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Società Africana d'Italia

La Società Africana d’Italia (in sigla SAI) fu un’organizzazione culturale e politica, con sede a Napoli, attiva fra il 1880 e la Seconda Guerra Mondiale. Essa promosse la conoscenza dell’Africa in Italia, e costituì un centro lobbistico dietro all’espansione coloniale italiana.

Il Corno d'Africa all'epoca della battaglia di Adua, con i territori italiani in verde chiaro

Negli anni ‘80 dell’Ottocento, mentre cominciava la spartizione europea dell’Africa, anche in Italia si sviluppò una corrente d’opinione favorevole all’espansione coloniale[1]. La compagnia armatoriale privata Rubattino aveva già comprato la baia di Assab, nel Mar Rosso, che venne poi rilevata dal governo nel 1882 [2]. Nel frattempo altre associazioni italiane, come la Società Geografica Italiana e la Società di Esplorazione Commerciale in Africa, promossero alcune spedizioni di esplorazione in Africa Orientale, con l’obiettivo di promuovere la penetrazione commerciale, diplomatica e politica nella regione[3][4].

Nel 1885 l’Italia occupò il porto di Massaua, e da allora in poi cominciò a espandersi verso l’interno: ciò però portò allo scontro con l’Impero Etiopico, e dopo la sconfitta di Adua nel 1896 Roma fu costretta ad accontentarsi dell’area costiera, dove venne istituita la colonia Eritrea. Negli stessi anni, anche la costa orientale dell’odierna Somalia cadde sotto il dominio italiano[5]. L’espansione coloniale, promossa principalmente da Francesco Crispi, fu fin da subito molto controversa. Per i suoi promotori essa offriva uno sbocco all’emigrazione italiana, sosteneva la produzione nazionale, e garantiva all’Italia un ruolo da grande potenza. Gli oppositori invece, anche quando non la condannavano per ragioni morali in quanto violava il principio dell’autodeterminazione dei popoli, la consideravano un’avventura costosa, rischiosa, e fondamentalmente inutile[6]. In questo contesto, il supporto dell’opinione pubblica era fondamentale, e associazioni come la SAI contribuirono a formarlo[7][8].

Storia della società

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Copertina del bollettino sociale della SAI

Un primo Club Africano fu fondato a Napoli nel 1880, sotto la presidenza del medico e senatore Salvatore Tommasi: fra i suoi membri figuravano altri intellettuali meridionali, come Giovanni Battista Licata, Giuseppe Careri, Ferdinando Borsari, Pietro Serra Caracciolo, Ruggero Bonghi e Nicola Lazzaro. Il Club Africano promosse dapprima la pubblicazione di articoli e l’organizzazione di conferenze[9].

Dopo un paio di anni la denominazione cambiò in Società Africana d’Italia, e le attività del sodalizio si espansero. Nacque un bollettino, dapprima diretto da Giovanni Battista Licata, e si fondò un'effimera società per lo sfruttamento commerciale di Assab[10]. Si stabilirono inoltre sedi secondarie, a Firenze, Bari e Chieti (la sede di Firenze in seguito si trasformò in una società geografica autonoma, sotto la guida di Attilio Mori[11]), e vennero finanziate attività come corsi rivolti al pubblico e viaggi di esplorazione. Infine si organizzarono commemorazioni funebri di esploratori italiani morti in Africa, come Romolo Gessi, il cui corpo la SAI fece rimpatriare, o il suo stesso membro Licata, che morì nella spedizione organizzata da Pietro Porro a Harar. Queste celebrazioni erano spesso lo spunto per invocare un’espansione militare italiana, che avrebbe dovuto vendicare i connazionali uccisi[12]. Come declamò il vicepresidente della SAI nel 1886:

«Cadeste non vinti, ma vigliaccamente traditi e, sulla patria che vi diede i natali, pesa ancora l'insulto rimasto invendicato.»

La SAI continuò ad essere attiva anche dopo la battaglia di Adua, promuovendo l’espansione in Libia (che si realizzerà tre lustri dopo con la Guerra Italo-Turca): in seguito continuò a diffondere la conoscenza dell’Africa nel grande pubblico, e a celebrare l’espansione coloniale[14]. Nel 1929 si fuse con l’Istituto Coloniale Fascista, ma ritornò autonomo due anni dopo sotto la presidenza di Enrico Felicella: dopo la conquista dell’Etiopia, fu incaricato di focalizzarsi sullo studio delle regioni africane non comprese nel nuovo impero italiano[15]. Il crollo di quest’ultimo segnò la sorte della SAI, che però ufficialmente non venne sciolta fino al 1975[16].

Il "museo coloniale" della SAI, circa 1941

Le attività della SAI furono molto eterogenee. Oltre a conferenze e convegni, dal 1883 finanziò corsi di arabo, e un paio d’anni più tardi una “scuola coloniale” che organizzava corsi e viaggi d’istruzione in Africa[17]. Anche durante il Fascismo organizzò e promosse attività del genere, con l’obiettivo di aiutare a formare i futuri dirigenti coloniali, e convincere il pubblico italiano della bontà dell’espansione[18]. Inoltre, come ricordato, la società pubblicò un bollettino, attualmente digitalizzato e consultabile online[19].

La SAI finanziò anche alcune spedizioni di esplorazione. Già da subito, nel 1880 e nel 1883, aveva promosso due lunghe missioni di ricognizione dei suoi soci Pietro Serra Caracciolo e Giovanni Battista Licata ad Assab[20]. In seguito sostenne il viaggio di Luigi Robecchi Bricchetti del 1890 da Obbia ad Alula, quello di Giuseppe Candeo del corso del Golima  del 1893, quello di Francesco Sylos Sersale al capo Guardafui del 1902, e la missione di ricognizione commerciale dei porti del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano di Francesco Cufino del 1913-14[21].

La SAI costituì una biblioteca, che raccolse più di 20.000 volumi, e formò un piccolo museo coloniale, costituito da reperti archeologici, oggetti di arte e artigianato africano, piante e animali, campioni commerciali, e cimeli vari[22][23]. Attualmente le collezioni sono conservate dall’Università L'Orientale di Napoli, e visitabili assieme a quelle del Museo Umberto Scerrato[24].

  1. ^ Labanca, 2002, pp. 48-54
  2. ^ Del Boca, 1992, p. 33
  3. ^ Natili, 2008
  4. ^ Milanini Kemény, 1973
  5. ^ Labanca, 2002
  6. ^ Romano, 1976
  7. ^ Palma, 1996
  8. ^ Ghezzi, 1997
  9. ^ Fenin, 1941, p.25
  10. ^ Palma, 1996, p. 8
  11. ^ Monina, 2002, p.44
  12. ^ Ghezzi, 1997, pp.103-104
  13. ^ Ghezzi, 1997, pp.103-104
  14. ^ Fenin, 1941, p.26
  15. ^ Deplano, 2012, p.94
  16. ^ Deplano, 2012, p.96
  17. ^ Fenin, 1941, pp.25-26
  18. ^ Deplano, 2012
  19. ^ Bollettino della SAI sul sito della BNCR, su digitale.bnc.roma.sbn.it. URL consultato il 1º ottobre 2024.
  20. ^ Palma, 1996, p. 10
  21. ^ Fenin, 1941, p.26
  22. ^ Fenin, 1941, pp.27-29
  23. ^ Descrizione del museo della SAI, su universityheritage.eu. URL consultato il 7 ottobre 2024.
  24. ^ Sito del sistema museale dell'università L'Orientale di Napoli, su museorientale.unior.it. URL consultato il 1º ottobre 2024.
  25. ^ Intertartaglia e Scaramella, 1992, p.17
  26. ^ Monina, 2002, p.40
  • Morag Bell, Robin Butlin e Michael Heffernan (a cura di), Geography and Imperialism 1820–1940, Manchester, Manchester University Press, 1995.
  • Maria Carrazzi, La Società Geografica Italiana e l'esplorazione coloniale in Africa: (1867-1900), Firenze, La Nuova Italia, 1972.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale: vol. 1 dall'Unità alla Marcia su Roma, Milano, Oscar Mondadori, 1992.
  • Valeria Deplano, Educare all'oltremare. La Società Africana d'Italia e il colonialismo fascista, in RiMe. Rivista dell'Istituto di Storia dell'Europa Mediterrane[1]a, vol. 9, 2012, pp. 81-111.
  • Giorgio Fenin, La Società Africana d'Italia, in Africa Italiana: pubblicazione mensile dell'Istituto fascista dell'Africa Italiana, n. 6, 1941, pp. 25-29.
  • Carla Ghezzi, Gli organismi geografici e di esplorazione e le origini del colonialismo italiano, in Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, vol. 52, n. 1, 1997, pp. 96-107.
  • Celeste Intertartaglia e Carlo Scaramella, Introuzione, in Archivio Storico della Società Africana d'Italia, vol. 1, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1992, pp. 9-18.
  • Nicola Labanca, Oltremare: storia dell'espansione coloniale italiana, Bologna, Il Mulino, 2002.
  • Anna Milanini Kemény, La Società d'Esplorazione Commerciale in Africa e la politica coloniale (1879–1914), Firenze, La Nuova Italia, 1973.
  • Giancarlo Monina, Il consenso coloniale: le società geografiche e l'Istituto coloniale italiano, 1896-1914, Roma, Carocci, 2002.
  • Daniele Natili, Un programma coloniale. La Società Geografica Italiana e l'origine dell'espansione in Etiopia, Roma, Gangemi, 2008.
  • Silvana Palma, Introuzione, in Archivio Storico della Società Africana d'Italia, vol. 2, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1996, pp. 7-29.
  • Romain Rainero, L'anticolonialismo italiano da Assab ad Adua, Milano, Edizione di Comunità, 1976.
  • Carlo Scaramella, Documenti sulla Somalia nell’archivio storico della Societa’ Africana d’ltalia (Napoli, 1880–1960 c.), in Proceedings of the Third International Congress of Somali Studies, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1998, pp. 257-268, ISBN 88-7002-419-9.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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