Giuseppe D'Andrea

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Giuseppe D'Andrea
Il senatore Giuseppe D'Andrea con il canonico Amedeo Franco e una persona ignota.

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato1910 –
Gruppo
parlamentare
destra conservatrice
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaXVII, XVIII, XIX, XX, XXI
Incarichi parlamentari
Membro Commissione permanente Alta Corte di Giustizia
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studiolaurea

Giuseppe D'Andrea (Cerreto Sannita, 2 giugno 1849Cerreto Sannita, 8 giugno 1934) è stato un avvocato e politico italiano, deputato e senatore del Regno.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio del dottor Nicola e di Erminia Mastracchio, si laureò in giurisprudenza a vent'anni diventando presto un importante avvocato.

Nel 1885 difese il brigante Cosimo Giordano durante il processo celebratosi presso la Corte di Assise di Napoli.

All'età di ventisei anni fu eletto al Consiglio Provinciale di Benevento del quale fu anche Presidente sino al 1892.

Nel 1892 fu eletto deputato al Parlamento. Sostenitore di Sidney Sonnino, capeggiava il partito di sopra che a Cerreto Sannita era opposto al partito di sotto, stretto attorno all'onorevole Antonio Venditti, giolittiano. Nel 1902 gli uomini del Venditti al grido di "è o non è, viva Venditti", occuparono la sala delle votazioni impedendo agli avversari di votare e scatenando le vive proteste del D'Andrea che, alla Camera dei deputati (tornata del 30 marzo 1903), espose le sue lamentele al Giolitti che rispose affermando: "Sulle elezioni di Cerreto [...] sono i costumi che bisogna cambiare"[1].

Nonostante gli episodi di violenza esistenti fra i due candidati cerretesi, Giuseppe D'Andrea fu rieletto alla Camera per altre tre legislature (la diciannovesima, la ventesima e la ventunesima) nelle quali pronunciò diversi discorsi sulle spese di giustizia, sulla pubblica istruzione, sui lavori pubblici e sulla politica di Giolitti.

Epigrafe commemorativa sulla facciata di Palazzo D'Andrea in Cerreto Sannita (Bn).

Nel 1904 si ritirò dalla vita politica per poi essere nominato nel 1910 senatore del Regno su proposta del Sonnino durante i suoi cento giorni di governo. Nel Senato intervenne più volte in merito all'ordinamento giudiziario, alle ricerche minerarie del Mezzogiorno e all'ordinamento dell'Istituto Orientale di Napoli.

Con l'avvento del fascismo fu nominato membro della Commissione permanente d'istruzione dell'Alta Corte di Giustizia che doveva giudicare il quadrumviro Emilio De Bono, senatore e capo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, sulle accuse a lui rivolte sulle responsabilità nel delitto Matteotti e nelle aggressioni contro altri politici antifascisti.

Il D'Andrea accettò l'incarico ma dopo le prime sedute, a causa della sua volontà di fare luce effettivamente sulle vicende, ricevette un avviso anonimo scritto su carta intestata della Camera dei Deputati:

«Illustre Senatore, Siamo perfettamente informati che Ella nella Commissione inquirente della Alta Corte di Giustizia rappresenta la corrente astiosamente ostile a S.E. De Bono, in quanto per ignobili rancori politici vorrebbe vederlo ingiustamente sacrificato alle vendette dell'Aventino. Badi che il giuoco potrebbe essere molto pericoloso per Lei e per tutto ciò che Le è caro. Al punto cui sono giunte le cose non si possono avere scrupoli o pietà neanche per il così detto santuario della vita privata. D'altra parte la lotta ora è impegnata in modo che una persona di più o di meno trovata stesa ad un canto della strada non ha alcuna importanza. Tanto ho creduto di doverLe comunicare per cercare di evitare avvenimenti dolorosi ed irreparabili. Uno che sa.[2]»

Il processo si concluse con l'assoluzione del De Bono.

Fece parte anche della commissione parlamentare d'inchiesta sulle gestioni per l'assistenza delle popolazioni e per la ricostruzione delle terre liberate. Compito della commissione era quello di accertare la regolarità delle gestioni amministrative e contabili relative all'assistenza delle popolazioni e dei profughi e alla ricostruzione del Trentino e della Venezia Giulia.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Renato Pescitelli, Pietro Paolo Fusco nella Cerreto del primo '900, A.B.E.T.E., 1969.
  2. ^ Renato Pescitelli, Palazzi, Case e famiglie cerretesi del XVIII secolo: la rinascita, l'urbanistica e la società di Cerreto Sannita dopo il sisma del 1688, Don Bosco, 2001. Pag. 165

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Renato Pescitelli, Pietro Paolo Fusco nella Cerreto del primo '900, A.B.E.T.E., 1969
  • Vincenzo Mazzacane, Profili di cerretesi in Memorie storiche di Cerreto Sannita, Liguori Editore, 1990
  • Cimone, I moribondi di Montecitorio, Milano, I.E.I., 1919

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]