Guerra civile seleucide (147-137 a.C.)

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Guerra civile seleucide (147-137 a.C.)
parte delle guerre civili seleucidi
Data147137 a.C.
LuogoImpero seleucide
Casus belliDemetrio II rivendica il trono del padre contro Alessandro I
EsitoVittoria di Antioco VII
Schieramenti
Dinastia seleucideDinastia di Bala
Comandanti
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La guerra civile seleucide del 147 - 137 a.C. fu un conflitto armato combattuto all'interno dell'impero seleucide, iniziato tra il sovrano regnante, Alessandro I Bala, che aveva conquistato il potere cacciando la dinastia seleucide, e l'erede dell'antica dinastia, Demetrio II Nicatore. Entrambi morirono però durante lo scontro e furono succeduti rispettivamente dal figlio Antioco VI e dal fratello Antioco VII; quest'ultimo riuscì a vincere, dopo che Antioco VI morì, forse ucciso dal suo generale Diodoto Trifone, autoproclamatosi sovrano al suo posto e sconfitto in battaglia.

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Monete dei sovrani belligeranti
Tetradramma di Demetrio II Nicatore
Tetradramma di Antioco VI Dioniso
Tetradramma di Diodoto Trifone

Nel 150 a.C., a seguito di una guerra civile, Alessandro I Bala era riuscito a conquistare il trono seleucide con la morte di Demetrio I Sotere; due figli di quest'ultimo, Demetrio II e Antioco VII, erano però fuggiti sull'isola di Creta, scampando all'uccisione di parenti e amici del vecchio sovrano.[1] Il governo di Alessandro I si confermò in linea di massima in continuità con quello dei suoi predecessori, ma tra il 148 e il 147 a.C. il suo dominio fu messo in discussione dall'invasione dei Parti nella Media, la regione di Babilonia.[2]

Guerra[modifica | modifica wikitesto]

Alessandro I, Demetrio II e Tolomeo VI (147-145 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Demetrio II salpò quindi da Creta e arrivò in Cilicia nella primavera del 147 a.C. e appuntò un suo generale, Apollonio, stratego di Celesiria; questi cercò di attaccare i giudei di Gionata Maccabeo, alleato di Alessandro I, ma venendo sconfitto.[3] In aiuto di Alessandro I arrivò il re d'Egitto Tolomeo VI, suo suocero, il quale invase tutta la Fenicia fino a Seleucia di Pieria; questa mossa svelò però che in realtà Tolomeo cercava di conquistare militarmente per sé la Siria, e i rapporti di amicizia tra i due sovrani terminarono.[4] A quel punto Tolomeo condusse il suo esercito fino ad Antiochia e i due comandanti della città, Ierace e Diodoto, gli aprirono le porte e proclamarono Tolomeo re; è con la presa di Antiochia che Tolomeo si ricongiunse anche con sua figlia, Cleopatra Tea, e la fece divorziare da Alessandro I.[5] Demetrio II e Tolomeo strinsero così un'alleanza contro Alessandro I, sigillata dal matrimonio di Cleopatra con Demetrio.[6]

Alessandro, intanto, che si era rifugiato in Cilicia, aveva preventivamente mandato suo figlio, Antioco, presso un capo arabo, Zabdiel, per tenerlo lontano dal conflitto e organizzò un esercito.[7] Le sue forze marciarono velocemente verso la capitale e si scontrarono con quelle di Tolomeo e Demetrio nella battaglia di Antiochia (145 a.C.), nella quale Alessandro fu sconfitto.[8] A quel punto egli fuggì per trovare anche lui rifugio presso le popolazioni arabe, ma fu assassinato, o dallo stesso Zabdiel o da due suoi generali, che speravano così di ingraziarsi il nuovo sovrano.[9] Il corpo del re fu portato ad Antiochia, ma Tolomeo, che era rimasto ferito durante la battaglia, morì dopo poco.[10] Demetrio II rimase così l'unico sovrano dell'impero alla fine di quell'anno: epurò dapprima i propri ranghi dai fedeli di Alessandro I e poi ricacciò indietro le truppe egizie, spingendosi fino ai confini del regno tolemaico.[11]

Demetrio II, Antioco VI e la Giudea (145-142/141 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei generali di Alessandro I, Diodoto (forse il vecchio comandante di Antiochia), riuscì a scampare all'epurazione e raggiunse i territori arabi, alleandosi con Zabdiel e proclamando re il giovane figlio di Alessandro, Antioco VII, di cui fu il tutore.[12] Diverse parti dell'esercito di Demetrio II passarono con Diodoto e questi passò subito all'attacco, conquistando nel 144 a.C. Antiochia e Apamea, che divenne la sua base operativa; Demetrio fu così costretto alla ritirata e si stabilì a Seleucia di Pieria.[13] L'impero rimase così diviso nella sua parte occidentale sulle coste del Mediterraneo, mentre i confini orientali della Media furono attaccati dai Parti, che riuscirono a conquistare Babilonia nel 141 a.C.[14]

Intanto, però, un ruolo significativo fu giocato dai Giudei: Diodoto aveva cercato un accordo con Gionata Maccabeo, ma questi procedette invece alla conquista della parte meridionale dell'impero seleucide.[15] Diodoto organizzò allora una spedizione contro di loro e catturò Gionata, ma il fratello di questi, Simone, prese il comando; Diodoto marciò a sud per conquistare Gerusalemme, ma l'attacco non avvenne per condizioni meteorologiche avverse, e Gionata fu comunque giustiziato.[16] Diodoto tornò allora a nord e fu a quel punto, tra il 142 e il 141 a.C. che Antioco VI morì, non si sa se ucciso da Diodoto stesso o morto durante un intervento chirurgico.[17]

Demetrio II, Trifone e Antioco VII (142/141-138/137 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Diodoto a quel punto si autoproclamò re, assumendo il nome reale di Trifone, e le sue truppe lo seguirono.[18] A questo punto in Giudea Simone cercò di acquistare più autonomia possibile per il proprio popolo e Demetrio II ne appoggiò le pretese, aiutandolo anche economicamente.[19] Nel frattempo Demetrio stava preparando un esercito per la riconquista dell'Oriente e di Babilonia: la sua campagna iniziò e Trifone, approfittando della sua assenza, rafforzò il proprio potere nell'Occidente.[20] La campagna partica di Demetrio risultò però un fallimento e lo stesso sovrano fu fatto prigioniero tra luglio e agosto del 138 a.C.; Trifone rimase così l'unico sovrano dell'impero, riuscendo a controllare buona parte dei suoi territori occidentali e della Cilicia.[21]

A quel punto il fratello minore di Demetrio II, Antioco VII, salpò sulla costa della Fenicia, appoggiato dalle città di Sidone e Tiro.[22] Il nuovo sovrano si assicurò l'appoggio dei Giudei mantenendo le promesse fatte loro dal fratello e avanzò verso nord, guadagnando l'appoggio di altre città come Damasco e Tarso; Trifone fu costretto ad abbandonare Antiochia, o perché le sue truppe cambiarono schieramento o perché furono cacciate con lui, e si ritirò verso sud, lungo la costa.[23] Subì un assedio da parte di Antioco a Dor e scappò prima a Ortosia di Fenicia e infine ad Apamea.[24] Qui subì un nuovo assedio e la città cadde tra la fine del 138 e l'inizio del 137 a.C.; Trifone morì, non è chiaro se per suicidio o se per un'esecuzione.[25]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Antioco VII diventò quindi sovrano dell'impero seleucide e sposò Cleopatra Tea, moglie del fratello imprigionato dai Parti; sotto di lui l'impero conobbe un periodo di stabilità interna, che durò fino al 129 a.C., quando Antioco cadde in battaglia contro i Parti e Demetrio II, tornato in libertà, riprese il trono.[26]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 7.3; Giustino, 35.2; Chrubasik 2016, pp. 131-132; Errington 2008, p. 273.
  2. ^ Giustino, 41.6; Chrubasik 2016, p. 132.
  3. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.3-4; Chrubasik 2016, pp. 132-133.
  4. ^ Diodoro Siculo, 32, 9c; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.5-6; Chrubasik 2016, p. 133.
  5. ^ Diodoro Siculo, 32, 9c; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.7; Strabone, XVI, 2.8; Chrubasik 2016, pp. 133-134.
  6. ^ Diodoro Siculo, 32, 9c; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.8; Chrubasik 2016, pp. 133-134.
  7. ^ Giustino, 35.2; Chrubasik 2016, p. 134.
  8. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.8; Strabone, XVI, 2.8; Chrubasik 2016, p. 134.
  9. ^ Diodoro Siculo, 32, 10; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.8; Chrubasik 2016, pp. 134-135.
  10. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.8; Chrubasik 2016, p. 135.
  11. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 4.9; Chrubasik 2016, p. 135.
  12. ^ Diodoro Siculo, 33.4a; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 5.1; Chrubasik 2016, p. 136.
  13. ^ Diodoro Siculo, 33.4a; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 5.3-4; Livio, Periochae, 52; Chrubasik 2016, p. 136.
  14. ^ Chrubasik 2016, pp. 136-137.
  15. ^ Chrubasik 2016, p. 138.
  16. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 5-6; Chrubasik 2016, p. 138.
  17. ^ AppianoSyr. 68; Diodoro Siculo, 33.28; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 7.1; Giustino, 36.1; Livio, Periochae, 55; Chrubasik 2016, pp. 138-139.
  18. ^ Chrubasik 2016, p. 139.
  19. ^ Chrubasik 2016, pp. 139-140.
  20. ^ Chrubasik 2016, p. 140.
  21. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 5.11; Chrubasik 2016, p. 140.
  22. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 7.1; Chrubasik 2016, p. 140.
  23. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 7.1-2; Chrubasik 2016, pp. 140-141.
  24. ^ Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 7.2; Chrubasik 2016, p. 141.
  25. ^ AppianoSyr. 68; Fl. Gius., Ant. iud., XIII, 7.2; Strabone, XIV, 5.2; Chrubasik 2016, p. 141.
  26. ^ Chrubasik 2016, p. 142.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne