Trattato di Osimo: differenze tra le versioni

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Fu ratificato dall'Italia il 14 marzo 1977 (legge n. 73/77) ed entrò in vigore l'11 ottobre 1977.
Fu ratificato dall'Italia il 14 marzo 1977 (legge n. 73/77) ed entrò in vigore l'11 ottobre 1977.


Dopo l'indipendenza dalla federazione jugoslava di Slovenia e Croazia, nei cui confini sono compresi i territori inerenti al trattato di Osimo, nel 1994 alcuni esuli e politici tra i quali [[Gianfranco Fini]], misero in discussione la validità del trattato stesso, chiedendone la revisione, senza la quale l'Italia avrebbe posto il veto sull'ingresso dei due stati nell'Unione Europea. Ma il successivo governo guidato da [[Romano Prodi]] riconobbe Slovenia e Croazia come legittimi successori della Jugoslavia, compreso il trattato di Osimo per le rispettive parti di competenza.
Poco dopo il riconoscimento da parte italiana delle repubbliche di Slovenia e Croazia (15 gennaio 1992), alcuni politici legati al mondo degli esuli e alla realtà triestina ventilarono la possibilità di chiedere la revisione del trattato, ma il governo italiano ritenne invece di accogliere le dichiarazioni unilaterali dei due nuovi Stati a favore del loro subentro, per quanto di pertinenza, nei trattati bilaterali già conclusi tra Italia e Jugoslavia, in maniera generica da parte della Croazia, con un'elencazione dettagliata degli accordi considerati da parte della Slovenia. Nella sua comunicazione alla Camera dei deputati del 12 novembre 1992, il [[Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale della Repubblica Italiana | Ministro degli esteri]] [[Emilio Colombo]] indicò peraltro due materie come suscettibili di revisione: l'indennizzo o il recupero dei beni di cittadini italiani e la condizione della minoranza italiana che, a seguito della dissoluzione della Jugoslavia, veniva ad essere divisa tra Slovenia e Croazia<ref>{{cita web | titolo = Gli accordi di Osimo (Diritto internazionale) | autore = Giorgio Conetti | url = https://www.regionestoriafvg.eu/tematiche/tema/399/Accordi-di-Osimo | sito = Regione Storia FVG | accesso = 21 ottobre 2023 }}</ref>.


Il trattato di Osimo fu il primo accordo internazionale i cui negoziati per l'Italia non vennero curati dal [[Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale|Ministero degli affari esteri]]. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata<ref>Già nel 1970 - in occasione della visita ufficiale di Tito in Italia - erano state presentate delle interpellanze parlamentari da parte del deputato democristiano [[Giacomo Bologna]] e di altri deputati missini, alle quali era stato risposto che in tale occasione non si sarebbe parlato di questioni confinarie. Di fronte alle voci secondo le quali Italia e Jugoslavia stavano intrattenendo delle trattative sui confini, analoghe interpellanze furono presentate nel febbraio del 1975 dai deputati democristiani - nonché esuli istriani - [[Paolo Barbi]] e Giacomo Bologna. Il governo non ammise né smentì i negoziati, ma ricordò che dopo il 1954 gli Alleati non avrebbero dato appoggio a rivendicazioni «su territori posti sotto amministrazione o sovranità dell'altro paese». In merito si veda Diego D'Amelio, ''Il dibattito pubblico sul trattato di Osimo fra ragion di Stato e protesta locale'', in ''Qualestoria'', 2/2013, pp. 86-87.</ref>. L'incarico venne infatti affidato dal governo ad un dirigente del [[Ministero dello sviluppo economico|Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato]], [[Eugenio Carbone]].
Fu il primo trattato internazionale i cui negoziati per l'Italia non vennero curati dal [[Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale|Ministero degli affari esteri]]. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata<ref>Già nel 1970 - in occasione della visita ufficiale di Tito in Italia - erano state presentate delle interpellanze parlamentari da parte del deputato democristiano [[Giacomo Bologna]] e di altri deputati missini, alle quali era stato risposto che in tale occasione non si sarebbe parlato di questioni confinarie. Di fronte alle voci secondo le quali Italia e Jugoslavia stavano intrattenendo delle trattative sui confini, analoghe interpellanze furono presentate nel febbraio del 1975 dai deputati democristiani - nonché esuli istriani - [[Paolo Barbi]] e Giacomo Bologna. Il governo non ammise né smentì i negoziati, ma ricordò che dopo il 1954 gli Alleati non avrebbero dato appoggio a rivendicazioni «su territori posti sotto amministrazione o sovranità dell'altro paese». In merito si veda Diego D'Amelio, ''Il dibattito pubblico sul trattato di Osimo fra ragion di Stato e protesta locale'', in ''Qualestoria'', 2/2013, pp. 86-87.</ref>. L'incarico venne infatti affidato dal governo ad un dirigente del [[Ministero dello sviluppo economico|Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato]], [[Eugenio Carbone]].


'''Firmatari'''
'''Firmatari'''

Versione delle 23:19, 21 ott 2023

Trattato di Osimo
I due firmatari del trattato, il ministro degli esteri jugoslavo Miloš Minić (a sinistra) e il suo omologo italiano Mariano Rumor (a destra)
Tipotrattato bilaterale
Contestoquestione triestina
Firma10 novembre 1975
LuogoOsimo (Italia)
Efficacia11 ottobre 1977
Condizionidefinizione dei confini tra Italia e Jugoslavia
PartiItalia e Jugoslavia
FirmatariMariano Rumor e Miloš Minić
Lingueinglese e francese
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Il trattato di Osimo (in francese Traité d'Osimo; in inglese Treaty of Osimo; in serbo-croato Osimski ugovor) è un accordo, siglato a Osimo il 10 novembre 1975 tra i ministri degli affari esteri di Jugoslavia e Italia, con cui si fissarono in maniera definitiva i confini tra i due Paesi in prossimità del cosiddetto Territorio Libero di Trieste a seguito del Memorandum di Londra del 1954.

Esso concluse la fase storica iniziata nel 1947 con il trattato di pace, allorquando si decise la cessione alla Jugoslavia di gran parte della Venezia Giulia (Fiume e le isole del Quarnaro, la quasi totalità dell'Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia) e la creazione del Territorio Libero di Trieste comprendente l'attuale provincia di Trieste e i territori costieri istriani da Ancarano a Cittanova (oggi rispettivamente in Slovenia e Croazia). La mancata attivazione delle procedure per la costituzione degli organi costituzionali del TLT impedì di fatto a quest'ultimo di nascere. La successiva cessione del potere di amministrazione civile del TLT rispettivamente all'Italia (zona A) e Jugoslavia (zona B) creò le condizioni per gli sviluppi successivi che portarono al trattato di Osimo.

Storia

Territorio libero di Trieste: con il trattato di Osimo la zona A fu definitivamente assegnata all'Italia, mentre la zona B alla Jugoslavia

Nel trattato, per quanto riguarda le questioni riguardanti la salvaguardia dell'identità della popolazione di lingua italiana in territorio jugoslavo nell'ex zona B (in gran parte diminuita dopo l'esodo della maggioranza degli italiani) e di quella della popolazione di lingua e cultura slovena che vive in territorio italiano nell'ex zona A, vennero mantenute in vigore le misure interne già adottate in applicazione dello Statuto Speciale allegato al Memorandum di Londra e ciascuna parte assicurava nell'ambito del suo diritto interno il mantenimento del livello di protezione dei membri dei due gruppi etnici rispettivi previsto dalle norme dello Statuto Speciale decaduto.

Per il suo contenuto questo trattato venne avversato da parte delle popolazioni coinvolte, soprattutto dagli esuli italiani che hanno sempre sostenuto di essere stati abbandonati dall'Italia.

Furono attuate alcune lievi rettifiche del confine. In particolare sul Monte Sabotino ritornò all'Italia la cresta di cima fra la vetta e i ruderi della chiesa di San Valentino: l'Italia in cambio costruì una strada internazionale per collegare il Collio sloveno a Nova Gorica sulle pendici di quel monte. Fu inoltre stabilita l'evacuazione di alcune sacche di occupazione jugoslave in territorio italiano nella zona del Monte Colovrat e la sistemazione dello status del Cimitero di Merna. Questo era diviso dal confine dal 1947 e con il filo spinato ed una rete metallica che passava tra le tombe, passò quindi interamente sotto sovranità jugoslava in cambio di un'equivalente porzione di territorio ceduto all'Italia, nelle sue immediate vicinanze.

Il Trattato di Osimo stabilì inoltre la costruzione dei collegamenti autostradali fra Italia e Jugoslavia, attraverso i valichi di Fernetti, Rabuiese e Pese I primi due furono ultimati, rispettivamente, solo nel 1997 e nel 2008.

Era prevista inoltre la costruzione di una vasta zona franca industriale sul Carso, a cavallo del confine fra i due Paesi, nella zona a sud del valico di Fernetti. Tale progetto non venne mai realizzato, a causa dell'opposizione italiana dovuta al timore per le conseguenze ecologiche che la zona industriale avrebbe avuto sul delicato ecosistema carsico e per gli sconvolgimenti demografici che in seguito al libero movimento dei lavoratori avrebbero interessato il territorio triestino (era previsto l'arrivo di decine di migliaia di lavoratori jugoslavi, mettendo così in discussione la maggioranza italiana di Trieste).

Fu ratificato dall'Italia il 14 marzo 1977 (legge n. 73/77) ed entrò in vigore l'11 ottobre 1977.

Dopo l'indipendenza dalla federazione jugoslava di Slovenia e Croazia, nei cui confini sono compresi i territori inerenti al trattato di Osimo, nel 1994 alcuni esuli e politici tra i quali Gianfranco Fini, misero in discussione la validità del trattato stesso, chiedendone la revisione, senza la quale l'Italia avrebbe posto il veto sull'ingresso dei due stati nell'Unione Europea. Ma il successivo governo guidato da Romano Prodi riconobbe Slovenia e Croazia come legittimi successori della Jugoslavia, compreso il trattato di Osimo per le rispettive parti di competenza.

Fu il primo trattato internazionale i cui negoziati per l'Italia non vennero curati dal Ministero degli affari esteri. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata[1]. L'incarico venne infatti affidato dal governo ad un dirigente del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, Eugenio Carbone.

Firmatari

Comuni divenuti ufficialmente parte della Jugoslavia

N Comune Nome sloveno/croato Paese attuale
1 Villa Decani Dekani Bandiera della Slovenia Slovenia
2 Capodistria Koper Bandiera della Slovenia Slovenia
3 Isola d'Istria Izola Bandiera della Slovenia Slovenia
4 Pirano Piran Bandiera della Slovenia Slovenia
5 Maresego Marezige Bandiera della Slovenia Slovenia
6 Monte di Capodistria Šmarje Bandiera della Slovenia Slovenia
7 Umago Umag Bandiera della Croazia Croazia
8 Buie d'Istria Buje Bandiera della Croazia Croazia
9 Verteneglio Brtonigla Bandiera della Croazia Croazia
10 Grisignana Grožnjan Bandiera della Croazia Croazia
11 Cittanova d'Istria Novigrad Bandiera della Croazia Croazia

Comuni divenuti ufficialmente parte dell'Italia

I comuni di Duino (Devin), Aurisina (Nabrežina), Sgonico (Zgonik), Monrupino (Repentabor), Trieste (Trst), Muggia (Milje), San Dorligo della Valle (Dolina).

Note

  1. ^ Già nel 1970 - in occasione della visita ufficiale di Tito in Italia - erano state presentate delle interpellanze parlamentari da parte del deputato democristiano Giacomo Bologna e di altri deputati missini, alle quali era stato risposto che in tale occasione non si sarebbe parlato di questioni confinarie. Di fronte alle voci secondo le quali Italia e Jugoslavia stavano intrattenendo delle trattative sui confini, analoghe interpellanze furono presentate nel febbraio del 1975 dai deputati democristiani - nonché esuli istriani - Paolo Barbi e Giacomo Bologna. Il governo non ammise né smentì i negoziati, ma ricordò che dopo il 1954 gli Alleati non avrebbero dato appoggio a rivendicazioni «su territori posti sotto amministrazione o sovranità dell'altro paese». In merito si veda Diego D'Amelio, Il dibattito pubblico sul trattato di Osimo fra ragion di Stato e protesta locale, in Qualestoria, 2/2013, pp. 86-87.

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