Ottavio Branciforte

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Ottavio Branciforte
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricoperti
 
Nato29 novembre 1599 a Palermo
Ordinato presbiterointorno al 1628
Nominato vescovo10 gennaio 1633 da papa Urbano VIII[1]
Consacrato vescovo16 gennaio 1633 dal cardinale Giovanni Battista Pamphilj (poi papa)
Deceduto14 giugno 1646 (46 anni) ad Acireale
 

Ottavio Branciforte[2] (Palermo, 29 novembre 1599Acireale, 14 giugno 1646) è stato un vescovo cattolico italiano.

Fu chiamato a reggere la diocesi di Catania dal 1638 al 1646, a cinque anni dalla morte del vescovo Innocenzo Massimo. Appartenente ad una delle prime famiglie del Regno di Sicilia[3], imparentata con l'imperatore Carlo V,[4] fu una figura di primo piano nella società siciliana del XVII secolo. Per il nobile ecclesiastico Branciforte, i pilastri della società erano costituiti dalla religione e dalla prudenza, impersonati da Ignazio di Loyola e dal conte-duca de Olivares.[5] A "Octavio Brancifortio" lo storico Rocco Pirri dedicherà il terzo capitolo della sua opera editoriale sui vescovi siciliani.[6]

Vita e carriera ecclesiastica[modifica | modifica wikitesto]

Primogenito di sei fratelli e tre sorelle, Ottavio, « nobile tralcio dell'Ill.ma famiglia » Branciforte,[7] nasce a Palermo, nel 1599[8], dal matrimonio in seconde nozze di Ercole Branciforte Settimo - primo duca di San Giovanni, quinto conte di Cammarata e capostipite dei principi di Scordia, dei conti S. Antonio e dei Duca Branciforte[9] - con Agata Lanza dei principi di Trabia.[10]

Intraprese gli studi umanistici presso il collegio dei padri gesuiti di Palermo[11], giungendo alla laurea in teologia e diritto canonico, conseguita probabilmente a Messina intorno al 1623[12].

La chiesa di Sant'Antonio a Scordia e l'annesso convento dei frati francescani riformati. Edifici fortemente voluti dal Vescovo Ottavio, il cui busto marmoreo è collocato in una nicchia sovrastante il timpano del portale.

Fu incaricato, nel 1626, dal viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia, capo della delegazione incaricata per traslare alla corte di Spagna alcune reliquie di S. Rosalia, il cui corpo era stato da poco scoperto a Palermo in una grotta del monte Pellegrino.[13]

Branciforte proseguì probabilmente alla corte di Filippo IV la sua formazione culturale, conquistandosi la fiducia e la protezione del primo ministro il Conte Duca Gaspar de Guzman de Olivares e del nunzio apostolico Giovanni Battista Pamphilj (il futuro papa Innocenzo X).[14] Qui diventa il primo fra i siciliani a ricevere il titolo di "sommelier di cortina" del re.[14] Inoltre, dovette ricevere l'ordinazione sacerdotale dal Pamphilj, a Madrid, verso il 1628.[15]

A soli trentatré anni, nel 1632, fu presentato dal re spagnolo per la sede vescovile di Cefalù.[1]

Il rituale processo informativo fu presieduto dal nipote di Urbano VIII, il cardinale Francesco Barberini, e si svolse il 4 gennaio 1633.[16] La bolla di nomina di Branciforte risale al 10 gennaio 1633, segue la consacrazione episcopale che riceve dalle mani del cardinale Giovanni Battista Pamphilj.

Le «Constilutiones» del sinodo celebrato nella diocesi di Cefalù, promulgate nel 1635, espressero una netta condanna - oltre che del concubinaggio, meretricio, usura ed eresia - di innumerevoli manifestazioni di credulità popolare, patti col diavolo, incantesimi, malefizi.[17]

Durante il periodo del suo governo pastorale nella diocesi di Cefalù, segno ulteriore della stima che godeva presso le autorità politiche, Branciforte presiede due sessioni del parlamento generale siciliano nel 1635 e nel 1636.[18] Nell'intestazione degli atti vescovili egli amava fregiarsi del titolo: « Octavius Brancifortius a Cortina et Consiliis Philippi magni Regis catholici ».[19].

Nel 1636 è inoltre incaricato assistente al soglio pontificio.[20]

La diocesi di Cefalù costituiva per molti vescovi la sede di avvio per concorrere a incarichi di maggior prestigio. Infatti, Ottavio Branciforte, dopo aver dato buona prova delle sue capacità di governo, nel 1638 fu presentato dal re per la sede di Catania[1]. La bolla di nomina segna la data del 21 marzo 1638.[1]

Il mezzobusto marmoreo di Ottavio Branciforte posto al di sopra del portale della chiesa di Sant'Antonio al Convento a Scordia edificata nel 1644.

Fra i documenti, presentati al secondo processo informativo per il trasferimento di Ottavio Branciforte da Cefalù a Catania, c'è una importante lettera di presentazione inviata dal re Filippo IV al suo ambasciatore, il marchese di Castel Rodrigo Francisco de Moura, di cui né Gams[21] né Eubel[22] hanno tenuto conto nella loro ricerca: « Essendo vacato la chiesa et vescovato di Catania nel mio Regno di Sicilia per morte di Don Innocentio de Massimi et toccando a me, come mi tocca la nominatione et presentatione di essa, per esser al mio patronato reale, ho nominato ad esso Don Ottavio Branciforte, vescovo di Cefalù, che fu mio sumillier di cortina, per esser persuaso che mediante la sua bontà, prudentia, lettere, nobiltà et altre buone parti et meriti che in esso concorrono, sarà quella Chiesa così ben governata et amministrata come conviene al servicio di Dio nostro Signore et scarico della mia coscienza, con reservatione di 8.400 ducati di pensione, quali tengo per bene d'imporre sopra li frutti del detto vescovato in favore delle persone che seguono: alli luoghi santi di Gerusalemme mille scuti; alli figli del principe Tommaso, mio cugino, due mila et duecentoquarantasei, a don Melicio, vescovo di Amasia nel mar Nero, duecento; a don Vespasiano Gonzaga, figlio del duca di Guastalla, mille; a fra Giovanni di Sant'Agostino, quattrocento; a Giovanni Carlo Paceno, canonico regolare dell'ordine premostratense, duecento; a don Eugenio Carnero, trecentotrentacinque; a don Pietro Villani 300; a Andrea Tareziglia, 200; a don Antonio Dobles Viliafeno, 200; a don Mansueto Meroti, 500; al conte Bilia 200; a don Giacomo Gatti 100; a Francesco Gambacorta 119 nella qual conformità sarò servito et così ve lo incarico acciò come patron che sono della detta Chiesa e vescovato di Catania in mio nome et in virtù della mia lettera che anderà con questa per il nostro molto Santo Padre, nel che mi rimetto a voi anteponiate et presentiate a Sua Santità il detto don Ottavio Branciforte, supplicando sua benedizione che abbia per bene di provederlo al detto vescovato a mia presentazione et commandare che con la riserva delli ducati ottomila et quattrocento di pensione se li spediscano le bolle et recapiti necessari nella forma che si usa et io mi rallegro di quello che in questo farrete. Di Madrid a XII di decembre 1637. Io il Re ».[23]

La città di Catania e la diocesi di Catania attraversavano un momento difficile:[24] la grave crisi economica, determinata da scelte politiche infelici e dalla disastrosa gestione dei re di Spagna, provocano accesi attriti delle classi dirigenti e il risentimento popolare nei confronti del governo spagnolo. La sede vescovile catanese, per quasi cinque anni, era rimasta vacante e l'ultimo vescovo, il romano Innocenzo Massimo, dopo essersi inimicate le autorità di Enna e di Catania,[25] era stato costretto ad allontanarsi per un lungo periodo dalla diocesi. Pertanto Branciforte, malgrado fosse una persona di fiducia del re, rischiava di essere coinvolto nell'avversione al regime.[26]

Il 23 aprile 1638, Ottavio Branciforte prende possesso dell'incarico vescovile per procura data al fratello Antonio, futuro principe di Scordia.[27] Il 6 maggio giunge inaspettato a Catania,[25] ampliando la Cattedrale di Sant'Agata con nuovi arredi d'argento di scuola palermitana.[28] Stabilì nel suo governo i Carmelitani scalzi della riforma di S. Teresa, detti perciò teresiani.[29]

Neppure negli anni a venire, la situazione si normalizzerà sotto il vulcano. Il vescovo di Catania, dopo essersi occupato di «ampliare e decorare il suo palazzo e dopo aver richiamato l'abolita dignità di arcidiacono nella cattedrale con assai buono salario la diede ad un suo fratello»;[30][31] dopo aver impiantato un giardino nella zona di Cifali, a nord della città, che «per le amenità che vi trattenevano le copiose acque che lo innaffiavano era il più delizioso luogo di quei contorni»,[32][33] entra in rotta di collisione dovuto a tensioni, mascherate da questioni di precedenza e di cerimoniale, contro il Senato, impegnato in quegli anni a ricomprare i casali della città, precedentemente venduti per sovvenire alle spese militari della corona spagnola.

Un episodio significativo avvenne nel febbraio del 1643, in occasione della visita del viceré Alfonso Henriquez de Cabrera, conte di Modica, ospite a Catania per partecipare alle celebrazioni in onore di Sant'Agata. Quando l'ammiraglio si reca in cattedrale con il suo seguito e con le autorità cittadine per assistere alla messa, si pone il problema diplomatico del rituale e dell'ordine con cui i presenti dovevano stare accanto al viceré.[34] Un altro spiacevole, e ancor più grave episodio, si verifica nel successivo mese di aprile e che segnò la rottura definitiva fra il vescovo Branciforte e le autorità.

Palazzo Branciforte a Scordia, residenza del fratello Antonio, principe di Scordia, dove il Vescovo si rifugiò per un periodo dopo la Pasqua del 1643.

Durante le cerimonie di pasqua, il lunedì del 6 aprile 1643, mentre si celebrava la festa della Madonna della Consolazione nella chiesa dei ss. Cosimo e Damiano di Catania, il vescovo, si offese per aver trovato al posto di onore i drappi delle autorità cittadine invece del suo, quindi ordinò ai servi di rimuoverli.

Ne nacquero così tali screzi tanto da costringere il vescovo Branciforte a lasciare la città di Catania, rifugiandosi per qualche tempo a Scordia, dal fratello principe Antonio,[35] per poi chiedere il trasferimento dapprima a Palermo e successivamente a Roma; infine la decisione di tornare in Sicilia per stabilirsi ad Aci Aquileia (oggi città di Acireale).

Inutili tutti i tentativi di far rientro a Catania, nonostante la mediazione del viceré de Cabrera. Alla sua decisione di ritornare in città, in occasione dei festeggiamenti per S. Agata, il Senato abolì la festa.[36] I casali etnei furono ricomprati nel 1652, per 149.500 scudi, e la perorazione di questo affare presso la Magna Curia di Palermo fu condotta dal vescovo Marc'Antonio Gussio, succeduto a Branciforte.

La nomina nel 1644 di Innocenzo X, il cardinale Pamphilj, amico e protettore del Branciforte, non ebbe un esito positivo. La sua aspirazione a diventare cardinale non poté verificarsi, venuti meno gli appoggi di un tempo sui quali aveva contato.

Muore ad Acireale il 14 giugno 1646.[37]

Tra i suoi scritti Branciforte lascia almeno le due relazioni catanesi "ad limina" del 1640 e del 1646; ancor prima, l'opera Mercatus eloquentiae, il cui manoscritto rimase inedito e andò disperso dopo la sua morte assieme alla ricca biblioteca[38]; De animorum perturbationibus, scritto nel 1642, di cui però pubblica solo due dei tre volumi che aveva in progetto,[39] ulteriore prova concreta della solida preparazione umanistica di Branciforte, nonostante l'imperante ideologia veteronobiliare.[40]

Scritti[modifica | modifica wikitesto]

  • Mercatus eloquentiae, idest de arte Rethorica & linguae latinae ornatu, s.d.
  • Constitutiones Synodales editas anno Domini M.DC.XXXV, Panormi apud Decium Cyrillum, 1636.
  • De animorum perturbationibus subsecivarum cogitationum, pars I et II, in nostro Catanae palatio, per Iosephum Bisagna typographum cameralem, 1642, voll.2.

Genealogia episcopale[modifica | modifica wikitesto]

La genealogia episcopale è:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d A. Longhitano, Le relazioni "Ad limina", cit., p.135.
  2. ^ Alcuni storici preferiscono la dizione «Branciforti».
  3. ^ La famiglia Branciforte fece la sua apparizione in Sicilia alla fine del XIII secolo (ma Mugnos la fa risalire quasi all'epoca di Carlo Magno con Obizzo, detto branciforte). Imparentatasi con gli Abbatellis, gli Alagona, i Barresi, i Caraffa, i Colonna, i Moncada, i Santapau, gli Speciale, i Trabia, i Ventimiglia e tanti altri, assunse ben presto un ruolo di primo piano sia nella storia di diverse città e comuni, come titolare di principati, ducati e feudi, sia nelle strutture centrali di governo. Si veda Giuseppe Majorana, Le cronache inedite di Filippo Caruso, in «Archivio Storico per la Sicilia Orientale», Catania, n. 10, 1913, pp. 112-135; Idem, Francesco Branciforte Barresi e le due principesse d'Austria, ibid., n. 13, 1916, pp. 80-128. Su Ercole Branciforte, duca di San Giovanni, padre di Ottavio, cfr. F.M.E. Villabianca, Della Sicilia nobile, Palermo, 1754, vol. II, pp. 15-18. Per la storia dei Branciforte è disponibile l'archivio di famiglia, depositato presso l'Archivio di Stato di Palermo: vedi Grazia Fallico, Le carte Branciforti nell'archivio privato dei principi di Trabia. Inventario, in «A.S.S.O.», n. 72, 1976, pp. 205-273.
  4. ^ Un Francesco Branciforte sposò una Giovanna d'Austria, figlia di Giovanni nato da Carlo V imperatore. Cfr. V. Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia, ossia Raccolta Araldica Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive., 1875, voce Branciforte.
  5. ^ Vittorio Sciuti Russi, Ottavio Branciforte, voce, in Enciclopedia della Sicilia, Parma, Ricci, 2006, p.182.
  6. ^ (LA) Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis illustrata... 1733, tomo primo, terzo libro, pp. 513-514. Il volume riporta il testo di una lettera datata 14 luglio 1638, da cui tanti storici hanno attinto le prime notizie.
  7. ^ F.O. Colonna, I vescovi di Catania, ms. sec XVIII, Catania, Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero, ms. B 5, citato in Barbara Mancuso, Assenze e presenze: opere, artisti, committenti a Catania nel XVII secolo, Catania, Maimone, 2011, p.157.
  8. ^ Riferiscono notizie sulla sua persona gli storici siciliani: Rocco Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis illustrata, a c. di A. Mongitore - V.M. Amico, Palermo, 1733, vol. I, pp. 560-561; I.B. De Grossis, Catana sacra sive de episcopis catanensibus, Catanae, 1654, pp. 286-287; V.M. Amico, Catana illustrata, sive sacra et civilis urbis Catanae Historia, a c. di V. Amico Statella, Catanae, 1743, II ed., vol. II, pp. 459-463; F.M.E. Villabianca, Della Sicilia nobile, Palermo, 1954, vol. III, p. 19 nota; A. Mongitore, Bibliotheca sicula, Panormi, 1714, vol.II, pp. 109-110, voce Octavius Brancifortius; Francesco Ferrara, Storia di Catania sino alla fine del secolo XVIII, Catania, 1829, pp. 156-158.
  9. ^ Francesco San Martino e De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni, Palermo, 1924, vol. II, p. 146.
  10. ^ Agata Lanza Gioeni, la figlia del principe di Trabia, aveva sposato in prime nozze nel 1593 il conte di Raccuia, Giuseppe Branciforte, e nel 1898 in seconde nozze, Ercole Branciforti, duca di S. Giovanni. Cfr. Il giardino come labirinto della storia, convegno internazionale (Palermo, 14-17 aprile 1984), raccolta degli atti, Palermo, Centro di studi di storia e arte dei giardini, 1984?, p.86, 88.
  11. ^ I dati principali della vita di Ottavio Branciforte sono riferiti da Giuseppe Cavicchi, «Le perturbazioni» di un vescovo siciliano del sec. XVIII (Ottavio Branciforte), in « Memorie e rendiconti dell'Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale », s. 2, vol. 2, 1972, pp. 175-352. Longhitano, citato in altre note, lamenta che sulla composizione della famiglia di Branciforte fu creata una certa confusione dallo scrittore Majorana, che compilò un elenco interminabile di fratelli e di sorelle, desumendolo da alcuni manoscritti, senza avvertire la necessità di verificarlo con altre fonti. Vedi come esempio: G. Majorana, Francesco Branciforte, cit., pp. 123-124.
  12. ^ Cfr. Adolfo Longhitano, Le relazioni «ad limina» della Diocesi di Catania (1590-1890), Catania, Studio Teologico S. Paolo, vol. 2, p.134 nota 4: qui si cita il dato biografico da cui si ricava, dallo spoglio del processo informativo per la nomina di Branciforte a vescovo di Cefalù, tenuto nel gennaio del 1633, che durante la deposizione del teste Mariano Valguarnera si disse che: «... detto signor Ottavio è dottore in teologia e in iure canonico, [...] si addottorò in Messina che saranno da nove in diece anni in circa». Antonino De Geronimo, altro teste, affermò: «Io so che il detto signor Ottavio è dottore in teologia et legge e questo lo so per haver visto il suo privilegio che si addottorò in Messina».
  13. ^ R. Pirri, Sicilia sacra, cit., p. 560; A. Mongitore, Bibliotheca sicula, cit., p. 109; G. Cavicchi, «Le perturbazioni», cit., pp. 193-194; Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia de' viceré, cit., vol. III, pp. 68-81.
  14. ^ a b Adolfo Longhitano, Le relazioni "Ad limina" della Diocesi di Catania (1595-1890), Catania, Istituto teologico S. Paolo/Firenze, Giunti, 2009, vol. 2, p.134.
  15. ^ Sempre dalla stessa deposizione del teste De Geronimo al processo informativo si apprende: «... detto signor Don Ottavio è sacerdote da cinque o sei anni in circa, che si ordinò in Spagna dal sig. cardinale Panfilio, in quel tempo nuntio; et questo lo so perché mi trovai presente quando fu ordinato». Vedi. A. Longhitano, Le relazioni "Ad limina", cit., pp.134-135 nota 8.
  16. ^ Longhitano (in Le relazioni "Ad limina", cit., p.135 nota 9) riporta l'incipit degli atti del processo informativo con la dichiarazione del card. Francesco Barberini: «Pateat evidenter et sit notum quod anno a nativitate Domini nostri Iesu Christi millesimo sexcentesimo trigesimo tertio, indictione prima, die vero quarta mensis ianuarii [...] em.mus et rev.mus dominus Franciscus, tituli Sancti Laurentii in Damaso S.R.E. presbiter cardinalis, Barberinus asserens sibi demandatum esse a sanctissimo domino nostro papa processus conficere supra statu Ecclesiae Cephaluden. vacantis per mortem reverendissimi fratris Stephani Munier (si tratta di Manuel Esteban Muniera, deceduto il 14 ottobre 1631, ndr), ordinis redemptionis captivorum illius ultimi episcopi, nec non etiam de vita et moribus reverendi domini Octavii Branciforti ad illam promovendum stante nominatione maiestatis catholicae in eius personam factam» (Proc Cons 32 A, fol. 445r-445v).
  17. ^ Vittorio Sciuti Russi, Ottavio Branciforte, voce, in Enciclopedia della Sicilia, Parma, Ricci, 2006, p.181.
  18. ^ R. Pirri, Sicilia sacra, cit., p. 560).
  19. ^ A. Longhitano, Le relazioni "Ad limina", cit., p.136 nota 12.).
  20. ^ R. Pirri, Sicilia sacra, cit., p.560; I.B. De Grossis, Catana sacra, cit., p. 286; F.M.E. Villabianca, Della Sicilia nobile, cit., vol.III, p.19.
  21. ^ (LA) Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Leipzig 1931, pp. 944-945.
  22. ^ (LA) Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi sive summorum pontificum, S.R.E. cardinalium, ecclesiarum antistitum series: e documentis tabularii praesertim Vaticanicollecta, vol. 4 Archiviato il 4 ottobre 2018 in Internet Archive., pp. 141-142. Secondo Eubel, negli archivi vaticani non esiste alcuna nomina di questo vescovo per Catania.
  23. ^ Da Proc Cons 36, fol. 697r; 705v-706v, riportato in A. Longhitano, Le relazioni "Ad limina", cit., pp.135-136 nota 11. Inoltre nella bolla di nomina si fa obbligo al nuovo vescovo di erigere al più presto nel capitolo della cattedrale le prebende del teologo e del penitenziere, in conformità alle prescrizioni del Concilio di Trento (Tutt'Atti 1637-1638, fol. 438).
  24. ^ Una condizione gravata dal pesante risentimento dei Catanesi accresciutosi nel 1640, dopo la decisione del Tribunale del Patrimonio di vendere i casali etnei, che erano parte integrante del territorio catanese. Cfr. F. Ferrara, Storia di Catania, cit., pp. 159-161; A. Longhitano, Le relazioni "Ad limina", cit., p.136 nota 12.
  25. ^ a b A. Longhitano, Le relazioni "Ad limina", cit., p.136.
  26. ^ R. Pirri, Sicilia sacra, cit., pp. 558-560; I.B. De Grossis, Catana sacra, cit., pp. 282-285; V.M. Amico, Catana illustrata, cit., pp. 450-454; F. Ferrara, Storia di Catania, cit., pp. 154-155.
  27. ^ In un documento del 7 luglio 1639 si indica Antonio Branciforte come "Procuratore e Commissionato dal Reverendissimo d'Ottavio Branciforti suo fratello, Somiglier di cortina di Sua Catholica Maestà, Conte di Mascale, Cancelliero dell'Almo Studio e vescovo di detta Città di Catania". Cfr. Lavinia Gazzè, L'acquedotto di Cibali, in «A.S.S.O.», Catania, anno CV, n. 1, 2009 (ma stampa 2012), serie II, p. 34.
  28. ^ Vincenzo Cordaro Clarenza, Osservazioni sopra la storia di Catania cavate dalla storia ..., Catania, 1833, Voll. 3-4, p.126. Si custodiscono nel Museo diocesano di Catania il leggio in argento con lo stemma della famiglia Branciforte e un braccio reliquiario di S. Caterina. Cfr. Gli arredi argentei della Cattedrale Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive., come si legge dal sito Museodiocesanocatania.com.
  29. ^ Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nulluis) del Regno delle Due Sicilie, raccolti, annotati, scritti per l'ab. Vincenzo D'Avino, Napoli, dalle stampe di Ranucci, 1848.
  30. ^ (LA) V.M. Amico,Catana sacra sive de episcopis catanensibus, Catanae, 1741, p. 103; F. Ferrara, Storia di Catania, cit., p. 156.
  31. ^ Luigi Branciforte Lanza, fratello di Ottavio, anch'egli sacerdote, fu eletto vicario generale del vescovato e diocesi di Catania, poi vice cancelliere dell'Accademia della stessa città, quindi arcidiacono. Autore del libro "Iter poenitentis" (Neapoli, apud Lucam Antonium Fuscum, 1662). Cfr. G.M. Mira, Bibliografia siciliana ovvero Gran dizionario bibliografico delle opere..., Palermo, 1873, p. 127.
  32. ^ F. Ferrara, Storia di Catania, cit., p. 157. Per un approfondimento sul palazzo e il giardino catanesi vedi pure: Fabio Basile e Eugenio Magnano Di San Lio, Orti e giardini dell'aristocrazia catanese, Messina, Sicania, 1997, p.44. Fra l'altro si dice: "La lunga causa insorta fra i Carmelitani ed i Branciforti dopo la morte del vescovo Ottavio avvenuta nel 1646, la colata lavica del 1669 e la guerra di Messina tra il 1674 ed il 1678, ma anche, e soprattutto, la riluttanza dei monaci a trasferirsi nel giardino di Cifali, saranno le cause del degrado precoce del giardino del vescovo, degrado iniziato già pochi anni dopo la sua creazione".
  33. ^ Le villa-giardino nella Sicilia del primo '600 - a Cammarata, "nel luogo di S. Michele"; a Monreale, "nella strada delli chiuppi"; a Leonforte, per opera del suo principe-fondatore; a Catania, in "terra di Cifali"; tra Lentini e Scordia, per volontà del principe-fondatore di Scordia - riportano tutti ad Agata Lanza Gioeni, madre di Ottavio. Cfr. Il giardino come labirinto della storia, cit., p.86, 88.
  34. ^ L'episodio è documentato nella relazione del protonotaro dell'epoca: «La città pretese non doversi mettere alla spalla il vescovo, stante che ci era il principe di Scordia suo fratello, per non andare in quattro; et il viceré col voto del consiglio dichiarò che andassero in quattro come nel parlamento: l'almirante, a man destra il principe di Scordia, a man sinestra il vescovo e la città, et all'uscire non ci fu il vescovo». Cfr. Enrico Mazzarese Fardella, Laura Fatta Del Bosco, Costanza Barile Piaggia (a cura di), Cerimoniale de' signori viceré (1584-1668), Palermo, Societa siciliana per la storia patria, 1976, pp. 162-163.
  35. ^ A Scordia la costruzione dell'attuale chiesa di S. Antonio di Padova, con annesso l'ex convento dei frati riformati di San Francesco, fu voluta nel 1644 dal principe Antonio Branciforte, su sollecitazione del fratello Ottavio e della moglie Giuseppina Campulo. cfr. Scordia - La Città Archiviato il 15 maggio 2006 in Internet Archive., dal sito del Comune di Scordia.
  36. ^ F. Ferrara, Storia di Catania, cit., p.158.
  37. ^ Ferrara riporta la lapide del sepolcro sito nella Cattedrale di Acireale: Acim se contulit; ubi laetam vitam agens suum clausit diem. Vedi F. Ferrara, Storia di Catania, cit., p. 157 nota 1. Tra i tesori d'arte posseduti dal vescovo fu rammentata «una pietra berzuale artificiale come dice Antonino Coltelli aromataro», citata nell'inventario post mortem (1646) di don Ottavio Branciforti (A.S.Pa., Carte Trabia, Serie I, vol. 83, cc. 195 sgg.). Cfr. Wunderkammer siciliana: alle origini del museo perduto, a cura di Vincenzo Abbate, Napoli, Electa Napoli, 2001, p.45. ISBN 88-435-8587-8
  38. ^ R. Pirri, Sicilia sacra, cit., p. 129; I.B. De Grossi, Catana sacra, cit., p. 287; A. Mongitore, Bibliotheca sicula, cit., vol. II, p. 109.
  39. ^ Octavii Brancifortii, De animorum perturbationibus subsecivarum cogitationum, pars I et II, in nostro Catanae palatio, per Iosephum Bisagna typographum cameralem, 1642, voll.2. Su quest'opera cfr. pure: G. Cavicchi, «Le perturbazioni», cit.; Corrado Dollo, Filosofia e scienze in Sicilia, Padova, CEDAM, 1979, pp. 108-116.
  40. ^ Scrive in merito Sciuti Russi: « Nel 1642, nella tipografia vescovile di Catania, pubblicò l'opera dedicata a Filippo IV [...] S'iscriveva nella tradizionale dottrina aristotelico-tomista [...] finalizzata ad indagare la causa efficiente e formale, il soggetto e gli effetti delle perturbazioni dell'anima. L'analisi delle passioni era considerata superiore ad ogni altro genere di trattazione, anche filosofica e poetica, ed agli studi economici di coloro che si occupavano di pubblica utilità. Nel "De animorum perturbationibus" il nobile prelato ci ha consegnato anche la descrizione minuziosa e affascinante della villa-giardino di San Michele, edificata vicino Cammarata dal padre Ercole, il neo-stoico "cavaliere giostrante" cresciuto in una cultura classicheggiante mitologica e pagana. Nella lettura simbolica, adesso stoica e cristiana, offerta dal figlio vescovo, gli "Horti Brancifortianorum" indicavano un complesso percorso di purificazione: dalla fontana d'ingresso, in cui lavarsi dalle sozzure di una vita malvagia, all'attraversamento del doppio labirinto delle varie passioni (tutte originate dalla concupiscenza e dall'ira), al giardino ricco di rappresentazioni zoomorfiche e di grotte. La colomba, simbolo "delle virtù attive dello spirito celeste", avrebbe guidato chi anelava alla virtù verso la contemplazione dei "benefici divini". Nell'utopia nobiliare eroica e nel progetto culturale di Ottavio Branciforti non avevano alcun rilievo, e furono relegate ad un ruolo di completa subordinazione, le discipline economiche, la tecnologia e la scienza, che invece, in quegli anni, nei gruppi dirigenti messinesi ne furono i propagatori entusiasti ed interessati. Il tentativo di rinnovare gli studi nell'isola e di aprire le porte alla "nuova scienza" sarà compiuto da questi ultimi con la chiamata, nel 1643, di Giovanni Alfonso Borelli alla cattedra di Metafisica dell'Università di Messina». Cfr. Vittorio Sciuti Russi, Ottavio Branciforte, voce, in Enciclopedia della Sicilia, Parma, Ricci, 2006, p.182.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Louis Moreri, Cefalù, in Le grand dictionaire historique ou le melange curieux de l'histoire sacree et profane, 3ª ed., Lyon, Girin, 1683, p. 807.
  • Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia: dalla loro origine sino ai nostri giorni, Volume 21, Venezia, 1877 (voce "Catania. Chiesa Arcivescovile").
  • Francesco Scaduto, Stato e chiesa nelle due Sicilie dai Normanni ai giorni nostri, 1887.
  • Adolfo Longhitano, Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1640-1646), in "Synaxis". Annuale dell'Istituto per la documentazione e la ricerca S. Paolo, II, Catania 1984, pp. 281–446. Poi in: Idem, Le relazioni "Ad limina" della Diocesi di Catania (1595-1890), Catania, Istituto teologico S. Paolo/Firenze, Giunti, 2009, vol. 2.
  • Fabio Basile e Eugenio Magnano Di San Lio, Orti e giardini dell'aristocrazia catanese, Messina, Sicania, 1997. ISBN 88-7268-074-3
  • Giuseppe Giarrizzo, Il cavaliere giostrante, Catania, G. Maimone, 1998. ISBN 88-7751-122-2
  • Lina Scalisi, Ai piedi dell'altare: politica e conflitto religioso nella Sicilia d'età moderna, Corigliano Calabro, Meridiana libri, 2001. ISBN 88-86175-67-1
  • (vsr) Vittorio Sciuti Russi, Ottavio Branciforte, voce, in Enciclopedia della Sicilia, Parma, Ricci, 2006.
  • Barbara Mancuso, Assenze e presenze: opere, artisti, committenti a Catania nel XVII secolo, Catania, Maimone, 2011. ISBN 978-88-7751-330-4

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo di Cefalù Successore
Manuel Esteban Muniera 10 gennaio 1633 - 2 marzo 1638 Pietro Corsetto
Predecessore Vescovo di Catania Successore
Innocenzo Massimo 23 aprile 1638 - 7 dicembre 1646 Marco Antonio Gussio
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