovute alle molte poleis che non riuscivano ad assicurare condizioni di vita accettabili, ad esempio per la mancanza di una terra propria da coltivare, a causa della parcellizzazione ereditaria, o per chi era sconfitto dalle lotte interne aristocratiche). La distinzione tra fondazioni commerciali e agricole, preferita dagli storici del passato, è ormai da ritenersi superata, poiché i dati archeologici dimostrano che ben poche fondazioni erano dedicate solamente al commercio.

Il modello ideale di una spedizione coloniale vedeva la guida di ecista, un aristocratico che non poteva più vivere in patria, che poi diveniva fondatore ufficiale e oggetto di culto post-mortem della nuova città; l'ecista guidava un gruppo di circa 200 uomini verso nuove terre, dopo aver consultato l'oracolo di Delfi. Il sito di destinazione era scelto per l'attracco facile, la buona difesa e per la presenza di acqua dolce; seguiva la fondazione ufficiale, con un tributo agli dei e la divisione della terra tra gli uomini che avevano partecipato alla spedizione. In realtà non si trattava di terre disabitate come narrato nella storiografica classica greca, ma vi furono violenze e sopraffazioni sugli indigeni.

Località principali[modifica | modifica wikitesto]

La coppa di Nestore è uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica e il primo in lingua greca antica. Il reperto venne ritrovato dall'archeologo Giorgio Buchner necropoli di San Montano a Lacco Ameno, sull'isola d'Ischia. L'iscrizione cita l'XI libro dell'Iliade di Omero.

Pithecusa, sull'isola di Ischia, è la prima fondazione greca in Occidente, che non fu creata da una divisione con la città di Cuma, come vuole l'ipotesi storica delle fonti classiche, ma era un sito più piccolo e una spiccata vocazione commerciale. Taranto nasce invece in una zona fertile e abitata da indigeni guerrieri, gli Iapigi: è l'unica fondazione spartana creata durante la prima guerra messenica per allontanare i Partheni. Sibari e Crotone vennero fondate dai coloni di Acaia, in una zona molto fertile e ricca, ed entrambe ebbero forti rivalità con Locri nella metà del VI secolo a.C. e tra loro nel 510 a.C.. Secondo la tradizione, Siracusa è stata fondata da coloni corinzi nel 733 a.C., prima ad Ortigia dal bacchiade Archia; ebbe sempre rapporti violenti con le popolazioni sicule indigene. Megara Iblea secondo il mito nacque dalle terre donate ai coloni dal re Iblone, raro caso di collaborazione con gli indigeni, ed è tra i casi di scavo archeologico più ricco e completo in materia. Massalia è la principale fondazione dei Focei in Occidente, risalente al 600 a.C. con buoni rapporti coi i locali. Cirene, in Libia, è la polis principale in Africa: nata da una fondazione statale dell'isola di Tera a metà VII secolo a.C., è nota da un racconto di Erodoto ed un'epigrafe del IV secolo a.C.. Naucrati, in Egitto, è il luogo dove vengono convogliate le attività greche sul Nilo ed ebbe un rapporto privilegiato con la XXVI dinastia egizia; fondata nel 525 a.C., fu la principale rappresentanza di Mileto. Nonostante la lontana e l'autonomia raggiunta da molte di queste città, l'evoluzione della poleis è un processo continuo fra Grecia continentale e greci d'oltremare.

VII secolo: la polis aristocratica[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Polis.
L'armatura dell'oplita (panoplia) era costituita da un elmo, da una corazza in lana o in bronzo, da una corta spada in ferro, da una lancia ed infine da uno scudo bronzeo rotondo (hoplon). Questo tipo di scudo costituì un'innovazione decisiva nella protezione contro il nemico.

La storia della polis è una progressiva conquista di spazio nelle istituzioni pubbliche; nella democrazia oplitica, in cui chi combatteva per la propria città poteva essere considerato cittadino, il potere era esteso a tutti i proprietari di terre. Nell'Iliade di Omero, infatti, erano gli eroi guerrieri ad avere maggiore importanza, ma la tecnica bellica omerica è analizzabile con difficoltà dagli storici. Dopo circa un secolo - tra la metà e la fine del VII secolo a.C. - gli eroi sono praticamente scomparsi dalle fonti storiche ed ogni fante è coperto da un'armatura di bronzo, che provoca una grande forza d'urto grazie alla coesione dei guerrieri: è la tecnica dell'oplita e della falange oplitica (da hoplon, scudo o armatura). Come risulta dai dati archeologici, nella prima metà del VII secolo aumentano le dediche di scudi nei santuari, mentre le raffigurazioni vascolari rappresentano la falange e non più il singolo eroe. Avviene lo stesso anche in letteratura, dove l'opera poetica dello spartano Tirteo incita i concittadini a combattere nella seconda guerra messenica, con espressioni riferibili alla falange oplitica. È dunque il momento dell'identificazione del cittadino con il soldato, poiché anche chi ha un medio terreno può armarsi.

Tra la fine dell'VIII e l'inizio del VII secolo scoppia una guerra tra Calcide ed Eretria, in Eubea, per il dominio della pianura di Lelanto: la guerra lelantina forse fu vinta da Calcide ed è forse la prima utilizzazione del nuovo sistema oplitico. L'amministrazione della giustizia avviene tramite consuetudini non scritte; la scrittura non nasce per esigenza di tutela dei deboli, ma i primi codici compaiono nelle comunità miste dove era necessario trovare una base giuridica condivisa. I primi autori noti, pur con una documentazione lacunosa, sono Zaleuco di Locri, intorno al 660 a.C., e Caronda di Catania, tra la fine del VII e inizio del VI secolo. Nella seconda metà del VII secolo - nel 624 a.C. secondo la tradizione - viene redatto il codice dell'ateniese Dracone, trascritto su pietra alla fine del V secolo a.C.. In comune tra questi codici vi è la paura del mutamento e si prevede che la legge abbia durata illimitata. Dal 650 a.C. in poi, in molte poleis il potere è tenuto da un singolo tiranno: per tradizione solo Sparta ed Egina evitarono la tirannide, considerato in epoca classica come la peggiore esperienza politica. Il tiranno è sempre un aristocratico emarginato, benché demagogo ha un comportamento tipico aristocratico; talvolta si instaura un breve regime ereditario, legato alla riforma oplitica e spesso è tipizzato dalle fonti. La tirannide è il momento di crisi dell'aristocrazia.

Le principali tirannidi[modifica | modifica wikitesto]

La città di Corinto è strategica per il controllo dell'istmo che collega la penisola del Peloponneso al resto della Grecia continentale. Il Tempio di Apollo risale alla del VI secolo a.C. e rappresenta perfettamente il suo legame con le altre città doriche della regione.

A Corinto sono al potere i Bacchiadi nella metà dell'VIII secolo a.C.: la leggenda vuole che da una bacchiade zoppa e uno straniero tessalo nasca Cipselo (poi inserito tra i Sette Sapienti), come predetto dall'oracolo di Delfi; Cipselo prende il potere a Corinto - nel 657 a.C. secondo la tradizione classica - esilia i Bacchiadi e trasmette il potere al figlio Periandro, poi al nipote Psammetico che viene rovesciato dopo tre anni. La storia ha una struttura favolistica ma i personaggi sono realmente esistiti; le fonti hanno impostato il racconto come la tipica ascesa di un outsider, forse di origine militare, dato che Cipselo era polemarco. Sicione, vicino Corinto, era dominata dagli Ortagoridi (650-550 a.C.), la cui figura principale è Clistene, cui seguono il regime di Eschine e dal 550 un'oligarchia moderata. Mitilene, sull'isola di Lesbo, appartiene al clan dei Pentilidi, le cui lotte politiche sono descritte da Alceo; tra questi emerge Pittaco (anche lui tra i Sette Sapienti), forse eletto come esimneta, un tiranno elettivo ma limitato nel tempo. A Samo vi è invece il tiranno Policrate (540-520 a.C. circa), che con un colpo di mano prende il potere con i due fratelli, che poi farà uccidere; uomo di larghe vedute, porta prosperità alla città fino a quando non viene ucciso dal satrapo persiano Dario I, affida l'isola al fratello.

Sparta[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sparta.
Il territorio della città di Sparta e i suoi domini in età classica, con la Messenia ad ovest e il resto della penisola del Peloponneso.
L'educazione spartana rappresenta un riferimento imprescindibile per la cultura classica, rappresentando l'ideale di forza guerriera narrato dalle fonti storiografiche. Il pittore Edgar Degas ne rimane affascinato al punto da iniziare a dipingere nel 1860 l'opera Giovani spartani che si esercitano, oggi esposta alla National Gallery di Londra.

Sparta è la città dalla fama eterna, considerato il tentativo più duraturo e consapevole di subordinare l'individuo alle necessità dello Stato. La città nasce dall'unione di alcuni villaggi della pianura del fiume Eurota in Laconia, la regione più meridionale del Peloponneso. La città non ha una vocazione marinara e i suoi primi combattimenti sono le guerre contro la vicina Messenia: la prima guerra messenica (730-710 a.C.) porta all'assoggettamento della regione e alla schiavitù degli altri greci, terminata con l'espulsione di alcuni spartani (che in seguito emigrano per fondare Taranto), e la seconda guerra messenica (seconda metà VII secolo a.C.), dovuta alla rivolta dei messeni schiavizzati, poco documentata dai frammenti di Tirteo ma è considerata il momento dell'introduzione dell'oplitismo in battaglia. La rivolta messenica è messa in relazione con la sconfitta spartana contro Argo nel 668 a.C. a Isie, che avrebbe galvanizzato i messeni. La principale conseguenza dell'occupazione della Messenia fu che non rese indispensabile l'esperienza coloniale per gli spartani, poiché la regione fornì alla polis la necessaria base agricola, una grande quantità di schiavi e una militarizzazione costante che portò al saldamento dei legami tra famiglie. La continua espansione spartana portò ad una politica di alleanze, tramite la lega del Peloponneso, molto potente nella seconda metà del VI secolo a.C..

L'organizzazione politica e sociale nacque per tradizione in un giorno da Licurgo, ma in realtà si tratta di una lenta evoluzione sociale tra VIII e VI secolo a.C. La Grande Rhetra è la legge fondamentale della città, scritta in un linguaggio oscuro, attribuita appunto a Licurgo che la riceve dall'oracolo di Delfi, ma i filologi datano il testo alla fine dell'VIII secolo a.C., successiva alla prima guerra messenica. Due re sono al vertice delle istituzioni, appartenenti alle famiglie degli Agiadi e degli Euripontidi, discendenti di Eracle, come è tradizione in tutte le città doriche; la diarchia però è un caso molto raro nella Grecia antica. La gherusia è composta da 28 membri ultrasessantenni e dai re, ha il potere legislativo e giudiziario; l'eforato è la magistratura più importante, pur non comparendo nella Grande Rhetra, si compone di 5 efori eletti ogni anno e con ampi poteri, di cui si conosce una elenco iniziato nel 754 a.C., ma è probabile che l'incarico sia successivo. L'apella è l'assemblea del popolo, composta dai cittadini pieni, che ha potere consultivo e elegge le cariche principali. La società spartana è composta da tre categorie di persone: gli spartiati (gli "uguali"), con pieni diritti civili e la proprietà del kleros, il terreno; i perieci, che vivono in proprie comunità e lavoravano la terra ma senza avere alcun diritto; gli iloti, semi-schiavi di Stato impegnati anche loro nell'agricoltura. È probabile che vi siano anche livelli intermedi, con alcune famiglie forse più potenti tra gli spartiati. Il sistema educativo costituisce un esperimento particolare di formazione: dopo la selezione alla nascita, i bambini sono educati dallo Stato dagli 8 ai 18 anni, fino alla messa in prova con alcune prove d'iniziazione, come i krypteia; il percorso di formazione si conclude a 30 anni, con la pienezza dei diritti politici. I sissizi sono pasti comunitari tra i cittadini, ritenuto dagli spartani un vero e proprio momento fondamentale dell'educazione ai giovani. Il ruolo della famiglia è limitato, tuttavia vi è maggiore libertà per le donne, dato che possono avere figli anche fuori dal matrimonio e costituiscono un proprio soggetto giuridico. L'esercito è il fine stesso della società spartana, composto da professionisti che combattono contro dilettanti: pur essendo il principale vantaggio comparato della città rispetto agli altri greci, ne costituisce anche il problema principale, a causa della continua riduzione degli spartiati nel corso degli anni.

Atene[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Atene.
Dopo i lunghi anni di tirannide, i politici ateniesi elaborano un sistema politico per estromettere gli individui che mettono in pericolo la libertà dei cittadini: l'ostracismo prevede una riunione pubblica e un voto segreto, svolto scrivendo il nome dell'individuo da allontanare su un frammento di ceramica (ostrakon).

Atene è, insieme a Sparta, la principale città della Grecia antica, che possiede il monopolio delle fonti in età classica. Dalle indagini archeologiche è noto che ha un centro molto evoluto durante l'età micenea e il Medioevo ellenico, come dimostrato dalla qualità insuperata della ceramica geometrica ateniese. Nell'VIII secolo a.C. l'intera regione dell'Attica subisce un aumento demografico, seguito da un lungo periodo di stagnazione. La tradizione letteraria riporta un primo periodo di monarchia, a cui seguono alcuni arconti eletti a vita, poi solo per dieci e infine ogni anno; l'unico dato certo è il dominio esclusivo di alcune famiglie, gli Eupatridi, letteralmente "coloro che sono ben nati". L'areopago è il centro del potere cittadino, che prende il nome dalla collina di Ares dove si riunisce, e raccoglie gli arconti non più in carica. Il momento fondamentale della storia ateniese è l'unificazione politica dell'Attica, attribuita all'eroe Teseo, contraltare ionico al dorico Eracle, re di età micenea: in realtà l'unificazione risale a un'epoca più tarda, circa all'VIII secolo a.C.. Nel VII secolo a.C. si assiste a un momento di crisi, con una situazione politica instabile: nel 636 a.C. gli Alcmeonidi sventano un tentativo di tirannide di Cilone, aristocratico genero del tiranno Teagene di Megara. Segue nel 624 la promulgazione delle leggi di Dracone, forse collegate alla congiure di Cilone per pacificare le fazioni cittadine.

Solone viene eletto arconte nel 594 a.C. con ampi poteri: è un poeta stimato ed è scelto per risolvere la crisi politica in corso. Alcuni punti chiave del suo pensiero sono l'impossibilità di affrontare i problemi politici con spiegazioni religiose, l'importanza dell'impegno di tutti per il buon andamento della comunità, la preferenza di sacrifici individuali a vantaggio della collettività, la necessità di una progressiva erosione dello spazio privato a favore di quello pubblico. Alcune delle leggi raccolte da Solone sono più tarde, forse rielaborate nel IV secolo; l'arconte stabilisce anche l'estinzione dei debiti tra cittadini (seisachteia), che però provoca il malcontento degli Eupatridi che temono di perdere i propri guadagni, e dei più poveri, scontenti perché preferiscono leggi ancora più radicali. Tuttavia Solone non vuole iniziare una rivoluzione, poiché ritiene anzi che i privilegi aristocratici siano utili se inseriti in un regime di maggiore equità e giustizia sociale. Probabilmente le leggi sono spurie perché prevedono pene pecuniarie, nonostante la moneta sia ancora in uso, e per l'introduzione dell'eliea e del consiglio di 400 membri, in realtà posteriore. Celebre è la riforma delle classi censitarie, basate sul rendimento della terra in medimni (uguale a 52,5 litri): pentacosiomedimni per 500 unità, cavalieri per 300, zeugiti per 200, teti sotto i 200. In realtà era una ripartizione già esistente, a cui si aggiunge una prima classe per le magistrature più importanti e il passaggio ad un regime censitario e non per nascita.

La regione dell'Attica è divisa da Clistene in trenta trittie e 150 demi, nel tentativo di amalgamare gli abitanti della costa con quelli della campagna e della città.

La riforma ebbe poco successo e dopo l'arcontato di Solone si ritornò all'anarchia, e ne approfitta Pisistrato, aristocratico di Brauron. Distintosi nella guerra contro Megara per ottenere Salamina e Nisea, dopo provvedimenti demagogici diviene tiranno nel 560 a.C.; viene cacciato, ma torna tramite matrimonio con una degli Alcmeonidi, è costretto ancora alla fuga ma ritorna e prende Atene nel 546 grazie alle grandi disponibilità per un esercito privato con le miniere di argento in Tracia e le amicizie aristocratiche. Al potere fino alla morte nel 528, in realtà fu un periodo di grande fioritura con grande sviluppo edilizio, artistico e culturale, e molti aiuti alla campagna, tramite concessioni e giudici itineranti. Il potere era molto saldo, tanto che fu seguito dal figlio maggiore Ippia che nel 514 a.C. viene ucciso e gli succede il minore Ipparco, più sospettoso, che nel 510 viene assalito ed esiliato su iniziativa di Cleomene di Sparta.

Dopo il periodo di tirannide, gli spartani tentano di instaurare un governo aristocratico guidato da Isagora, ma l'alcmeonide Clistene lo costringe all'esilio. A lui si deve l'importante riforma istituzionale approvata nel 508, l'inizio del regime democratico di Atene. L'elemento principale è la tribù, in numero di dieci e con nomi eroici suggeriti dall'oracolo di Delfi, determinanti per i membri di ogni collegio. Il territorio dell'Attica era diviso in tre zone (costa, interno, città) e ogni parte era suddivisa in dieci trittie, trenta in totale; la tribù si formava con tre trittie da zone differenti. Ulteriore suddivisione erano i demi, poco meno di 150, ogni cittadino era iscritto ad un registro totale, per cui dal nome patronimico si aggiungeva il demotico. Tutti indistintamente potevano partecipare all'ecclesia, l'assemblea che si riuniva sulla collina della Pnice. Il consiglio dei cinquecento (boulé) raccoglieva cinquanta volontari per tribù estratti a sorte, per l'ordinaria amministrazione e l'ordine del giorno dell'ecclesia; a turno una tribù garantiva la presenza, durava una pritania (36 giorni) e sorteggiava un presidente. Esecutori delle decisioni erano i magistrati, con moltissimi compiti differenti: le cariche erano attribuite per sorteggio, erano collegiali e duravano un anno. L'ostracismo fu un'istituzione particolare ma comune, introdotta tradizionalmente da Clistene ma il cui primo utilizzo è del 487 a.C.; l'assemblea annualmente decideva se esiliare un cittadino, anche senza aver commesso un reato; in genere era contro chi aspirava alla tirannide e il suo ultimo utilizzo risale al 417. Non si trattava di una vera e propria democrazia, dato che restava il potere in mano alle famiglie aristocratiche, e il collegio degli arconti e l'areopago erano limitati alle prime classi.

La Rivolta Ionica e le Guerre Persiane (499-479)[modifica | modifica wikitesto]

Le guerre persiane furono relativamente influenti per l’Oriente, ma resta un evento comunque importantissimo, poiché fu una vittoria decisiva per trasmettere alle poleis fiducia in sé. Nel VI secolo muta la geografia politica, con i grandi regni orientali unificati nell’impero persiano: Ciro il Grande degli Achemenidi conquista Media, Lidia e poi Babilonia (538), poi Cambise conquista l’Egitto (525) e tutto fu sistemato da Dario I. I Persiani sono una popolazione indoeuropea originaria dell’altopiano iranico, dominato a lungo dai Medi, con la particolare concezione religiosa del Mazdeismo, ossia il culto del dio Ahura-Mazda, con sacerdoti magi, e Zarathustra (Zoroastro) come codificatore e fondatore; è una religiosa fortemente morale, che non fu mai motore delle conquiste militari. Vi era un’organizzazione efficientissima dello Stato, in una ventina di satrapie autonomie, l’aramaico come lingue comune, le misure unificate e strade numerose. I primi contatti dei Greci con i Persiani furono nel 546, quando Ciro il Grande sconfisse Creso e la Lidia; in Asia Minore esisteva una sorta di cultura comune. Inizialmente non ci fu nessuna vessazione dei Persiani, che si appoggiavano alle aristocrazie locali, ma con la riorganizzazione di Dario alla fine del VI sec. le tassazioni sono più dure e puntuali e vengono meno le libertà individuali. Nel 499 matura la rivolta ionica, per Erodoto frutto dell’ambizione di Aristagora di Mileto. Fallisce la spedizione a Nasso con il satrapo di Sardi e per evitare ritorsioni opta per la rivolta; contatta prima Sparta e poi Atene, e quest’ultima invia navi in nome dei supposti legami di sangue ionici. Inizialmente si ha qualche successo dei rivoltosi, che incendiano anche Sardi, ex capitale della Lidia, ma dopo una prima sottovalutazione i Persiani reagiscono. Nel 498 ateniesi ed eretriesi tornano in patria, per le rivalità e le incomprensioni che dividono i rivoltosi. A Lade, presso l’isola di Samo, nell’estate del 494 è l’ultima battaglia navale con i greci sbaragliati e Mileto rasa al suolo. Nel 490 i Persiani puniscono le due città per l’interferenza e la flotta persiana assedia e devasta Eretria, per poi sbarcare a Maratona guidati dal vecchio Ippia. Si opta per affrontare apertamente il nemico e si forma un esercito da Atene e Platea, in Beozia; intanto Sparta ritarda perché impegnata nelle celebrazioni religiose. Entrambi gli eserciti attendono prima di attaccare e il comando greco viene affidato a dieci strateghi a rotazione; viene poi affidato a Milziade dei Filaidi (11), che era già stato a contatto con i Persiani per i possedimenti nel Cheroneso Tracico. Milziade decide un attacco immediato e nel settembre del 490 gli opliti ateniesi vincono. La vendetta tarda per problemi dinastici dopo Dario, ma insediatosi Serse e domata la rivolta in Egitto (486), ritorna. Il periodo di intervallo è utile ai Greci per rafforzarsi: Temistocle convince gli Ateniesi a finanziare una flotta (12) grazie ai nuovi filoni argentiferi nel Lauro, ufficialmente per la guerra contro Egina. Nella primavera del 481 i Persiani marciano da Sardi verso la Grecia, da nord: l’esercito è più grande e con lo scopo di sottomissione, comandato da Serse e da suo genero Mardonio. Molte città settentrionali medizzarono, tra cui Tebe, ossia riconobbero la superiorità persiana senza combattere; anche i sacerdoti delfici consigliavano di non combattere. Presso l’istmo di Corinto si forma un’alleanza antipersiana, e per la prima volta viene riconosciuto un senso comune greco; partecipano anche Sparta e Atene, e i lacedemoni ottengono il comando per la superiorità riconosciuta. Dopo alcune discussioni si opta per una strategia di compromesso, con la linea difensiva alla Termopili e a Capo Artemisio. La battaglia navale dell’Artemisio rallenta l’avanzata (480), ma c’è anche la disfatta alle Termopili per tradimento (13), dopo la fuga dei contingenti e combattono solo Leonida e 300 spartiati. Dopo lo sfondamento gli Ateniesi abbandonano la città e si rifugiano sull’isola di Salamina e a Trezene, nel Peloponneso; viene incendiata l’Acropoli per vendicare Sardi. Nello scontro navale nel golfo Saronico, la battaglia di Salamina, Temistocle guida le navi ateniesi e vince, per lo spazio stretto di mare ignoto agli stranieri; intanto l’esercito di Mardonio devasta l’Attica (14). Nel 479 migliaia di spartiati guidati da Pausania giungono a nord e si uniscono agli ateniesi sotto Aristide; a Platea, in Beozia, si scontrano nel settembre 479, con una lunga fase preliminare ma uno scontro breve per la grande superiorità della fanteria pesante greca. In estate c’è la vittore greca a Capo Micale, con le navi persiane inseguite dalla flotta guidata da Leotichida, re spartano. Non è la fine formale ma il pericolo è superato.

La società greca in età arcaica[modifica | modifica wikitesto]

L’attività più diffusa era l’agricoltura, soprattutto di vite e olivo, anche alberi da frutto. Comune era anche l’allevamento, originariamente in età omerica più diffuso e comune, con differenze da regione a regione. Vi era un’ideologia per cui il lavoro nei campi rendeva l’uomo kalos kagathos, poiché l’unico che segue il ritmo naturale e non è illecito, ed è l’origine dell’identità del proprietario terriero con il cittadino. La minoranza costituiva l’artigianato, che non era una forza economicamente rilevante; era una pregiudiziale negativa a livello ideologico, non seguendo il ritmo naturale delle stagioni. Un discorso complesso ma fondamentale per il commercio, di cui Corinto era il centro principale, sostituito da Atene nel VI secolo; era svolto da navi piccole, poco sicure e manovrabili. La navigazione era attiva da marzo a ottobre, con una velocità di 4-5 nodi in mare aperto, dunque molto lente, anche per la presenza endemica di attività piratesche. Il modello arcaico era privo di barriere rigide: non vi erano mercanti legati a sole polis o soli prodotti; tuttavia polis guadagnavano da commerci, tramite tasse portuali di solito al 2%; non esisteva alcuna classe mercantile in politica. L’invenzione della moneta si ha nell’ultimo quarto del VII secolo, nelle città greche dell’Asia Minore in contatto con il regno di Lidia; l’uso è comune nella seconda metà del VI secolo, ma le emissioni in metallo già ci sono dal II millennio in Oriente. Per lungo tempo fu solo come valore di prestigio, ma forme di economia monetaria greca si formano dal V secolo. Gli aristocratici in epoca omerica erano legati alla guerra, con oplitismo permane solo il valore simbolico; non lavorano e si arricchiscono tramite terreni; in società hanno alcuni ambiente esclusivi, come il simposio, che ha origine nei pasti comuni tra guerrieri e nel VII secolo su influenza orientale si trasforma, con postura sdraiata e il pasto serale diventa occasione d’incontro. Gli elementi tradizionali sono l’esclusione delle donne, le pratiche omosessuali e la dimensione culturale, formandosi così le principali forme poetiche. L’uomo greco è agonale – secondo la definizione di Jacob Burckhardt – avendo predilezione per la competizione; in origine avvenivano in occasione di onoranze funebri, poi codificate in feste religiose. Le feste principali, che costituiscono le prime manifestazioni di coscienza come unico popolo: giochi olimpici, nel santuario di Zeus a Olimpia dal 776 ogni 4 anni; giochi istmici, nel santuario di Poseidone a Corinto dal 582 ogni 2 anni; giochi pitici, nel santuario di Apollo a Delfi dal 582 ogni 4 anni; giochi nemei, nel santuario di Zeus a Nemea dal 573 ogni 2 anni. Il rapporto con la religione era fondamentale, ed ogni atto pubblico era scandito da cerimonie religiose; gli dei facevano parte della vita quotidiana, un aspetto fondamentale della loro identità. Ci sono profonde differenze con le religioni monoteistiche: nessuna rivelazione di verità, salvezza o testo sacro ma i sacerdoti sono semplici funzionari di Stato. La religione greca è una religione pratica, che si manifesta essenzialmente in atti di culto (sacrifici), ed è diffusissima anche la divinazione, unica con indovini come interpreti specializzati. Il mito è una produzione incredibilmente vasta, tradizionalmente orale e di cui la conoscenza oggi è parziale. Grande sviluppo artistico in età arcaica, per i continui scambi con l’Oriente – il periodo orientalizzante nel VII secolo – di cui Mileto era la città principale, non ancora Atene; la Ionia microasiatica aveva splendore culturale.

La Pentecontaetia (478-431)[modifica | modifica wikitesto]

La Pentecontaetia sono i 50 anni tra le grandi guerre classiche, in cui Atene costruisce il proprio impero e la leadership culturale. L’anno dopo la vittoria di Micale il comando della lega antipersiana passa ad Atene; le motivazioni spartane sono il terrore per il mondo esterno ritenuto corruttore, il timore d’impegnare le proprie forze militari, i buoni rapporti con Atene. Atene mirava all’espansionismo, con forte fiducia in sé stesa dopo le vittorie. Nell’estate del 477 il passaggio di comando, con nuove regole per la lega di Delo (o delio-attica), che custodiva il proprio tesoro sull’isola di Delo, sacra ad Apollo; ispiratore dell’alleanza fu Aristide. Atene decideva anche la quantità del tributo annuo e non era possibile lasciare l’alleanza, come tentarono Nasso nel 471 e Taso nel 465-463. Nel 454 il tesoro viene trasportato ad Atene, con altri provvedimenti che limitarono le libertà delle poleis (regimi democratici, dracma attica, giustizia). Nel 469, anche se la data è controversa, alle foci del fiume Eurimedonte in Asia Minore vi fu la definitiva sconfitta persiana, dove vincitore fu Cimone, figlio di Milziade, un aristocratico ricchissimo fedele al regime democratico, che aveva un atteggiamento paternalistico verso il popolo, ed aveva anche eccellenti rapporti personali con Sparta. Nel 464 gli iloti approfittarono di un terremoto per ribellarsi, e dopo dieci anni viene chiesto il suo aiuto ma fallisce e viene congedato. Ne approfitta il nemico Efialte, poco conosciuto dalle fonti: fece togliere all’assemblea molti poteri dell’Areopago, compreso l’ostracismo per Cimone nel 461 (14) e nasce così la democrazia radicale, senza limiti al potere del popolo. Un’iscrizione del 459 riporta il nome dei caduti dalla tribù eretteide, essendovi sei teatri di guerra: tre in Grecia (Argolide, Megara, Egina) e tre all’estero (Cipro, Egitto, Fenicia); era un espansionismo di estrema aggressività, sfociato in un’incessante attività militare. Atene e la lega di Delo compiono una spedizione in Egitto, nel 460-454 per sostenere il re libico Inaro contro i Persiani, ma è una completa disfatta che non intacca la leadership. Ad Egina ci conclude la lotta tradizionale in Attica, nel 457 a favore ateniese; le guerre in Argolide e a Megara (460-446) evidenziano il cambio di politica estera contro Sparta e i suoi alleati, chiamata impropriamente prima guerra del Peloponneso. Sono soprattutto tentativi d’espansione nella Grecia centrale; dopo anni di sconfitte vince lo stratega Mirone a Enofita (457), ma la sconfitta a Coronea nel 447 contro i Tebani fa rinunciare alle mire in Beozia. L’età periclea inizia negli anni quaranta del V secolo: si ha la fondamentale legge sulla cittadinanza, un ambizioso progetto edilizio con la ricostruzione dell’Acropoli, e la non belligeranza con la Persia (per accordo con pace di Callia nel 449, evento ignoto a Tucidice forse perché il Gran Re non poteva ufficializzarlo). Nel 446, dopo la sconfitta nella Grecia centrale, Eubea si ribella (15) ed interviene l’esercito spartano guidato da Pleistonatte. Pericle probabilmente lo corruppe per rientrare in patria, e con Eubea sistemata venne firmata una pace trentennale con Sparta. Gli unici avversari di Pericle erano Tucidide di Melesia, non lo storico, ostracizzato nel 445, e l’isola di Samo che assediò nel 440-439.

La democrazia di Atene[modifica | modifica wikitesto]

Dal 461 s’instaura il regime democratico, dove non conterà più la sfera privata ma la vita politica e giudiziaria. Vengono mantenuti gli organi principali clistenici, ma non più sotto il contro dell’Areopago. Quasi tutte le magistrature sono attribuite per sorteggio, ad esclusione del collegio dei dieci strateghi e delle magistrature finanziarie, elette dall’assemblea. Il sorteggio è il criterio più democratico possibile, poiché ogni cittadino poteva raggiungere qualsiasi carica; in seguito anche per l’arcontato, dal IV secolo; vi era sempre prima una lista di volontari a partecipare, anche se dal IV secolo inizia la professionalizzazione. Un’innovazione rivoluzionaria è la retribuzione delle cariche pubbliche, compensazione del tempo sottratto al lavoro, prima per i giudici popolari, poi i magistrati e i partecipanti all’assemblea dopo la fine della guerra del Peloponneso. Così veniva meno l’ideologia aristocratica, per cui si dedicava alla politica chi viveva di rendita. Pericle regolarizza lo status di cittadino, nel 451 limitato a chi fosse di padre e madre ateniese, regola molto restrittiva ma efficace, motivata dalle retribuzioni pubbliche e dai proventi imperiali. Vi è un rapporto di causa-effetto tra la democrazia radicale e l’imperialismo aggressivo, dcidide. ato che la potenza era basata sull’efficienza della flotta e la retribuzione delle cariche era un progetto molto costoso: i rematori, ateniesi poveri, ottenevano maggiori guadagni ed erano legittimati a partecipare alla politica. I tribunali erano molto importanti, i primi ad essere retribuiti, poiché ogni delibera dell’assemblea era impugnabile ma la sentenza era inappellabile. Pericle fu inviso alla storiografia greca, poiché interruppe la tradizione dominante dei “migliori”: la biografia è poco conosciuta, fu figlio di Santippo, comandante della flotta a Micale, e Agariste degli Alcmeonidi, e nipote di Clistene. Non ebbe mai alcun potere speciale, ma veniva rieletto ogni anno nel collegio degli strateghi. Nel IV secolo era considerato la causa della vittoria spartana, ammirato però dallo storico Tucidide. Dopo la disfatta in Sicilia c’è l’idea di tornare all’oligarchia e Antifonte guida una congiura all’inizio di giugno del 411, in parte legale perché l’assemblea intimorita approvò il cambio di regime: il governo passa ad un consiglio di 400 non sorteggiati, scelti per cooptazione tra gli oligarchi, e segue l’abolizione della retribuzione per gli impieghi pubblici. L’improvvisa rivolta in Eubea porta al passaggio ad una democrazia moderata guidata da Teramene e nell’estate del 410 si ritorna ad una democrazia piena, dopo i successi della flotta ateniese. Dopo la vittoria spartana Atene deve darsi un regime oligarchico, e ad inizio estate del 404 trenta cittadini oligarchici redigono una nuova costituzione. Per Crizia c’è bisogno di un’oligarchia più stretta, Teramene è favorevole ad una costituzione oplitica più ampia; Crizia ha la meglio e solo 3000 cittadini rimangono, in molti costretti a darsi la morte. Trasibulo rientra da Tebe dov’era fuggito ed ottiene successi militari, per cui lo spartano Lisandro non li appoggia più; Crizia muore e i Trenta decadono. Gli oligarchi si rifugiano ad Elusi e viene ripristinata la democrazia all’inizio del 403, con l’unica condizione spartana di concedere un’amnistia ai coinvolti.

La società greca nel V secolo[modifica | modifica wikitesto]

L’Attica era la regione più popolata della Grecia, ed Atene la città più grande del Mediterraneo. I meteci erano stranieri residenti, che pagavano annualmente il metoikon (tassa di 12 dracme), sempre accompagnati da un cittadino che li rappresentasse, ed avevano il divieto di acquistare terre ateniesi. Naturalmente era una società schiavistica, con esseri umani ritenuti inferiori per nature ma con profonde differenze in base alla mansione; in realtà erano molto parsimoniosi nel riscattare gli schiavi, definiti come “oggetti animati” da Aristotele. La società era molto maschilista, con autonomia e volontà femminili molto limitate: la vita era da consumare per la casa e l’educazione dei figli, sempre sotto la tutela ufficiale di un maschio; la donna adultera non era punibile, ma il marito poteva uccidere l’amante. La realtà economica era molto primitiva, con tendenza alla tesaurizzazione e pochi investimenti, in cui le attività economiche erano incastrate nel sistema sociale (K. Polanyi). L’economia pubblica era ad un livello elementare, con poche entrate (tasse portuali, multe, metoikion) e servizi minimi garantiti (forze armate, costruzione e manutenzione, piccola burocrazia). L’impero permise delle spese: misthos per mansioni pubbliche e ricostruzione dell’Acropoli. I cittadini più ricchi contribuivano con le liturgie, socialmente obbligatorie, e con libere contribuzioni per opere collettive. L’attività teatrale ad Atene era una manifestazione ufficiale, le cui feste principali erano le Grandi Dionisie a marzo e le Lenee a gennaio. Le rappresentazioni, uniche, venivano selezionate da una commissione, ed un’altra stabiliva il vincitore. Era una forma d’arte di ampia partecipazione popolare, importantissima per come la storia veniva rielaborata, trattandosi di storie già ben note al pubblico; si affrontavano i grandi temi comunitari, che nel 386 diventano classici poiché replicati. Nella seconda metà del V secolo nasce la sofistica, quando compaiono i maestri di sapienza dediti all’insegnamento: si fanno pagare e sono critici verso il sapere tradizionale. Fondamentale è l’insegnamento della dialettica e della retorica, importantissime nella vita della polis; criticati per l’ampia accessibilità a queste pratiche, inoltre l’eristica portava alla degenerazione morale (Socrate veniva ridicolizzato nelle Nuvole di Aristofane). La grande importanza della sofistica è dovuta all’interruzione del predominio culturale aristocratico, all’affermazione del sapere nel valore dell’uomo, ed in alcuni fondamentali studi pioneristici. Nel 399 Socrate viene condannato a morte, accusato di corrompere i giovani – in realtà per un reato d’opinione – la giuria era composta da semplici cittadini e veniva visto come pericolo eversivo; inoltre fu considerato il capro espiatorio della sconfitta, essendo stato maestro di Alcibiade e Crizia; era lecito che lo Stato intervenisse nel privato dei cittadini. GUERRA DEL PELOPONNESO (431-404) La guerra del Peloponneso è durata 27 anni, ed è divisa in tre parti: guerra archidamica (431-421), fase intermedia (421-413) e guerra deceleica o ionica (413-404). Tucidide identifica come causa più vera l’aumento della potenza ateniese e la relativa preoccupazione spartana (15), differentemente dalle tre cause dichiarate: 1) Atene stringe un’alleanza difensiva con Corcira nell’inverno 434-433, quest’ultima già colonia oligarchica di Corinto con cui era già in guerra, e Corcira possedeva una flotta grandissima fondamentale per Atene; nell’estate del 433 alla battaglia navale delle isole Sibota vincono i Corinzi, ma senza mostrarsi superiori; 2) Potidea, colonia corinzia, deve allontanare i magistrati di Corinto appartenendo questa alla lega di Delo e s’inasprisce il tributo; si oppone all’abbattimento delle proprie mura e viene assediata nel 433-431; 3) nel 432 si vieta ai Megaresi di attraccare le navi nell’impero per motivazioni religiose, avendo coltivato le terre sacre ai confini con l’Attica (decreto poco considerato da Tucidide, forse per intepretazione anacronistica). Nell’inverno 432-431 si crea l’alleanza tra Sparta e Corinto ed iniziano le ostilità nella primavera del 431, con l’attacco tebano a Platea cui segue l’invasione spartana dell’Attica. Si trattò di una guerra totale, importante anche per lo scontro ideologico, con la contrapposizione tra democrazie ed oligarchia, e la diversa origine etnica dei combattenti (dorica e ionica). Aveva l’aspetto di una guerra di logoramento, con poche battaglie campali e moltissimi episodi minori. Gli ateniesi erano superiori sul mare ed economicamente, al contrario gli eserciti peloponnesiaci erano meglio addestrati. La strategia periclea era di non accettare mai lo scontro a terra (15), psicologicamente difficile da sostenere; il re spartano Archidamo, da cui nome della prima fase, saccheggia l’Attica e Pericle convince a non combattere e a rifugiarsi ad Atene, sopravvivendo tramite le lunghe mura e il controllo marittimo. Nel 430 un’epidemia di peste colpisce Atene, forse una forma virulenta di tifo, e muore anche Pericle l’anno successivo. La leadership ateniese viene affidata a Cleone, non aristocratico, che reprime duramente la ribellione a Mitilene nel 427. Nel 425 una spedizione ateniese verso la Sicilia sbarca a Sfacteria e il generale Demostene vi pone un avamposto: vengono catturati 300 spartani, di cui 120 spartiati (16); Sparta offre la pace, ma Cleone convince a rifiutarla. In Grecia centrale i tebani vincono al Delio, santuario di Apollo Delo a Tanagra, nel 424 ed intanto Brasida conquista la filoateniese Anfipoli. Segue una breve tregua nel 423, per la morte di Brasida e di Cleone sul campo. Nell’aprile 421 viene firmata la pace di Nicia, dal nome dell’aristocratico che la promosse: era una pace cinquantennale tra Atene e Sparta, ma che rese insoddisfatti gli alleati spartani (Corinto, Tebe, Megara). Le fazioni ad Atene erano divise, tra cui optava per un’egemonia bipolare Sparta-Atene come Nicia, e chi per un’egemonia globale sul mondo greco come Alcibiade. Alcibiade era un giovane stratega, che promosse un’alleanza con Argo, Mantinea ed Elide (Argo era nemica storica di Sparta nel Peloponneso): la coalizione viene disfatta a Mantinea nel 418 dagli spartani e l’insoddisfazione ateniese sfocia nell’ultimo ostracismo (417). Nicia ottiene nel 416 l’asservimento di Melo nelle Cicladi ed Alcibiade convice per una spedizione in Sicilia (16): la spedizione parte nell’estate del 415, poiché Segesta alleata chiede aiuto contro Selinunte; Alcibiade è al comando, insieme a Nicia – contrario alla spedizione – e Lamaco. Alla partenza vengono trovate mutilate le statue di Hermes e mentre è in Italia viene accusato Alcibiade, che fugge; la missione procede con Nicia, dato che Lamaco era morto nei primi mesi. Nicia assedia Siracusa, maggiore centro dell’isola, e dopo un inizio favorevole Sparta invia il generale Gilippo (414); sconfitti sulle navi, tentano la fuga a terra ma benché rinforzati vengono massacrati sul fiume Assinaro nell’estate 413, ponendo così fine alle ambizioni occidentali ateniesi. Negli anni finali della guerra Alcibiade fugge prima a Sparta e poi in Persia, dove consiglia l’invio di Gilippo a Siracusa. La creazione di un avamposto spartano a Decelea (da cui nome per ultima fase) fa riprendere formalmente la guerra. I Persiani intanto forniscono risorse agli Spartani: l’ingerenza persiana è basata sul mantenere lo status quo, favorendo la polis al momento più debole. Atene è quasi in decadenza ma ricostituisce la sua flotta: Alcibiade a Cizico nel 410 vince i peloponnesiaci; Atene rifiuta la proposta di pace spartana e nel 408 Alcibiade torna in patria e diventa stratega. Poco dopo (407) Atene è di nuovo sconfitta a Nozio dal primo successo di Lisandro e Alcibiade viene cacciato, poi ucciso a tradimento dai Persiani. Ateniesi vincono ancora alle isole Arginuse (406) ma l’estate successiva Lisandro distrugge la flotta a Egospotami: ormai nell’aprile 404 Lisandro entra nel Pireo e pone le proprie condizioni, più miti degli alleati: distruzione della flotta (meno di 12 navi), abbattimento delle mura, instaurazione di un regime oligarchico (17).

Le tirannidi in Occidente[modifica | modifica wikitesto]

I caratteri comuni delle poleis d’Occidente sono l’essere comunità di frontiera, con rapporti conflittuali con gli autoctoni, e la predilezione al dominio assoluto di un tiranno. Sibari è sulla costa ionica della Calabria, ricchissima e potente nel VI secolo; con il tiranno Telys le dichiarò guerra Crotone, poiché vi si erano rifiguati aristocratici sibariti, di cui fu protagonista anche Pitagora, rifugiatosi da Samo nel 530. Nel 510 vincono i crotoniati, dopo una breve guerra, e Sibari viene rasa al suolo, e Pitagora si sposta a Metaponto. Tra la fine del VI e l’inizio del V secolo Cuma si difende contro gli Etruschi: dopo i successi militari, Aristodemo instaura una tirannide e muore nel 492, dopo una dittatura antiaristocratica; si assiste ad un ritorno della minaccia etrusca, fino all’intervento di Ierone (474). Taranto era egemone nella Magna Grecia del IV secolo, ricevette una terribile sconfitta con gli Iapigi, popolazione locale, nel 470 (per Erodoto il più grande massacro greco). I sibariti dispersi tentarono più volte la ricostruzione, e dopo diversi scontri venne fondata Turi nel 444, con carattere panellenico, anche se prevalente ateniese. Le poleis di Sicilia erano dominate da oligarchie terriere, con situazioni politiche instabili che favorirono le tirannidi: Siculi nel siracusano, Sicani nell’agrigentino, Cartaginesi nella parte occidentale. Le prime tirannidi sono poco note: Falaride ad Agrigento (570-554 ca.), noto per aneddoti storicamente dubbi. A Gela nel 505 Cleandro instaura la tirannide, in seguito il potere passa al fratello Ippocrate (498-491), che conquista territori fino a Zancle/Messina, seguito poi da Anassila che occupa anche Reggio ed è il primo ad utilizzare soldati indigeni e mercenari, poi imitato. Alla sua morte nel 491 gli succede il comandante Gelone, che si allea con Terone di Agrigento, al potere dal 487. Nel 485 Gelone occupa Siracusa e, approfittando del regime moderato, ne fa la capitale lasciando Gela al fratello Ierone; aumenta la popolazione siracusana tramite trasferimenti di massa e concedendo la cittadinanza ai mercenari; vi è profonda differenza con la madrepatria greca, oltre al senso di precarietà in Sicilia. Terone s’impadronisce di Imera – precedentemente retta da Terillo, tiranno filocartaginese – e nell’estate del 480 si scontrano qui, nel giorno della battaglia di Salamina secondo le fonti antiche: si assiste al trionfo greco e alla morte di Amilcare. Nel 478 Gelone muore di malattia e Ierone lo sostituisce alla guida dello stato territoriale: rifonda Catania come Aitna nel 476 ed interviene a Cuma contro gli Etruschi (474) arrestando l’espansionismo fenicio a sud. Segue il fratello Trasibulo nel 467, che assediato ad Ortigia fugge poco dopo (466). Sono molte le differenze con le tirannidi continentali: contatto con vasto entroterra indigeno; struttura della cittadinanza più instabile; propaganda greca contro Cartagine; tirannidi crearono stati territoriali (laboratorio politico del mondo greco). Dopo Trasibulo si ripristinano i regimi costituzionali, con l’ultima tirannide ad Aitna con Dinomene, figlio di Ierone, conclusa nel 461. Ducezio, nobile siculo, dà vita ad uno stato federale (453), vince contro Agrigento e Siracusa, ma viene sconfitto nel 450; si rifugia a Siracusa ed esilia a Corinto, ma intorno al 448 ritorna e fonda Calatte, nel nord, ma il progetto s’interrompe alla sua morte. Siracusa dopo Trasibulo è simile alla democrazia ateniese, imitando anche l’ostracismo – chiamato petalismos, perché su foglie di olivo – ma le cariche sono elettive e gratuite. Resta l’interesse ateniese per la Sicilia, con l’aristocratico Ermocrate che propone una riconciliazione antiateniese proponendola al congresso di Gela del 424.

La supremazia di Sparta (404-379)[modifica | modifica wikitesto]

Sparta vince lo scontro, mantenendo però alcuni problemi: incapacità di gestire la vittoria, appoggio persiano non compatibile, insoddisfazione di Corinto e Tebe. In breve tempo c’è la ripresa ateniese, e dopo i Trenta Tiranni si torna al regime democratico. Nel 404 muore Dario II, succedendogli Artaserse II: a Cunaxa, vicino Babilonia, Ciro tenta di usurpare il trono ma muore nell’estate del 401; fra i mercenari convocati c’è anche Senofonte, autore dell’Anabasi; partecipò anche Sparta su invito dell’amico Lisandro. Sparta mantenne un piccolo esercito in Asia Minore (400-395), con poco entusiasmo e senza ottenere vittorie: la flotta persiana vince Sparta a Cnido nell’estate del 394, guidata dall’ateniene Conone dopo la sconfitta di Egospotami. La collaborazione persiana permette la rinascita ateniese, benché mal digerita dagli ateniesi, ostili agli asiatici, tanto che in epigrafe si cita Conone ed Evagora, re di Cipro. I Persiani finanziano i politici antispartani nel 395 a Corinto, Tebe, Argo ed Atene: queste formano una coalizione e dichiarano guerra a Sparta, dando inizio alla guerra di Corinto (395-386) (17), dove i Persiani ottengono il risultato sperato: il ritiro dall’Asia Minore di Agesilao. Muore subito Lisandro, ulteriore problema per Sparta, che tuttavia si dimostra ancora superiore militarmente con le vittorie nella battaglia di Nemea in aprile e di Coronea in agosto del 394. Tuttavia non furono risolutive e la guerra si trascina per anni intorno a Corinto. Nel 392 a Corinto vengono uccisi gli aristocratici filospartani (noto dalle Elleniche di Senofonte), e consegue la fusione con la vicina Argo fino al 386. Vengono impiegate anche forze mercenarie, e la guerra si svolge anche d’inverno senza battaglie campali; nel 390 Ificrate con i peltasti (soldati armati leggeri con scudo a mezzaluna) sconfigge gli spartani, dunque non più considerati invincibili. Conone vuole attaccare Sparta direttamente e riesce a conquistare Citera, isola di fronte al Peloponneso. Lo spartano Antalcida (da cui il nome) propone la pace ai Persiani nel 392 (18), accolta poi nel 386 nonostante le reticenze degli alleati. Nella primavera 386 si riuniscono le poleis a Sparta con Agesilao, dove l’inviato di Artaserse detta le condizioni di pace, punto massimo dell’influenza persiana in Grecia (condizioni non conosciute nei dettagli): poleis libere e autonome; Persia domina su città greche d’Asia; divieto di formare alleanze e domini, ad eccezione di Atene (Lemno, Imbro, Sciro) e Sparta (lega peloponnesiaca, Messenia). Febida, comandante spartano, occupa l’acropoli di Tebe (382), ingiustificabile ma difeso da Agesilao, è l’apice dell’ascesa di Sparta.

L'egemonia tebana (379-355)[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il colpo di mano di Febida, nella primavera del 379 li esuli tebani riconquistano la città e segue un periodo di fioritura per Tebe. Base del progetto politico tebano è l’adozione di ordinamenti democratici non tradizionali e l’unificazione della Beozia in una confederazione federale (17). Già sviluppato nel V secolo ma rafforzato nel IV, il ruolo egemonico di Tebe non è più in discussione. Intanto in Tessaglia viene eletto tago Giasone, tiranno di Fere, che in breve tempo unifica la regione e mette su un importante esercito; egli tuttavia muore in una congiura nel 370. Giasone mostra la debolezza del modello di polis tradizionale e la facilità con cui si poteva intervenire militarmente, in un modello di unificazione regionale ripreso poco dopo. Nel 378 il comandante spartano Sfondria parte da Tespie con l’intenzione di attaccare il Pireo, ma viene bloccato e rientra, forse per intimidazione spartana. Viene fondata nel febbraio 377 la II lega ateniese, inizialmente con trattati di alleanza: ha un chiaro intento antispartano, ma nel rispetto delle autonomie in sintonia con le imposizioni persiane; in realtà si chiederanno tributi, inimicandosi gli alleati, poiché Atene cerca di recuperare l’autonomia finanziaria. La pace del re nel 386 è il primo tentativo di pace comune (koinè eirene), benché molte guerre si tentò ben sette volte, ma si necessitava di un garante esterno; molti tentativi erano falliti per volontà tebana, che intendeva rappresentare la lega beotica, in contrasto con la pace. L’intervento spartano del re Cleombroto porta alla battaglia di Leuttra contro i tebani guidati da Epaminonda nel 371: è la prima disfatta spartana, con la morte del sovrano, dovuta ad alcune innovazioni militari (schieramento su 50 linee invece che 8, truppe migliori su ala sinistra, fronte della falange obliquo). È l’inizio dell’egemonia tebana (371-362), un potere effimero (18) legato a varie motivazioni: momento legato ad Epaminonda; Tebe e Beozia realtà piccole e prive di risorse, come Sparta ma questa si basava su forte connotazione ideologica. Va ricordato che Tebe aveva medizzato. Solo in Peloponneso fu efficace, distruggendo il potere spartano nella regione, con la prima e seconda discesa nel Peloponneso, 370-369: si potè così costituire la lega arcadica, con fondazione al centro nel 368 di Megalopoli. Epaminonda promuove la liberazione della Messenia: prima invade la Laconia (369), fin quasi a Sparta, con un colpo decisivo al sistema servile spartano. La quarta discesa nel Peloponneso è dovuta ai contrasti tra filo e antispartani nella lega arcadica; nell’estate del 362 si schierano nella battaglia di Mantinea: Sparta, Atene, Acaia, Mantinea, Fliunte contro Tebe, Arcadia, Messenia, Sicione, Argo. Scontro senza vincitori, poiché Epaminonda muore sul campo mentre stava avendo la meglio; la situazione è confusa e disordinata, non essendo applicabili i vecchi schemi interpretativi e ciascuna città conserva un piccolo potere regionale. Atene vede defezionare molti alleati, con lo scoppio nel 357 della guerra sociale, dovuta all’insofferenza dell’atteggiamento ateniese: gli ateniesi sono sconfitti per mare a Embata, vicino Chio nell’estate 356. Ad Atene si abbandona la politica estera aggressiva e si favorisce un programma di rafforzamento economico proposto da Eubulo.

I macedoni e Filippo II (359-366)[modifica | modifica wikitesto]

I Macedoni, in greco “montanari, sono coloro che vivono in alto: s’intendeva gli abitanti settentrionali, non un’identità culturale. Il principale collante era la dinastia regale degli Argeadi, dove il sovrano era primum inter pares nella società guerriera, eletto per acclamazione dall’assemblea dei soldati. Primo sovrano storico fu Alessandro I Filelleno: dopo vicissitudini, i Macedoni furono accettati ai giochi olimpici dicendosi originari di Argo; si tratta comunque di un regno attardato e marginale, importante per il legname ed il controllo del territorio. Basandosi sul criterio linguistico sono presenti numerosi contatti con il mondo greco, processi conclusi al tempo di Filippo. Nel 359 Filippo sale al trono come reggente di Aminta IV, inizialmente impegnato contro le popolazioni confinanti, poi attua una profonda riorganizzazione: aumento dei soldati, professionalizzazione, armamento leggero. La prima conquista militare è Anfipoli, fondata da Atene nel 437 e persa con Brasida in guerra archidamica, nel 357, fondamentale per le miniere di argento: gli Ateniesi non possono intervenire perché impegnati in guerra contro gli ex alleati, ed intanto questi conquistano altre città sulla costa della Tracia. Scoppia la III guerra sacra (356-346), legata all’anfizionia di Delfi e al santuario di Apollo – le altre guerre sacre furono in età arcaica e nel V secolo – perché i Tebani accusano i Focidesi di aver coltivato terre sacre, e nel 356 questi ultimi occupano il tempo. I tebani inizialmente prevalgono, ma Onomarco, che guida i focidesi, usa i tesori del tempio per pagare i mercenari con cui controlla la Grecia centrale; Larisa chiede l’intervento di Filippo, che all’inizio non vince ma nel 352 ottiene la vittoria (20). Poi si occupa della confederazione calcidica: tra 351 e 348 conquista Olinto, capitale dei calcidesi; Demostene compone le Filippiche e le Olintiache, mentre Filippo propone la pace di Filocrate, dal nome del proponente all’assemblea, nel 346; i focidesi vengono multati e smantellati, e Filippo ne eredita i seggi all’anfizionia. Dopo la pace seguono frizioni tra la Macedonia e Atene, con Demostene che fomenta la guerra contro Filippo: nel 340 questo assedia Perinto e Bisanzio, alleate ateniesi, non vince e l’anno dopo dichiara guerra. Nel 339 ha inizio la guerra di Anfissa (IV guerra sacra), poiché gli anfissei avrebbero coltivato la terra sacra e per difenderli Filippo giunge fino a Elatea. Demostene porta all’alleanza Atene con Tebe che si schierano alla battaglia di Cheronea, in Beozia, il 2 settembre del 338: vince Filippo, che restituisce i prigionieri ateniesi e mantiene la democrazia; Filippo unisce tutte le poleis greche tranne Sparta nella lega di Corinto (337), con lo scopo dichiarato di sconfiggere i Persiani (21). Nell’estate del 336 viene ucciso, forse per una congiura.

Sicilia e Magna Grecia nel IV secolo[modifica | modifica wikitesto]

Dionisio I al potere a Siracusa per oltre quarant’anni; è impossibile ricostruirne la personalità dalle fonti, poiché divenne l’archetipo del tiranno. Dopo la disfatta ateniese in Sicilia (413) ne approfittarono i Cartaginesi con una spedizione sull’isola: tra 409 e 406 conquistano Selinunte, Imera, Agrigento. Dionisio viene nominato strategòs autokrator con pieni poteri: i Cartaginesi trattano la pace subendo una pestilenza. Dopo aver consolidato il potere in Sicilia occidentale, allestisce una flotta imponente contro Cartagine (400) nel 397 conquista Mozia, con nuove tecniche d’assedio. Intanto i Cartaginesi giungono fino a Siracusa; infine si torna alle posizioni iniziali nel 393-392 e dopo la pace con Cartagine, gli interessi sono rivolti all’Italia. Vince la lega italiota sul fiume Elleporo nel 388 e assedia e rade al suolo Reggio (386). Prosegue con la colonizzazione adriatica (Lisso, Ancona, Adria) e attacca nel 386 l’etrusca Pirgi con un ingente bottino; riprende la guerra con Cartagine, poi conclusa nel 374 mantenendo lo status quo. Nel 367 vi è l’ultimo conflitto con Cartagine, muore Dionisio e gli succede il figlio (19). Il dominio di Dionisio è caratterizzato dalla continua mobilitazione, un potere personale senza parvenze di legalità, amato dal popolo a cui faceva riferimento. È la prefigurazione degli stati ellenistici, tanto che nelle iscrizioni ateniesi viene chiamato “archon sikelias”. Momento oscuro per la storia siracusana, nel 353 viene ucciso Dione, cognato di Dionisio. Appena salito al potere, Dionisio II firma la pace con Cartagine e mitiga la durezza del potere tirannico; ha dei contrasti con Dione sulla successione, che viene esiliato ad Atene e nel 357 tenta il ritorno per spodestarlo: sbarca nella cartaginese Eraclea Minoa e con un esercito marcia alla volta di Siracusa. Dionisio II ripara a Locri dopo la sconfitta navale e Dione si mostra dispotico, seguendogli altri cinque tiranni. Nel 346 Dionisio torna in patria e si chiede l’intervento della madrepatria Corinto: viene inviato un contingente navale guidato da Timoleonte. Arriva nella primavera del 344 e Dionisio III è subito esiliato: viene creato un’alleanza siciliana in funzione anticartaginese e in breve tempo occupano i territori punici. Nel 341 un grande esercito cartaginese viene sconfitto sul Belice al fiume Crimiso e dopo la pace con Cartagine lo status quo viene fissato sul fiume Alico, oggi Platani; Timoleonte si occupa di riorganizzare i propri territori. In Italia meridionale non c’è nessuna guida sicura per il problema della reazione delle popolazioni locali: la decolonizzazione porta le poleis a cadere in mano agli autoctoni. Unico tentativo associativo è la lega italiota, nel 393 contro Lucani e Dionisio I. Taranto è l’unica città magnogreca non dominata da indigeni, per diversi interventi di personalità straniere: il re spartano Archidamo, figlio di Agesilao, combatte contri Lucani morendo a Manduria (338), mentre Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno, giunto come conquistatore dall’Epiro vince contro Messapi, Lucani, Sanniti e si allea coi Romani, ma viene ucciso nel 330 quando Taranto ruppe l’alleanza.

La società greca nel IV secolo[modifica | modifica wikitesto]

Atene si riprende nel IV secolo, ma non come prima: mantiene il prima culturale, ormai scisso da quello politico. Vi è professionalismo nel mondo della politica, anche per i comandanti militari – più correttamente questi si scindono dai primi – e si diffonde anche il mecenatismo. Molto presenti nelle stasis, le guerre civili, viene spiegata dalle fonti con l’opposizione tra ricchi e poveri. Si tratta di patriottismo per bande (P. Veyne), poiché si preferiva che la città cadesse in mano nemica che alla fazione avversaria. Il IV secolo è caratterizzato da due scuole filosofiche: l’Accademia, fondata da Platone nel 387, e il Liceo (Peripato), fondato da Aristotele nel 335. Socrate, ricco logografo (scrittore di discorsi giudiziari), fondò una scuola di retorica e i suoi metodi educativi furono considerati fondamentali.

Alessandro Magno (336-323)[modifica | modifica wikitesto]

Non si tratta solo di un’impresa militare, ma si assiste al crollo dell’impero persiano; le poleis sperimentano per la prima volta un monarca assoluto, ma le limitazioni alla libertà non le uccidono. Nel 336 Filippo II muore e già Alessandro accompagnava il padre da quattro anni, suo precettore fu Aristotele. Uccide i possibili pretendenti e in Grecia ottiene i medesimi riconoscimenti paterni, ossia il controllo sull’anfizionia delfica e i poteri contro la Persia. Si reca nel nord per sedare alcune rivolte e in primavera del 335 è ad Anfipoli e poi in Illiria. Alla notizia della sua morte le poleis greche si ribellano, ma dopo pochi giorni è a Tebe, che cade in ottobre e sul destino della città lascia decidere al sinedrio degli elleni, che optano per la distruzione della città (22). La rivolta era stata finanziata dai Persiani, ed Atene è salva ma deve processare i politici antimacedoni. Sparta, che non partecipa alla lega di Filippo, si rivolta con re Agide III nel 331 mentre Alessandro è in Asia, reclutando mercenari cretesi con l’appoggio persiano: assedia invano Megalopoli, sconfitto all’inizio del 330 e con moltissime perdite, senza appoggio greco. Filippo II promosse la guerra contro Dario III Codomanno per l’opportunità di nuove conquiste e come vendetta e liberazione per l’Asia Minore. Nella primavera del 334 l’esercito passa l’Ellesponto, iniziando con diversi riti sacri (dedica altari a Zeus e Atena sulle rive) e presso il fiume Granico, in Frigia, vince contro i satrapi alleati di Lidia, Frigia e Cappadocia. L’esercito avanza sulla costa dell’Asia Minore e controlla poi Mitilene, Sardi, Efeso e Mileto; Alicarnasso oppone resistenza, dove era comandante Memnone, ma prosegue attraverso Licia e Panfilia. In inverno conquista Gordio, antica capitale dei Frigi, e la morta improvvisa di Memnone agevola il macedone che nel novembre 333 vince ad Isso, in Cilicia, con Dario III che fugge abbandonando famiglia e tesoro. Verso sud riceve la resa delle città fenicie, con l’unico assedio a Tiro che cade nell’agosto del 332. Giunge in Egitto, con la resa spontanea del satrapo di Menfi e viene accolto dai sacerdoti come un liberatore; all’inizio del 331 fonda sul Delta la città di Alessandria. Marcia verso nord fino in Asia interna e supera il Tigri e l’Eufrate; vince a Gaugamela l’1 ottobre 331 ma Dario non si arrende, pur conquistando le città achemenidi. Cadono Babilonia, Susa, Persepoli, Pasargade ed incendia il palazzo reale di Persepoli, con il compimento della vendetta panellenica (23). Nei confronti delle popolazioni locali dà il diritto delle armi, considerando i territori di sua proprietà, con il pagamento del phoros, il tributo al re. Assegna l’amministrazione regionale ad ufficiali macedoni e dopo Gaugamela anche a satrapi persiani. La liberazione delle poleis dell’AsiaMinore è oggetto di propaganda continua: si elimina il controllo persiano, ma in realtà la libertà viene concessa dall’alto. Dopo l’incendio di Persepoli vuole sostituirsi a Dario come Gran Re, e lo insegue fino a Ectabana, in Media: qui congeda le truppe alleate greche; Dario trova rifugio in Battriana, dal satrapo Besso, che lo uccide e si proclama re come Artaserse IV. La guerra di Alessandro diventa quindi una lotta contro l’usurpatore: raccoglie le spoglie di Dario con una cerimonia (330) e cambia l’assetto del suo esercito. Besso fugge in Sogdiana, ma viene tradito, consegnato e giustiziato a Ecatabana nel 329. Si hanno altri scontri con resistenza locale, conclusi nel 327 con il matrimonio di Rossane, la figlia dell’ultimo capo dei ribelli, Ossiarte. Il movimento verso est non è dovuto al desiderio di conquista o esplorazione, ma vuole ricostruire la frontiera naturale di Dario. Viene richiesto il suo aiuto dal principe indiano di Tassila contro Porro ed oltrepassa l’Indo giungendo sull’Idaspe, l’affluente orientale; vince nell’estate del 326 e nomina Porro vassallo, raggiunge il fiume Ifasi ma inizia il ritorno a casa. L’esercito si divide per il rientro per ricongiungersi a gennaio 324; deve affrontare gli effetti delle autonomie, che amministra stabilmente con il rafforzamento autoritario del proprio potere e la fusione delle componenti principali del regno (elemento persiano e greco-macedone). Diversi problemi e congiure nell’esercito, con l’introduzione a corte del cerimoniale persiano; inoltre con i mercenari l’apporto macedone diventa minoritario. La visione di Alessandro è l’unica per l’integrazione tra elemento indigeno e greco. Le nozze di Susa (25), nella primavera del 324 – matrimonio di massa con donne persiane – in realtà costituì una nuova frattura. Con le poleis greche muta l’atteggiamento come sovrano assoluto: concessione del ritorno in patria degli esuli (324) e imposizione di onori divini per sé ed Efestione. Trascorre gli ultimi giorni a Babilonia, mentre organizza una spedizione in Arabia, ma muore di malaria il 10 giugno del 323.

I diadochi (328-281)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diadochi.

Tra la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) e la battaglia di Corupedio (281 a.C.) trascorre un periodo di assestamento, fino all'estinzione dei primi diadochi, con la frammentazione dell'impero alessandrino. Scomparso Alessandro si pone il problema della sua successione: Rossane attendeva un figlio di sangue misto e si premeva sul fratello di Alessandro, Filippo Arrideo, ritardato mentale ma discendente. Si opta per entrambi sul trono, come Alessandro IV e Filippo III. Il vero potere era in mano a: Antipatro, generale compagno di Filippo su Europa e Grecia; Perdicca, come chiliarca di tutta l'Asia; Cratero, gestiva gli affari della corona, l'esercito e le finanze. Le satrapie vennero assegnate ad Antigono Monoftalmo (Anatolia occidentale), Lisimaco (Tracia), Tolomeo (Egitto), Eumene (Paflagonia e Cappadocia, ancora da conquistare). Fu abbandonata la fusione tra elementi e il controllo del potere non fu più condiviso con gli indigeni. Mentre non ci fu nessuna ribellione in Oriente, un moto d'orgoglio contro il dominatore investì la Grecia: ad Atene il politico Iperide e lo stratego Leostene guidano la rivolta; viene sciolta la lega di Corinto e viene creata una nuova alleanza. Inizialmente vincono i greci, con Antipatro assediato a Lamia - da cui il nome di guerra lamiaca - ma la flotta ateniese viene sconfitta ad Amorgo nel 322 a.C. e Cratero giunge in aiuto, con la sconfitta definitiva a Crannone, in Tessaglia. Atene perde la libertà, con un presidio macedone al Pireo e la democrazia viene sostituita con l'oligarchia.

Poco dopo i primi scontri tra i successori di Alessandro, dovuti alle ambizioni personali e al conflitto tra visione diverse, tra una visione unitaria e tendenze particolaristiche. Mentre Cratero soccorre Antipatro, Perdicca tenta la conquista dell'Egitto con Eumene: Perdicca muore in battaglia e giunge Cratero, che viene ucciso da Eumene. A Triparadiso, sul fiume Oronte, nel 321 a.C. avviene un incontro per spartire i territori alessandrini: Antipatro è l'unico reggente, Antigono è stratego d'Asia, Tolomeo riconferma l'Egitto, Seleuco ottiene la satrapia di Babilonia. Antipatro torna in Grecia e muore nel 319 e la sua carica viene ereditata da Poliperconte, amico fedele, ma cui segue il risentimento del figlio Cassandro. Quest'ultimo scatena una guerra aiutato dai diadochi ed Atene si allea con lui; Demetrio del Falero viene scelto come governatore (e sarà poi fondatore della biblioteca di Alessandria). Poliperconte si allea con Olimpiade, madre di Alessandro, e viene fatto uccidere Filippo III Arrideo nel 316 a.C.. Lo stesso anno muore anche Eumene, vittima di Antigono che conquista la satrapia di Babilonia. Seleuco fugge in Egitto e i diadochi si alleano: a Tiro viene nominato il reggente e viene proclamata libertà per le poleis. Antigono dunque combatte contro Cassandro in Grecia e contro Tolomeo in Siria e Palestina; ma viene sconfitto a Gaza nel 312 a.C. dal figlio Demetrio Poliorcete.

Nel 311 a.C. seguono nuovi accordi, in cui Monoftalmo diventa stratego d’Asia, Tolomeo riconferma l’Egitto, Lisimaco riconferma Tracia, Cassandro ha la reggenza della Macedonia fino alla maggiore età di Alessandro IV, che viene ucciso nel 310 e dunque conclude la stirpe argeade. Intanto Seleuco riottiene satrapia di Babilonia e Antigono tenta però di conquistare altri territori. Il figlio Demetrio nel 307 controlla Atene, che recupera parzialmente la libertà. Nel 306 Demetrio toglie Cipro a Tolomeo e si dichiara re Monoftalmo, imitato dagli altri diadochi, ma sconfitto tenta l’assedio di Corinto (da cui il nome Poliorcete) nel 304, per poi rientrare in Grecia per difendersi da Cassandro. Nel 303 si assicura Corinto e dà vita ad una nuova lega ellenica (21), sul modello della precedente ma come nuovo punto di partenza. I diadochi alleati si scontrano con Antigono nella battaglia di Ipso, in Frigia, nel 301 dove Monoftalmo muore sul campo e Demetrio fugge in Grecia. Vengono dunque riassegnati i territori di Antigono: l’Asia Minore fino al Tauro a Lisimaco, la Licia, Panfilia e Pisidia a Tolomeo, la Siria meridionale a Tolomeo (anche se in teoria assegnata a Seleuco e motivo delle guerre siriache). Demetrio mantiene il potere in Egeo e a Cipro e alla morte di Cassandro nel 297 ne approfitta: uccide i pretendenti e diviene re di Macedonia nel 294. Lisimaco e Pirro dunque invadono la Macedonia, e intanto Lisimaco conquista le città dell’Asia Minore; Tolomeo rioccupa Cipro e controlla l’Egeo. Nel tentativo di riguadagnare l’Asia Minore, Demetrio viene imprigionato da Seleuco (286) fino alla morte, cui segui poi quella di Tolomeo I nel 283. Due anni dopo Lisimaco muore contro Seleuco a Curupedio, ma Seleuco viene ucciso da Tolomeo Cerauno, che aveva accolto dopo essere stato diseredato dal padre.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ranuccio Bianchi Bandinelli (a cura di). Storia e civiltà dei greci, Bompiani: Milano, 1979.
  • Lorenzo Braccesi. Guida allo studio della storia greca. 4 ed. Laterza: Roma-Bari, 2015.
  • Jacob Burckhardt. Storia della civiltà greca. Sansoni: Firenze, 1992.
  • Davies, J.K., La Grecia classica, Il Mulino, Bologna 1983.
  • De Sanctis, G., Storia dei greci. Dalle origini alla fine del secolo V, La Nuova Italia, Firenze 1980.
  • Finley, M., La Grecia. Dalla preistoria all'età arcaica, Laterza, Bari 1972.
  • Gschnitzer, F., Storia sociale dell'antica Grecia, Il Mulino, Bologna 1988.
  • Murray, O., La Grecia delle origini, Il Mulino, Bologna 1983.
  • Musti, D., Storia greca, Laterza, Roma-Bari 2006.
  • Vernant, J.P., Mito e società nell'antica Grecia, Einaudi, Torino 1981.
  • Welwei, K. W., La polis greca, Il Mulino, Bologna 1988.

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