Nato a Firenze si trasferì con la famiglia a Milano, poi sfollata a Mandello del Lario nel 1944, dopo che i bombardamenti aerei alleati avevano distrutto la casa milanese di via Canova.
La vicinanza alla fabbrica della Moto Guzzi ed alle attività stradali di collaudo dei modelli lo fanno appassionare alla moto, cui dedicherà tutta la vita. Giovanissimo, inizia contemporaneamente la duplice carriera di pilota e giornalista, nell'ambito motociclistico.
Nonostante i risultati sportivi siano tutt'altro che trascurabili, Patrignani è divenuto celebre come giornalista, principalmente lavorando nella redazione di Motociclismo e, poi, in decine di altre testate del settore.
La sua profonda competenza tecnica e la notevole sensibilità di guida, lo fecero apprezzare particolarmente come tester, ruolo che svolse per conto di varie riviste specialistiche e nel quale fu anche ricercato da molte case motociclistiche per collaudare o valutare i prototipi e modelli pre-serie.
Nel novembre 1963 fu tra i sei piloti convocati dalla Garelli per il tentativo del record mondiale di velocità sulle 24 ore per la classe 50cm³, conquistato alla media di 108.834 km/h sull'anello di alta velocità del circuito di Monza. Qualche anno più tardi, nel 1969, fu tra i piloti chiamati da Lino Tonti a battere il record di velocità, sempre sulla pista di Monza, con il prototipo "V7" della Moto Guzzi.
Intensa fu la su attività di scrittore, spesso trattando, competizioni, tecnica e imprese motociclistiche, ma anche delle sensazioni vissute durante le sue esperienze di viaggio.
«I sogni non si possono surgelare. Vanno consumati freschi, ricchi di linfa, colori, profumi, unicamente al momento della massima fioritura. Dopo, sono come quelle violette seccate tra le pagine di un vecchio libro. Procurano solo mestizia e l'impulso di chiudere il libro con un botto ovattato e un soffio di polvere che sa di muffa.»
(Roberto Patrignani, da Il Guzzino che non ebbi, Motociclismo d'Epoca, gennaio 1996, pag. 47)