Utente:Lupo rosso/Sandbox/famiglie di antifascisti

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casa studente genova[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lotta_Comunista § Localizzazione_del_gruppo.

«Genova, 30 GIUGNO 2008 Un museo della memoria alla casa dello studente Proposto dal presidente della Regione Liguria Claudio Burlando nel corso della cerimonia inauguraleUn museo della Resistenza che recuperi le celle sottostanti la nuova casa dello Studente di corso Gastaldi dove, durante la Seconda Guerra Mondiale la Gestapo torturava i prigionieri, inserendole all'interno di un più ampio itinerario che raggruppi anche Villa Migone dove è stata firmata la resa dei tedeschi alla città di Genova, prima della Liberazione.La proposta è del presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, lanciata nel corso dell'inaugurazione delle nuove residenze universitarie di corso Gastaldi.»

[1]

Ha sede in un palazzo situato nella via intitolata a un martire della Resistenza italiana - Aldo Gastaldi- ed è situata a breve distanza dallo Scalo Merci Terralba di Genova

Durante la seconda guerra mondiale fu sede della polizia delle 29. Waffen-Grenadier-Division der SS (le SS italiane), delle stesse SS e della Gestapo.

«Cominciarono ventidue giorni di torture, in Questura, sotto gli artigli della terribile squadra politica di Giusto Veneziani[2]. Franco temeva di non reggere, i continui soffocamenti con l' acqua, i suoi nemmeno vent' anni potevano lasciar andare qualche nome: così tentò di lanciarsi da una finestra. Infranse il vetro, il suo corpo, ma venne afferrato per un piede e salvato. E spedito alla Casa dello Studente: «perché pensavano che là dove non erano riusciti gli italiani, sarebbero stati efficaci i tedeschi», sussurra Arrigo. Altre torture, ma qui c' era Engel. «I tedeschi erano raffinati - analizza - facevano ascoltare con cura le urla dei torturati nelle celle vicine. Avevano un metodo scientifico e psicologico, per distruggere ogni resistenza»

[3] Comandata da Friedrich Engel, fu luogo di tortura dei prigionieri politici. Alla Casa dello Studente furono reclusi molti esponenti dell'antifascismo genovese tra cui Vannuccio Faralli (che sarebbe poi diventato il primo sindaco di Genova nel dopoguerra), Luciano Bolis, Aldo Zanotti, Raffaele Pieragostini, Rurik Spolidoro.

Il 25 gennaio 1945 vi morì in seguito alle torture cui era stato sottoposto il dirigente comunista serravallese Roberto Berthoud.

Una lapide ricorda quei tragici fatti:

«I martiri qui sofferenti per la Giustizia la ricordano Casa delle torture ove la barbarie fu vile nella ferocia.
I Posteri memori delle cure e dei dolori la consacrano Tempio della Patria redenta e libera per il sacrifico dei figli.
La città di Genova nel LXXIV anniversario della morte di Giuseppe Mazzini - X marzo MCMXLVI»

Collegamenti Esterni[modifica | modifica wikitesto]

Famiglia Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

Mario Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

Mario Jacchia (Bologna, 2 gennaio 18961944) è stato un partigiano italiano.

ebreo , figlio di Eugenio ed Elisabetta Carpi lo ritroviamo nel 1943 militante del Partito d'Azione.Suo padre e' il piu' rappresentativo massone del Bolognese nel periodo antecedente il fascismo , irredentista era stato mandato via da Trieste dal governo austriaco , ed a Bologna nel periodo della prima guerra mondiale Mario e' un dirigente dei movimenti irredentisti occupandosi di prestar aiuto agli altri irredentisti espulsi da Trento e Trieste.All'inizio del conflitto abbandona gli studi di giurisprudenza per andar volontario negli Alpini dove si guadagna due medaglie d'argento.Tornato a Bologna e ripresi gli studi entra nel movimento politico " Sempre pronti per la patria e per il re " che son gruppi nazionalisti paramilitari.Tali gruppi ricordano un po' i freikorps , e son guidati da un ex tenente di nome Dino Zanetti .Si scontrano con i braccianti quando questi ultimi rivendicano i diritti su terre incolte in zona , i bracianti sono organizzati dalla Federterra provinciale.Durante una manofstazione quando i manifestanti stanno per lasciare piazza Malpighi , dopo la manifestazione , percorrendo via Ugo Bassi onde arrivare a piazza Rizzoli gli squadroni paramilitari fecero fuoco e resto' uccisa la bracciante Geltrude Grassi. Gli scontri proseguirono nel pomeriggio con alcuni ufficiali che a seguito di Zanetti tenetarono di assaltare la sede della camera del lavoro di via Cavaliera 22 , l'attuale via Oberdan , fecero di nuovo fuoco ma la polizia li blocco' arrestandone 5 fra cui Mario che sempre piu' convinto del suo " nazionalismo " si iscrisse nel '20 al fascio bolognese fondato da Leandro Arpinati. Suo fratello Luigi , gia' corraggioso antifascista venne duramente bastonato dai fascisti e Mario abbondono' definitivamente il fascismo.Nel '24 i fascisti assalirono e depredarono la sede della massoneria bolognese mettendo simboli e quant'altro di rappresentativo in una cassa da morto che piazzarono innazi l'abitazione degli Jacchia in via d'Azeglio 58 a scopo evidentemente intimidatori nei confronti di Eugenio Jacchia padre di Mario e Luigi. Eugenio Jacchia fu pure lui bastonato dai fascisti e stavolta Mario non si accontenta di dimettirsi dal PNF e passa all'antifascismo militante.“L'Avvenire d'Italia” giornale clericalfascista che appoggia questi interventi squadristi e' diretto da Carlo Enrico Bolognesi Mario Jacchia si fa ricevere da lui e poi shiaffeggia con decisione per cui i fascisti al seguito di Arconovaldo Bonaccorsi e Giuseppe Ambrosi vulgo Peppino noti squadristi distruggono lo studio di avvocato gestito da Mario e da altri avvocati antifascisti , Mario arriva sul posto e prende a revolverate i fascisti questi rispondono al fuoco e lo bastonano danneggiandogli un occhio.Nei tafferugli un commissario di polizia gli dice di andaresene ma Mario risponde che e' un decorato di guerra e che quei furfanti non lo spaventano cosi' finisce pure in carcere per aver preso i fascisti a revolverate in difesa della sua prorpieta' che viene incendiiata dai fascisti stessi: e' ovvio che dopo questi fatti incominciano i guai seri col regime fascista tanto che nel '27 gli non gli viene consegnato il " certificato di buona condotta politica " , non essendo iscritto al PNF , anzi essendo ormai schedato fra gli antifascisti pericolosi , il suo lavoro da avvocato non puo' proseguire . Nel '30 Mario non ottiene il breveto di pilota a causa dei precedenti politici pur avendo superato brillantemente tuttti gli esami.Nel '39 in quanto ebreo e' radiato dall'albo degli avvocati e procuratori mentre nel '37 non gli viene dato il dovuto avenzamento di grado militare.Fu reintegrato nell'albo perche' i membri del comitato attto alla determinazione della razza stabilirono che il padre Eugenio non apparteneva alla razza ebraica ed e' sconosciuta la motivazione di tale evidente falsita'.Mario all'inizio del 1943 entra nel Partito d'Azione con Massenzio Masia con cui costituisce un embrione di organizzazione antifascista chiamata Fronte per la pace e la libertà che e' la prima struttura antifascista oraganizzata nel periodo e di indirizzo unitario ovvero partecipano persone di diverse idee politiche ma antifascisti.L' 8 -9-1943 Mario e' nella capitale ed e' presente negli scontri contro i germanici , di pari passo e' il rappresentante del Partito d'Azione per il CLN di Bologna .Nei primi mesi del '44 lascia tutti gli incarichi politico-burocratici in seno all'antifascismo per passare alla lotta militare. Prende nome di battaglia Rossini ed ha l'incarico di ispettore delle formazioni di Giustizia e Liberta' in Emilia ed infine gli viene affidato il comando militare per il nord dell'Emilia . Viene preso a Parma durante una riunione ma riesce a far fuggire i compagni ed a distrugger gran parte dei documenti presenti.Viene consegnato agli SD germanici e sembra venga torturato quantomeno cosi' testimoniano i suoi compagni di carcere : non e' stato ritrovato il suo corpo ed alla memoria gli viene assegnata Medaglia d'oro al valor militare Sulla casa di famiglia vine inserita una lapide con questa scritta

«Mario Jacchia /fedele agli ideali del padre / per l'Italia valorosamente combattè / per la libertà sostenne tenace lotta / In questa casa / visse lavorò cospirò / Da essa si dipartì / per offrirsi in olocausto / nella duplice tirannide / straniera e domestica / 1896-1944»

[4]

[5].Bologna gli dedica una piazza . La storia di Mario Jacchia ha dele similitudini non indifferenti ( partenza da grupi paramilitari antiproletari per approdare alla lotta armata antifascista ) con la vicenda di Beppo Römer. Dizionario Biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri. Valeria Jacchia , la figlia di Mario Jacchia durante la Resistenza era staffetta partigina e partcipo' alla battaglia di Montefiorino[6][7]

Decorazioni di Mario Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare

«Nobile figura di partigiano, fedele all'idea, che fu il credo della sua vita, fu tra i primi ad organizzare i nuclei di Resistenza contro l'oppressione nazi-fascista. Perseguitato per ragioni razziali, ricercato per la sua attività cospirativa e organizzativa, non desistette dall'opera intrapresa con tanto ardore. Nominato Ispettore Militare dell'Emilia, divenne in breve l'animatore del movimento clandestino della Regione, e, senza mai risparmiarsi, sempre rifulse per la forte personalità e per l'indomito coraggio dimostrato durante le frequenti missioni e i sopralluoghi rischiosi per meglio assolvere il suo compito. Sorpreso dalla polizia mentre presiedeva una riunione del suo Comando, veniva arrestato nel tentativo di distruggere tutto il materiale compromettente, compito che aveva assunto per sé, dopo avere ordinato ai suoi collaboratori di mettersi in salvo. Sottoposto a stringenti interrogatori si confessò unico responsabile e non pronunciò parola che potesse compromettere l'organizzazione. Dopo aver sopportato lunghi giorni di martirio, fu prelevato dal carcere e soppresso. Fulgido esempio di apostolo della libertà e di eroico sacrificio»

nella prima guerra mondiale:

Famiglia Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia Jacchia fu una famiglia di gente ebraica la cui particolarita' e' che alcuni suoi membri dopo aver aderito , per motivazioni legate all'irredentismo ed al nazionalismo , al fascismo passarono all' antifascismo anche a livello militare , il membro piu' significativo sotto quest'ultimo punto di vista e' forse Mario Jacchia . Per quanto riguarda la gente ebraica in totale su circa 43000 persone in Italia nel 1943 circa 1000 parteciparono alla Resistenza percentuale elevatissima riportata ala popolazione globale italiana che rapportata alla popolazione approssimativa italiana del periodo ci porterebbe ad un dato di attorno al milione di partigiani sulla popolazione totale a fronte della cifra reale che non supera la meta' di tale numero anzi ne e' al disotto.

Eugenio Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

Jacchia Eugenio , ebreo , nato l'11/10/1869 a Trieste figlio Luigi e Caterina Di Barbara; padre di Mario e zio di Pietro , di professione avvocato ed acceso irredentista fu mandato via da Trieste dal governo austriaco nel 1889 .Trasferitosi a Bologna si impegno' politicamnete in organizzazioni di sinistra democratica arrivando ad essere eletto in consiglio comunale nel 1902 in un raggruppamento Unione dei partiti popolari — composta da radicali, repubblicani e socialisti che ebbe la maggioranza , nel contempo si iscrisse alla Massoneria .In consiglio comunale , presieduto da Enrico Golinelli del partito repubblicano , fu assessore alla pubblica istruzione . Nel periodo immediatamente precedente la prima guerra mondiale divenne uno dei massimi dirigenti del movimento interventista di indirizzo democratico-progressista nel dopo prima guerra mondiale aderi' al fascismo ma se ne allontano' quando i fascisti distrussero la sede della Massoneria . Anche i figli Mario e Luigi aderirono al fascissmo ma Luigi ne usci' diventando un coraggioso attivista antifascista e cosi' dopo anche Mario.Da: " Elenco oppositori ( al facismo ovviamente ) provincia di Bologna», Bologna, 28/8/1930, in ACS, cpc, ad vocem Leonello Grossi questo e' il commento inerente Eugenio Jacchia : " Fu uno dei maggiori esponenti della massoneria locale, mantenendosi sempre un liberale democratico. E antifascista. Gode di un certo prestigio ".Mori' il 31/3/1939 e l'elogio funebre fu tenuto fa Roberto Vighi che fini' alconfino in quanto Eugenio Jacchia era ebreo , massone , antifascista. Roberto Vighi , socialista , e' eletto presidente del consiglio provinciale di Bologna (e ricoprira' tale carica fino al 1970 ) nelle prima elezioni del dopoguerra , il suo passato di coraggioso militante antifascista e' ben conosciuto ed e' stato membro del CLN regionale.

Pietro Giusto Jacchia vulgo Piero[modifica | modifica wikitesto]

Jacchia Giusto Pietro , ebreo ,nato l'8/4/1884 a Trieste , vulgo Piero , figlio Eugenio e Clementina Fano; lauraeato in lingue straniere e professore al liceo in quanto irredentista all'inizio del secolo XX deve lasciare Trieste e si trasferisce a Bologna da zio Eugenio e per un po' fa il giornalista presso "Giornale del Mattino" . Dopo il conflitto torna a Trieste e nel 1919 partecipa alla fonfazione dei fasci di combattimento e dopo partecipa alla marcia su Roma ma essendo massone quando il fascismo inizia a perseguitare la massoneria da' le dimissioni dal PNF e nel 1927 viene licenziato dal lavoro in quanto non giura fedelta' al regime fascista. Con la moglie inizia a tresferirsi in varie nazioni europeee fra queste Olanda ed Inghilterra ed incomincia ad avvcinare i fuoriusciti antifascisti passando all'antifascismo militante dopo e' con Carlo Rosselli nella guerra di Spagna[8] restando ferito sul fronte di Aragona dopo passa alla Colonna Rosselli e di seguito e' mandato con i miliziani alla difesa di Madrid dove cade il 28/1/1937 nel settore di Majahonda Villanueva del Pardillo . Lo stesso anno la polizia fascista emise un ordine d'arresto nei suoi confronti, se fosse rimpatriato.Il cugino Mario Jacchia con passato di fascista pure lui e comandante partgiano col nome di battaglia Rossini chiede ed ottiene di dare nome Pietro Jacchia alla 3ª Brigata Partigiana Giustizia e Libertà di Montagna che operava nele valli di Sillaro e di Santerno , in seguito la brigata verra chiamata 66ª Brigata Jacchia Garibaldi.

Voci Correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Famiglia Fontanot[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

ISBN 888490479X, 9788884904799

  • Luigi Raimondi Cominesi Mario Modotti "Tribuno" : storia di un comandante partigiano

Istituto per la storia del movimento di liberazione , 2002 ISBN 8887388075, 9788887388077

ISBN 8842515221, 9788842515227

  • Anna di Gianantonio Gorizia operaia. I lavoratori e le lavoratrici isontini tra storia e memoria 1920-1947Editrice Goriziana - 2000
  • Anna di Gianantonio È bello vivere liberi. Ondina Peteani. Una vita tra lotta partigiana, deportazione ed impegno sociale Irsml Friuli Venezia Giulia - 2007
  • Pietro Secchia , Enzo Nizza , Bruno Anatra Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza La Pietra 1968
  • Galliano Fogar L'antifascismo operaio monfalconese tra le due guerre , Vangelista , 1982
  • Luciano Patat Mario Fantini "Sasso"Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione , 2000 ISBN 8887388024, 9788887388022
  • Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione Resistenza e questione nazionale Del Bianco , 1981
  • Alfonso Bartolini Storia della resistenza italiana all'estero Rebellato , 1965
  • Dino Virgili, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Nazisti e fascisti in Friuli Del Bianco, 1995
  • Giacomo ScottiBono taliano: gli Italiani in Jugoslavia ( 1941-1943 ) La Pietra , 1977
  • Giampaolo Gallo La Resistenza in Friuli, 1943-1945 Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione , 1988
  • Arrigo Petacco L'esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia‎
  • Alessandro Morena La valigia e l'idea. Memorie di Mario Tonzar[11], Consorzio culturale del monfalconese , Ronchi 2005

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Famiglia Marvin[modifica | modifica wikitesto]

Presso il tribunale speciale di Trieste sono "giuducati" antifascisti sloveni e italiani , dal 1927 alla cadutadel regime nel 1943 sono sottoposti ad indagine 615 antifascistidi cui 34 saranno condannati a morte per i restanti vengono inflitti 5418 anni di carcere , nel proseguio antifascisti italiani e sloveni riprenderanno i contatti al confino e nella Guerra di Spagna inizia la guerra civile spagnola e gli antifascisti delle zone di confine , sia italiani che slavi , dopo diverse peripezie e ripari in altri paesi sopratutto Francia si ritrovano nuovamente insieme a combatere i fascisti di Franco, far questi i fiuliani fratelli Marvin, Albino, Giuseppe e Romano.In seguito Giuseppe sara' decorato e ricordato fra gli eroi per l'mpresa di Narvik , essendo andato come molti reduci antifascisti spagnoli nella Legione Straniera. e dopo raggiungera' i maquis e cadra' fucilato dai germanici a St. Germain du Corbeis , Albino assumera' lincarico di capo di stato maggiore nel Friuli , nella Resistenza , in riferimento la Divisione Garibaldi - Natisone , Romano si unirà alle Brigate garibaldine della zona di Gorizia e restera' con queste fino a termine seconda guerra mondiale.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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Premesse[modifica | modifica wikitesto]

Premesse[modifica | modifica wikitesto]

La storia della Resistenza tradizionale da come riferimento iniziale l'immediato dopo con l'Armistizio di Cassibile raggiunto con gli Alleati del 8 settembre del 1943 [12] questo periodo di inizio puo' essere valido in linea di massima ma non lo e' per il Friuli Venezia Giulia , dove la Resistenza armata inizia gia' nel 1942 con le azioni di guerriglia di Stojan Furlan ad esempio . La spinta antifascista nelle zone operaie non si era esaurita negli anni ' 20 ed era rimasta come un fuoco sotto la cenere.Il consenso ottenuto dal fascismo neglia anni '30 con l'illusione dell' impero ed il relativo " appoggio " popolare aveva vieppiu' permesso l'incarcerazione ed il confino della gran parte degli antifascisti senza " colpo ferire " , ma quelli che non erano stati presi pur essendo pochi erano molto attivi. Alcune zone operaie italiane erano ancora roccaforti silenti di frange comuniste socialiste ed anarchiche che mantenevano embrioni di organizzazioni clandestine , tale zona per la Liguria e Genova nel particolare era Sestri Ponente dove embrioni organizzativi son gia' strutturati nel 1942 , per fare un esempio di un'altra regione .In Friuli Venezia Giulia la zona di resistenza politica al fascismo era quella relativa a Monfalcone in quanto grazie ai cantieri vi era una forte concentrazione di classe operaia.Proprio per questa industria Monfalcone da piccolo villaggio era diventato un groso borgo operaio con più di diciannovemila abitanti attorno alla meta' degli anni '30 , e vi e' analogia con Sestri Ponente proprio per la presenza di cantieri navali e delle fabbriche dell' indotto .Pure Ronchi contava nel periodo circa ottomila abitanti , simile crescita avevano avuto i paesini limitrofi . Vi era stata quindi una forte proletarizzazione di strati contadini che portava ad avere un rapporto con lo sviluppo politico nazionale ben differente da prima. Il cantiere e/o la fabbrica divenne luogo di presa di coscienza sindacale e di classe.[13]. Quindi nel Monfalconese ed nelle zone limitrofe gia' durante gli anni del cosidetto " consenso " per il regime fascista operai in massima parte comunisti e socialisti distribuiscono manifestini contro la guerra d'Etiopia nel 1935 e due anni dopo nel 1937 fanno innalzare nel cielo un pallone aerostatico che porta ben visibile la scritta "Viva l'URSS. Morte ai criminali fascisti" . In quel periodo gli operai delle suddette zone si costituiscono in una organizzazione di "Soccorso Rosso" , che raccoglie quattrini per dar aiuto alle famiglie degli antifascisti arrestati , impiantano anche una tipografia clandestina per la stampa del giornale "L'Avanti" , le riunioni si tengono direttamente nelle case delle famiglie operaie . E' in questa situazione che intere famiglie passano alla lotta antifascista prima politica ed appena possibile armata come la famiglia Marvin [14] , la famiglia Visintin e la famiglia Fontanot.

Famiglia Fontanot[modifica | modifica wikitesto]

«( La Brigata Proletaria ).....Era infatti composta da operai e studenti comunisti di Trieste e Monfalcone e la comandava Vinicio Fontanot, esponente di un'eroica famiglia operaia ..»

[15]

La famiglia Fontanot e' una famiglia di antifascisti , comunisti e partigiani di origine Triestina e Fiumana ( e con un ramo francese ) che pago' molto duramente la sua scelta politica e militare , alcuni componenti della famiglia : Vinicio fontanot , Giovanni Fontanot, Giacomo Fontanot , Giuseppe Fontanot , Giacomo Fontanot ( nipote di Giacomo e figlio di Giuseppe ) , Armido Fontanot , Licio Fontanot , i due fratelli ed il cugino di Nerina Fontanot , Elsa Fontanot , Ribella Fontanot , Spartaco Romano cugino di Vinicio ed inoltre vi sono Lisa moglie di Armido e Giovanna moglie di Vinicio attive militanti comuniste pure loro .

«Nella casa dei Fontanot di Ronchi, quando Vinicio tornò con la sua famiglia dalla Bulgaria nel 1935, vivevano ben 18 persone tra consanguinei e parenti acquisiti grazie ai matrimoni, persone tutte attive e note nell’ambiente antifascista triestino e monfalconese.»

[16]Ondina Peteani, amica di Nerina Fontanot del ramo francese dei Fontanot con due fratelli morti combattendo col maquis , ha la vita intrecciata con quella della famiglia Fontanot e Ondina sara' un staffetta partigiana della Brigata Proletaria fra i cui comandanti c'e' Vinicio Fontanot .

In seguito fu dato il nome di La brigata Fontanot ad a una brigata partigiana italiana formata essenzialmente da comunisti che nel seguito conflui' nel VII Korpus sloveno che operava militarmente nella provincia di Lubiana.

Riportiamo di seguito fra i Fontanot solo quelli piu' noti e su cui si hanno notizie piu' ampie.

Giovanni Fontanot[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Muggia (Trieste) il 10 gennaio 1873, morto nel Campo di concentramento di Dachau il 6 marzo 1944. cugino di Giacomo e Giuseppe Fontanot .Giacomo e Giuseppe Fontanot i due fratelli antifascisti avevano riparato in Francia, mentre Giovanni rimase in Italia subendo il carcere. Dopo l' 8 settembre del 1943 Giovanni a 70 anni prende parte alla Resistenza armata friulana.Viene catturato pochi mesi dopo dai germanici a Pozzuolo del Friuli e deportato a Dachau non resiste per molto tempo al regime criminale di trattamento del campo.Due figli, Licio e Armido, nel frattempo cadono combattendo nella Resistenza , fra i suoi figli si salva solo Vinicio Fontanot che sara' il comandante del 3° Battaglione della Brigata Proletaria , nome di battaglia di "Petronio".

Giacomo Fontanot[modifica | modifica wikitesto]

figlio di Giuseppe Fontanot e nipote di Giacomo Fontanot nasce Francia nel 1927,viene fucilato a Saint-Sauant nel '44. Giuseppe che aveva dovuto abbandonare nel 1923 Ronchi dove abitava col fratello Giacomo in quanto antifascista e Giacomo aveva riparato in Francia con la moglie ed il figlio di nome Nerone , Giacomo e Giuseppe diventano miltanti del Partito Comunista francese ed all'inizo della seconda guerra mondiale vengono internato a Gurs da cui fugono nel '42 quando vi e' la disfatta francese da parte dei germanici ma vengono ricatturati nel '42 perche' partecipano alla manifestazione per la vittoria dei rivoluzionari di Valmy in quando era il 150esimo della vittoria.Anche il giovane Giacomo e' recluso nel campo di Tourelles , assieme al padre Giuseppeed allo zio Giacomo , trasferito al campo di Rouillé viene liberato dai maquis a cui si aggrega finche' dopo tre ore di durissimi combattimenti con i nazifascisti nella foresta di Saint-Sauant viene catturato e subito fucilato.

Licio Fontanot[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Fiume nel 1912 morto a Palmanova nel 1944.Figlio di Giovanni Fontanot assieme ad Armido suo fratello maggiore , dopo l'8 settembre del 1943 entra nella Resistenza assumendo il grado di comandante della Brigata GAP della Divisione Garibaldi "Friuli".Il nome di battaglia e' "Annibale" nel luglio del '44 viene riconosciuto da un manipolo di fascisti e quando gia' riesce a sfuggire alla cattura fuggendo in bicicletta di trova innanzi un gruppo di SS che sbarrano la strada per il ponte di Pieris vicino a Gorizia ingaggia uno scontro a fuoco e viene ferito , ma comunque gli riesce la fuga tuffandosi nell'Isonzo , appena sta meglio riprende il suo posto in campo. Ma nella'agosto del '44 viene preso durante un rastrellamento e per non fornire notizie sapendo che verra' torturato si impicca nella caserma "Piave" di Palmanova dove era detenuto .Pochi mesi prima ovvero 4 circa il fratello maggiore moriva tradito ed assassinato da fascisti che , dopo catturati , avevano dichiarato di voler passare coi partigiani Armido li accompagnava verso la Brigata di destinazione , una sparuta parte di questi manterra' coraggiosamente la parola raggiungendo con difficolta' ed in ordine sparso la Brigata a cui erano destinati .

Armido Fontanot[modifica | modifica wikitesto]

[17] Trieste il 28 febbraio 1900, Tolmezzo (Udine) il 3 maggio 1944, operaio.Fratello maggiore di Licio [18] , subito dopol'8 settembre del 1943 entra nella Resistenza friulana e sara' uno fra i primi combattenti contro i nazifascisti con Stojan Furlan, Carlo Màslo, Giovanni Pezza , diventando commissario di battaglione della Brigata partigiana "Trieste" . Nome di battaglia Spartaco partecipa a numerose azione visto il suo notevole coraggio di cui si ricorda l'attaco Idel 24 maggio 1944, che Spartaco ed i partigiani da li guidati portano contro il presidio degli Alpini repubblichini alloggiati nella scuola di Montespino nel contempo attacccando anche i presidei del Molino alle pendici del monte Tabor e quello poszionato in prosssimita' del ponte di Sassetto. Vengono uccisi diversirepubblichini mentre alcuni riescono a scappare ed 87 chiedono la resa volendo per la maggior parte passare con la Resistenza , Spartaco deve indagare sulla buona fede di questi ultimi nonche' istruirli li porta in zona del Collio, dove le bande partigiane li' opernati han bisogno di uomini per combattere.il sottotenente Giobatta Brandoni di Buia (Udine), con Michele Gervasoni di Udine e Pietro Castellini di Tarcento pugnalano nel snno Spartaco chr si era fidato di loro prima di arrivare al Collio e poi si recano dai germanici .La magioranza degli altri repubblichini fugge per la paura che i traditori li vendano ai tedeschi ma una parte costituita da una banda di 8 ex repubblichini si allontana auonomamente ed altrettanto autonomamente raggiuge la banda partigian di destinazione .Dopo la Liberazione la Corte d’Assise straordinaria di Udine emettera' condanne di 13 anni per il sottotenente Brandoni, di 7 anni per il Gervasoni e di 9 anni per il Castellini che viene processato in contumacia:nesuno scontera' la pena a causa dell'amnistia Togliatti.

Vinicio fontanot[modifica | modifica wikitesto]

Nato nel 1920 , assieme a Camillo Donda [19][20],Ferdinando Marega[21], Giordano Tomasig[22] era uno dei comandanti della Brigata Proletaria.All'eta' di 30 anni Vinicio, prende il comando del 3° Battaglione della "Brigata Proletaria" assumendo nome di battaglia di "Petronio" ebbe al suo attivo col suo battaglione molti attacchi agli SS della Divisione Hermann Goering oltre che essere fra i comandanti che parteciparono alla Battaglia di Gorizia (1943). 14 anni dopo la Liberazione subi' un arresto col cugino Spartaco Romano con capo d'accusa di aver ucciso un fascista repubblichino per rapinarlo : furono assolti con formula piena [23] da ANPI ed e'stato l'unico figlio di Giovanni sopravissuto alla Lotta contro i nazifascisti.

alcuni membri della famiglia Fontanot dopo la Liberazione ed il problme dei Monfalconesi in Jugoslavia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la seconda guerra mondiale [24] inizia la lotta portata avanti da Tito e Milovan Gilas per rendere indipendente la Jugoslavia dal dominio di Stalin , la lotta e' durissima e ci vanno di mezzo anche diversi comunisti operai di Monfalcone che dopo aver combattuto nella Brigata Proletaria e con le Brigate partigiane Slovena avevano deciso di emigrare in Jugoslavia considerata da loro una nazione organizzata in modo socialista .Secondo Arrigo Petacco tali operai costituivano , provenienti sia da Monfalcone che da Pola , una «QUINTA COLONNA» fedele al cominform a cui sarebbe stato assegnato il " lavoro politico " di riportare la Jugoslavia all'interno dell'orbita stabilita da Stalin , raggiundero la Jugoslavia tramite lo strumento organizzativo per l' " espatrio " messo in campo da Vittorio Vidali ma su indicazioni di Palmiro Togliatti (sempre secondo l'analisi di Arrigo Petacco ). Questo rappresentava un attacco diretto alla politica di Tito e di Milovan Gilas per cui si incominciarono a mandare i " monfalconesi " in campi di prigionia . Ferdinando Marega riusci' a sfuggire dalla cattura ed a informare i dirigenti del Pci della situazione ma rimase inascoltato per motivi di ordine propagandistico nonche' geopolitico . Dalla testimonianza di Armido Fontanot , riportata sotto , nipote di Vinicio Fontanot pero' non si evince una strategia preordinata come da ipotesi di Arrigo Petacco bensi' piu' che altro una conseguenza dello scontro Stalin Tito. Alcuni membri della famiglia Fontanot che come comunisti italiani , essendo il PCI in questa lotta schierato con Stalin , vengono visti con sospetto ed anche imprigionati. Ne dà testimonianza un nipote di Vinicio fontanot

«Chi parla è Armido Campo, figlio di Ribella e nipote di Vinicio Fontanot, famoso comandante della Brigata «Garibaldi-Natisone». Ora vive alla Spezia e, dopo circa cinquant'anni, si è deciso per primo a rompere il silenzio che la sua famiglia si era imposta per disciplina di partito. Racconta Armido: Eravamo tutti comunisti dello zoccolo duro. Mia madre, Ribella, vedova di un deportato in Germania, si era risposata con Sergio Mori, il mio secondo padre, che era allora un quadro del Pci, Lasciammo Monfalcone all'inizio del 1947 per andare a vivere in Jugoslavia, dentro il comunismo reale, dal quale stavano fuggendo in massa gli italiani dell'Istria. Dopo la rottura fra Tito e Stalin la mia famiglia venne deportata a Zenica in Bosnia. C'erano con noi tre famiglie di monfalconesi: i Battilana, i Bressan, i Comar, i Babuder, i Gratton e Elsa Fontanot. In quel villaggio finimmo a contatto con i prigionieri tedeschi condannati ai lavori forzati. Ricordo la pietà di mia madre e di mia nonna Lisa le quali, dimenticando che i nazisti avevano ucciso i loro mariti, portavano tazze di brodo a quei prigionieri immersi nella neve. Anche noi, per la verità, vivevamo come prigionieri, ma non portavamo le catene come i tedeschi. Restammo lì per più di un anno, completamente dimenticati dal Pci che non poteva ignorare quanto stava accadendo. Vittorio Vidali, certamente, sapeva tutto, ma nessuno fece nulla per noi. Per questo, Sergio Mori decise un giorno di fuggire da Zenica e riuscì a raggiungere Zagabria dove si mise in contatto con il console italiano. Poco tempo dopo, grazie all'intervento del governo italiano, fummo liberati, tornammo in Italia e cademmo dalla padella nella brace... Le nostre case di Monfalcone erano state assegnate ai profughi dell'Istria, i nostri posti di lavoro anche. Ci consideravano degli appestati...»

[25]

La Tesi di Arrigo Petacco e' completamente ribaltata da Anna Di Gianantonio [26] nel senso che presenta il fatto che furono gruppi di "Monfalconesi" ,ormai ben integrati nel mondo del lavoro Jugoslavo , che rimasti fedeli al cominform presero contatto con Vittorio Vidali ed il Pci per costruire una opposizione politica pro Stalin in opposizione a Tito certamente appoggiati dal Pci che in quel periodo era su posizioni coincidenti con quelle di Stalin per quanto riguardava l'evoluzione del socialismo in Jugoslavia .La testimonianza di Mario Tonzar sembra avvolorare maggiormente questa ipotesi. [27].Comunque l'ipotesi sia di Petacco che della Gianantonio si possono ritenere convergenti per i risultati indipendentemente se sia stato il PCI a formare la " quinta colonna "di comunisti fedeli al cominform e se siano stati comunisti fedeli al cominform a chiedere aiut al PCI per fra opposizione a Tito in difesa dello stalinismo ed e' comprensibile che in un periodo storico cosi' lacerante per i comunisti italiani in Jugoslavia non ha troppa importanza se vi era una tattica organizzata dietro dal PCI o la tattica scaturi' dalle loro posizioni riportate ai dirigenti del PCI da parte di gruppi dei suddetti comunisti espatriati in Jugoslavia , anzi probabilmente un fattore servi' da rinforzo ed amplificazione dell'altro .

La testimonianza nel libro di memorie di Mario Tonzar , operaio monfalconese[modifica | modifica wikitesto]

La situazione in quel periodo e' ben illustrata dalla testimonianza di [28] Mario Tonzar nel libro di Alessandro Morena La valigia e l'idea. Memorie Mario Tonzar[29] Si era legato unlegame fortissimo fra partigiani jugoslavi ed italiani delle zone e li accumunava il passato dilotta contro i nazifascisti , la lo stesso ridordo fu visto come tradimento dagli jugoslavi quando in riferimento ai partigiani e operai andati in Jugoslavia ma rimasti fedeli allo stalinismo. La sua lunga intervista permette di individuare quale fossero i sentimenti della gente di confine in quelle zone ed in quel periodo , vi furono manifestazioni di massa affinche' tali territori fossero annessi alla Jugoslavia con episodi che arrivarono a bloccare il giro d'Italia nel '46 presso il ponte di Pieris , Trieste era ancora contesa tra le due nazioni e molti italiani che erano stati partigiani con i compagni jugoslavi erano per una annessione alla Jugoslavia . Ma poi vi fu la rottura fra Stalin e Tito con le coseguenze per gli emigrati in Jugoslavia di cui abbiam detto , il fatto piu' tremendo e' che non molti anni dopo Stalin ebbe le critiche dei comunisti italiani e questo normalizzo' in parte i rapporti fra i due partiti ma intanto gli operai fedeli al cominform espatriati in Jugoslavia aveva gia' subito dure pene .

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

ISBN 888490479X, 9788884904799

  • Luigi Raimondi Cominesi Mario Modotti "Tribuno" : storia di un comandante partigiano

Istituto per la storia del movimento di liberazione , 2002 ISBN 8887388075, 9788887388077

ISBN 8842515221, 9788842515227

  • Anna di Gianantonio Gorizia operaia. I lavoratori e le lavoratrici isontini tra storia e memoria 1920-1947Editrice Goriziana - 2000
  • Anna di Gianantonio È bello vivere liberi. Ondina Peteani. Una vita tra lotta partigiana, deportazione ed impegno sociale Irsml Friuli Venezia Giulia - 2007
  • Pietro Secchia , Enzo Nizza , Bruno Anatra Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza La Pietra 1968
  • Galliano Fogar L'antifascismo operaio monfalconese tra le due guerre , Vangelista , 1982
  • Luciano Patat Mario Fantini "Sasso"Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione , 2000 ISBN 8887388024, 9788887388022
  • Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione Resistenza e questione nazionale Del Bianco , 1981
  • Alfonso Bartolini Storia della resistenza italiana all'estero Rebellato , 1965
  • Dino Virgili, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Nazisti e fascisti in Friuli Del Bianco, 1995
  • Giacomo ScottiBono taliano: gli Italiani in Jugoslavia ( 1941-1943 ) La Pietra , 1977
  • Giampaolo Gallo La Resistenza in Friuli, 1943-1945 Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione , 1988
  • Arrigo Petacco L'esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia‎
  • Alessandro Morena La valigia e l'idea. Memorie di Mario Tonzar[32], Consorzio culturale del monfalconese , Ronchi 2005

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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alcuni membri della famiglia Fontanot dopo la Liberazione ed il problme dei Monfalconesi in Jugoslavia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la seconda guerra mondiale [33] inizia la lotta portata avanti da Tito e Milovan Gilas per rendere indipendente la Jugoslavia dal dominio di Stalin , la lotta e' durissima e ci vanno di mezzo anche diversi comunisti operai di Monfalcone che dopo aver combattuto nella Brigata Proletaria e con le Brigate partigiane Slovena avevano deciso di emigrare in Jugoslavia considerata da loro una nazione organizzata in modo socialista .Secondo Arrigo Petacco tali operai costituivano , provenienti sia da Monfalcone che da Pola , una «QUINTA COLONNA» fedele al cominform a cui sarebbe stato assegnato il " lavoro politico " di riportare la Jugoslavia all'interno dell'orbita stabilita da Stalin , raggiundero la Jugoslavia tramite lo strumento organizzativo per l' " espatrio " messo in campo da Vittorio Vidali ma su indicazioni di Palmiro Togliatti (sempre secondo l'analisi di Arrigo Petacco ). Questo rappresentava un attacco diretto alla politica di Tito e di Milovan Gilas per cui si incominciarono a mandare i " monfalconesi " in campi di prigionia . Ferdinando Marega riusci' a sfuggire dalla cattura ed a informare i dirigenti del Pci della situazione ma rimase inascoltato per motivi di ordine propagandistico nonche' geopolitico . Dalla testimonianza di Armido Fontanot , riportata sotto , nipote di Vinicio Fontanot pero' non si evince una strategia preordinata come da ipotesi di Arrigo Petacco bensi' piu' che altro una conseguenza dello scontro Stalin Tito. Alcuni membri della famiglia Fontanot che come comunisti italiani , essendo il PCI in questa lotta schierato con Stalin , vengono visti con sospetto ed anche imprigionati. Ne dà testimonianza un nipote di Vinicio fontanot

«Chi parla è Armido Campo, figlio di Ribella e nipote di Vinicio Fontanot, famoso comandante della Brigata «Garibaldi-Natisone». Ora vive alla Spezia e, dopo circa cinquant'anni, si è deciso per primo a rompere il silenzio che la sua famiglia si era imposta per disciplina di partito. Racconta Armido: Eravamo tutti comunisti dello zoccolo duro. Mia madre, Ribella, vedova di un deportato in Germania, si era risposata con Sergio Mori, il mio secondo padre, che era allora un quadro del Pci, Lasciammo Monfalcone all'inizio del 1947 per andare a vivere in Jugoslavia, dentro il comunismo reale, dal quale stavano fuggendo in massa gli italiani dell'Istria. Dopo la rottura fra Tito e Stalin la mia famiglia venne deportata a Zenica in Bosnia. C'erano con noi tre famiglie di monfalconesi: i Battilana, i Bressan, i Comar, i Babuder, i Gratton e Elsa Fontanot. In quel villaggio finimmo a contatto con i prigionieri tedeschi condannati ai lavori forzati. Ricordo la pietà di mia madre e di mia nonna Lisa le quali, dimenticando che i nazisti avevano ucciso i loro mariti, portavano tazze di brodo a quei prigionieri immersi nella neve. Anche noi, per la verità, vivevamo come prigionieri, ma non portavamo le catene come i tedeschi. Restammo lì per più di un anno, completamente dimenticati dal Pci che non poteva ignorare quanto stava accadendo. Vittorio Vidali, certamente, sapeva tutto, ma nessuno fece nulla per noi. Per questo, Sergio Mori decise un giorno di fuggire da Zenica e riuscì a raggiungere Zagabria dove si mise in contatto con il console italiano. Poco tempo dopo, grazie all'intervento del governo italiano, fummo liberati, tornammo in Italia e cademmo dalla padella nella brace... Le nostre case di Monfalcone erano state assegnate ai profughi dell'Istria, i nostri posti di lavoro anche. Ci consideravano degli appestati...»

[34]

La Tesi di Arrigo Petacco e' completamente ribaltata da Anna Di Gianantonio [35] nel senso che presenta il fatto che furono gruppi di "Monfalconesi" ,ormai ben integrati nel mondo del lavoro Jugoslavo , che rimasti fedeli al cominform presero contatto con Vittorio Vidali ed il Pci per costruire una opposizione politica pro Stalin in opposizione a Tito certamente appoggiati dal Pci che in quel periodo era su posizioni coincidenti con quelle di Stalin per quanto riguardava l'evoluzione del socialismo in Jugoslavia .La testimonianza di Mario Tonzar sembra avvolorare maggiormente questa ipotesi. [36].Comunque l'ipotesi sia di Petacco che della Gianantonio si possono ritenere convergenti per i risultati indipendentemente se sia stato il PCI a formare la " quinta colonna "di comunisti fedeli al cominform e se siano stati comunisti fedeli al cominform a chiedere aiut al PCI per fra opposizione a Tito in difesa dello stalinismo ed e' comprensibile che in un periodo storico cosi' lacerante per i comunisti italiani in Jugoslavia non ha troppa importanza se vi era una tattica organizzata dietro dal PCI o la tattica scaturi' dalle loro posizioni riportate ai dirigenti del PCI da parte di gruppi dei suddetti comunisti espatriati in Jugoslavia , anzi probabilmente un fattore servi' da rinforzo ed amplificazione dell'altro .

La testimonianza nel libro di memorie di Mario Tonzar , operaio monfalconese[modifica | modifica wikitesto]

La situazione in quel periodo e' ben illustrata dalla testimonianza di [37] Mario Tonzar nel libro di Alessandro Morena La valigia e l'idea. Memorie Mario Tonzar[38] Si era legato unlegame fortissimo fra partigiani jugoslavi ed italiani delle zone e li accumunava il passato dilotta contro i nazifascisti , la lo stesso ridordo fu visto come tradimento dagli jugoslavi quando in riferimento ai partigiani e operai andati in Jugoslavia ma rimasti fedeli allo stalinismo. La sua lunga intervista permette di individuare quale fossero i sentimenti della gente di confine in quelle zone ed in quel periodo , vi furono manifestazioni di massa affinche' tali territori fossero annessi alla Jugoslavia con episodi che arrivarono a bloccare il giro d'Italia nel '46 presso il ponte di Pieris , Trieste era ancora contesa tra le due nazioni e molti italiani che erano stati partigiani con i compagni jugoslavi erano per una annessione alla Jugoslavia . Ma poi vi fu la rottura fra Stalin e Tito con le coseguenze per gli emigrati in Jugoslavia di cui abbiam detto , il fatto piu' tremendo e' che non molti anni dopo Stalin ebbe le critiche dei comunisti italiani e questo normalizzo' in parte i rapporti fra i due partiti ma intanto gli operai fedeli al cominform espatriati in Jugoslavia aveva gia' subito dure pene .

note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ [1] La Casa dello Studente è una struttura edilizia che fa capo all'Università di Genova comunicato Regione Liguria.
  2. ^

    «Nella seduta del 29 marzo 1945 il CLN della Liguria deliberò: ”.... di proclamare criminali di guerra e di darne immediata notizia agli alleati: Vito Spiotta e Livio Falloppa per il cinico sadismo dimostrato nella persecuzioni contro i patrioti sia nella zona di Chiavari sia in quella di Genova. Il nome del dottor Veneziani viene pure segnalato quale zelante esecutore degli ordini delle SS persecutore degli antinazifascisti.”»

    lettera di Pietro Stagno

    «Informato della cattura, il questore Veneziani, sospende l'esecuzione ordinando la traduzione del partigiano al fine di conoscere la consistenza del movimento partigiano genovese. Sottoposto, nella Questura di Genova, a continui interrogatori che non approdano a nulla ....Francesco Ferrarini, braccio destro di Veneziani, capo della squadra politica della questura, inviato dal suo superiore a controllare la situazione. Fu lui ad occuparsi degli interrogatori, e con particolare zelo....Villa fu seviziato da Ferrarini, braccio destro di Giusto Veneziani, capo della squadra politica della Questura, uomo che non indietreggio mai di fronte alla crudeltà più inaudite»

    partigiano Goffredo Villa da ANPI a Goffredo Villa Genova ha dedicato una piazza del quartiere di Castelletto biografia da ANPI Medaglia d'argento al valor militare
  3. ^ Testimonianza da La Repubblica
  4. ^ foto lapide
  5. ^ riferimento :Dizionario Biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri. ebrei e Resistenza
  6. ^ battaglia Montefiorino ANPI
  7. ^ Valeria Jacchia ANPI
  8. ^ foto di Carlo Rosselli e Pietro Jacchia a Huesca
  9. ^ Biografia da Irsml
  10. ^ Storico nato a Roma nel 1952, sutdioso in particolare della questione nazionale correlata al Friuli-Venezia Giulia.E' stato collaboratore di Storia contemporanea , al tempo in cui Renzo De Felice ne era direttore , che e'stato il suo relatore per la tesi di laurea assieme a Paolo Sprianobreve biografia
  11. ^ Mario Tonzar, nasce a Turriaco nel 1920 , muore nel 2007 , di origini contadine entra nel cantiere di Monfalcone nel 1935 dove inizia la sua formazione politica , ed e' arrestato dai fascisti il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse localita' del monfalconese . Presto rilasciato inizia la lotta clandestina antifascista fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '44 e inizia la collaborazione con L’«Intendenza Montes senza prendere parte alle azioni di battaglia dei GAP ma facendo supporto.Subito dopo la Liberazione entra a far parte nelle milizie popolari diventando responsabile settore giovanile del Pci nella Regione Giulia.Un paio di anni dopo decide ditrasferirsi in Jugoslavia . Prima si reca in Bosnia e poi a Fiume ma resta fedele al dettame stalinista del Cominform per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di Uljanik e Bilece. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a Turriaco da ANPI
  12. ^ non considerando la lotta armata antifascista degli Arditi del Popolo e della formazioni di difesa proletaria degli anni '20
  13. ^ la Resistenza prima della Resistenza
  14. ^ fratelli Marvin Romano, Albino e Giuseppe .Giuseppe come molti reduci dalla Spagna si arruolerà nella Legione Straniera francese, combatterà a Narvick in Norvegia, dove verra' decorato per il valore , raggiungerà i maquis in Francia e cadrà fucilato dai tedeschi a St. Germain du Corbeis; Albino, gravemente ferito in Spagna sarà curato in URSS quindi paracadutato in Slovenia dove diverrà capo di stato maggiore della Divisione Garibaldi Natisone; Romano si unirà alle Brigate garibaldine della zona di Gorizia e restera' con queste fino alla Liberazione.( foto di Giuseppe Marvin da archivio Giorgio Visintin foto dei fratelli Marvin da archivio Giorgio Visintin , da sinistra , in piedi: Albino Marvin, Ilio Barontini e Antonio Roasio; seduti: Romano Marvin e Anello Poma )
  15. ^ L'esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia‎ - Pagina 83 di Arrigo Petacco
  16. ^ Ondina Peteani la vicenda di Ondina Peteani
  17. ^ Armido Fontanot ANPI
  18. ^ licio fontanot da ANPI
  19. ^ biografia da ANPI
  20. ^ foto di Camillo Donda
  21. ^ Marega Ferdinando Busta 3, Fasc. 63 da ISTITUTO FRIULANO PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE Fondo: Riccardo Giacuzzofoto di Ferdinando Marega
  22. ^ che avra' il comando del 1° battaglione della Brigata Proletaria , e dopo sara' commissario politico della 24a brigata d'assalto Garibaldi "Fratelli Fontanot" antefatti foibefoto di Giordano Tomasig
  23. ^ da ANPI
  24. ^ Tito Dice No a Stalin

    «Liberati dalla paura e dall'arbitrio cui da decenni sottostavano in patria, gli esperti sovietici, che si insediarono in tutte le istituzioni statali, industriali e militari, si comportarono con poco criterio e molta arroganza [...], come se ognuno di loro avesse il diritto e il dovere di atteggiarsi a piccolo Stalin»

    da scritti di Milovan Gilas

    «Gli jugoslavi non titubarono nell'organizzare una difesa: all'interno del Paese venne repressa brutalmente qualsiasi voce di dissenso, la polizia segreta Ozna controllava ogni aspetto della vita sociale, alla ricerca dei "traditori"»

  25. ^ Da «L'esodo. Le tragedie negate degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia». (Mondadori Editore)brani libro Arrigo Petacco
  26. ^ autrice fra gli altri di *È bello vivere liberi. Ondina Peteani. Una vita tra lotta partigiana, deportazione ed impegno sociale Irsml Friuli Venezia Giulia - 2007
    • Gorizia operaia. I lavoratori e le lavoratrici isontini tra storia e memoria 1920-1947Editrice Goriziana - 2000 . Anna Di Gianantonio e' profesoressa ed ha l'incarico di ricercatrice per Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venenzia Giulia.Fra le sue ricerche pubblicate vi sono i suoi studi sulla storia politico sociale delle zone della regione ricavati da interviste con le persone che han vissuto il regime fascista sia come semplici cittadini ed operai sia di partigiani e partigiane ed inoltre si e' occupata particolarmente del dopoguerra monfalconese oltre i gia' succitati aha curato i volumi L'immaginario imprigionato e il documentario Storie resistenti. Da Monfalcone a Salcano. sempre per le edizioni per Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venenzia Giulia
  27. ^ Tragico destino degli operai «cominformisti» Anna Di Gianantonio
  28. ^ Mario Tonzar, nasce a Turriaco nel 1920 , muore nel 2007 , di origini contadine entra nel cantiere di Monfalcone nel 1935 dove inizia la sua formazione politica , ed e' arrestato dai fascisti il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse localita' del monfalconese . Presto rilasciato inizia la lotta clandestina antifascista fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '44 e inizia la collaborazione con L’«Intendenza Montes senza prendere parte alle azioni di battaglia dei GAP ma facendo supporto.Subito dopo la Liberazione entra a far parte nelle milizie popolari diventando responsabile settore giovanile del Pci nella Regione Giulia.Un paio di anni dopo decide ditrasferirsi in Jugoslavia . Prima si reca in Bosnia e poi a Fiume ma resta fedele al dettame stalinista del Cominform per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di Uljanik e Bilece. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a Turriaco da ANPI
  29. ^ Tragico destino degli operai " cominformisti " di Anna Di Gianantonio
  30. ^ Biografia da Irsml
  31. ^ Storico nato a Roma nel 1952, sutdioso in particolare della questione nazionale correlata al Friuli-Venezia Giulia.E' stato collaboratore di Storia contemporanea , al tempo in cui Renzo De Felice ne era direttore , che e'stato il suo relatore per la tesi di laurea assieme a Paolo Sprianobreve biografia
  32. ^ Mario Tonzar, nasce a Turriaco nel 1920 , muore nel 2007 , di origini contadine entra nel cantiere di Monfalcone nel 1935 dove inizia la sua formazione politica , ed e' arrestato dai fascisti il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse localita' del monfalconese . Presto rilasciato inizia la lotta clandestina antifascista fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '44 e inizia la collaborazione con L’«Intendenza Montes senza prendere parte alle azioni di battaglia dei GAP ma facendo supporto.Subito dopo la Liberazione entra a far parte nelle milizie popolari diventando responsabile settore giovanile del Pci nella Regione Giulia.Un paio di anni dopo decide ditrasferirsi in Jugoslavia . Prima si reca in Bosnia e poi a Fiume ma resta fedele al dettame stalinista del Cominform per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di Uljanik e Bilece. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a Turriaco da ANPI
  33. ^ Tito Dice No a Stalin

    «Liberati dalla paura e dall'arbitrio cui da decenni sottostavano in patria, gli esperti sovietici, che si insediarono in tutte le istituzioni statali, industriali e militari, si comportarono con poco criterio e molta arroganza [...], come se ognuno di loro avesse il diritto e il dovere di atteggiarsi a piccolo Stalin»

    da scritti di Milovan Gilas

    «Gli jugoslavi non titubarono nell'organizzare una difesa: all'interno del Paese venne repressa brutalmente qualsiasi voce di dissenso, la polizia segreta Ozna controllava ogni aspetto della vita sociale, alla ricerca dei "traditori"»

  34. ^ Da «L'esodo. Le tragedie negate degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia». (Mondadori Editore)brani libro Arrigo Petacco
  35. ^ autrice fra gli altri di *È bello vivere liberi. Ondina Peteani. Una vita tra lotta partigiana, deportazione ed impegno sociale Irsml Friuli Venezia Giulia - 2007
    • Gorizia operaia. I lavoratori e le lavoratrici isontini tra storia e memoria 1920-1947Editrice Goriziana - 2000 . Anna Di Gianantonio e' profesoressa ed ha l'incarico di ricercatrice per Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venenzia Giulia.Fra le sue ricerche pubblicate vi sono i suoi studi sulla storia politico sociale delle zone della regione ricavati da interviste con le persone che han vissuto il regime fascista sia come semplici cittadini ed operai sia di partigiani e partigiane ed inoltre si e' occupata particolarmente del dopoguerra monfalconese oltre i gia' succitati aha curato i volumi L'immaginario imprigionato e il documentario Storie resistenti. Da Monfalcone a Salcano. sempre per le edizioni per Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venenzia Giulia
  36. ^ Tragico destino degli operai «cominformisti» Anna Di Gianantonio
  37. ^ Mario Tonzar, nasce a Turriaco nel 1920 , muore nel 2007 , di origini contadine entra nel cantiere di Monfalcone nel 1935 dove inizia la sua formazione politica , ed e' arrestato dai fascisti il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse localita' del monfalconese . Presto rilasciato inizia la lotta clandestina antifascista fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '44 e inizia la collaborazione con L’«Intendenza Montes senza prendere parte alle azioni di battaglia dei GAP ma facendo supporto.Subito dopo la Liberazione entra a far parte nelle milizie popolari diventando responsabile settore giovanile del Pci nella Regione Giulia.Un paio di anni dopo decide ditrasferirsi in Jugoslavia . Prima si reca in Bosnia e poi a Fiume ma resta fedele al dettame stalinista del Cominform per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di Uljanik e Bilece. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a Turriaco da ANPI
  38. ^ Tragico destino degli operai " cominformisti " di Anna Di Gianantonio