Elisabetta di Borbone-Francia (1764-1794)

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Elisabetta di Borbone-Francia
Elisabetta di Francia ritratta da Elisabeth Vigée-Lebrun nel 1782, Reggia di Versailles
Principessa di Francia
Stemma
Stemma
Nome completoÉlisabeth Philippe Marie Hélène de France
TrattamentoSua Altezza Reale
Altri titoliFille de France
NascitaReggia di Versailles, 3 maggio 1764
MortePlace de la Concorde, Parigi, 10 maggio 1794
Luogo di sepolturaCimitero degli Errancis, Parigi; in seguito alle Catacombe di Parigi (forse)
PadreLuigi Ferdinando, delfino di Francia
MadreMaria Giuseppina di Sassonia
ReligioneCattolicesimo
Elisabetta di Francia
Elisabetta di Francia ritratta da Adélaïde Labille-Guiard nel 1788, Versailles
 

Vergine e martire

 
NascitaVersailles, 3 maggio 1764
MorteParigi, 10 maggio 1794
Venerata daChiesa cattolica
Santuario principaleBasilica di Saint-Denis
Ricorrenza10 maggio
Attributipalma del martirio
fleur de lis
rosario

Elisabetta di Borbone-Francia (Élisabeth Philippe Marie Hélène de France[1][2]; Versailles, 3 maggio 1764Parigi, 10 maggio 1794) è stata una nobildonna francese, nota anche come Madame Élisabeth, principessa[3] di Francia nonché la minore delle sorelle del re Luigi XVI. Viveva a corte, esercitando una profonda influenza su suo fratello. Durante la rivoluzione francese, rimase accanto al sovrano e alla sua famiglia e fu giustiziata in Place de la Révolution a Parigi durante il Regime del Terrore. Come il fratello l'anno prima, fu dichiarata martire dalla Chiesa cattolica nel 1794, serva di Dio nel 1953 e dal 1924 fu in corso una causa di beatificazione, riaperta nel 2017[4][5].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Infanzia[modifica | modifica wikitesto]

Elisabetta da bambina, ritratta da Joseph Ducreux, 1768.

Elisabetta nacque il 3 maggio 1764 nel palazzo di Versailles, in Francia, come la più giovane dei figli di Luigi Ferdinando, delfino di Francia, e della sua seconda moglie, Maria Giuseppina di Sassonia. I suoi nonni paterni erano il re Luigi XV di Francia e la sua consorte, la regina Maria Leszczyńska. Come nipote del re, era una Petite-Fille de France. I suoi nonni materni erano Augusto III di Polonia, anche Elettore di Sassonia, e sua moglie, l'arciduchessa Maria Giuseppa, figlia del Sacro Romano Imperatore Giuseppe I.

Alla morte improvvisa di suo padre nel 1765, il maggiore dei fratelli sopravvissuti di Elisabetta, Luigi Augusto (che sarà poi Luigi XVI di Francia), diventò il nuovo delfino, l'erede apparente al trono francese. La loro madre Maria Giuseppina, che non si riprese mai dalla perdita di suo marito, morì nel marzo 1767 di tubercolosi.[6] Questa situazione lasciò Elisabetta orfana all'età di appena due anni, insieme ai suoi altri fratelli e sorelle: Luigi Augusto, Luigi Stanislao, conte di Provenza, Carlo Filippo, conte d'Artois e Clotilde ("Madame Clotilde").

Elisabetta e sua sorella Clotilde furono quindi allevate da Marie Louise de Rohan, comtesse de Marsan e Governante dei figli di Francia e sorella del principe di Soubise. Le fu impartita una buona educazione. Imparò l'italiano sotto la guida di Carlo Goldoni. Aveva una passione per l'arte, alcuni dei suoi disegni sono conservati nel museo dello Château de Versailles. Era anche molto interessata all'algebra.

Elisabetta era profondamente religiosa. Fu devota a Luigi e rifiutò di sposarsi in modo da poter rimanere in Francia: nel 1777 le era stato proposto un matrimonio con Giuseppe II d'Asburgo-Lorena, ma preferì declinare, con il consenso del fratello.

Una principessa durante la rivoluzione[modifica | modifica wikitesto]

Elisabetta e suo fratello Carlo Filippo, conte d'Artois, erano i più accaniti conservatori della famiglia reale, quindi dell'assolutismo monarchico. Diversamente da Carlo che, su ordine del re, lasciò la Francia il 17 luglio 1789, tre giorni dopo la presa della Bastiglia[7], Elisabetta rifiutò di fuggire quando la gravità degli eventi stabilita dalla rivoluzione francese diventò chiara. Dopo la marcia delle donne su Versailles il 5 ottobre 1789 e il trasferimento della famiglia reale al palazzo delle Tuileries a Parigi, rimase con il re e la sua famiglia, piuttosto che con le sue zie, mesdames Adélaïde e Victoire, al castello di Bellevue a Meudon, nei pressi di Parigi. Prese successivamente parte alla fallimentare fuga a Varennes, con cui il sovrano aveva tentato di lasciare la Francia nel giugno 1791.[8]

Madame Élisabeth era presente alla riunione dell'Assemblea legislativa quando Luigi venne sospeso. Venne imprigionata nel Tempio con la famiglia reale. Con l'esecuzione del re, il 21 gennaio 1793[9], e la rimozione di suo nipote, il giovane delfino, il 3 luglio, Elisabetta rimase sola con la regina Maria Antonietta e sua nipote Maria Teresa Carlotta nella torre. La regina venne portata alla Conciergerie il 2 agosto 1793 e l'esecuzione avvenne il 16 ottobre. L'ultima lettera di Maria Antonietta, scritta nelle prime ore del giorno dell'esecuzione, era indirizzata alla cognata Elisabetta, la sua migliore alleata, ma lei non la ricevette mai. Le due principesse vennero tenute all'oscuro della morte della regina ed Elisabetta ebbe la notizia della morte della sua cognata al momento della sua esecuzione.

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Il 9 maggio 1794, Elisabetta venne anche lei trasferita alla Conciergerie e condotta davanti al Tribunale rivoluzionario. Era accusata di aver favorito la fuga del re, di finanziare gli émigré con soldi, di incoraggiare la resistenza nelle truppe reali durante la giornata del 10 agosto 1792, nonché di aver avuto rapporti incestuosi con suo nipote, il delfino. Venne condannata a morte e ghigliottinata il giorno seguente.

Causa di beatificazione[modifica | modifica wikitesto]

La sua causa di beatificazione fu aperta nel 1924, ma non si è ancora realizzata. Diverse sue biografie sono state pubblicate su di lei in francese, mentre un vasto approfondimento della sua vita viene fatto nella biografia scritta da Antonia Fraser su Maria Antonietta e in quella di Deborah Cadbury su Luigi XVII.

Su un foglio volante, pubblicato a Roma in data incerta, forse nel 1793, fu stampata la Preghiera quotidiana di Madama Elisabetta sorella di Luigi XVI detenuta nelle prigioni della Conciergeria.[10]

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Luigi, duca di Borgogna Luigi, il Gran Delfino  
 
Duchessa Maria Anna Vittoria di Baviera  
Luigi XV di Francia  
Maria Adelaide di Savoia Vittorio Amedeo II di Savoia  
 
Anna Maria d'Orléans  
Luigi di Borbone-Francia  
Stanisalo I di Polonia Conte Rafal Leszczynski  
 
Principessa Anna Jablonowska  
Maria Leszczyńska  
Caterina Opalińska Conte Jan Karol Opalinski  
 
Contessa Zofia Czarnkowska  
Elisabetta di Borbone-Francia  
Augusto II di Polonia Giovanni Giorgio III di Sassonia  
 
Anna Sofia di Danimarca  
Augusto III di Polonia  
Cristiana di Brandeburgo-Bayreuth Cristiano Ernesto di Brandeburgo-Bayreuth  
 
Sofia Luisa di Württemberg  
Maria Giuseppina di Sassonia  
Giuseppe I d'Asburgo Leopoldo I d'Asburgo  
 
Eleonora del Palatinato-Neuburg  
Maria Giuseppa d'Austria  
Guglielmina Amalia di Brunswick-Lüneburg Giovanni Federico di Brunswick-Lüneburg  
 
Benedetta Enrichetta del Palatinato  
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nicolas Louis Achaintre, Histoire généalogique et chronologique de la maison royale de Bourbon, Vol. 2, (Rue de l'École de Médecine, 1824), p. 168.
  2. ^ Diderot & d'Alembert, Encyclopédie méthodique: Jurisprudence, Paris, 1786, p. 159.
  3. ^ Il titolo corretto dei figli dei re di Francia è Fille de France, figlia di Francia.
  4. ^ (EN) 1794, in faithweb.com. URL consultato il 10 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
  5. ^ (FR) Bienvenue sur le site de la paroisse Sainte-Élisabeth-de-Hongrie, in sainteelisabethdehongrie.com. URL consultato il 10 maggio 2017.
  6. ^ Evelyne Lever, Louis XVI, Librairie Arthème Fayard, Paris (1985), p. 43.
  7. ^ André Castelot, Charles X, La fin d'un monde, Perrin, Paris, 1988, pp. 79-80, ISBN 2-262-00545-1.
  8. ^ J. Michelet, Histoire de la Révolution française I, Paris, Gallimard, 1952, vol. I, pp. 591 e ss.
  9. ^ Secondo Antonia Fraser, durante l'esecuzione Madame Elisabetta udì il popolo gioire e commentò: Quei mostri! Adesso saranno soddisfatti! (Fraser, p. 438).
  10. ^ Giuseppina Benassati e Lauro Rossi (a cura di), L'Italia nella Rivoluzione 1789-1799, Casalecchio di Reno, Grafis Edizioni, 1990, p. 160.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Madame Campan, La vita segreta di Maria Antonietta (Memorie), Roma, Newton Compton, 2006, ISBN 88-541-0785-9.
  • André Castelot, Maria Antonietta: la vera storia di una regina incompresa, Milano, Fabbri Editori, 2000.
  • Paolo Cortesi, Luigi XVII. Il bambino ucciso dal terrore, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 88-89325-45-3.
  • Benedetta Craveri, Amanti e regine. Il potere delle donne, Milano, Adelphi, 2008, ISBN 978-88-459-2302-9.
  • Carolly Erickson, Maria Antonietta, Milano, Mondadori, 1997, ISBN 88-04-43662-X.
  • Antonia Fraser, Maria Antonietta. La solitudine di una regina, Milano, Mondadori, 2003, ISBN 88-04-50677-6.
  • Cesare Giardini, I processi di Luigi XVI e Maria Antonietta (1793), Verona, Mondadori, 1934.
  • Joan Haslip, Maria Antonietta, Milano, Longanesi, 1999, ISBN 88-304-0876-X.
  • Evelyne Lever, Maria Antonietta. L'ultima regina, Milano, BUR Biografie, 2007, ISBN 978-88-17-00940-9.
  • Antonio Spinosa, Luigi XVI. L'ultimo sole di Versailles, Milano, Mondadori, 2008, ISBN 978-88-04-58134-5.
  • Élisabeth Vigée-Le Brun, Memorie di una ritrattista, Milano, Abscondita, 2004, ISBN 88-8416-135-5.
  • Stefan Zweig, Maria Antonietta. Una vita involontariamente eroica, Verona, Mondadori, 1948.

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