Cattedrale di San Pietro (Alessandria)

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Cattedrale di San Pietro
Prospetto della cattedrale, carta bianca, matita, acquerellatura, XIX secolo
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Piemonte
Località Alessandria
Coordinate44°54′48.36″N 8°36′58.3″E / 44.913434°N 8.616195°E44.913434; 8.616195
Religionecattolica di rito romano
TitolarePietro
Diocesi Alessandria
Consacrazione1175
FondatoreRufino Bianchi
Guglielmo Brasca
ArchitettoRuffino Bottino
(ampliamenti del XIII secolo)
Stile architettonicoromanico
gotico lombardo
Inizio costruzione1170
Completamento1175
1292 (ampliamenti del XIII secolo)
Demolizione1803

«Anno Milleno centino terqueviceno,
his iunctis octo fuit Alexandria facta,
et fù dalli otto Luoghi divisa in quatro quartieri
cioè Gamondio, Marengho, Roboreto, Bergoglio
et insieme con li elletti di Quargnento, Solario, Villeforis, Uvilij,
li quali tutti sono li otto luoghi,
et così tutti insieme fù stabilito si facesse la Chiesa Cathedrale
[...]
et del subito si diede aviso à Sua Santità,
il quale mandò fosse intitolato Santo Pietro
»

L'antica cattedrale di San Pietro in Alessandria fu edificata contestualmente alla fondazione della città. Per oltre seicento anni, con demolizioni, rifacimenti, abbellimenti e riadattamenti, è stata il cardine principale del tessuto urbano alessandrino religioso e civile. La cattedrale venne demolita nel 1803 su ordine di Napoleone Bonaparte[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Contesto storico-geografico: la fondazione della città di Alessandria[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Alessandria.
Immagine allegorica della città di Alessandria e di Bergoglio con in primo piano il ponte in legno sul fiume Tanaro. Sulla sinistra è riconoscibile la facciata dell’antica cattedrale. Anonimo, miniatura del Codex Astensis, XIII secolo.

Tra il 700 e l'anno 1000 il territorio che vide nascere la città di Alessandria si presentava ancora scarsamente abitato, con l'eccezione di alcune curtes regiæ che ricalcavano gli insediamenti più antichi: Forum (Villa del Foro), Roboretum (Rovereto), Bergolium (Bergoglio), Marenghum (Marengo) e Gamondium (Gamondio, in seguito Castellazzo).

A questi si aggiungevano centri autonomi come Solerium (Solero), Quargnentum (Quargnento) e Felizzano. La struttura amministrativa e politica dell'epoca non permise un significativo sviluppo culturale e sociale degli abitanti che però mantennero gli scambi commerciali con i vicini centri abitati accrescendo esperienza e ricchezza. i centri abitati citati si formarono e crebbero ulteriormente fino poi a creare quella che verrà fondata e chiamata Alessandria.

È importante sottolineare che, di fatto, Alessandria esisteva già ancor prima della sua fondazione formale. I vari centri abitati dell'agro avevano già avviato numerose relazioni con i territori confinanti: acquisto di terreni, alleanze e accordi[nota 1]. Nello stesso periodo, e forse anche antecedente, vennero anche edificate alcune chiese tra le quali - la più importante - quella di Chiesa di Santa Maria di Castello nel cuore di borgo Rovereto. Già agli albori della sua nascita, Alessandria favorì della strategica posizione alla confluenza tra Tanaro e Bormida.

Nata la città di Alessandria[nota 2] essa si fondò in un primo momento dall'unione demica di Gamondium, Marenghum e Bergolium. Questo si evince nel testo dei reclami contro Cremona del 1184 dell'imperatore Federico ove indica i promotori e autori della fondazione della nuova città: «de tribus locis, Gamunde vicelicet et Meringin et Burgul». Non è descritto il nome del luogo dell'incontro, anche se pare già indicato con una certa precisione nella specificazione del sito sul Tanaro dove il trasferimento fu più breve: Bergoglio[2]. Ai tre luoghi citati si aggiunsero in seguito Roboretum, Solerium, Forum, Vuilije (Oviglio) e Quargnentum. In questo le popolazioni furono supportate, economicamente, dalla "Superba" e dai comuni della Lega Lombarda in contrasto con il marchesato del Monferrato, principale alleato di Federico Barbarossa.

Fra Giacomo di Acqui nella sua "Chronica Aquensia" afferma: « [...] Causa autem quare Alexandria fuit facta est ista, quia Marchiones Montisferrati gravabant illa loca, quae se simul posuerunt, quae sunt Rovetum, Marenchum, Gamondium et Bergolium»[3].

La data ufficiale di fondazione di Alessandria è il 3 maggio 1168, anche se in quel momento ha già raggiunto una configurazione topografica, urbanistica e amministrativa definita.

XII secolo: fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Rappresentazione grafica raffigurante il tessuto urbano di piazza Reale di Alessandria (in seguito piazza della Libertà) verso la metà del secolo XVIII. In evidenza, al centro, l'antica Cattedrale
Posizione dell'antica cattedrale inserita nel tessuto urbano a tutto il 2021.
Ipotesi rappresentativa dell'antica cattedrale di Alessandria

La necessità di costruire la cattedrale non ebbe puramente un significato religioso, ma anche civile, politico e strategico. Un luogo di incontro di popolazioni differenti e di stratificazione di interessi diversi. Queste, tra le altre, le condizioni che accesero il processo sinecistico che diede vita ad Alessandria:

Come si evince dagli Atti Municipali dei Fabbricieri della cattedrale[4], l'atto di fondazione della città sancisce anche la volontà di edificare la cattedrale: «et così tutti insieme fu stabilito si facesse la Chiesa Cathedrale». Le prime notizie, dunque, risalgono alla seconda metà del XII secolo, quando fu eretta, tra il 1170 ed il 1175, una prima chiesa[5] dedicata a san Pietro apostolo: «et del subito si diede aviso à Sua Santità, il quale mandò fosse intitolato Santo Pietro».

Nel gennaio dell'anno 1170[nota 3], i consoli della città, Rufino Bianchi e Guglielmo de Bergasce, acquistarono un terreno sul quale costruire la chiesa, e la donarono, una volta giunti alla corte pontificia di Benevento, ad Alessandro III, «Deo, & Beato Pietro, & vobis prefato D. Papae Alexandro [...] in perpetuum terram proprii juris nostri, quae est infra praedictam civitatem quam populus ipsius ad costituendam sibi ecclesiam emit [...]»[6]. Al termine dei lavori di edificazione, nel 1175, la chiesa fu elevata alla dignità di cattedrale.

L'atto di donazione della chiesa da parte dei consoli alessandrini è presente nel Liber Crucis della città. Si tratta di una copia del XIII secolo, come evidenzia Francesco Gasparolo nella sua edizione critica del 1889[7], ove segnala che Amizone Butraffo, podestà coevo, ordinò ai notai di ricopiare in un codice tutti i documenti e gli atti importanti della storia del Comune. Tra questi venne ricopiato anche il De ficto dando domino pape[8] (in italiano: Il tributo da dare al Papa) che verte, appunto, sulla donazione della chiesa, destinata a divenire cattedrale, sulla fedeltà della città al papa e sulla istituzione di una tassa da versare ogni anno il giorno di San Martino:
«In nomine domini. Anno dominice incarnacionis Millesimo centesimo sexagesimo nono et undecimo pontificatus domini nostri Alexandri tertii summi pontificis et universalis pape, mensi ianuario tercia indicione. Nos Rufinus blancus et Willelmus de bergasce, consules de civitate Alexandrie notum facimus quidem in presencia dominorum bernardi portuensis episcopi Ubaldi tituli sancte crucis, Iohannis tituli sanctorum iohannis et pauli, Ildeprandi tituli basilice duodecim apostolorum, Iohannis tituli sancte anestaxie, Alberti tituli sancti laurencii in lucina, Guillelmi tituli sancti petri a vincula, Bosci tituli sancte potenciane, Petri tituli sancti laurencii in damaso, Iohannis tituli marcii, Teodini tituli sancti vitalis presbiterorum cardinalium et Iacinalii sancte marie in cosmidin, Cencii sancti adriani, Mainfredi sancti georgii, Ugonis sancti eustachii, et Petri sancte marie in aquiro diaconorum cardinalium et subscriptorum testium qui ad hoc rogati venerunt, Petri videlicet Sarazeni senescalchi, Iohannis Ancille Dei seneschalchi, Petri buticularii, Alberti et Albertinelli ostiariorum, ex parte omnium consulum et populi predicte civitatis per fustes offerimus deo et beato petro et vobis prefacto domino nostro pape Alexandro vestrisque catholicis successoribus sancteque romane ecclesie in perpetuum terram scilicet proprii iuris nostri que est infra predictam civitatem quam populus ipsius civitatis ad constituendam ibi ecclesiam emit. Et per eandem investituram volumus terram ipsam omni tempore romane ecclesie iure proprietario pertinere. Preterea de comuni conscilio Consulum et totius populi mandato militum domos et mercatorum et quorum facultas videbitur sufficiens ad boves abendos de singulis domibus tres denarios quidem terre in festo beati Martini exsolvent singulis annis. Ceteri de singulis domibus unus denarius et infra octavas beati Martini solvent ei cui romanus pontifex iusserit. Consules vero qui per tempora ibi constituentur fidelitatem vobis vestrisque successoribus omni occasione et contradicione remota iurabunt. Nos quoque demandato aliorum consulum et populi civitatis vobis fidelitatem fecimus. Et populus quando communiter iurabunt consulibus singulis, scilicet trienniis sicut constitutum est, iurabunt pariter et romano pontifici hoc scriptum quia interfui scripsi. Ego Fulco notarius et scriba sacri beneventiani pallacii. / Ego Petrus sarazenus senescalcus / Ego Albertinus hostiarius / Ego Guiscardus / Ego Albertus hostiarius / Ego Petrus buticularius / Ego Petrus qui dicor ferrarius notarius sacri palatii auctenticum huius instrumenti vidi et legi et ut in illo reperi in hoc scripsi nichil addens vel muttans preter punctum sillabam vel litteram. / Ego Willelmus notarius sacri Palatii auctenticum huius instrumenti vidi et legi et subscripsi. / Ego Otto notarius sacri Palatii auctenticum huius instrumenti vidi et legi et subscripsi.»[nota 4].

Di fatto Alessandria, con questo atto e con il rapporto privilegiato venutosi a creare con la Santa Sede e con papa Alessandro III[nota 5], diviene una signoria feudale del pontefice.

Su richiesta dell’arcivescovo di Milano, Galdino della Sala, dei consoli di Milano e dei rettori di Lombardia e della Marca, nell'anno 1175, e quindi a chiesa quasi ultimata, il papa conferisce alla città lo ius episcopale[9]: Alessandria diviene diocesi[nota 6]. Papa Alessandro III onora con la dignità pontificale «la chiesa e la città che è stata costituita in onore di San Pietro e per utilità e gloria di tutta la Lombardia». Primo vescovo eletto per la neonata diocesi di Alessandria fu il suddiacono[nota 7] della chiesa romana Arduino (o Ardoardo)[nota 8]. Successivamente, con il breve De novitate del 30 gennaio 1176[10] Alessandro III si scusa di aver eletto motu proprio il vescovo[11] e dichiara che questo non deve pregiudicare in futuro il diritto di nomina che spetta al capitolo della cattedrale. La diocesi è resa suffraganea dell'arcidiocesi di Milano.

Di questo edificio "romanico" originario nulla si sa nulla e nulla è giunto di rappresentazioni iconografiche. Come si scriverà più avanti, si possono notare alcuni particolari che raccontano una storia di interventi sicuramente di rilievo ma che non hanno snaturato totalmente l'origine della fabbricazione.

XIII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del XIII secolo si ha notizia di interventi all'eidificio - «occasione faciendi tiburium dicta ecclesiae» - interventi che raddoppiarono i contributi annuali alla Fabbrica della cattedrale[nota 9][12].

Altri interventi, più consistenti, sono stati identificati verso la fine del XIII secolo ad opera del faber et architectus Ruffino Bottino da Casale. I lavori citati furono preceduti, nel triennio 1289-1292, da una fitta corrispondenza e un Breve per la concessione di indulgenze per chi «manus porrexerint adjutrices alla Fabbrica della cattedrale, che fossero in opere, o donazioni, o legati[13].

A testimonianza di questi ultimi e più corposi lavori in cattedrale, si ha notizia grazie anche ad un’epigrafe commemorativa incisa su una lastra e posta all'interno dell'edificio, «Indictione nona Templum majus Civitatis per Magistrum Ruffinum Bottinum Casalensem, ut legitur in inscriptione fornicis, perficitur»[14][15]:

MCCLXXXXVII. Indic(tione) x.
Factum fuit hoc opus
Per magistrum Ruffinum Botinum
De Casale Sancti Evasii

Grazie al rilievo di Pietro Canalini, da alcuni segnali costruttivi intellegibili dalle testimonianze scritte, dall'esperienza maturata con lo studio comparato di molti altri manufatti coevi, si evince, come già si è accennato, che da un lato l'opera sia stata sì rimodellata nella sua struttura formale interna, ma dall'altro abbia conservato l'impostazione originaria romanica[5]. L’impianto è basilicale, suddiviso da pilastri alternativamente polistili – i maggiori – del tipo cosiddetto "milanese" e cilindrici, secondo un sistema costruttivo che già nel XIII secolo era desueto; i tre absidi tondeggianti in luogo della più "contemporanea" modalità poligonale. Questi ed altri aspetti inducono dunque a pensare ad un sostanziale mantenimento dell'ossatura primaria.

XIX secolo: demolizione[modifica | modifica wikitesto]

L'antica cattedrale resistette fino agli inizi dell'Ottocento, fino a quando, in pieno regime francese e all'indomani della Battaglia di Marengo, Napoleone ne decretò la fine ordinandone la demolizione. Non fu ritenuta idonea, anzi ingombrante, nell'ambito della riorganizzazione funzionale urbana della città voluta dall'imperatore francese. Due articoli scarni quanto perentori di un documento emesso il 18 novembre 1802[nota 10] e sottoscritto da Napoleone[16], segnarono il destino ultimo della cattedrale[nota 11]. Tra il 31 gennaio e il 1 marzo del 1803 fu dunque rasa al suolo a colpi di cannone e polvere nera.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Pianta[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Canalini, Rilievo della Cattedrale di San Pietro, disegno a penna acquerellato, cm. 47,1 x 40,6 (Scala di 19 Toises = 16,3 cm.), 15 gennaio 1803[17]. L'arredo, e la disposizione dei banchi del periodo quaresimale, sono stati ricavati dalle relazioni delle Visite Pastorali della metà del XVIII secolo.

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Legenda

1. Presbiterio
2. Cappella della BMV della Salve
3 Altare di San Francesco Saverio
4 Cappella dei Santi Cristoforfo e Giuliano[nota 12]
5 Cappella di Santa Caterina[nota 13]
6 Cappella della "Madonna dell'Uscetto"
7 Andito del Crocifisso
8 Cappella di San Giuseppe[nota 14]
9 Sagrestia particolare di San Giuseppe
10 Stanza dei Seminaristi
11 Cappella della Santissima Annunziata[nota 15]
12 Cappella dei Santi San Carlo e Agostino[nota 16]
13 Cappella del Santissimo Crocifisso[nota 17]
14 Cappella dei Santi San Carlo e Ambrogio[nota 18]
15 Altare di San Liborio
16 Cappella di Sant'Andrea[nota 19]
17 Sagrestia Capitolare
18 Torre civica e campanile
19 Corte rustica
20 Cimitero
statue, busti, lapidi
raffigurazioni pittoriche
raffigurazioni pittoriche e crocifisso
A. Altare maggiore, 1695[nota 20]
B. Callisto Piazza, San Pietro in Cattedra, Pala d'altare, 1546
C. Rilievo sepolcrale, 1484.
D. Altare della BMV della Salve, XVIII sec.[nota 21]
E. Filippo Parodi, Tre busti di vescovi alessandrini, XVII sec.[nota 22]
F. Ignoto, San Giovanni Nepomuceno, tela, XVIII sec.[nota 23]
G. Ignoto, Martirio di Santa Caterina, Pala d'altare perduta, ?
H. Ignoto, Madonna dell'Uscetto[nota 24], olio su tavola, XIV sec.
I. Due tele, probabilmente di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo
J. Crocifisso ligneo, fine XV sec.[nota 25]
K. Fonte battesimale, perduto
L. Filippo Parodi, Busto di Giacomo Filippo Sacchi[nota 26], XVII sec.
M. Filippo Parodi, San Giuseppe, statua marmorea, 1703[nota 27]
N. Giovan Carlo Aliberti?, Sant'Andrea, olio su tela, perduto
O. Pulpito ligneo, perduto

Edificio e piazza[modifica | modifica wikitesto]

Anonimo, Veduta del domo d'Alessandria della Paglia, acquerello, metà XVIII secolo, Biblioteca Reale di Torino. Il disegno contestualizza la cattedrale nella platea major[nota 36].
Anonimo, Veduta del domo d'Alessandria per di dietro, ibidem. È raffigurata la zona absidale composta dalle consuete absidi a tracciato semicircolare[nota 37].
Gian Battista Rossi, La torre civica e campanile annessa alla antica Cattedrale di Alessandria, riproduzione di disegno, matita su carta bianca.

Nell'arco del XVIII secolo si possono riscontrare alcune descrizioni della cattedrale di San Pietro che possono aiutare alla comprensione delle aree circostanti e degli spazi interni.

Un interessante manoscritto del 1775[18], redatto dal canonico casalese Giuseppe De Conti, racconta il suo punto di vista durante un viaggio da Casale a Roma[nota 38]: «Fra gl’edifici sagri (Alessandria) può primo vantarsi della sua Cattedrale isolata, vasta a trè navi, con esterni in semigottico gusto alternati di mattonelle e pietre con sobrii portichetti, e gallerie. Alla porta maggiore prospiciente sulla Piazza tiene un peristilio barbaro di rimarco. Nell’interno fà pompa della Cappella di S. Giuseppe, ben frescata sulle volte, e con un’icona in tela nell’altare di qualche considerazione. V’è anche la Cappella della Salve bene abbellita di marmi, pitture, dorature. L’architetto di questo tempio fu nel 1300 mastro Bottino di Casal S.t. Evasio, come sta scolpito in una lapide, riportata dal Ghilini storico di questa città. La Piazza maggiore, che tiene davanti è spaziosa di forma quadrilunga quasi regolare».

Molto importanti, per la descrizione degli edifici religiosi, sono le visite pastorali diocesane dei vescovi. Una, del vescovo Giuseppe Tomaso de Rossi del 22 giugno 1760[19], presenta le strutture interne nei verbali della sua visita: «Visitavit Corpus dictae Ecclesiae Cathedralis, quod constat tribus Alis, quarum media est major, reliquae duae laterales sunt minores. In Capite majoris attollitur altissima Testudo alluminata finestris, et fulcitur duobus [...] ibus Presbyterii, ac duabus Columnis; subtus dictam Testudinem efformantur quatuor magni arcus, et in medio illius qui est in prospectu fulgent Insignia praefacti DD. Episcopi in tela picta espressa, et hinc inde illa praefatae Ill.me Civitatis expressa pariter ut supra. Sequuntur hinc inde pariter in dicta Ala tres alii magni Arcus, in eorum singuli includentes duos alios minores, qui sustentantur a sex columnis comprehensis supra relatis. Haec ala major, quemadmodum et praedictae laterales, est opere fornicato constructa [...]».

Alessandria fu una delle prime tappe che Donatien-Alphonse-François de Sade scelse durante il Voyage d’Italie, dopo la fuga precipitosa dalla Francia. Si fermò a dormire la notte del 26 luglio 1775 e descrisse così la piazza e la chiesa: « [...] La piazza è lunga, ma mal costruita. Vi si stava costruendo, quando la visitai, un edificio abbastanza piacevole, ma che da solo non l’abbelliva mai. La cattedrale, di tipo gotico e senza alcun ornamento esteriore, prende da sola quasi un intero lato della piazza e nasconde un municipio discreto, situato su una specie di prolungamento dietro alla piazza.»[20].

Del 1845 è una breve pubblicazione delle "Memorie di Pietro Civalieri scritte nel 1845 circa"[21] in cui descrive la cattedrale e la sua piazza: « [...] Aveva la facciata verso ponente e l'altar maggiore ad oriente, come tutte le antiche chiese, e ad essa venne verso settentrione appoggiato il famoso campanile, il quale consisteva in un corpo di fabbrica quadrato e vasto, che superava nell'altezza la facciata della chiesa, la quale sorgeva nel mezzo, piramidale secondo l'antico stile tedesco, volgarmente chiamato gotico. A lato della chiesa verso mezzodì erasi posteriormente costrutta una vasta cappella dedicata a San Giuseppe con le elargizioni dell'antica famiglia Sacchi ora estinta. Cosicché lo spazio di facciata al Duomo chiamavasi piazza del Duomo, e quello di fianco piazza di San Giuseppe, ove giocavasi al pallone; e dietro al Duomo eravi anche piazza e v'erano le case dei Ghilini e quelle de' Merlani. [...] Appoggiato al campanile era un arco sotto la cui apertura passavasi per andare intorno al Duomo, e sull'attuale via deJ]e Scuole, e dall'altro lato contro una casuccia con tre portichetti, che serviva da corpo di guardia centrale. [...] 'La facciata della cattedrale era orizzontalmente rigata a strisce rosse e bianche ]e quali si alternavano. Sulle due guglie eransi collocati il gallo e l'angelo trasportati da Casale nell'occasione del sacco dato a quella città nel 1215. Sulla facciata del campanile v'erano tutti li quadranti orali che sono ora sul palazzo civico e sulla porta del medesimo eravi il monumento che la tradizione vuole fosse eretto a Gagliaudo, il quale atterrandosi il Duomo fu conservato in un magazzeno e nel 1814 posto suU'angolo dell'attuale Cattedrale. Sulla facciata della Cappella di San Giuseppe eranvi dipinti gli stemmi gentilizi di San Pio V e di Pio VI Braschi. [...] L'antica piazza era lunga trabucchi 41 da mezzodì a settentrione. Dal corpo di guardia che era laterale al Duomo, quasi parallelo alla via Ravanal, sino a Porta Trionfale, cioè al Palazzo del Governo, larga trabucchi 20; e dall'angolo della via Crosa al muro del Duomo trabucchi 18; e nel suo complesso di superficie moggia 2,4,8. L'attuale piazza da mezzodì a settentrione trabucchi 42 (il trabucco di più dell'antica è acquistato dal sedime del palazzo del governo, a cui abolivansi li portici). Dall'angolo della Crosa al Palazzo Reale trabucchi 47, con la superficie di moggia 5,7.».

Note[modifica | modifica wikitesto]

Esplicative[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Si ricordi, ad esempio, il patto militare e commerciale che il comune di Gamondio strinse con la Repubblica di Genova nel 1146.
  2. ^ Nei primi vent'anni della sua storia la città presenta nelle fonti quattro diverse denominazioni: Alessandria, Cesarea, Palea, Rovereto, oltre alla designazione generica, abbastanza frequente, di civitas nova o nova civitas, ed alla più rara designazione di urbs nova, (Geo Pistarino, p. 15). Il Ghilini nei suoi Annali di Alessandria, p. 2-1168/1 vuole erroneamente che la nascita della città sia avvenuta il 22 aprile 1168, e cioè lo stesso giorno della fondazione di Roma: « [...] пеl qual giorno Romolo diede principio alla fabrica della Città di Roma [...]». Il Ghilini commette più di un errore: la fondazione di Roma è ufficialmente fissata il 21 aprile, e - in realtà - il nome Cesarea venne imposto dall'imperatore nella Reconciliatio Cæsareæ del 1183 (Monumenta Germaniæ Historica, pp. 181-182), che ben presto venne abbandonato dagli stessi abitanti come un elemento estraneo alla loro coscienza ed individualità collettiva, (Geo Pistarino, p. 15).
  3. ^ Secondo l'usanza del tempo della curia romana si era ancora nel mese di dicembre 1169.
  4. ^ Nel nome del Signore. L’anno dall’incarnazione millecentosettanta, undicesimo del pontificato del nostro signore il sommo pontefice e papa universale Alessandro III, nel mese di gennaio, indizione terza. Noi, Rufino Bianchi e Guglielmo di Bergasce, consoli della città di Alessandria - in presenza dei cardinali Bernardo vescovo portuense, Ubaldo del titolo di Santa Croce, Giovanni del titolo dei Santi Giovanni e Paolo, Ildebrando del titolo della Basilica dei dodici apostoli, Giovanni del titolo di Santa Anastasia, Alberto del titolo di San Lorenzo in Lucina, Guglielmo del titolo di San Pietro in Vincoli, Bosco del titolo di Santa Podenziana, Pietro del titolo di San Lorenzo in Damaso, Giovanni del titolo di San Marco, Teodino del titolo di San Vitale, con i diaconi Iacinale di Santa Maria in Cosmedin, Cencio di Sant’Adriano, Mainfredo di San Giorgio, Ugone di Sant’Eustachio, e Pietro di Santa Maria in Aquiro, e con i testimoni sottoscritti che furono chiamati per rogare quest’atto, cioè Pietro Saraceno siniscalco, Giovanni Ancilla Dei siniscalco, Pietro Buticulario, gli ostiari Alberto e Albertinello - da parte dei Consoli e del Popolo della predetta Città, offriamo “per fustes” e in perpetuo a Dio, al Beato Pietro, a Voi nostro signore Papa Alessandro e ai vostri successori e alla Santa Chiesa Romana, il terreno di nostro pieno diritto che si trova entro la predetta Città e che il popolo della stessa ha acquistato per costituirvi una chiesa. Mediante la stessa investitura vogliamo che detta terra permanga di proprietà della Chiesa di Roma per sempre. Inoltre, in base al volere congiuntamente espresso dai Consoli e dal Popolo, [stabiliamo che] i milites, i mercatores e tutti coloro che possiedono bovini, per ogni casa di proprietà, dovranno pagare ogni anno alla festa di San Martino la somma di tre denari per questa terra; gli altri, per ogni casa di proprietà, un denaro, che pagheranno entro l’ottava di San Martino a chi sarà incaricato dal romano pontefice. I Consoli di volta in volta in carica giureranno inoltre fedeltà a voi e ai vostri successori in ogni circostanza e senza alcuna con- traddizione. Quanto a noi stessi, dichiariamo la nostra fedeltà in base al mandato degli altri Consoli e del Popolo della Città. E il Popolo, quando i singoli Consoli presteranno il loro giuramento, cioè ogni tre anni come è stabilito, giurerà parimenti al romano pontefice ciò che è stato trascritto qui. Io, Folco, notaio e scriba del sacro palazzo di Benevento, Io, Pietro Saraceno, siniscalco, Io, Albertino, ostiario, Io, Guiscardo, Io, Alberto, ostiario, Io, Pietro, buticolario, Io Pietro, detto Ferrario, notaio del Sacro Palazzo, ho visto e letto l’originale di quest’atto e ciò che in esso ho reperito ho trascritto qui, senza aggiungere, togliere o mutare nulla, né un punto, né una lettera, né una sillaba. Io Guglielmo, notaio del Sacro Palazzo, ho visto, letto e sottoscritto l’originale di questo testo. Io, Ottone, notaio del Sacro Palazzo, ho visto, letto e sottoscritto l’originale di questo testo.
  5. ^ Il Papa concesse alla città l'utilizzo del Vexillum Beati Petri. Cfr. Roberto Livraghi, p. 11
  6. ^ Non fu semplice la creazione della diocesi, il territorio della civitas nova e degli octo loci - insisteva su cinque diocesi molto antiche e consolidate: Milano, a cui apparteneva Bergoglio; Pavia a cui apparteneva Rovereto; Tortona, a cui appartenevano Gamondio e Marengo; Asti, a cui appartenevano Quargnento, Solero e Oviglio; Acqui, a cui apparteneva Foro. A tutto ciò va aggiunto che San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, e altri importanti istituti religiosi, vantava diritti e i possessi sul territorio.
  7. ^ I suddiaconi al tempo di papa Alessandro III rivestivano funzioni diverse da quanto non agisca un suddiacono post conciliare. Ricevevano l'ordinazione direttamente dal papa e a lui rispondevano dei propri servizi alle dirette dipendenze della sede apostolica.
  8. ^ Le notizie relative ad Arduino sono praticamente nulle, a parte sapere che fu vescovo eletto e mai consacrato tale; si sa inoltre che tra il 1176 e il 1177 si dovette nominare un successore.
  9. ^ «Ordinamus, quod talia nunc ultimo ordinata, sive donum majoris ecclesiae Alexandrie, quae, & quod fieri, & imponi debet omni anno pro laborerio, & fabrica ipsius ecclesiae, duplicetur, & duplicari, & duplicata solvi debeat [...] »
  10. ^ 27 brumaio anno XI.
  11. ^ «Art. 1er. La Cathédrale de la ville d’Aléxandrie qui encombre la place d’Armes sera démolie. Les matériaux seront employés aux fortifications; Art. 2e. Les Ministres de l’Intérieur, des finances et de la Guerre sont chargés de l’éxécution du présent Arreté».
  12. ^ Patronato della famiglia Ghilini
  13. ^ Patronato della famiglia Ghilini
  14. ^ Patronato della famiglia Sacchi
  15. ^ Patronato della famiglia Lanzavecchia
  16. ^ Patronato della famiglia Gallia
  17. ^ Patronato della famiglia Varzi Castellani de Merlani
  18. ^ Patronato della famiglia Guasco Gallarati
  19. ^ Patronato della famiglia Dal Pozzo
  20. ^ Altare sovrastato dal gruppo marmoreo di Filippo Parodi formato dal Crocifisso abbracciato da due angioletti e adorato dai Santi Baudolino e Pio
  21. ^ Sopra l'altare era posto il miracoloso simulacro ligneo del XV sec.. L'altare è stato recuperato e inserito nella nuova cattedrale come altare della cappella della BMV del Rosario. L'identificazione è resa possibile dall'iscrizione apposta al centro del paliotto; conferma si trova inoltre nell'Inventario del 1840 in cui è menzione dell'altare "già della Salve in marmo nero" nella cappella di San Luigi: dal 1810 anno dell'inaugurazione della nuova Cattedrale al 1874 intitolata a San Luigi Gonzaga, la cappella fu dedicata al Rosario nel 1878 a conclusione dei restauri di Edoardo Arborio Mella (1874 - 1878)
  22. ^ Al centro, Carlo Ciceri, ai lati Deodato Scaglia e Alberto Mugiasca.
  23. ^ Il dipinto era collocato nella navata sinistra, sulla parete tra la cappella dei Santi Cristoforo e Giuliano e la porta della sagrestia capitolare, veniva esposto sull'altare maggiore nel giorno della festa del santo. Le notizie sono desunte dalla Visita del vescovo G. T. De Rossi del 1760; il dipinto è inoltre registrato negli inventari dei beni del Capitolo del 1773 e 1780. In un più recente inventario del 1816 è registrato "Un Altare di marmo col quadro serviente per incona col ritratto di San Giovanni Nepomuceno". Nella nuova Cattedrale, inaugurata nel 1810, il complesso era verosimilmente collocato nella quinta cappella entrando a destra, dal 1810 al 1874 dedicata al Santo. Con i restauri di Edoardo Arborio Mella (1874 - 1878) la cappella venne abolita per creare un atrio e relativa porta laterale e l'altare fu trasferito nel luogo definitivo sempre all'interno della cattedrale..
  24. ^ Il dipinto, raffigurante una "Madonna con Bambino", fu ritrovato nel 1542, secondo la tradizione, venne abbandonato da uno sconosciuto. Era collocato nella Cappella di San Silvestro, contigua alla porta laterale sinistra, donde la denominazione di "Madonna dell'Uscetto". Un primo cenno si trova nella Visita di Gerolamo Confalonieri, delegato del vescovo Ottavio Paravicini, del 1594: "Sancti Siluestri nunc vulgo dicitur Madonna del Uschietto"; nella Visita di monsignor Giuseppe Tommaso De Rossi del 1760 è inoltre una minuziosa descrizione della cappella. Venne conservata nella nuova Cattedrale a partire dal XIX secolo.
  25. ^ Secondo la tradizione è proveniente dalla Chiesa di Santa Maria di Castello e risalirebbe all'XI secolo, ma i caratteri stilistici inducono a posticipare la datazione al XV secolo. Era collocato nell'andito della porta laterale sinistra come risulta dalle Visite dei vescovi M. Arboreo Gattinara (1730) e G. T. De Rossi (1760) "transitus undeque depictus qui ducit extra Ecclesiam, ineoque visitavit Simulacrum SS. mi Cricifixi"; è menzionato nello stesso luogo nell'Inventario degli arredi della Cattedrale redatto nell'occasione della demolizione. La collocoazione nella nuova Cattedrale risale al 1810, anno della sua inaugurazione. Il Crocifisso fu rivestito in lamina di rame dall vita in giù nel XVIII secolo per proteggerlo dai fedeli che asportavano frammenti per devozione personale.
  26. ^ Benefattore della cattedrale. Giacomo Filippo Sacco (Sacchi), vissuto nel XVI secolo, con testamento del 15 novembre 1549 lasciò una cospicua somma per l'edificazione e la dotazione della cappella dei Santi Giuseppe e Perpetuo
  27. ^ Ai fianchi della statua, conservata nella nuova cattedrale, i pannelli laterali, dispersi, del polittico della Purificazione del XVI secolo, con i Santi San Perpetuo e San Girolamo a sinistra e i Santi San Teobaldo e Santa Caterina a destra.
  28. ^ Il coro è conservato nella chiesa dei Santi Alessandro e Carlo di Alessandria. È di forma semicircolare e a doppio ordine di stalli; gli schienali dell'ordine maggiore presentano specchiature mistilinee e sono separate da putti.
  29. ^ Il gruppo marmoreo fu realizzato anch'esso nel 1695, come l'altare maggiore, con i fondi del lascito del vescovo Alberto Mugiasca e consacrato il 31 ottobre di quell'anno dal successore Carlo Ottaviano Guasco. È descritto in tutte le Visite settecentesche. Nella nuova cattedrale fu smembrato con l'utilizzo dei santi ad affiancare il Crocifisso ligneo quattrocentesco nella cappella a questo intitolata; fu quindi in tempi successivi ricomposto nell'ambulacro.
  30. ^ Il coperchio è l'unico pezzo superstite del sepolcro del vescovo Marco Cattaneo de' Capitani, che le fonti descrivono come opera «di bellissima scoltura, ornata da' vaghi bassi riglievi all'intorno». Scrive inoltre Guasco nel 1781: «Questo marmoreo sepolcro fu dissegnato, ed eseguito per il prezzo di 100 ducati d'Oro, dall'Ingegnere di Milano Maestro Boniforte Solario, come si comprende dall'Istromento di quittanza per la sudetta somma, pagatagli sotto il dì 7 di maggio 1484 da Lorenzo de Fileto Pontremolese, Capellano per l'addietro del Vescovo defunto». Alla medesima fonte attinge Chenna nel 1785, che però riporta altrimenti il nome dello scultore, ascrivendo la realizzazione del sarcofago ad un certo "Pier Antonio de Solerio". Accogliendo la versione del Chenna, Sant'Ambrosio (in "Rivista di Storia Arte e Archeologia per la provincia di Alessandria", 1898) ha identificato lo scultore con Pietro Antonio Solari, architetto e scultore sforzesco largamente attivo nella Milano della seconda metà del XV secolo.
  31. ^ Piano d'appoggio: superficie intarsiata, profilo sagomato; colonna di sostegno: sagomata con volutelle laterali e fronte intarsiato. Le due consolle gemelle sono collocate simmetricamente a ridosso delle pareti laterali del presbiterio della nuova cattedrale. Provengono dalla cappella della Beata Vergine della Salve. Si riscontrano analogie stilistiche con l'altare già della cappella della Salve della cattedrale antica poi traslata nella cappella del Rosario della nuova cattedrale.
  32. ^ I resti dell'architrave fanno parte di una serie di ritrovamenti alla luce delle indagini archeologiche, effettuate nella piazza principale di Alessandria tra il 2002 e il 2003, per sondare quanto rimanga ancora nel sottosuolo della antica cattedrale.
  33. ^ Forse proveniente dalla Cattedrale stessa, dopo la demolizione del 1803, fu trasportato e murato nel luogo ove si trova entro la prima metà del XIX secolo. La tradizione vuole che rappresenti il miracolo alessandrino di San Francesco che, in occasione di un suo passaggio per la città, ammansisce una lupa feroce.
  34. ^ Probabile frammento della primitiva Cattedrale romanica. Dopo la demolizione della Cattedrale fu trasportata e murata sull'estremità sinistra della nuova Cattedrale dal 1815. La tradizione vuole che rappresenti Gagliaudo, astuto contadino eroe dell'epos locale, col carico di una "formaggetta lodigiana".
  35. ^ Crocifissione di Cristo con San Giovanni Evangelista e committente. Nel mezzo è il Crocifisso, sulla destra è rappresentato di profilo il donatore in ginocchio, San Giovanni è in piedi sulla sinistra rappresentato di tre quarti. Il bassorilievo è verosimilmente l'elemento superstite di un più complesso apparato marmoreo. Secondo Giuseppe Amato (cfr. La Cattedrale di Alessandria. Storia e descrizione, Alessandria, p. 17) proverrebbe dalla Cappella di San Bartolomeo, dalla fine del Cinquecento detta del Crocefisso, di patronato della famiglia Varzi Castellani de Merlani, n. 13 di questo rilievo. Salvato dalla demolizione fu trasportato nella nuova Cattedrale inaugurata nel 1810 e murata a lato della porta della sagrestia.
  36. ^ Interessante, sulla destra, il Palatium Novum del Comune del XIII secolo, sostituito, alla fine del XVIII secolo, dal nuovo palazzo del Municipio.
  37. ^ Il disegno rende riconoscibile una stratificazione architettonica compresa tra la fine del XII e la prima metà XVI secolo.
  38. ^ La fermata ad Alessandria avvenne l’11 novembre 1774.

Bibliografiche[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giulio Ieni, II.
  2. ^ Geo Pistarino, p. 14.
  3. ^ Monumenta Aquensia II, p. 144.
  4. ^ Atti Municipali.
  5. ^ a b Giulio Ieni, I.
  6. ^ Monumenta Aquensia II, col 546, 44-45.
  7. ^ Liber Crucis, p. 93.
  8. ^ Testo originale conservato presso l'Archivio di Stato, di Alessandria.
  9. ^ Codice 5077.
  10. ^ Giuseppe Cappelletti, pp. 534-535.
  11. ^ Il documento non menziona il nome del vescovo, che potrebbe essere sia Arduino che il suo successore Ottone Ghilini.
  12. ^ Codex Statutorum, p. 351.
  13. ^ Si vedano: "Indulgentiae multorum Episcoporum pro Ecclesia maiori Alexandrina", 9 marzo 1289, Monumenta Aquensia I, n. 240, coll. 258-259; "Indulgentia Nicolai PP. IV. Pro Ecclesia ut supra", 9 dicembre 1289, Monumenta Aquensia I, n. 248, col. 258; "Indulgentiae Othonis Archiepiscopi Medionalinsis etc.", 10 dicembre 1292, Monumenta Aquensia I, n. 250, col. 259.
  14. ^ Monumenta Aquensia I, col. 580, 52-53.
  15. ^ Annali di Alessandria, p. 53.
  16. ^ Extrait des Registres des Délibérations des Consuls de la République.
  17. ^ Pietro Canalini.
  18. ^ Giuseppe De Conti.
  19. ^ Giuseppe Antonio Chenna, p. 349.
  20. ^ D.A.F. De Sade, pp. 41-42.
  21. ^ Annibale Civalieri.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Archivistica[modifica | modifica wikitesto]

  • Liber Crucis, in Archivio Storico del Comune di Alessandria, Serie IV, n. 4302, cc. 56v-57r, Alessandria.
  • Codice 5077, in Formularius Cancellariae Curiae Romanae, s. XV, ff. 76-77, Österreichische Nationalbibliothek, Vienna.
  • Fabbricieri della Cattedrale, tomo I, cc. 7v-8r, in Atti Municipali, vol. 1776, Miscellanea ASAL, ASCAL, s. I, Alessandria.
  • Giuseppe De Conti, Viaggio d’Italia, in BCCM, ms. 091/156, c. 6 v., manoscritto autografo, 1775.
  • Extrait des Registres des Délibérations des Consuls de la République. spedito da Parigi al Prefetto del Dipartimento di Marengo dal Ministro delle Finanze in data 10 frimaio anno XI (1º dicembre 1802), in ASAL, IGDAL, m. 200, Affari speciali dei Comuni, “Alessandria intra Muros” (1814-1825), fasc. s.n., Alessandria.
  • Pietro Canalini, Rilievo della Cattedrale, in ASAL, IGAL m.200:, Affari speciali dei Comuni, "Alessandria intra muros" 1814-1825, fasc. s.n, Alessandria, 1803.

Codici[modifica | modifica wikitesto]

Storica, Annalistica e Trattatistica[modifica | modifica wikitesto]

Narrativa[modifica | modifica wikitesto]

  • D.A.F. De Sade, 1974.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]