TIM (azienda)

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Telecom Italia Spa
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Stato
ISINIT0003497168 e IT0003497176
Fondazione
Fondata daIstituto per la Ricostruzione Industriale
Sede principaleMilano, Piazza degli Affari
ProdottiTelefonia e Reti di comunicazione dati
Dipendenti85.484 (2005)
Sito webTelecom Italia.it

Telecom Italia SpA è un'azienda italiana di telecomunicazioni.


Storia del gruppo

Formalmente nasce nel 1994, con un atto del 30 giugno del Consiglio di Amministrazione dell'IRI che approva il "Piano di riassetto delle telecomunicazioni" nel quadro delle disposizioni contenute nella legge del 29 gennaio 1992.

Il riassetto prevede la fusione delle cinque società del gruppo IRI-STET operanti nel settore telefonico: SIP, IRITEL, Italcable, Telespazio e SIRM. Dalla fusione nasce Telecom Italia.


La privatizzazione

Sotto la presidenza di Guido Rossi, il 20 ottobre 1997 viene attuata dal governo la privatizzazione della società, una operazione con un valore complessivo di circa 26.000 miliardi di lire . A partire dal febbraio 1999 la Olivetti e la Tecnost di Roberto Colaninno, già nel settore delle telecomunicazioni con Omnitel e Infostrada (queste ultime due cedute in seguito alla Mannesmann), lanciarono una offerta pubblica d'acquisto e scambio riuscendo ad ottenere in giugno il controllo della società, con una quota del 52%, contemporaneamente, furono cedute le azioni possedute nelle precedenti compagnie a un gruppo straniero. Telecom era una delle poche public company italiane, che il Ministero del Tesoro controllava con una quota del 3,5% pari a due miliardi di euro. L'azionista di maggioranza convocò e non si presentò all'assemblea degli azionisti che doveva decidere le contromisure alla scalata, preferendo mantenere neutralità rispetto all'operazione. La legge sulla golden share permetteva infatti al Tesoro il diritto di veto sull'operazione, ma tale diritto era contestato in sede europea.

La somma di 100.000 miliardi di lire spesa in borsa per l'acquisto delle azioni venne raccolta da una cordata di banche italiane e straniere, guidate dalla Bell, una società con sede nel Lussemburgo soggetta alle minori aliquote fiscali di questo Paese, che controllava il 22% di Olivetti, ed eventualmente passata come indebitamento per l'azienda stessa, in seguito a una serie di fusioni che ha accorciato la catena di controllo.

Dal luglio 2001 Telecom è controllata dalla finanziaria Olimpia, partecipazione di Pirelli, Benetton, Banca Intesa e Unicredito, a cui in seguito si è aggiunta la bresciana HOPA. Le due banche hanno annunciato che intendono cedere le loro quote in Olimpia a Pirelli mentre la quota di HOPA sarà liquidata da Pirelli e Benetton in maniera proporzionale.

La fusione con TIM e l'indebitamento

Nel marzo 2005 Telecom lancia in borsa un'offerta pubblica d'acquisto per la scalata di TIM. La fusione Telecom-TIM è finanziata con un mutuo di una cordata di banche, nella misura maggiore da Banca Intesa. Il costo necessario per rastrellare le azioni TIM dal mercato eleva l'indebitamento di Telecom da 29 a 44 miliardi di euro.

Dal bilancio 2005, l'indebitamento finanziario netto risulta essere di 39.858 milioni di euro. Come già nell'anno passato, la società ha comunque deciso, nel marzo 2006, di dare priorità all'aumento dei dividendi per gli azionisti; in risposta, l'agenzia Fitch Ratings ha ridotto il rating di Telecom Italia, portandolo da A- a BBB+.

Organico

Dal 2004, presidente della società è Marco Tronchetti Provera, già presidente di Pirelli e altre società. Vice presidente è Gilberto Benetton, che è anche presidente della finanziaria Edizioni Holding e di Autogrill. Gli amministratori delegati sono Riccardo Ruggiero e Carlo Buora. Tra i consiglieri spiccano Massimo Moratti, Carlo Alessandro Puri Negri (di Pirelli), Gianni Mion (di Benetton), nonché Giovanni Consorte (di Unipol), tra gli indagati per lo scandalo Bancopoli (poi dimessosi).
Il personale dell'azienda è passato da 106620 dipendenti nel 2002 a 91365 nel 2004, per arrivare a 85484 a fine 2005.

Liberalizzazione e proposte di riforma societaria

Una distinzione maggiore fra due generiche attività è introducibile con una separazione societaria e, maggiormente, con una separazione patrimoniale. Un regolamento dell'autorità garante ha imposto la separazione contabile per l'attività di gestione di una rete e quella di fornitore di servizi d'accesso.

In passato è stato posto il problema di una separazione fra proprietà e gestione nel settore delle telecomunicazioni, tema di dibattito per le grandi imprese in generale. Una vera concorrenza nel settore delle tlc arriverebbe sul modello britannico da una società proprietaria della rete, con separazione patrimoniale e vincoli al possesso di azioni anche con società collegate o controllate rispetto a Telecom Italia che resterebbe un operatore di rete come Wind, Tele2 e altri.

Lo stesso argomento in dettaglio: Corporate governance.

Nel modello inglese la società proprietaria della rete è una public company ad azionariato diffuso.

In Italia si propone come ulteriore garanzia una significativa partecipazione pubblica (20-30%) al capitale della società, tale da averne il controllo con maggioranza relativa, ma da renderla difficilmente scalabile per via del forte indebitamento e del restante 70% ad azionariato diffuso da "rastrellare" in borsa. A seconda della volontà politica, una partecipazione pubblica alta può opporsi infatti in linea di principio a tentativi di scalata, ma può anche agevolare per tempo con legislazioni favorevoli un processo di privatizzazione. Una garanzia più robusta unisce la presenza pubblica a quella di un prevalente azionariato diffuso.

Il proprietario della rete, nel modello inglese e in altri Stati, è soggetto alla legge del servizio universale, che lo obbliga a manutenere e ammodernare l'intera estensione geografica della rete. Questi forti costi fissi costituiscono un forte indebitamento che rende poco contendibile la società e poco appetibili i tentativi di scalata. I costi fissi vengono ripartiti fra i vari operatori in misura proporionale alla quota di mercato, calcolata a partire dal fatturato che è un dato certo e univoco del bilancio. Nei Paesi in cui il rimborso di questi costi fissi è a carico dello Stato, talora viene mossa l'accusa di un "aiuto di Stato" all'intero settore delle telecomunicazioni, poiché si evitano agli operatori elevati costi fissi.


Voci correlate


Collegamenti esterni

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