Via Cecilia

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La via Cecilia lungo la strada maestra del Parco in prossimità del bivio per il Lago di Campotosto e nei pressi del passo delle Capannelle, nel cuore del parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga Le due iscrizioni, si riferiscono al tratto iniziale e al tratto finale della via Cecilia e quindi non danno indicazioni sul suo percorso intermedio nella regione della Sabina

La via Cecilia (in latino Via Caecilia) era una antica via romana che staccandosi dalla via Salaria, raggiungeva la costa adriatica.

Percorso[modifica | modifica wikitesto]

Amiternum

Il suo percorso costeggiava Amiternum (nella piana dell'Aquila e raggiungeva anche Hatria (l'odierna Atri). Un ramo della via Cecilia attraversava anche Interamnia Praetuttiorum (Teramo) (dopo aver oltrepassato la limitrofa Necropoli di Ponte Messato) e quindi probabilmente raggiungeva la costa a Castrum Novum (Giulianova), a una distanza di circa 151 miglia da Roma.

Vi è incertezza su chi sia stato il costruttore della via Cecilia, che potrebbe identificarsi con il console Lucio Cecilio Metello Calvo nel 142 a.C. oppure con Lucio Cecilio Metello Diademato nel 117 a.C.

Anche il percorso della via Cecilia è alquanto incerto e in fase di discussione. Al riguardo vi sono due documenti: un'iscrizione rinvenuta a Roma, vicino a Porta Collina, con la quale si ricorda l'appalto di alcune opere di risistemazione della via la cui datazione potrebbe essere del periodo di Silla; il secondo documento è una pietra miliare ritrovata a Sant'Omero, in provincia di Teramo, nel territorio del Piceno. In questa pietra si citano il console L. Caecilius Q.f. Metellus, che si presume possa essere il costruttore della via, e la distanza da Roma è di 119 miglia.

Nel 1956, nel Comune di Mompeo (Rieti) nel terreno Vocabolo Campo, è stato trovato un Cippo Miliare posto proprio dall’imperatore Augusto nel 16 – 15 a.C. per indicare il trentacinquesimo miglio di distanza da Roma (circa 52 Km): il suo ritrovamento testimonia ormai con certezza il passaggio in questa terra della via consolare che con ogni probabilità si innestava dalla Salaria e collegava Roma con la Sabina attraversando anche la Valle del Farfa; lungo il suo tragitto i Romani costruirono le loro opere, tra cui un ponte, parzialmente conservato lungo il corso del Farfa.

Il cippo miliare (conservato presso il Castello Baronale di Mompeo, è alto: 1,75 m. e ha una circonferenza di 2 m) è stato ricavato dalla pietra locale, presenta affinità con gli esemplari rinvenuti lungo la Via Salaria e reca un’iscrizione:

IMP (erator) CAESAR DIVI F(ilius) AUGUSTUS

COS(nsul) XI (undecim) TRIBUN(iciae)

POTEST(atis) VI (sex) EX S(enatus)

C(onsulto) XXXV (triginta quinque)

Augusto Cesare imperatore - Figlio del Divo (Giulio Cesare)

Anno XI del consolato Anno VI della potestà tribunizia.

Per decreto del Senato

35º miglio da Roma.

Dallo studio dell’archeologo Filippo Coarelli del 2016[1] che riprende sull’argomento i più recenti lavori di M.P. Guidobaldi[2] e Silvia Barbetta[3], offrendo con alcune rettifiche del testo proposto in precedenti studi, una nuova lettura della epigrafe di Porta Collina, fatta risalire agli ultimi decenni del II secolo a.C. (115 ca.), che prevedeva ingenti stanziamenti per il miglioramento soprattutto del tratto montano della strada, emerge una nuova ricostruzione del percorso della Via Caecilia, confermandone la denominazione soprattutto per il tratto di strada che da Amiternum conduceva al versante adriatico dell’Abruzzo settentrionale[4], che la fa derivare dalla antica via Salaria (che si dirigeva verso Cures Sabini), a partire dal miglio 18 e cioè da Eretum, per farla deviare verso nord est raggiungendo Reate e Interocrium e da lì ancora deviando verso est, raggiungeva Amiternum tra il miglio 81 e 82, da qui la via passava con ogni probabilità per l’abitato attuale di Marruci (via teramana) e saliva al passo delle Capannelle valicando l’Appennino nei pressi del miglio LXXXX presso Porcinaro, seguendo poi l’argine sinistro del Vomano per oltrepassarlo sulla riva destra con un ponte descritto da Niccola Palma[5] a poca distanza dall'odierno ponte noto come Paladini. La misurazione derivante dalla lapide consentirebbe, contrariamente alla tesi storica del suo principio presso Montorio al Vomano[6], di individuare il vorsus dove aveva inizio il deverticulum per Interamnia Pratetutiorum non lontano dal miglio LXXXXVIII[7] e cioè presumibilmente nei pressi della attuale contrada di Aprati (nel comune di Crognaleto presso il km 42 della S.S. 80), consentendo di raccordare con precisione tale diramazione che penetrava le montagne di Roseto, fino al miliario CXIV rinvenuto presso Valle San Giovanni, confermando in parte l’ipotesi di Sandro Zenodocchio circa la via del Batino[8], raggiungendo Teramo in linea con il miliario CXIX, detto di Sant’Omero ma ritenuto fuori posto[9] e il CXX, attraversando la Necropoli di Ponte Messato. Dal miglio 98 la strada proseguiva ancora per un tratto lungo l’argine destro del fiume proseguendo fino nei pressi di Senarica e di Poggio Umbricchio, dove la strada segnava il miglio CIIII[10] e oltrepassato di nuovo il fiume sulla riva sinistra[11] seguiva l’argine fino all'area della odierna Montorio (forse Beregra), proseguendo fino a raggiungere Atri e il porto di Cerrano.

Reperti[modifica | modifica wikitesto]

Necropoli di Ponte Messato

L'opinione diffusa tra gli studiosi, che trova un riscontro negli atlanti storici, la Cecilia si distaccava dalla Salaria in territorio sabino (nella zona di Trebula Mutuesca, a monte di Rieti come appare nella mappa del Barrington Atlas), avrebbe poi costeggiato Amiternum a sud dell'Anfiteatro dove sono visibili gli scavi di un tratto della stessa, passava rasente il teatro dove poco dopo c'è un grande sepolcro e superava lo spartiacque appenninico, con un percorso incerto (attuale via Teramana di Marruci o in linea retta ad Arischia dove c'è il resto di un sepolcro), in quello che oggi si chiama il Passo delle Capannelle, a 1300 m sul livello del mare, per poi scendere la valle del Vomanus (Vomano) che divide la catena del Gran Sasso dalla catena dei Monti della Laga.

Dopo le Capannelle, in località Porcinari, esiste un tratto visibile con le "crepedines" ancora "in situ" e in località Paladini ritrovati i resti del pilone di un ponte.

Altre pietre miliari sono state trovate nella zona di Poggio Umbricchio (il cippo indicante il miglio romano CIIII conservato nella locale chiesa) e a Valle San Giovanni (il cippo indicante il miglio CXIIII).

Gerhard Radke, studioso e autore della pubblicazione sulle Viae publicae Romanae nella Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, ha però contestato l'opinione comune, poggiando la sua tesi sul fatto che una via di grande comunicazione romana con poca probabilità avrebbe seguito un percorso impervio come quello appena indicato.

Radke è invece dell'opinione che la via Cecilia ricalcasse esattamente, nella prima parte, la vecchia via Salaria; da Ascoli si sarebbe diretta verso Castrum Novum (l'odierna Giulianova) e Hadria (l'odierna Atri). Il prolungamento della Cecilia dunque avrebbe sostanzialmente interessato solamente l'area che in età augustea farà parte della regio V Picenum.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Filippo Coarelli, Via Caecilia e Via Salaria. Una proposta, in Archeologia Classica, Vol. 67 (2016), pp. 215-232 (18 pages), Published By: L’Erma di Bretschneider
  2. ^ Maria P. Guidobaldi, La via Caecilia: riflessioni sulla cronologia e sul percorso di una via publica romana, in La Salaria in età antica, Atti del convegno, Ascoli Piceno – Offida – Rieti 2-4 ottobre 1997, a cura di E. Catani – G. Paci. Roma, 2000, pp. 227-291
  3. ^ Silvia Barbetta, La via Caecilia da Roma ad Amiternum, in La Salaria in età antica, Atti del convegno, Ascoli Piceno - Offida - Rieti 2-4 ottobre 1997, a cura di Enzo Catani - Gianfranco Paci, Roma, 2000, pp. 47-64
  4. ^ F. Coarelli, Via Caecilia cit, p.228
  5. ^ Niccola Palma, Storia Ecclesiastica e civile della regione più settentrionale del Regno di Napoli (oggi città di Teramo)... - Vol. 5, Stampatore U. Angeletti 1835-1836, vol. 5, p. 206; Niccolò Persichetti, Alla ricerca della Via Caecilia, Mitteilungen des Deutschen Archaeologischen Instituts, Romische Abteilung. Bullettino dell'Istituto archeologico germanico, Sezione romana" a. 1902 (pp.277 -304), pp.279-280
  6. ^ N. Persichetti, Alla ricerca della Via Caecilia, cit., p.289 e segg.
  7. ^ F. Coarelli, Via Caecilia cit, p.226-227
  8. ^ Sandro Zenodocchio, Antica viabilità in Abruzzo, Rea 2008, pp. 175-177
  9. ^ F. Coarelli, Via Caecilia cit. p. 216
  10. ^ Il cippo miliario con le dediche agli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano che consentono di datarlo intorno al 370 d.C. ca. potrebbe testimoniare il ripristino del tracciato a seguito del devastante terremoto del 346 d.C.
  11. ^ N. Persichetti, Alla ricerca della Via Caecilia, cit., p.283

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Scoperto a Valle San Giovanni un "miliario" della "Via del Batino", in Notizie dell'Economia, Teramo, Camera di Commercio, anno 1993, nn.3-4, pp. 60–66;
  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Roma attraversò le montagne per i traffici con Hatria e Interamnia, in Notizie dell'Economia, Teramo, Camera di Commercio, anno 1993, nn.5-6, pp. 97–106;
  • Valentina Savini e Vincenzo Torrieri, La Via Sacra d'Interamnia alla luce dei recenti scavi, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, Teramo, 2002;

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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