Storia della grafica: differenze tra le versioni

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La storia della grafica inizia nel periodo compreso tra il primo Paleolitico e il Neolitico (35.000 – 4.000 a.C.). I protagonisti dell'alba della comunicazione visiva furono i primi uomini africani ed europei che, per scopi di sopravvivenza, utilitaristici e rituali, realizzarono pitture e incisioni nelle caverne. Nel mondo, dall'Africa al Nord America, fino alle isole della Nuova Zelanda, gli uomini preistorici lasciarono numerose incisioni rupestri. La grotta di Lascaux, scoperta per caso da due ragazzi nel 1940, propone ben 600 figure dipinte di animali e simboli di colori giallo, rosso, marrone e nero.<ref name=":3">{{Cita libro|autore=AA.VV.|titolo=Preistoria|anno=2002|editore=Giunti Junior}}</ref> Probabilmente i "pittori" mettevano ocra, ematite e manganese polverizzati in tubi d'osso, e li applicavano, dopo aver inumidito la parete, con pennelli e tamponi.<ref name=":3" /> Ma lo stupendo dipinto di un cavallo giallo, presente in questo sito, fa addirittura pensare che il colore si stato applicato a spruzzo.<ref name=":3" />
La storia della grafica inizia nel periodo compreso tra il primo Paleolitico e il Neolitico (35.000 – 4.000 a.C.). I protagonisti dell'alba della comunicazione visiva furono i primi uomini africani ed europei che, per scopi di sopravvivenza, utilitaristici e rituali, realizzarono pitture e incisioni nelle caverne. Nel mondo, dall'Africa al Nord America, fino alle isole della Nuova Zelanda, gli uomini preistorici lasciarono numerose incisioni rupestri. La grotta di Lascaux, scoperta per caso da due ragazzi nel 1940, propone ben 600 figure dipinte di animali e simboli di colori giallo, rosso, marrone e nero.<ref name=":3">{{Cita libro|autore=AA.VV.|titolo=Preistoria|anno=2002|editore=Giunti Junior}}</ref> Probabilmente i "pittori" mettevano ocra, ematite e manganese polverizzati in tubi d'osso, e li applicavano, dopo aver inumidito la parete, con pennelli e tamponi.<ref name=":3" /> Ma lo stupendo dipinto di un cavallo giallo, presente in questo sito, fa addirittura pensare che il colore si stato applicato a spruzzo.<ref name=":3" />


Le figure disegnate, fra cui animali e scene di caccia, sono oggi dette "[[Pittografia|pittogrammi]]", ovvero figure elementari o schizzi che rappresentano la cosa ritratta. L'apparizione dei primi pittogrammi comportò l'inizio dell'[[Pittura|arte pittorica]] (gli oggetti e gli eventi del mondo vennero registrati con fedeltà ed esattezza incrementale col passare dei secoli), ma non solo. L'immagine di un bisonte potrebbe far venire in mente il pensiero di un reale bisonte, e potrebbe suggerire in seguito la parola assegnatagli. Le immagini "leggibili", che sono immagini associate a parole, sono state il primo passo nel lungo viaggio che ha portato a un linguaggio scritto. Gli artisti del Paleolitico svilupparono una tendenza verso la semplificazione e la stilizzazione: le figure saranno sempre più abbreviate ed espresse con un minimo numero di linee. Dal tardo periodo Paleolitico alcuni graffiti e pittogrammi si ridussero al punto da assomigliare a lettere.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=P. Meggs, A. Purvis|titolo=Megg's History of Graphic Design|edizione=5|anno=|editore=|città=|p=|pp=|ISBN=}}</ref>
Le figure disegnate, fra cui animali e scene di caccia, sono oggi dette "[[Pittografia|pittogrammi]]", ovvero figure elementari o schizzi che rappresentano la cosa ritratta. L'apparizione dei primi pittogrammi comportò l'inizio dell'[[Pittura|arte pittorica]] (gli oggetti e gli eventi del mondo vennero registrati con fedeltà ed esattezza incrementale col passare dei secoli), ma non solo. L'immagine di un bisonte potrebbe far venire in mente il pensiero di un reale bisonte, e potrebbe suggerire in seguito la parola assegnatagli. Le immagini "leggibili", che sono immagini associate a parole, sono state il primo passo nel lungo viaggio che ha portato a un linguaggio scritto. Gli artisti del Paleolitico svilupparono una tendenza verso la semplificazione e la stilizzazione: le figure saranno sempre più abbreviate ed espresse con un minimo numero di linee. Dal tardo periodo Paleolitico alcuni graffiti e pittogrammi si ridussero al punto da assomigliare a lettere.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=P. Meggs, A. Purvis|titolo=Megg's History of Graphic Design|edizione=5|anno=|editore=|città=}}</ref>


=== La nascita della scrittura in Mesopotamia (IV millennio a.C.-XVI sec. a.C.) ===
=== La nascita della scrittura in Mesopotamia (IV millennio a.C.-XVI sec. a.C.) ===
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Una teoria sostiene che l'origine del linguaggio visivo sia dovuta alla necessità di identificare il cibo all'interno dei contenitori.<ref name=":0" /> Venivano fatte piccole etichette di argilla che identificavano il contenuto con un [[Pittografia|pittogramma]], e la quantità veniva segnata con un elementare [[Sistema numerico decimale|sistema di numerazione decimale]] basato sulle dieci dita umane. Le prime testimonianze della scrittura sono tavolette che apparentemente elencavano le merci con disegni pittografici di oggetti, accompagnati da numeri e nomi di persone inscritti in colonne.<ref name=":0" /> L'abbondanza di [[argilla]] di cui disponevano i Sumeri la rese il materiale con cui logicamente venivano registrate le cose da ricordare, e uno stilo di canna, dalla punta affilata a un'estremità, era utilizzato per disegnare le fini e curve linee dei primi pittogrammi. Le tavolette di argilla umida erano tenute dalla mano sinistra, e i pittogrammi erano graffiati sulla superficie con lo stilo di legno. Dall'angolo destro superiore della tavoletta, le linee venivano scritte in attente colonne verticali. La tavoletta, una volta scritta, era dopo lasciata asciugare al sole o cotta in una fornace di roccia dura.
Una teoria sostiene che l'origine del linguaggio visivo sia dovuta alla necessità di identificare il cibo all'interno dei contenitori.<ref name=":0" /> Venivano fatte piccole etichette di argilla che identificavano il contenuto con un [[Pittografia|pittogramma]], e la quantità veniva segnata con un elementare [[Sistema numerico decimale|sistema di numerazione decimale]] basato sulle dieci dita umane. Le prime testimonianze della scrittura sono tavolette che apparentemente elencavano le merci con disegni pittografici di oggetti, accompagnati da numeri e nomi di persone inscritti in colonne.<ref name=":0" /> L'abbondanza di [[argilla]] di cui disponevano i Sumeri la rese il materiale con cui logicamente venivano registrate le cose da ricordare, e uno stilo di canna, dalla punta affilata a un'estremità, era utilizzato per disegnare le fini e curve linee dei primi pittogrammi. Le tavolette di argilla umida erano tenute dalla mano sinistra, e i pittogrammi erano graffiati sulla superficie con lo stilo di legno. Dall'angolo destro superiore della tavoletta, le linee venivano scritte in attente colonne verticali. La tavoletta, una volta scritta, era dopo lasciata asciugare al sole o cotta in una fornace di roccia dura.
[[File:Sumer-seal.png|miniatura|350x350px|Sigillo cilindrico da stampa, Ittiti, 1650-1200 a.C.]]
[[File:Sumer-seal.png|miniatura|350x350px|Sigillo cilindrico da stampa, Ittiti, 1650-1200 a.C.]]
Ma attorno al 2400-2300 a.C. gli scribi ruotarono i pittogrammi di 90° e iniziarono a scrivere in righe orizzontali, da sinistra a destra e dall'alto in basso<ref name=":4">{{Cita libro|curatore=Alessandro Barbero|titolo=Le prime civiltà superiori. Sumeri ed Egizi|anno=2016|editore=Corriere della Sera|volume=2|opera=La Storia}}</ref> – questo rese la scrittura più facile. Circa trecento anni dopo, la velocità della scrittura venne aumentata grazie alla sostituzione dello stilo affilato, con uno dalla punta triangolare. Lo stilo veniva spinto nell'argilla piuttosto che essere trascinato. Questa innovazione alterò radicalmente la natura della scrittura; i pittogrammi si evolvettero in segni astratti chiamati "cuneiformi". Da una prima fase, in cui i pittogrammi rappresentavano oggetti animati e inanimati, si passò a una seconda fase, in cui dei segni detti "[[Logogramma|ideogrammi]]", rappresentavano idee astratte. Il simbolo per il sole, per esempio, cominciò a rappresentare idee come "giorno" e "luce". Il più alto sviluppo della scrittura cuneiforme fu l'uso di segni astratti per rappresentare le sillabe.<ref name=":0" />
Ma attorno al 2400-2300 a.C. gli scribi ruotarono i pittogrammi di 90° e iniziarono a scrivere in righe orizzontali, da sinistra a destra e dall'alto in basso<ref name=":4">{{Cita libro|curatore=Alessandro Barbero|titolo=Le prime civiltà superiori. Sumeri ed Egizi|anno=2016|editore=Corriere della Sera|volume=2|collana=La Storia}}</ref> – questo rese la scrittura più facile. Circa trecento anni dopo, la velocità della scrittura venne aumentata grazie alla sostituzione dello stilo affilato, con uno dalla punta triangolare. Lo stilo veniva spinto nell'argilla piuttosto che essere trascinato. Questa innovazione alterò radicalmente la natura della scrittura; i pittogrammi si evolvettero in segni astratti chiamati "cuneiformi". Da una prima fase, in cui i pittogrammi rappresentavano oggetti animati e inanimati, si passò a una seconda fase, in cui dei segni detti "[[Logogramma|ideogrammi]]", rappresentavano idee astratte. Il simbolo per il sole, per esempio, cominciò a rappresentare idee come "giorno" e "luce". Il più alto sviluppo della scrittura cuneiforme fu l'uso di segni astratti per rappresentare le sillabe.<ref name=":0" />


Ma fra queste due fasi, il passo più importante e decisivo per l'evolversi della scrittura è certamente la scoperta del "fonetismo".<ref name=":4" /> Furono i Sumeri a inventare la scrittura fonetica, e gli Egizi la appresero da loro.<ref name=":3" /><ref name=":4" /> Dapprima alle immagini corrispondevano suoni il più delle volte sillabici, costituiti cioè, da una consonante e da una vocale.<ref name=":3" /> Con il passare dei secoli, come detto, quelle immagini furono stilizzate e trasformate in segni cuneiformi, simboli a forma di cunei incisi su tavole di argilla o lastre di pietra, graffiti su metalli oppure dipinti sul legno o ceramica.<ref name=":3" />
Ma fra queste due fasi, il passo più importante e decisivo per l'evolversi della scrittura è certamente la scoperta del "fonetismo".<ref name=":4" /> Furono i Sumeri a inventare la scrittura fonetica, e gli Egizi la appresero da loro.<ref name=":3" /><ref name=":4" /> Dapprima alle immagini corrispondevano suoni il più delle volte sillabici, costituiti cioè, da una consonante e da una vocale.<ref name=":3" /> Con il passare dei secoli, come detto, quelle immagini furono stilizzate e trasformate in segni cuneiformi, simboli a forma di cunei incisi su tavole di argilla o lastre di pietra, graffiti su metalli oppure dipinti sul legno o ceramica.<ref name=":3" />
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=== Il contributo asiatico (XIX sec. a.C.-XV sec. d.C) ===
=== Il contributo asiatico (XIX sec. a.C.-XV sec. d.C) ===
Similmente ai geroglifici egiziani e la scrittura Maya nell'America Centrale, il sistema di scrittura cinese è un linguaggio puramente visuale. Non è alfabetico, e ogni simbolo è composto da un numero di linee diversamente sagomate all'interno di un quadrato immaginario. La leggenda afferma che il cinese sia stato scritto per la prima volta nel 1800 a.C. circa da Tsang Chieh, che fu ispirato a inventare la scrittura dalla contemplazione dei segni lasciati dagli artigli degli uccelli e dalle impronte degli animali.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/art/Chinese-calligraphy#ref1047309|titolo=Chinese calligraphy|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-08}}</ref> Tsang Chieh procedette a sviluppare pittogrammi elementari di elementi naturali. Queste immagini sono altamente stilizzate e composte da un numero minimo di linee, ma sono facilmente decifrabili. I Cinesi sacrificarono il realismo che troviamo nei geroglifici per un design più astratto.
Similmente ai geroglifici egiziani e la scrittura Maya nell'America Centrale, il sistema di scrittura cinese è un linguaggio puramente visuale. Non è alfabetico, e ogni simbolo è composto da un numero di linee diversamente sagomate all'interno di un quadrato immaginario. La leggenda afferma che il cinese sia stato scritto per la prima volta nel 1800 a.C. circa da Tsang Chieh, che fu ispirato a inventare la scrittura dalla contemplazione dei segni lasciati dagli artigli degli uccelli e dalle impronte degli animali.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/art/Chinese-calligraphy#ref1047309|titolo=Chinese calligraphy|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=8 agosto 2017}}</ref> Tsang Chieh procedette a sviluppare pittogrammi elementari di elementi naturali. Queste immagini sono altamente stilizzate e composte da un numero minimo di linee, ma sono facilmente decifrabili. I Cinesi sacrificarono il realismo che troviamo nei geroglifici per un design più astratto.


I caratteri cinesi divennero "[[Logogramma|logogrammi]]", cioè segni grafici che rappresentano un parola intera. Al giorno d'oggi per esempio, il segno "$" è il logogramma che rappresenta la parola "dollaro". Non esiste alcuna relazione diretta fra il linguaggio cinese parlato e quello scritto. I giapponesi adattarono i logogrammi cinesi per il loro linguaggio scritto nonostante le grandi differenze tra i due linguaggi parlati. Similmente, diversi dialetti parlati cinesi, sono scritti con gli stessi logogrammi.
I caratteri cinesi divennero "[[Logogramma|logogrammi]]", cioè segni grafici che rappresentano un parola intera. Al giorno d'oggi per esempio, il segno "$" è il logogramma che rappresenta la parola "dollaro". Non esiste alcuna relazione diretta fra il linguaggio cinese parlato e quello scritto. I giapponesi adattarono i logogrammi cinesi per il loro linguaggio scritto nonostante le grandi differenze tra i due linguaggi parlati. Similmente, diversi dialetti parlati cinesi, sono scritti con gli stessi logogrammi.
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==== L'invenzione della carta ====
==== L'invenzione della carta ====
[[File:Cai-lun.jpg|miniatura|204x204px|Ts'ai Lun ritratto come il santo patrono della fabbricazione della carta]]
[[File:Cai-lun.jpg|miniatura|204x204px|Ts'ai Lun ritratto come il santo patrono della fabbricazione della carta]]
Testimonianze dinastiche attribuiscono l'invenzione della carta all'ufficiale castrato e di alta autorità [[Cai Lun|Ts'ai Lun]], che consegnò la sua invenzione all'imperatore Ho nel 105 d.C.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/carta_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/|titolo=carta in "Enciclopedia dei ragazzi"|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2017-08-08}}</ref> Se Ts'ai Lun inventò davvero la carta, perfezionò una invenzione precedente o patrocinò la propria invenzione, non si sa. Fu, comunque, divinizzato come il dio degli artigiani della carta.
Testimonianze dinastiche attribuiscono l'invenzione della carta all'ufficiale castrato e di alta autorità [[Cai Lun|Ts'ai Lun]], che consegnò la sua invenzione all'imperatore Ho nel 105 d.C.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/carta_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/|titolo=carta in "Enciclopedia dei ragazzi"|sito=www.treccani.it|accesso=8 agosto 2017}}</ref> Se Ts'ai Lun inventò davvero la carta, perfezionò una invenzione precedente o patrocinò la propria invenzione, non si sa. Fu, comunque, divinizzato come il dio degli artigiani della carta.


Inizialmente, i Cinesi scrivevano su assicelle di [[Bambuseae|bambù]] o strisce di legno utilizzando una penna di bambù con un denso e durevole inchiostro, di cui le origini sono oscure. Il [[Nero di carbone|nerofumo]] o la [[Particolato carbonioso|fuliggine]] erano depositati su una coperta a forma di cupola in un contenitore pieno di olio con diversi stoppini accesi. Il nerofumo era raccolto, mescolato scrupolosamente con una soluzione di gomma usando [[pestello]] e [[Mortaio (utensile)|mortaio]], e in seguito modellato in stecche o cubi. Per scrivere, la stecca o il cubo venivano frizionati nell'acqua su una pietra, per farli tornare allo stato liquido. Le strisce di legno erano usate per messaggi brevi; per messaggi più lunghi, pezzi di bambù di 23 centimetri venivano legati insieme con strisce di cuoio o fili di seta. Sebbene questi supporti fossero abbondanti e facili da preparare, erano pesanti. Dopo l'invenzione dei vestiti in tessuto di seta, questa fu utilizzata anche come superficie su cui scrivere – tuttavia, era davvero costosa.
Inizialmente, i Cinesi scrivevano su assicelle di [[Bambuseae|bambù]] o strisce di legno utilizzando una penna di bambù con un denso e durevole inchiostro, di cui le origini sono oscure. Il [[Nero di carbone|nerofumo]] o la [[Particolato carbonioso|fuliggine]] erano depositati su una coperta a forma di cupola in un contenitore pieno di olio con diversi stoppini accesi. Il nerofumo era raccolto, mescolato scrupolosamente con una soluzione di gomma usando [[pestello]] e [[Mortaio (utensile)|mortaio]], e in seguito modellato in stecche o cubi. Per scrivere, la stecca o il cubo venivano frizionati nell'acqua su una pietra, per farli tornare allo stato liquido. Le strisce di legno erano usate per messaggi brevi; per messaggi più lunghi, pezzi di bambù di 23 centimetri venivano legati insieme con strisce di cuoio o fili di seta. Sebbene questi supporti fossero abbondanti e facili da preparare, erano pesanti. Dopo l'invenzione dei vestiti in tessuto di seta, questa fu utilizzata anche come superficie su cui scrivere – tuttavia, era davvero costosa.
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Il primo vero e proprio libro stampato di cui rimane testimonianza è una copia della [[Sutra del Diamante]] buddhista, datata 868 d.C., ma una recente scoperta in una pagoda Coreana potrebbe aver portato alla luce un testo buddhista ancora più antico, datato 750-751 d.C. Nella storiografia moderna cinese, la stampa è considerata una delle [[Quattro grandi invenzioni|quattro grandi invenzioni dell'Antica Cina]].
Il primo vero e proprio libro stampato di cui rimane testimonianza è una copia della [[Sutra del Diamante]] buddhista, datata 868 d.C., ma una recente scoperta in una pagoda Coreana potrebbe aver portato alla luce un testo buddhista ancora più antico, datato 750-751 d.C. Nella storiografia moderna cinese, la stampa è considerata una delle [[Quattro grandi invenzioni|quattro grandi invenzioni dell'Antica Cina]].


La [[stampa a caratteri mobili]] venne inventata nel 1041 da Pi Sheng, in Cina, che si serviva di lettere fatte di terracotta tenute insieme da una cornice di ferro.<ref name=":5">{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/tipografia_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=TIPOGRAFIA in "Enciclopedia Italiana"|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2017-08-08}}</ref> Wang Cheng, un ufficiale, nel 1298 introdusse un tipo più duraturo di caratteri, ottenuti intagliando del legno e sviluppò un complesso sistema di tavole girevoli e associazioni tra numeri e caratteri cinesi<ref name=":5" /> che rendevano la resa qualitativa del risultato più efficiente.
La [[stampa a caratteri mobili]] venne inventata nel 1041 da Pi Sheng, in Cina, che si serviva di lettere fatte di terracotta tenute insieme da una cornice di ferro.<ref name=":5">{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/tipografia_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=TIPOGRAFIA in "Enciclopedia Italiana"|sito=www.treccani.it|accesso=8 agosto 2017}}</ref> Wang Cheng, un ufficiale, nel 1298 introdusse un tipo più duraturo di caratteri, ottenuti intagliando del legno e sviluppò un complesso sistema di tavole girevoli e associazioni tra numeri e caratteri cinesi<ref name=":5" /> che rendevano la resa qualitativa del risultato più efficiente.


La transizione dai caratteri in legno a quelli in metallo venne attuata durante la [[Goryeo|Dinastia Goryeo]] di Corea<ref name=":0" /> e venne accreditata a [[Chae Yun-ui]]. Si riscontra che nel 1234 in Corea, i libri venivano stampati con caratteri mobili in metallo, anche se il testo più antico esistente è del 1377. In Cina i caratteri mobili in metallo non vennero introdotti fino all'avvento del pioniere della tipografia [[Hua Sui]], nel 1490.<ref name=":0" /> Da quella data in Cina vennero usati sia caratteri mobili in legno che in metallo.
La transizione dai caratteri in legno a quelli in metallo venne attuata durante la [[Goryeo|Dinastia Goryeo]] di Corea<ref name=":0" /> e venne accreditata a [[Chae Yun-ui]]. Si riscontra che nel 1234 in Corea, i libri venivano stampati con caratteri mobili in metallo, anche se il testo più antico esistente è del 1377. In Cina i caratteri mobili in metallo non vennero introdotti fino all'avvento del pioniere della tipografia [[Hua Sui]], nel 1490.<ref name=":0" /> Da quella data in Cina vennero usati sia caratteri mobili in legno che in metallo.
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La vibrante luminosità di una foglia dorata, riflettente la luce dalle pagine di libri scritti a mano, dava la sensazione che le pagine fossero letteralmente illuminate; così, questo effetto di lucentezza diede origine all'espressione ''illuminated manuscript'' (manoscritto illuminato, in italiano "manoscritto miniato"). Oggi questa espressione è usata per tutti i libri scritti a mano, decorati e illustrati, prodotti dal tardo Impero Romano fino alla loro sostituzione con i libri stampati, dopo che ebbe inizio lo sviluppo della tipografia in Europa, circa nel 1450. Le due grandi tradizioni di miniatura dei manoscritti sono quella Orientale nei paesi islamici, e quella Occidentale in Europa, risalente all'antichità classica.<ref name=":0" /> Le sacre scritture possedevano grande significato per Cristiani, Ebrei e Musulmani. L'uso di abbellimenti visivi per espandere il testo divenne molto importante, e quindi i manoscritti miniati furono prodotti con straordinaria cura e sensibilità nella progettazione.
La vibrante luminosità di una foglia dorata, riflettente la luce dalle pagine di libri scritti a mano, dava la sensazione che le pagine fossero letteralmente illuminate; così, questo effetto di lucentezza diede origine all'espressione ''illuminated manuscript'' (manoscritto illuminato, in italiano "manoscritto miniato"). Oggi questa espressione è usata per tutti i libri scritti a mano, decorati e illustrati, prodotti dal tardo Impero Romano fino alla loro sostituzione con i libri stampati, dopo che ebbe inizio lo sviluppo della tipografia in Europa, circa nel 1450. Le due grandi tradizioni di miniatura dei manoscritti sono quella Orientale nei paesi islamici, e quella Occidentale in Europa, risalente all'antichità classica.<ref name=":0" /> Le sacre scritture possedevano grande significato per Cristiani, Ebrei e Musulmani. L'uso di abbellimenti visivi per espandere il testo divenne molto importante, e quindi i manoscritti miniati furono prodotti con straordinaria cura e sensibilità nella progettazione.


Una miniatura è una decorazione pittorica, a piena pagina o limitata alle iniziali e ai bordi, di un manoscritto: è generalmente eseguita con colori ad acqua o a tempera, ma anche a olio o smalto, in epoche più antiche su papiro, più tardi su pergamena e in seguito su carta. Il vocabolo deriva dal verbo latino ''miniare'', relativo all'uso di scrivere le iniziali in rosso (minium).<ref name=":1">{{Cita libro|autore=AA. VV.|titolo=Enciclopedia dell'Arte|anno=2003|editore=Garzanti|città=|p=|pp=|ISBN=}}</ref> Per estensione, viene usato anche per indicare qualunque oggetto pittorico di piccole dimensioni (in particolare ritratti), realizzato con minuzia esecutiva di particolari.
Una miniatura è una decorazione pittorica, a piena pagina o limitata alle iniziali e ai bordi, di un manoscritto: è generalmente eseguita con colori ad acqua o a tempera, ma anche a olio o smalto, in epoche più antiche su papiro, più tardi su pergamena e in seguito su carta. Il vocabolo deriva dal verbo latino ''miniare'', relativo all'uso di scrivere le iniziali in rosso (minium).<ref name=":1">{{Cita libro|autore=AA. VV.|titolo=Enciclopedia dell'Arte|anno=2003|editore=Garzanti|città=}}</ref> Per estensione, viene usato anche per indicare qualunque oggetto pittorico di piccole dimensioni (in particolare ritratti), realizzato con minuzia esecutiva di particolari.


La miniatura è generalmente collocata tra le "arti minori", quasi come versione in formato ridotto e meno impegnativa della pittura; ciò è il risultato di una lunga tradizione storica, che ha posto la miniatura in una posizione inferiore, riservata ai dilettanti o limitata ai settori marginali dell'operazione artistica; ma non va dimenticato che, a parte ogni considerazione sulla inconsistenza scientifica di un tale metodo di classificazione, la miniatura ebbe in particolari momenti storici e in alcune scuole artistiche (Medioevo occidentale, Oriente islamico e persiano) una importanza eccezionale<ref name=":1" />, pari se non superiore a quella della pittura, e assunse una funzione notevole nell'ambito dell'elaborazione originale del linguaggio artistico e, più in generale, della diffusione della cultura.
La miniatura è generalmente collocata tra le "arti minori", quasi come versione in formato ridotto e meno impegnativa della pittura; ciò è il risultato di una lunga tradizione storica, che ha posto la miniatura in una posizione inferiore, riservata ai dilettanti o limitata ai settori marginali dell'operazione artistica; ma non va dimenticato che, a parte ogni considerazione sulla inconsistenza scientifica di un tale metodo di classificazione, la miniatura ebbe in particolari momenti storici e in alcune scuole artistiche (Medioevo occidentale, Oriente islamico e persiano) una importanza eccezionale<ref name=":1" />, pari se non superiore a quella della pittura, e assunse una funzione notevole nell'ambito dell'elaborazione originale del linguaggio artistico e, più in generale, della diffusione della cultura.
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==== La rivoluzione della tipografia nel Settecento ====
==== La rivoluzione della tipografia nel Settecento ====
Londra nel XVIII secolo sostituì Amsterdam come centro europeo delle stampe e della finanza. In Inghilterra la stampa a quel tempo fioriva, stimolata dalla libertà di stampa guadagnata nel 1694. Apparirono nuove forme di oggetti stampati: [[Joseph Addison]] e [[Richard Steele]] scrissero e pubblicarono i primi giornali di successo, il ''Tatler'' nel 1709 e lo ''Spectator'' nel 1711. Il romanzo inglese si sviluppò come una forma popolare di letteratura. Con il crescente volume di stampe e un senso altezzoso di orgoglio nazionale, gli stampatori inglesi sentirono il bisogno di tipi di carattere che fossero nativi britannici. Fino a questo momento, l'Inghilterra si era accontentata di importare le matrici per i tipi di carattere dall'Olanda, e di sfruttare tali matrici in fonderie locali.<ref name=":2">{{Cita libro|autore=James Craig, Bruce Barton|titolo=Thirty Centuries of Graphic Design - An illustrated survey|anno=1987|editore=|città=|p=|pp=|ISBN=}}</ref> Ma l'Olanda era un rivale nei mercati e nelle colonie sparse per il mondo, e nemmeno una fonte affidabile.
Londra nel XVIII secolo sostituì Amsterdam come centro europeo delle stampe e della finanza. In Inghilterra la stampa a quel tempo fioriva, stimolata dalla libertà di stampa guadagnata nel 1694. Apparirono nuove forme di oggetti stampati: [[Joseph Addison]] e [[Richard Steele]] scrissero e pubblicarono i primi giornali di successo, il ''Tatler'' nel 1709 e lo ''Spectator'' nel 1711. Il romanzo inglese si sviluppò come una forma popolare di letteratura. Con il crescente volume di stampe e un senso altezzoso di orgoglio nazionale, gli stampatori inglesi sentirono il bisogno di tipi di carattere che fossero nativi britannici. Fino a questo momento, l'Inghilterra si era accontentata di importare le matrici per i tipi di carattere dall'Olanda, e di sfruttare tali matrici in fonderie locali.<ref name=":2">{{Cita libro|autore=James Craig, Bruce Barton|titolo=Thirty Centuries of Graphic Design - An illustrated survey|anno=1987|editore=|città=}}</ref> Ma l'Olanda era un rivale nei mercati e nelle colonie sparse per il mondo, e nemmeno una fonte affidabile.
[[File:Caslon_Swash_Caps.jpg|miniatura|172x172px|Maiuscole del font ''Caslon'']]
[[File:Caslon_Swash_Caps.jpg|miniatura|172x172px|Maiuscole del font ''Caslon'']]
Un primo passo per l'indipendenza fu compiuto nel 1720, quando [[William Bowyer]], uno stampatore londinese, propose la somma di £500 per permettere a [[William Caslon]] di fondare la propria fonderia; egli progettò un tipo di carattere "English Arabic" uandolo in un Salmo e in un Nuovo Testamento. Due anni più tardi tagliò eccellenti tipi di carattere roman, italic, e ebraici per lo stampatore William Bowyer; il tipo romano, che fu usato per la prima volta nel 1726, più tardi venne chiamato ''Caslon'', e dominò la stampa britannica durante il secolo.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/William-Caslon|titolo=William Caslon {{!}} English printer|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-12}}</ref> Questo font è considerato l'ultimo dei più importanti tipi di carattere "old style".<ref name=":2" />
Un primo passo per l'indipendenza fu compiuto nel 1720, quando [[William Bowyer]], uno stampatore londinese, propose la somma di £500 per permettere a [[William Caslon]] di fondare la propria fonderia; egli progettò un tipo di carattere "English Arabic" uandolo in un Salmo e in un Nuovo Testamento. Due anni più tardi tagliò eccellenti tipi di carattere roman, italic, e ebraici per lo stampatore William Bowyer; il tipo romano, che fu usato per la prima volta nel 1726, più tardi venne chiamato ''Caslon'', e dominò la stampa britannica durante il secolo.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/William-Caslon|titolo=William Caslon {{!}} English printer|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=12 agosto 2017}}</ref> Questo font è considerato l'ultimo dei più importanti tipi di carattere "old style".<ref name=":2" />


[[John Baskerville]], iniziò la sua carriera come maestro di scrittura, ma ci rinunciò quando era giovane per fare fortuna con un japanning business in Birmingham. Dopo essersi pensionato all'età di 44 anni, Baskerville tornò al suo primo amore, le lettere, e iniziò a stampare come un ricco dilettante. Estremamente insoddisfatto dello stato della stampa e della tipografia inglese, Baskerville ebbe intenzione di fare qualcosa. Decise di stampare i propri libri per mostrare cosa può succedere quando qualcuno si dedica con scrupolo a ogni passaggio della produzione. Per ottenere i risultati migliori possibili, Baskerville progettò i propri tipi di carattere, sperimentò con vari inchiostri e carta, e soprattutto, pretese l'eccellenza nella fase di stampa. Nel 1757, Baskerville pubblicò il suo primo libro, le opere di Virgilio<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/technology/typography/History-of-typography#ref417086|titolo=typography - History of typography|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-12}}</ref>, e continuò a pubblicare molti libri, fra cui le satire di Giovenale. All'inizio i libri di Baskerville ricevettero una critica mista. Molti trovarono l'inchiostro nero e il bianco brillante della carta, che Baskerville aveva usato nei suoi libri, accecanti e di difficile lettura.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/John-Baskerville|titolo=John Baskerville {{!}} English printer|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-12}}</ref> Molte delle critiche sono state attribuite a invidia professionale. Oggi, sia i libri che i font di Baskerville sono universalmente acclamati. Baskerville sperimentò inoltre con vari supporti per la stampa e da alcuni viene considerato come il primo stampatore ad aver utilizzato carta senza segni di vergatura (carta wove).
[[John Baskerville]], iniziò la sua carriera come maestro di scrittura, ma ci rinunciò quando era giovane per fare fortuna con un japanning business in Birmingham. Dopo essersi pensionato all'età di 44 anni, Baskerville tornò al suo primo amore, le lettere, e iniziò a stampare come un ricco dilettante. Estremamente insoddisfatto dello stato della stampa e della tipografia inglese, Baskerville ebbe intenzione di fare qualcosa. Decise di stampare i propri libri per mostrare cosa può succedere quando qualcuno si dedica con scrupolo a ogni passaggio della produzione. Per ottenere i risultati migliori possibili, Baskerville progettò i propri tipi di carattere, sperimentò con vari inchiostri e carta, e soprattutto, pretese l'eccellenza nella fase di stampa. Nel 1757, Baskerville pubblicò il suo primo libro, le opere di Virgilio<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/technology/typography/History-of-typography#ref417086|titolo=typography - History of typography|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=12 agosto 2017}}</ref>, e continuò a pubblicare molti libri, fra cui le satire di Giovenale. All'inizio i libri di Baskerville ricevettero una critica mista. Molti trovarono l'inchiostro nero e il bianco brillante della carta, che Baskerville aveva usato nei suoi libri, accecanti e di difficile lettura.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/John-Baskerville|titolo=John Baskerville {{!}} English printer|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=12 agosto 2017}}</ref> Molte delle critiche sono state attribuite a invidia professionale. Oggi, sia i libri che i font di Baskerville sono universalmente acclamati. Baskerville sperimentò inoltre con vari supporti per la stampa e da alcuni viene considerato come il primo stampatore ad aver utilizzato carta senza segni di vergatura (carta wove).
[[File:Code_civil_des_Français_(Firmin-Didot).jpg|miniatura|232x232px|Il font ''Didot'' nel ''Code civil des Français'']]
[[File:Code_civil_des_Français_(Firmin-Didot).jpg|miniatura|232x232px|Il font ''Didot'' nel ''Code civil des Français'']]
In Francia, due grandi famiglie lasciarono la propria traccia nelle arti grafiche: i [[Fournier]] e i [[Didot]]. [[Pierre-Simon Fournier]] è il più interessante dei tre fratelli Fournier. Egli creò il primo sistema di punti per misurare i caratteri, nel tentativo di dare ordine a un'industria dove ogni fonderia stabiliva la propria dimensione dei caratteri e la terminologia.<ref name=":6">{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/topic/Didot-family|titolo=Didot Family {{!}} French family|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-12}}</ref> Sfortunatamente, tale sistema non trovo alcun supporto. Nel 1764 Fournier pubblicò il ''Manuel typographique'', un handbook illustrato sull'arte della fusione dei caratteri e della stampa. [[François-Ambroise Didot]] rifinì il sistema a punti di Fournier rendendolo più accettabile. Fu il primo a identificare la misura dei caratteri esclusivamente in punti piuttosto che con il vecchio sistema di nomi, come pica, primer, nonpareil, e così via.<ref name=":6" /> Il figlio di François, [[Firmin Didot]], è riconosciuto per aver progettato il primo tipo di carattere che classifichiamo come "modern". Con l'introduzione dei caratteri moderni, i tipi di carattere come ''Baskerville'' sono ora classificati come "transitional", in quanto costituiscono un ponte fra quelli old style e quelli modern.<ref name=":2" />
In Francia, due grandi famiglie lasciarono la propria traccia nelle arti grafiche: i [[Fournier]] e i [[Didot]]. [[Pierre-Simon Fournier]] è il più interessante dei tre fratelli Fournier. Egli creò il primo sistema di punti per misurare i caratteri, nel tentativo di dare ordine a un'industria dove ogni fonderia stabiliva la propria dimensione dei caratteri e la terminologia.<ref name=":6">{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/topic/Didot-family|titolo=Didot Family {{!}} French family|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=12 agosto 2017}}</ref> Sfortunatamente, tale sistema non trovo alcun supporto. Nel 1764 Fournier pubblicò il ''Manuel typographique'', un handbook illustrato sull'arte della fusione dei caratteri e della stampa. [[François-Ambroise Didot]] rifinì il sistema a punti di Fournier rendendolo più accettabile. Fu il primo a identificare la misura dei caratteri esclusivamente in punti piuttosto che con il vecchio sistema di nomi, come pica, primer, nonpareil, e così via.<ref name=":6" /> Il figlio di François, [[Firmin Didot]], è riconosciuto per aver progettato il primo tipo di carattere che classifichiamo come "modern". Con l'introduzione dei caratteri moderni, i tipi di carattere come ''Baskerville'' sono ora classificati come "transitional", in quanto costituiscono un ponte fra quelli old style e quelli modern.<ref name=":2" />


[[Giambattista Bodoni]] fu uno fu uno dei designer di tipi di carattere e stampatori più riconosciuti. All'età di 28 anni, venne invitato a Parma dal duca Ferdinando e gli fu chiesto di aprire una stamperia privata e una fonderia di caratteri. L'operazione fu chiamata «Stamperia Reale» e fu generosamente sussidiata dal duca. Fu qui che Bodoni progettò i suoi famosi tipi di carattere. Essi mostrano molte delle stesse caratteristiche trovate in quelli di Didot, pochi anni prima. A causa della fama di Bodoni come stampatore, è il suo nome, piuttosto che quello di Didot, che è più spesso associato al design moderno dei tipi di carattere.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/art/graphic-design#toc242764|titolo=graphic design {{!}} art|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-12}}</ref> Gran parte della fama di Bodoni risiede nella stampa superba delle sue pagine di Orazio e Virgilio e dell'edizione in due volumi del ''Manuale tipografico''. Usando una carta liscia e dura, inchiostro nero ricco, caratteri larghi, e un generoso leading, Bodoni costruì layout che erano aperti, formali e scevri di decorazioni non necessarie.
[[Giambattista Bodoni]] fu uno fu uno dei designer di tipi di carattere e stampatori più riconosciuti. All'età di 28 anni, venne invitato a Parma dal duca Ferdinando e gli fu chiesto di aprire una stamperia privata e una fonderia di caratteri. L'operazione fu chiamata «Stamperia Reale» e fu generosamente sussidiata dal duca. Fu qui che Bodoni progettò i suoi famosi tipi di carattere. Essi mostrano molte delle stesse caratteristiche trovate in quelli di Didot, pochi anni prima. A causa della fama di Bodoni come stampatore, è il suo nome, piuttosto che quello di Didot, che è più spesso associato al design moderno dei tipi di carattere.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/art/graphic-design#toc242764|titolo=graphic design {{!}} art|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=12 agosto 2017}}</ref> Gran parte della fama di Bodoni risiede nella stampa superba delle sue pagine di Orazio e Virgilio e dell'edizione in due volumi del ''Manuale tipografico''. Usando una carta liscia e dura, inchiostro nero ricco, caratteri larghi, e un generoso leading, Bodoni costruì layout che erano aperti, formali e scevri di decorazioni non necessarie.


Dal 1700 la stampa si insediò bene anche nelle colonie americane, e nel 1704 venne pubblicato da [[John Campbell (editore)|John Campbell]], il primo quotidiano ''Boston News-Letter''. Fu tentata la pubblicazione di un giornale precedentemente nel 25 settembre del 1690, ma su soppresso dal governo dopo solo un singolo numero. Ma il più importante stampatore nell'America coloniale, maggiormente ricordato oggi come statista e firmatario della Dichiarazione di Indipendenza, fu [[Benjamin Franklin]].
Dal 1700 la stampa si insediò bene anche nelle colonie americane, e nel 1704 venne pubblicato da [[John Campbell (editore)|John Campbell]], il primo quotidiano ''Boston News-Letter''. Fu tentata la pubblicazione di un giornale precedentemente nel 25 settembre del 1690, ma su soppresso dal governo dopo solo un singolo numero. Ma il più importante stampatore nell'America coloniale, maggiormente ricordato oggi come statista e firmatario della Dichiarazione di Indipendenza, fu [[Benjamin Franklin]].
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Dalla fine del XVIII secolo, la domanda di carta divenne così grande che le fabbriche di carta fatta a mano non potevano più competere. Il tempo rese possibile la meccanizzazione del processo di creazione della carta. Uno degli sviluppi che resero possibile la meccanizzazione fu lo schermo convogliatore, simile a quello utilizzato da Baskerville.<ref name=":2" /> Il convogliatore permetteva alla carta di essere prodotta in lunghi fogli in un processo continuo.
Dalla fine del XVIII secolo, la domanda di carta divenne così grande che le fabbriche di carta fatta a mano non potevano più competere. Il tempo rese possibile la meccanizzazione del processo di creazione della carta. Uno degli sviluppi che resero possibile la meccanizzazione fu lo schermo convogliatore, simile a quello utilizzato da Baskerville.<ref name=":2" /> Il convogliatore permetteva alla carta di essere prodotta in lunghi fogli in un processo continuo.


La prima macchina per fabbricare la carta fu progettata nel 1798 dal francese [[Louis Nicolas Robert|Nicholas Louis Robert]].<ref name=":7">{{Cita libro|nome=Dard|cognome=Hunter|titolo=Papermaking: The History and Technique of an Ancient Craft|url=https://books.google.it/books?id=i6Cijf2BOZYC&pg=PA341&redir_esc=y|accesso=2017-08-13|data=1978|editore=Courier Corporation|lingua=en|ISBN=9780486236193}}</ref> Sfortunatamente, a causa di complessità finanziare e politiche, non fu mai elaborata e l'iniziativa si spostò in Inghilterra.<ref name=":7" />
La prima macchina per fabbricare la carta fu progettata nel 1798 dal francese [[Louis Nicolas Robert|Nicholas Louis Robert]].<ref name=":7">{{Cita libro|nome=Dard|cognome=Hunter|titolo=Papermaking: The History and Technique of an Ancient Craft|url=https://books.google.it/books?id=i6Cijf2BOZYC&pg=PA341&redir_esc=y|accesso=13 agosto 2017|data=1978|editore=Courier Corporation|lingua=en|ISBN=978-0-486-23619-3}}</ref> Sfortunatamente, a causa di complessità finanziare e politiche, non fu mai elaborata e l'iniziativa si spostò in Inghilterra.<ref name=":7" />


La prima macchina inglese per la fabbricazione della carta fu costruita nel 1803 dall'ingegnere [[Bryan Donkin|Brian Donkin]], con il finanziamento di due cartolai londinesi, i fratelli Fourdrinier.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Bryan-Donkin|titolo=Bryan Donkin {{!}} British industrialist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Sebbene producesse una carta abbastanza buona, lunga 120 cm, non fu un successo totale. Ci vollero altri dieci anni prima che venisse messa in funzione la prima macchina commerciale per fabbricare la carta al Merchant Warell Mill at Two Waters, Hertfordshire.
La prima macchina inglese per la fabbricazione della carta fu costruita nel 1803 dall'ingegnere [[Bryan Donkin|Brian Donkin]], con il finanziamento di due cartolai londinesi, i fratelli Fourdrinier.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Bryan-Donkin|titolo=Bryan Donkin {{!}} British industrialist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Sebbene producesse una carta abbastanza buona, lunga 120 cm, non fu un successo totale. Ci vollero altri dieci anni prima che venisse messa in funzione la prima macchina commerciale per fabbricare la carta al Merchant Warell Mill at Two Waters, Hertfordshire.


La prima macchina americana fu costruita da Donkin e arrivò in Saugerties, New York, nel 1827. Produceva un foglio di 150 cm.
La prima macchina americana fu costruita da Donkin e arrivò in Saugerties, New York, nel 1827. Produceva un foglio di 150 cm.
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==== L'Arts and Crafts Movement ====
==== L'Arts and Crafts Movement ====
[[File:William_Morris_Faces_Type_Specimen_(7944474882).jpg|miniatura|290x290px|Pagina che mostra diversi tipi di carattere creati da William Morris]]
[[File:William_Morris_Faces_Type_Specimen_(7944474882).jpg|miniatura|290x290px|Pagina che mostra diversi tipi di carattere creati da William Morris]]
Come detto, all'inizio del XIX secolo ci fu una domanda maggiore di carta, quindi di stampe. L'esempio più raffinato di questo nuovo interesse fu la stampa dell'edizione in nove volumi illustrata delle opere di Shakespeare nel 1810, da parte di [[John Boydell|John]] e [[Josiah Boydell]] e [[William Bulmer]].<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Thompson|cognome=Cooper|titolo=Bulmer William|rivista=Dictionary of National Biography, 1885-1900|volume=Volume 07|accesso=2017-08-13|url=https://en.wikisource.org/wiki/Bulmer,_William_(DNB00)}}</ref> Il tipo di carattere impiegato, di design transitional ma con tendenze moderne, fu progettato da William Martin, che imparò il mestiere mentre lavorava per [[John Baskerville]].
Come detto, all'inizio del XIX secolo ci fu una domanda maggiore di carta, quindi di stampe. L'esempio più raffinato di questo nuovo interesse fu la stampa dell'edizione in nove volumi illustrata delle opere di Shakespeare nel 1810, da parte di [[John Boydell|John]] e [[Josiah Boydell]] e [[William Bulmer]].<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Thompson|cognome=Cooper|titolo=Bulmer William|rivista=Dictionary of National Biography, 1885-1900|volume=Volume 07|accesso=13 agosto 2017|url=https://en.wikisource.org/wiki/Bulmer,_William_(DNB00)}}</ref> Il tipo di carattere impiegato, di design transitional ma con tendenze moderne, fu progettato da William Martin, che imparò il mestiere mentre lavorava per [[John Baskerville]].


Il primo vero tipo di carattere moderno britannico fu intagliato a Glagsow, Scozia, da [[Richard Austin (tipografo)|Richard Austin]], per la fonderia di John Bell.<ref name=":8">{{cite book|author=Johnston, Alastair.|title=''Transitional Faces: The Lives & Work of Richard Austin, type-cutter & Richard Turner Austin, wood-engraver''|year=2013|publisher=Poltroon Press|pages=400|isbn=0-918395-32-1}}</ref> Il design di Austin divenne un modello per altri tipi di carattere, che sono oggi chiamati ''Scotch Modern''.<ref name=":8" />
Il primo vero tipo di carattere moderno britannico fu intagliato a Glagsow, Scozia, da [[Richard Austin (tipografo)|Richard Austin]], per la fonderia di John Bell.<ref name=":8">{{Cita libro|autore=Johnston, Alastair.|titolo=''Transitional Faces: The Lives & Work of Richard Austin, type-cutter & Richard Turner Austin, wood-engraver''|anno=2013|editore=Poltroon Press|pp=400|isbn=0-918395-32-1}}</ref> Il design di Austin divenne un modello per altri tipi di carattere, che sono oggi chiamati ''Scotch Modern''.<ref name=":8" />


A partire dagli anni Quaranta del XIX secolo, la qualità della produzione dei libri peggiorò: i libri erano scarsamente progettati, la carta era di inferiore qualità, e il processo di stampa e i tipi di carattere non erano più buoni.<ref name=":2" /> Sembrerebbe che tutto quell'orgoglio che i primi stampatori provavano nel loro mestiere, sia stato perso con la meccanizzazione. Il primo passo per reagire a questa situazione fu fatto nel 1844 da [[William Pickering]] della Chiswick Press quando decise di impostare ''The Diary of Lady Willoughby'' con l'originale tipo ''Caslon'', piuttosto che accettare i tipi di carattere disponibili inglesi poveramente disegnati.
A partire dagli anni Quaranta del XIX secolo, la qualità della produzione dei libri peggiorò: i libri erano scarsamente progettati, la carta era di inferiore qualità, e il processo di stampa e i tipi di carattere non erano più buoni.<ref name=":2" /> Sembrerebbe che tutto quell'orgoglio che i primi stampatori provavano nel loro mestiere, sia stato perso con la meccanizzazione. Il primo passo per reagire a questa situazione fu fatto nel 1844 da [[William Pickering]] della Chiswick Press quando decise di impostare ''The Diary of Lady Willoughby'' con l'originale tipo ''Caslon'', piuttosto che accettare i tipi di carattere disponibili inglesi poveramente disegnati.
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La stampa popolare – romanzi, riviste, e giornali, cioè materiale di interesse di una larga porzione di pubblico – si espanse rapidamente durante il XIX secolo. Poiché crebbe la domanda per materie stampate, così crebbero anche le opportunità per illustratori e artisti di belle arti. In questo periodo, c'era che una minore distinzione fra belle arti e arti commerciali<ref name=":2" />, e come risultato, alcuni degli artisti mondiali di punta, crearono illustrazioni per libri e riviste.
La stampa popolare – romanzi, riviste, e giornali, cioè materiale di interesse di una larga porzione di pubblico – si espanse rapidamente durante il XIX secolo. Poiché crebbe la domanda per materie stampate, così crebbero anche le opportunità per illustratori e artisti di belle arti. In questo periodo, c'era che una minore distinzione fra belle arti e arti commerciali<ref name=":2" />, e come risultato, alcuni degli artisti mondiali di punta, crearono illustrazioni per libri e riviste.


In Inghilterra, Charles Dickens accolse in servizio [[George Cruikshank]] e [[Phiz|Habelot Browne]], meglio conosciuto come Phiz.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/George-Cruikshank|titolo=George Cruikshank {{!}} British artist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref><ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Hablot-Knight-Browne|titolo=Hablot Knight Browne {{!}} British artist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Lewis Carroll, o Charles Dodgson, si rivolsero al talento di [[John Tenniel|Sir John Tenniel]] nel 1865 per illustrare ''Alice's Adventures in Wonderland'' e successivamente, ''Trough the Looking Glass''.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/John-Tenniel|titolo=Sir John Tenniel {{!}} English artist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Altri illustratori inglesi degni di nota furono Charles Keane, [[George du Maurier|George Du Maurier]], e [[Aubrey Beardsley]]. Alcuni di questi artisti ottennero la propria prima fama per i loro contributi a ''Punch, The London Illustrated News'', e ''The Yellow Book''.
In Inghilterra, Charles Dickens accolse in servizio [[George Cruikshank]] e [[Phiz|Habelot Browne]], meglio conosciuto come Phiz.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/George-Cruikshank|titolo=George Cruikshank {{!}} British artist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref><ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Hablot-Knight-Browne|titolo=Hablot Knight Browne {{!}} British artist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Lewis Carroll, o Charles Dodgson, si rivolsero al talento di [[John Tenniel|Sir John Tenniel]] nel 1865 per illustrare ''Alice's Adventures in Wonderland'' e successivamente, ''Trough the Looking Glass''.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/John-Tenniel|titolo=Sir John Tenniel {{!}} English artist|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Altri illustratori inglesi degni di nota furono Charles Keane, [[George du Maurier|George Du Maurier]], e [[Aubrey Beardsley]]. Alcuni di questi artisti ottennero la propria prima fama per i loro contributi a ''Punch, The London Illustrated News'', e ''The Yellow Book''.


Prima dell'età vittoriana, i paesi occidentali avevano la tendenza a considerare i bambini come piccoli adulti. I vittoriani svilupparono un atteggiamento più sensibile, e questo fu provato dallo sviluppo di toy books, libri con immagini a colori per bambini in età prescolare.<ref name=":0" /> Diversi artisti inglesi produssero libri ben progettati e illustrati, con un uso sobrio del colore, definendo un approccio alla grafica per bambini che è ancora in uso oggi. Fra questi: [[Walter Crane]], [[Randolph Caldecott]] e [[Kate Greenaway]].
Prima dell'età vittoriana, i paesi occidentali avevano la tendenza a considerare i bambini come piccoli adulti. I vittoriani svilupparono un atteggiamento più sensibile, e questo fu provato dallo sviluppo di toy books, libri con immagini a colori per bambini in età prescolare.<ref name=":0" /> Diversi artisti inglesi produssero libri ben progettati e illustrati, con un uso sobrio del colore, definendo un approccio alla grafica per bambini che è ancora in uso oggi. Fra questi: [[Walter Crane]], [[Randolph Caldecott]] e [[Kate Greenaway]].
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In Francia, [[Eugène Delacroix]] illustrò il ''Faust'' di Goethe, e [[Gustave Doré]] realizzò illustrazioni immensamente conosciute per la Bibbia e per le opere di Dante e Cervantes. [[Jean-Ignace-Isidore Gérard|Grandville]] creò un mondo fantastico di animali e macchine per la rivista ''Le Charivari'', mentre [[Honoré Daumier]] satirizzò la vita borghese nelle stampe dei quotidiani.
In Francia, [[Eugène Delacroix]] illustrò il ''Faust'' di Goethe, e [[Gustave Doré]] realizzò illustrazioni immensamente conosciute per la Bibbia e per le opere di Dante e Cervantes. [[Jean-Ignace-Isidore Gérard|Grandville]] creò un mondo fantastico di animali e macchine per la rivista ''Le Charivari'', mentre [[Honoré Daumier]] satirizzò la vita borghese nelle stampe dei quotidiani.


Negli Stati Uniti, [[John James Audubon]] divenne famoso per i suoi etching colorati dei propri acquerelli, che ritraevano uccelli e mammiferi americani.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/John-James-Audubon|titolo=John James Audubon {{!}} Biography, Drawings, Books, & Facts|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Currier e Ives pubblicarono litografie poco costose e colorate a mano sull'America, che furono vendute per tutto il paese da venditori itineranti. In seguito, riviste come ''Harper's Weekly'', ''Leslie's Illustrated Magazine'', e ''The Saturday Evening Post'', diedero agli artisti americani l'opportunità di illustrare storie ed eventi attuali. Alcuni degli artisti che guadagnarono fama attraverso i settimanali, furono [[Howard Pyle]], [[Winslow Homer|Windslow Homer]], [[Thomas Nast]], e [[Frederic Remington]].
Negli Stati Uniti, [[John James Audubon]] divenne famoso per i suoi etching colorati dei propri acquerelli, che ritraevano uccelli e mammiferi americani.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/John-James-Audubon|titolo=John James Audubon {{!}} Biography, Drawings, Books, & Facts|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Currier e Ives pubblicarono litografie poco costose e colorate a mano sull'America, che furono vendute per tutto il paese da venditori itineranti. In seguito, riviste come ''Harper's Weekly'', ''Leslie's Illustrated Magazine'', e ''The Saturday Evening Post'', diedero agli artisti americani l'opportunità di illustrare storie ed eventi attuali. Alcuni degli artisti che guadagnarono fama attraverso i settimanali, furono [[Howard Pyle]], [[Winslow Homer|Windslow Homer]], [[Thomas Nast]], e [[Frederic Remington]].


==== La nascita della pubblicità ====
==== La nascita della pubblicità ====
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Nei primi anni del XIX secolo, comprare degli spazi in giornali e riviste, era una pratica comune per individui e ditte interessate nel posizionare pubblicità fra le pagine. Tutto questo cambiò nel 1841 quando [[Volney B. Palmer]] ebbe la brillante idea di comprare lo spazio all'ingrosso e dopo venderlo al dettaglio. In effetti, Palmer aveva appena creato la prima agenzia pubblicitaria americana.
Nei primi anni del XIX secolo, comprare degli spazi in giornali e riviste, era una pratica comune per individui e ditte interessate nel posizionare pubblicità fra le pagine. Tutto questo cambiò nel 1841 quando [[Volney B. Palmer]] ebbe la brillante idea di comprare lo spazio all'ingrosso e dopo venderlo al dettaglio. In effetti, Palmer aveva appena creato la prima agenzia pubblicitaria americana.


Ma la prima agenzia più importante prese avvio in Philadelphia quando [[Francis Wayland Ayer]], un giovane insegnante di scuola che aveva lasciato il college a causa di problemi economici, fondò la propria nel 1869 all'età di 21 anni.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Francis-Wayland-Ayer|titolo=Francis Wayland Ayer {{!}} American advertising agent|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Piuttosto che utilizzare il proprio nome, Francis chiamò l'agenzia con quello di suo padre, Nathan Wayland Ayer, sperando che i propri clienti fossero un po' più sicuri di fare affari con un uomo così giovane. Quella della [[N. W. Ayer & Son]] fu un storia di successo nel XIX secolo. L'agenzia iniziò lentamente a vendere spazi in un gruppo di settimanali religiosi, e in seguito crebbe velocemente e prosperò. N. W. Ayer & Son fu la prima agenzia che rappresentasse gli interessi degli inserzionisti piuttosto che quelli delle pubblicazioni, comprando gli spazi per i propri clienti e chiedendo una commissione fissa, un sistema ancora in uso oggi. Fu anche la prima agenzia ad assumere copywriters e art directors, a fare ricerche di mercato, e a installare un dipartimento di pubbliche relazioni.
Ma la prima agenzia più importante prese avvio in Philadelphia quando [[Francis Wayland Ayer]], un giovane insegnante di scuola che aveva lasciato il college a causa di problemi economici, fondò la propria nel 1869 all'età di 21 anni.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Francis-Wayland-Ayer|titolo=Francis Wayland Ayer {{!}} American advertising agent|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Piuttosto che utilizzare il proprio nome, Francis chiamò l'agenzia con quello di suo padre, Nathan Wayland Ayer, sperando che i propri clienti fossero un po' più sicuri di fare affari con un uomo così giovane. Quella della [[N. W. Ayer & Son]] fu un storia di successo nel XIX secolo. L'agenzia iniziò lentamente a vendere spazi in un gruppo di settimanali religiosi, e in seguito crebbe velocemente e prosperò. N. W. Ayer & Son fu la prima agenzia che rappresentasse gli interessi degli inserzionisti piuttosto che quelli delle pubblicazioni, comprando gli spazi per i propri clienti e chiedendo una commissione fissa, un sistema ancora in uso oggi. Fu anche la prima agenzia ad assumere copywriters e art directors, a fare ricerche di mercato, e a installare un dipartimento di pubbliche relazioni.


Con la domanda crescente di materie stampate, fu mossa una costante pressione ai compositori tipografici per meccanizzare le proprie operazioni, che non erano cambiate dai tempi di Gutenberg.<ref name=":2" /> Il bisogno fu sentito particolarmente nell'industria dei giornali, dove un gran numero di pezzi tipografici dovevano essere impostati in brevi periodi di tempo.[[File:XIX_types_advertising.jpg|miniatura|392x392px|Tipi di carattere utilizzati nelle pubblicità nel XIX secolo]]Con il trascorrere del secolo, la pubblicazione dei libri perse la propria supremazia, passandola alla stampa di giornali, periodici, cataloghi, volantini, e altri materiali pubblicitari. Con questo spostamento, crebbe la domanda di tipi di carattere che attraessero l'attenzione del lettore per vendere prodotti e servizi. Molti dei tipi di carattere che esistevano allora erano stati creati per i libri. Erano generalmente tranquilli e non intrusivi – esattamente l'opposto di quanto ora era richiesto. Gli inserzionisti volevano tipi di carattere che fossero nuovi, grandi e appariscenti. I designer tipografici accettarono la sfida, producendo il più feroce assortimento di tipi di carattere mai visto – da condensed a expanded, da semplici a elaborati.
Con la domanda crescente di materie stampate, fu mossa una costante pressione ai compositori tipografici per meccanizzare le proprie operazioni, che non erano cambiate dai tempi di Gutenberg.<ref name=":2" /> Il bisogno fu sentito particolarmente nell'industria dei giornali, dove un gran numero di pezzi tipografici dovevano essere impostati in brevi periodi di tempo.[[File:XIX_types_advertising.jpg|miniatura|392x392px|Tipi di carattere utilizzati nelle pubblicità nel XIX secolo]]Con il trascorrere del secolo, la pubblicazione dei libri perse la propria supremazia, passandola alla stampa di giornali, periodici, cataloghi, volantini, e altri materiali pubblicitari. Con questo spostamento, crebbe la domanda di tipi di carattere che attraessero l'attenzione del lettore per vendere prodotti e servizi. Molti dei tipi di carattere che esistevano allora erano stati creati per i libri. Erano generalmente tranquilli e non intrusivi – esattamente l'opposto di quanto ora era richiesto. Gli inserzionisti volevano tipi di carattere che fossero nuovi, grandi e appariscenti. I designer tipografici accettarono la sfida, producendo il più feroce assortimento di tipi di carattere mai visto – da condensed a expanded, da semplici a elaborati.
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Sebbene le prime due decadi del XX secolo siano state un periodo di creatività senza pari nelle belle arti, esse comportarono davvero pochi effetti immediati nel graphic design. Questo era particolarmente vero negli Stati Uniti, dove i designer erano principalmente concentrati nel migliorare il design del libro e nel creare migliori caratteri; stavano continuando l'impegno intrapreso da [[William Morris]] e dai suoi seguaci americani.
Sebbene le prime due decadi del XX secolo siano state un periodo di creatività senza pari nelle belle arti, esse comportarono davvero pochi effetti immediati nel graphic design. Questo era particolarmente vero negli Stati Uniti, dove i designer erano principalmente concentrati nel migliorare il design del libro e nel creare migliori caratteri; stavano continuando l'impegno intrapreso da [[William Morris]] e dai suoi seguaci americani.


Un interessante precursore della scuola del [[Bauhaus]], fu il [[Deutscher Werkbund]], fondato nel 1907 da critici del design, architetti, e rappresentati dell'industria. Una figura portante era [[Hermann Muthesius]], uno scrittore del campo del design grandemente influenzato dall'[[Arts and Crafts|Arts and Crafts Movement]] inglese. L'obiettivo del Deutscher Werkbund era di ravvicinare le arti, i mestieri e l'industria, in modo da produrre prodotti disegnati meglio e più funzionali. Fra i primi membri, vi erano [[Peter Behrens]] e [[Walter Gropius]]: il secondo avrebbe fondato il Bauhaus nel 1919 e messo in pratica i principi del Deutscher Werkbund. Peter Behrens iniziò la propria carriera progettando nello stile [[Art Nouveau]]. Il suo primo maggiore incarico lo trovò alla [[AEG (azienda)|AEG]], la più grande manifattura elettrica tedesca: iniziò a disegnare le grafiche, in seguito andò a progettare i prodotti, e per questo possiamo considerarlo ad oggi un primo industrial designer.<ref name=":10">{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/art/graphic-design/Graphic-design-in-the-20th-century#toc242770|titolo=graphic design - Graphic design in the 20th century {{!}} art|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Più tardi, Behrens divenne un architetto della AEG, responsabile della progettazione di molti dei suoi edifici. Alcuni degli architetti di punta del secolo ricevettero la loro prima formazione nel suoi ufficio: Gropius, [[Ludwig Mies van der Rohe]], e [[Le Corbusier]].
Un interessante precursore della scuola del [[Bauhaus]], fu il [[Deutscher Werkbund]], fondato nel 1907 da critici del design, architetti, e rappresentati dell'industria. Una figura portante era [[Hermann Muthesius]], uno scrittore del campo del design grandemente influenzato dall'[[Arts and Crafts|Arts and Crafts Movement]] inglese. L'obiettivo del Deutscher Werkbund era di ravvicinare le arti, i mestieri e l'industria, in modo da produrre prodotti disegnati meglio e più funzionali. Fra i primi membri, vi erano [[Peter Behrens]] e [[Walter Gropius]]: il secondo avrebbe fondato il Bauhaus nel 1919 e messo in pratica i principi del Deutscher Werkbund. Peter Behrens iniziò la propria carriera progettando nello stile [[Art Nouveau]]. Il suo primo maggiore incarico lo trovò alla [[AEG (azienda)|AEG]], la più grande manifattura elettrica tedesca: iniziò a disegnare le grafiche, in seguito andò a progettare i prodotti, e per questo possiamo considerarlo ad oggi un primo industrial designer.<ref name=":10">{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/art/graphic-design/Graphic-design-in-the-20th-century#toc242770|titolo=graphic design - Graphic design in the 20th century {{!}} art|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Più tardi, Behrens divenne un architetto della AEG, responsabile della progettazione di molti dei suoi edifici. Alcuni degli architetti di punta del secolo ricevettero la loro prima formazione nel suoi ufficio: Gropius, [[Ludwig Mies van der Rohe]], e [[Le Corbusier]].
[[File:Ver_Sacrum.jpg|miniatura|Il magazine Ver Sacrum]]
[[File:Ver_Sacrum.jpg|miniatura|Il magazine Ver Sacrum]]
Il maggiore contributo alle arti grafiche fu il lavoro eseguito dai designer della [[Secessione viennese]]. Questo lo possiamo riscontrare nei poster affissi nelle mostre della Secessione e nella loro rivista, ''[[Ver Sacrum (periodico)|Ver Sacrum]]''<ref name=":10" /> ("Primavera Sacra"), pubblicata dal 1898 fino al 1903. ''Ver Sacrum'' fu una pubblicazione di lusso che permise grafiche sperimentali. La rivista ambiva all'unità degli elementi che la componevano, includendo le pubblicità. I primi poster secessionisti riflettono una forte influenza Art Nouveau, mentre quelli successivi mostrano l'influenza della [[Glasgow School]].
Il maggiore contributo alle arti grafiche fu il lavoro eseguito dai designer della [[Secessione viennese]]. Questo lo possiamo riscontrare nei poster affissi nelle mostre della Secessione e nella loro rivista, ''[[Ver Sacrum (periodico)|Ver Sacrum]]''<ref name=":10" /> ("Primavera Sacra"), pubblicata dal 1898 fino al 1903. ''Ver Sacrum'' fu una pubblicazione di lusso che permise grafiche sperimentali. La rivista ambiva all'unità degli elementi che la componevano, includendo le pubblicità. I primi poster secessionisti riflettono una forte influenza Art Nouveau, mentre quelli successivi mostrano l'influenza della [[Glasgow School]].


La [[Kelmscott Press]] di [[William Morris]] stimolò l'interesse nella stampa raffinata e incoraggiò altri a stabilire le proprie [[Stamperia|stamperie]] private.<ref name=":2" /> Sebbene piccole di dimensione e limitate nella produzione, queste stamperie private influenzarono gli editori commerciali e gli stampatori con la loro grande enfasi sui tipi carattere raffinati, sulla carta di alta qualità, e con l'eccellente stampaggio. Fra la stamperie meglio conosciute, si citano [[Doves Press]], [[Ashendon Press]], [[Vale Press]] ed [[Eragny Press]]. Il designer di tipi di carattere di punta in Inghilterra era [[Edward Johnston]], un grande calligrafo e letterista. Johnston è probabilmente meglio conosciuto per la propria progettazione nel 1916 del primo font moderno sans serif per la [[Metropolitana di Londra]].<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Edward-Johnston|titolo=Edward Johnston {{!}} British calligrapher|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Il tipo di carattere, chiamato ''Johnston's Railway Type'', è ancora in uso oggi. Johnston è stato anche un insegnante influente, che contava fra i suoi studenti due dei designer di tipi e calligrafi inglesi ben conosciuti: [[Eric Gill|Erig Gill]] e [[Alfred Fairbank]]. Johnston è stato anche l'autore del best-seller ''Writing and Illuminating and Lettering'', scritto nel 1906 e ancora oggi in stampa.
La [[Kelmscott Press]] di [[William Morris]] stimolò l'interesse nella stampa raffinata e incoraggiò altri a stabilire le proprie [[Stamperia|stamperie]] private.<ref name=":2" /> Sebbene piccole di dimensione e limitate nella produzione, queste stamperie private influenzarono gli editori commerciali e gli stampatori con la loro grande enfasi sui tipi carattere raffinati, sulla carta di alta qualità, e con l'eccellente stampaggio. Fra la stamperie meglio conosciute, si citano [[Doves Press]], [[Ashendon Press]], [[Vale Press]] ed [[Eragny Press]]. Il designer di tipi di carattere di punta in Inghilterra era [[Edward Johnston]], un grande calligrafo e letterista. Johnston è probabilmente meglio conosciuto per la propria progettazione nel 1916 del primo font moderno sans serif per la [[Metropolitana di Londra]].<ref>{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Edward-Johnston|titolo=Edward Johnston {{!}} British calligrapher|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Il tipo di carattere, chiamato ''Johnston's Railway Type'', è ancora in uso oggi. Johnston è stato anche un insegnante influente, che contava fra i suoi studenti due dei designer di tipi e calligrafi inglesi ben conosciuti: [[Eric Gill|Erig Gill]] e [[Alfred Fairbank]]. Johnston è stato anche l'autore del best-seller ''Writing and Illuminating and Lettering'', scritto nel 1906 e ancora oggi in stampa.


Tre designer americani degni di nota, condivisero gli ideali di [[William Morris]]: [[Daniel Berkely Updike]], [[Frederic W. Goudy]], e [[Bruce Rogers]]. La reputazione di Updike si basava sulla stampa di qualità raffinata di libri nella propria [[Merrymount Press]] fuori Boston, e nel suo studio pubblicato in due volumi, ''Printing Types: Their History, Form and Use''. Goudy è ricordato con un prolifico designer di tipi di carattere e stampatore, i cui font sono ancora in uso oggi: ''Goudy Old Style'', ''Kennerley'', ''Deepdene'', e ''Copperplate Gothic''. La fama di Rogers è riposta nella sua reputazione di designer di tipi di carattere e di designer del libro freelance di successo internazionale. Il suo font meglio conosciuto, ''Centaur'', fu disegnato nel 1914.
Tre designer americani degni di nota, condivisero gli ideali di [[William Morris]]: [[Daniel Berkely Updike]], [[Frederic W. Goudy]], e [[Bruce Rogers]]. La reputazione di Updike si basava sulla stampa di qualità raffinata di libri nella propria [[Merrymount Press]] fuori Boston, e nel suo studio pubblicato in due volumi, ''Printing Types: Their History, Form and Use''. Goudy è ricordato con un prolifico designer di tipi di carattere e stampatore, i cui font sono ancora in uso oggi: ''Goudy Old Style'', ''Kennerley'', ''Deepdene'', e ''Copperplate Gothic''. La fama di Rogers è riposta nella sua reputazione di designer di tipi di carattere e di designer del libro freelance di successo internazionale. Il suo font meglio conosciuto, ''Centaur'', fu disegnato nel 1914.
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==== Nuovi tipi di carattere in Inghilterra ====
==== Nuovi tipi di carattere in Inghilterra ====
[[File:Times Roman vs Times New Roman.png|miniatura]]
[[File:Times Roman vs Times New Roman.png|miniatura]]
Una figura di rilievo nel graphic design inglese fu [[Stanley Morison]], che nel 1922 divenne consulente tipografico alla [[English Monotype Corporation]]. Uno dei suoi primi sforzi fu di migliorare la qualità della libreria di tipi di carattere, commissionando nuovi caratteri e ritagliando i più vecchi. Uno dei tipi di carattere di maggior successo fu il ''[[Times New Roman]]'', che fu progettato da Morison per l'uso esclusivo nel ''[[The Times|Times]]'' di Londra nel 1930.<ref name=":11">{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Stanley-Morison|titolo=Stanley Morison {{!}} English typographer|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=2017-08-13}}</ref> Egli servì inoltre come editore del ''The Fleuron'', un giornale tipografico molto influente.<ref name=":11" /> Fu un consulente presso la [[Cambridge University Press]] e l'autore dell'opera ''First Principles of Typography''.<ref name=":11" />
Una figura di rilievo nel graphic design inglese fu [[Stanley Morison]], che nel 1922 divenne consulente tipografico alla [[English Monotype Corporation]]. Uno dei suoi primi sforzi fu di migliorare la qualità della libreria di tipi di carattere, commissionando nuovi caratteri e ritagliando i più vecchi. Uno dei tipi di carattere di maggior successo fu il ''[[Times New Roman]]'', che fu progettato da Morison per l'uso esclusivo nel ''[[The Times|Times]]'' di Londra nel 1930.<ref name=":11">{{Cita news|lingua=en|url=https://www.britannica.com/biography/Stanley-Morison|titolo=Stanley Morison {{!}} English typographer|pubblicazione=Encyclopedia Britannica|accesso=13 agosto 2017}}</ref> Egli servì inoltre come editore del ''The Fleuron'', un giornale tipografico molto influente.<ref name=":11" /> Fu un consulente presso la [[Cambridge University Press]] e l'autore dell'opera ''First Principles of Typography''.<ref name=":11" />


Il designer inglese di punta del tempo però era [[Eric Gill]], un uomo dall'indole rinascimentale, che praticava la scultura, il taglio di iscrizioni, l'incisione coi blocchi di legno, la stampa, la calligrafia, e il design dei tipi.<ref name=":2" /> Egli scrisse con buon senso su molti degli argomenti sopracitati, ed è meglio conosciuto oggi per tre popolari tipi di carattere: ''Perpetua'', ''Joanna'', e ''Gill Sans Serif''.<ref name=":12">{{Cita libro|autore=Jeremy Aynsley|titolo=Pioneers of Modern Graphic Design. A Complete History|anno=2004|editore=Mitchell Beazley}}</ref>
Il designer inglese di punta del tempo però era [[Eric Gill]], un uomo dall'indole rinascimentale, che praticava la scultura, il taglio di iscrizioni, l'incisione coi blocchi di legno, la stampa, la calligrafia, e il design dei tipi.<ref name=":2" /> Egli scrisse con buon senso su molti degli argomenti sopracitati, ed è meglio conosciuto oggi per tre popolari tipi di carattere: ''Perpetua'', ''Joanna'', e ''Gill Sans Serif''.<ref name=":12">{{Cita libro|autore=Jeremy Aynsley|titolo=Pioneers of Modern Graphic Design. A Complete History|anno=2004|editore=Mitchell Beazley}}</ref>

Versione delle 06:58, 18 ago 2017

La storia della grafica qui raccontata contiene elementi appartenenti ai campi della scrittura, della tipografia, della grafica d'arte, fino al graphic design propriamente detto. L'espressione graphic design (letteralmente: progettazione grafica) nasce nel 1922, quando fu coniata da William Addison Dwiggins. Tuttavia fu utilizzata raramente fino al secondo dopoguerra; fino ad allora, i "graphic designers" erano chiamati "commercial artists".[1] Il settore del graphic design si è sviluppato drammaticamente nelle ultime decadi del XX secolo, quando le alte tecnologie hanno iniziato a giocare un ruolo predominante. La professione non è più limitata a libri, poster e pubblicità, ma adesso include anche motion e interactive media e altro. Comunque sia, il graphic designer contemporaneo è erede di una illustre ascendenza. Gli scribi sumeri che inventarono la scrittura, gli artigiani egizi che combinarono parole e immagini nei manoscritti papiri, gli stampatori di blocchi cinesi, i miniatori medievali, e gli stampatori e compositori del XV secolo che progettarono i primi libri europei, divennero tutti parte della ricca eredità e storia della grafica.

Storia della grafica fino al XX secolo

Preistoria

Cavallo nel sito di Lascaux

La storia della grafica inizia nel periodo compreso tra il primo Paleolitico e il Neolitico (35.000 – 4.000 a.C.). I protagonisti dell'alba della comunicazione visiva furono i primi uomini africani ed europei che, per scopi di sopravvivenza, utilitaristici e rituali, realizzarono pitture e incisioni nelle caverne. Nel mondo, dall'Africa al Nord America, fino alle isole della Nuova Zelanda, gli uomini preistorici lasciarono numerose incisioni rupestri. La grotta di Lascaux, scoperta per caso da due ragazzi nel 1940, propone ben 600 figure dipinte di animali e simboli di colori giallo, rosso, marrone e nero.[2] Probabilmente i "pittori" mettevano ocra, ematite e manganese polverizzati in tubi d'osso, e li applicavano, dopo aver inumidito la parete, con pennelli e tamponi.[2] Ma lo stupendo dipinto di un cavallo giallo, presente in questo sito, fa addirittura pensare che il colore si stato applicato a spruzzo.[2]

Le figure disegnate, fra cui animali e scene di caccia, sono oggi dette "pittogrammi", ovvero figure elementari o schizzi che rappresentano la cosa ritratta. L'apparizione dei primi pittogrammi comportò l'inizio dell'arte pittorica (gli oggetti e gli eventi del mondo vennero registrati con fedeltà ed esattezza incrementale col passare dei secoli), ma non solo. L'immagine di un bisonte potrebbe far venire in mente il pensiero di un reale bisonte, e potrebbe suggerire in seguito la parola assegnatagli. Le immagini "leggibili", che sono immagini associate a parole, sono state il primo passo nel lungo viaggio che ha portato a un linguaggio scritto. Gli artisti del Paleolitico svilupparono una tendenza verso la semplificazione e la stilizzazione: le figure saranno sempre più abbreviate ed espresse con un minimo numero di linee. Dal tardo periodo Paleolitico alcuni graffiti e pittogrammi si ridussero al punto da assomigliare a lettere.[3]

La nascita della scrittura in Mesopotamia (IV millennio a.C.-XVI sec. a.C.)

Tavoletta sumera cuneiforme

I Sumeri, che arrivarono in Mesopotamia attorno alla fine del quarto millennio a.C., furono responsabili del salto dalla cultura dei villaggi all'alta civilizzazione. L'origine dei Sumeri – che si stabilirono nella parte meridionale della Mezzaluna Fertile prima del 3000 a.C. – rimane un grande mistero. Fra le numerose invenzioni a loro attribuite, l'invenzione della scrittura portò a una rivoluzione intellettuale che ebbe un vasto impatto nell'ordine sociale, nel progresso economico, e nei futuri sviluppi tecnologici e culturali.

Una teoria sostiene che l'origine del linguaggio visivo sia dovuta alla necessità di identificare il cibo all'interno dei contenitori.[3] Venivano fatte piccole etichette di argilla che identificavano il contenuto con un pittogramma, e la quantità veniva segnata con un elementare sistema di numerazione decimale basato sulle dieci dita umane. Le prime testimonianze della scrittura sono tavolette che apparentemente elencavano le merci con disegni pittografici di oggetti, accompagnati da numeri e nomi di persone inscritti in colonne.[3] L'abbondanza di argilla di cui disponevano i Sumeri la rese il materiale con cui logicamente venivano registrate le cose da ricordare, e uno stilo di canna, dalla punta affilata a un'estremità, era utilizzato per disegnare le fini e curve linee dei primi pittogrammi. Le tavolette di argilla umida erano tenute dalla mano sinistra, e i pittogrammi erano graffiati sulla superficie con lo stilo di legno. Dall'angolo destro superiore della tavoletta, le linee venivano scritte in attente colonne verticali. La tavoletta, una volta scritta, era dopo lasciata asciugare al sole o cotta in una fornace di roccia dura.

Sigillo cilindrico da stampa, Ittiti, 1650-1200 a.C.

Ma attorno al 2400-2300 a.C. gli scribi ruotarono i pittogrammi di 90° e iniziarono a scrivere in righe orizzontali, da sinistra a destra e dall'alto in basso[4] – questo rese la scrittura più facile. Circa trecento anni dopo, la velocità della scrittura venne aumentata grazie alla sostituzione dello stilo affilato, con uno dalla punta triangolare. Lo stilo veniva spinto nell'argilla piuttosto che essere trascinato. Questa innovazione alterò radicalmente la natura della scrittura; i pittogrammi si evolvettero in segni astratti chiamati "cuneiformi". Da una prima fase, in cui i pittogrammi rappresentavano oggetti animati e inanimati, si passò a una seconda fase, in cui dei segni detti "ideogrammi", rappresentavano idee astratte. Il simbolo per il sole, per esempio, cominciò a rappresentare idee come "giorno" e "luce". Il più alto sviluppo della scrittura cuneiforme fu l'uso di segni astratti per rappresentare le sillabe.[3]

Ma fra queste due fasi, il passo più importante e decisivo per l'evolversi della scrittura è certamente la scoperta del "fonetismo".[4] Furono i Sumeri a inventare la scrittura fonetica, e gli Egizi la appresero da loro.[2][4] Dapprima alle immagini corrispondevano suoni il più delle volte sillabici, costituiti cioè, da una consonante e da una vocale.[2] Con il passare dei secoli, come detto, quelle immagini furono stilizzate e trasformate in segni cuneiformi, simboli a forma di cunei incisi su tavole di argilla o lastre di pietra, graffiti su metalli oppure dipinti sul legno o ceramica.[2]

La titolarità delle proprietà e la specializzazione dei commerci e dei mestieri, resero necessaria un'identificazione visuale. C'era bisogno di un segno che identificasse l'autore di una tavoletta cuneiforme di argilla, certificasse i documenti commerciali e i contratti e fornisse l'autorità di proclamazioni religiose e regali. Erano utilizzati perciò dei cilindri che, quando venivano rullati lungo una tavoletta umida, lasciavano un rilievo di quanto vi era in essi scavato[3]; ciò consisteva in un "marchio" del proprietario. Poiché l'immagine scavata nella pietra appariva sulla tavoletta con un disegno a rilievo ben definito, era virtualmente impossibile duplicarlo o contraffarlo. Nell'immagine che illustra il cilindro: combinando ornamenti decorativi con immagini figurative, il rullo molto probabilmente ritrae un rituale, probabilmente un'offerta sacrificale, sulla destra. Ha sia un'immagine sul profilo, per rullare, sia un'immagine sul fondo, per timbrare. Molte di queste pietre avevano una perforazione che le attraversava in modo che potessero essere indossate, appendendole attorno al collo o polso. I primi sigilli erano incisi con semplici immagini di re, bestiame o creature mitiche. Dopo, vennero sviluppate immagini più narrative; per esempio, un dio poteva presentare un uomo (probabilmente il proprietario del sigillo) a un altro dio, o un uomo poteva figurare bene in vista mentre combatteva in una battaglia o uccideva un animale selvatico. Nel successivo periodo Assiro, nel nord della Mesopotamia, venne approcciato un design più stilizzato e araldico.[3] Venivano illustrate storie di dei, o animali ingaggiati in battaglia.

I geroglifici egiziani (XXXI-IV secolo a.C.)

Da quando il faraone Menes unificò la terra d'Egitto e formò la Prima Dinastia intorno al 3100 a.C., un certo numero di invenzioni sumere raggiunse l'Egitto, fra cui il sigillo cilindrico, il design architettonico dei mattoni, i motivi stilistici decorativi, e i principi della scrittura.[2] A differenza dei Sumeri – la cui scrittura pittografica evolvette in quella cuneiforme astratta – gli Egiziani conservarono il proprio sistema di scrittura a immagini, i cui elementi sono detti "geroglifici", per quasi tre millenni e mezzo. I primi geroglifici conosciuti risalgono circa dall'anno 3100 a.C., mentre l'ultimo documento redatto in geroglifico è un'iscrizione templare proveniente dall'isola di File che risale al 394 d.C.[4] – molti decenni dopo che l'Egitto divenne una colonia romana.

I geroglifici consistevano in pittogrammi che ritraevano oggetti o esseri viventi. Dal punto di vista funzionale, analogamente a quanto avviene nel sistema cuneiforme, uno stesso geroglifico può assumere, a seconda dei contesti, tre diversi valori: può essere adoperato come ideogramma, come fonogramma o segno fonetico, e infine come segno classificatore o determinativo.[4] Quando i primi scribi Egiziani si confrontarono con parole complicate da esprimere in una forma visiva, concepirono un rebus, utilizzando le immagini per i suoni, per scrivere la parola desiderata. Allo stesso tempo, designarono un simbolo illustrato per ogni suono di consonante o combinazione di consonanti presenti nel loro discorso. Per l'intero periodo della sua storia, la scrittura geroglifica documenta più di 6000 grafemi, gran parte dei quali è però attestata unicamente nelle iscrizioni templari di epoca greco-romana, quando, per motivi religiosi e forse esoterici, il numero dei segni si moltiplicò a dismisura.[4] Nei periodi precedenti, il nucleo fondamentale e stabile dei segni standard non superò mai il migliaio, e durante il Medio Regno, cioè nella fase classica, è intorno ai 700.[5]

I determinativi erano usati dopo queste parole per assicurarsi che il lettore le interpretasse correttamente: "Hinew", per esempio, poteva riferirsi all'unità di misura per i liquidi o ai vicini di casa. Nel primo caso, essa era seguita dal glifo per la tazza di birra; nel secondo dai glifi per l'uomo e per la donna.[3] Presentando molte più possibilità rispetto alla scrittura cuneiforme, i geroglifici erano usati per documenti storici e commerciali, poesia, miti, epica, e si rivolgevano alla geografia, scienza, astronomia, medicina, farmacia, la concezione del tempo, e altri argomenti.

Il nostro uso di simboli visivi si originò dagli Egizi; da loro abbiamo ereditato lo zodiaco, la bilancia della giustizia, e l'uso degli animali per rappresentare concetti, città e persone. In Grecia, la civetta simboleggiava Atena, e l'immagine di una civetta su una moneta greca indicava che era stata coniata ad Atene. Oggi noi abbiamo l'aquila americana, gli Atlanta Falcons, i Carolina Gamecocks, e la colomba che simbolizza la pace.

I geroglifici erano incisi nella pietra come immagini erette o rilievi, ed era di solito applicato il colore. Questi coprivano gli interni e gli esterni dei templi e delle tombe. Arredamenti, bare, vestiti, utensili, edifici e gioielli erano tutti incisi con i geroglifici per scopi sia decorativi che di iscrizione. L'orientamento dei segni all'interno di un'iscrizione è uniforme, nel senso che tutti sono rivolti verso la stessa direzione: quella dell'inizio del testo.[4] Il loro orientamento indica così anche quello della scrittura, la quale poteva assumere varie direzioni.[4]

Il papiro e la scrittura

L'impiego del papiro (un supporto simile alla carta) per i manoscritti, fu un grande passo avanti nella comunicazione visiva egiziana (nella sua Naturalis Historia, lo storico romano Plinio il Vecchio racconta come veniva realizzato).

La tavolozza di legno usata dallo scriba non era solo uno strumento di scrittura, ma rappresentava anche un "marchio" che identificava il portatore come capace di leggere e scrivere.[3] Poteva essere lunga 32,5 cm. Un'estremità aveva almeno due depressioni, per tenere il nero, il rosso e a volte altri colori. Insieme a una soluzione di gomma che fungeva da legante, il carbone era usato per ottenere l'inchiostro nero e l'ocra rossa per quello rosso. Questi erano lasciati essiccare dentro contenitori simili a quelli contemporanei per gli acquerelli, e in seguito un pennello bagnato sarebbe stato strofinato sul contenitore per far tornare l'inchiostro allo stato liquido, per scrivere.[3] Uno slot nel mezzo della tavolozza tratteneva i pennelli, che erano fatti di steli. La punta dello stelo era tagliata ad angolo e masticata dallo scriba per separare le fibre, in modo da costruire un pennello.

Dal 1500 a.C. i sacerdoti svilupparono una calligrafia rapida detta "ieratica"[4], una semplificazione dei geroglifici, utilizzata nelle scritture profane e religiose. Le prime scritture ieratiche differivano dai geroglifici solo perché l'uso di una penna rapida, piuttosto che un pennello appuntito, produceva un maggiore numero di caratteri astratti dall'aspetto conciso. Una calligrafia ancora più astratta detta "demotica"[4], entrò nell'uso secolare per scritture commerciali e legali dall'anno 400 a.C. Il geroglifico per "scriba" era un calco (potremmo dire oggi, un'icona) della prima originaria tavolozza con legata la sacca per l'inchiostro.

I primi manoscritti illustrati

Rappresentazione dal Papiro di Ani, 1420 a.C. circa. Ani, uno scribo reale, contabile del tempio, e gestore del granaio, da Tebe, e sua moglie Thuthu, giungono al proprio giudizio finale.

Gli antichi Egizi furono i primi a comunicare informazioni combinando parole e immagini, producendo così manoscritti illustrati. Si sviluppò un consistente layout per i papiri illustrati egiziani. Una o due bande orizzontali, di solito colorate, correvano lungo la cima e il fondo del manoscritto. Colonne verticali di scritte separate da linee erano scritte dalla destra alla sinistra. Le immagini erano inserite adiacenti al testo che illustravano e spesso stavano sulla banda orizzontale inferiore, e le colonne di testo pendevano dalla banda orizzontale superiore. Frequentemente, un registro orizzontale simile ai fregi decorativi, correva lungo la cima del foglio. Un foglio era a volte diviso in zone rettangolari per separare testo e immagini. L'integrazione funzionale del testo e delle immagini era esteticamente piacevole, per la densa trama di geroglifici disegnati con il pennello, che contrastavano splendidamente con gli spazi aperti delle illustrazioni e i piani di colore.

Gli artisti più abili erano reclutati per le illustrazioni, ma gli scribi che facevano questo lavoro non erano studiosi. Spesso, alcuni passaggi erano omessi a causa del layout o della poca maestria. Le illustrazioni dei manoscritti erano disegnate entro linee di contorno semplificate usando inchiostro nero o marrone, e dopo il colore veniva applicato usando pigmenti bianchi, neri, marroni, blu, verdi e a volte gialli. Forse l'uso esteso del blu luminoso e del verde era un richiamo all'intenso blu del Nilo e al ricco verde del fogliame lungo le sue rive.

Si poteva commissionare un papiro funerario o comprarne una copia da inventario, e avere il proprio nome scritto nelle posizioni appropriate.[3] Il compratore poteva scegliere il numero e la scelta dei capitoli, il numero e la qualità delle illustrazioni, e la lunghezza.[3]

L'identificazione visuale degli Egizi

Gli Egizi utilizzarono molto presto nella loro storia, sigilli cilindrici e marchi di proprietà su oggetti come ceramiche. Essi ereditarono entrambe le forme di identificazione dai Sumeri. Nella dodicesima Dinastia, erano comunemente usati come sigilli identificativi, emblemi scavati a forma di scarabeo.[3] Queste pietre ovali, di solito di saponaria vetrata, erano scolpite con le sembianze di uno scarabeo. Il fondo, inciso con iscrizioni geroglifiche, era usato come sigillo. A volte lo scarabeo veniva indossato come se fosse un anello con sigillo. Ogni egiziano di ogni status sociale possedeva un sigillo personale. È possibile che la funzione comunicativa fosse secondaria al valore dello scarabeo, ritenuto come talismano, ornamento e simbolo di resurrezione.

La cultura dell'antico Egitto è sopravvissuta per oltre tremila anni. Geroglifici, papiri e manoscritti illustrati sono la loro eredità in termini di comunicazione visiva. Insieme ai traguardi raggiunti in Mesopotamia, queste innovazioni lanciarono lo sviluppo dell'alfabeto e della comunicazione grafica in Fenicia e nel mondo Greco-Romano.

L'alfabeto

Lo stesso argomento in dettaglio: Alfabeto.

Per secoli, il numero di individui che guadagnò l'alfabetizzazione rimase piccolo. Il loro accesso alla conoscenza permise loro di acquisire grande potere, nelle prime culture. La successiva invenzione dell'alfabeto (una parola derivata dalle prima due lettere dell'alfabeto greco, alpha e beta) rappresentò un grande passo in avanti nella comunicazione umana. Un alfabeto è un insieme di simboli visivi o caratteri usati per rappresentare i suoni elementari di una lingua parlata. Essi possono essere connessi e combinati per creare configurazioni visive che stiano a significare suoni, sillabe e parole pronunciate dalla bocca umana. Le centinaia di segni e simboli richiesti dalla scrittura cuneiforme e dai geroglifici, furono quindi sostituiti da venti o trenta segni elementari facilmente riconoscibili.

Il contributo asiatico (XIX sec. a.C.-XV sec. d.C)

Similmente ai geroglifici egiziani e la scrittura Maya nell'America Centrale, il sistema di scrittura cinese è un linguaggio puramente visuale. Non è alfabetico, e ogni simbolo è composto da un numero di linee diversamente sagomate all'interno di un quadrato immaginario. La leggenda afferma che il cinese sia stato scritto per la prima volta nel 1800 a.C. circa da Tsang Chieh, che fu ispirato a inventare la scrittura dalla contemplazione dei segni lasciati dagli artigli degli uccelli e dalle impronte degli animali.[6] Tsang Chieh procedette a sviluppare pittogrammi elementari di elementi naturali. Queste immagini sono altamente stilizzate e composte da un numero minimo di linee, ma sono facilmente decifrabili. I Cinesi sacrificarono il realismo che troviamo nei geroglifici per un design più astratto.

I caratteri cinesi divennero "logogrammi", cioè segni grafici che rappresentano un parola intera. Al giorno d'oggi per esempio, il segno "$" è il logogramma che rappresenta la parola "dollaro". Non esiste alcuna relazione diretta fra il linguaggio cinese parlato e quello scritto. I giapponesi adattarono i logogrammi cinesi per il loro linguaggio scritto nonostante le grandi differenze tra i due linguaggi parlati. Similmente, diversi dialetti parlati cinesi, sono scritti con gli stessi logogrammi.

L'invenzione della carta

Ts'ai Lun ritratto come il santo patrono della fabbricazione della carta

Testimonianze dinastiche attribuiscono l'invenzione della carta all'ufficiale castrato e di alta autorità Ts'ai Lun, che consegnò la sua invenzione all'imperatore Ho nel 105 d.C.[7] Se Ts'ai Lun inventò davvero la carta, perfezionò una invenzione precedente o patrocinò la propria invenzione, non si sa. Fu, comunque, divinizzato come il dio degli artigiani della carta.

Inizialmente, i Cinesi scrivevano su assicelle di bambù o strisce di legno utilizzando una penna di bambù con un denso e durevole inchiostro, di cui le origini sono oscure. Il nerofumo o la fuliggine erano depositati su una coperta a forma di cupola in un contenitore pieno di olio con diversi stoppini accesi. Il nerofumo era raccolto, mescolato scrupolosamente con una soluzione di gomma usando pestello e mortaio, e in seguito modellato in stecche o cubi. Per scrivere, la stecca o il cubo venivano frizionati nell'acqua su una pietra, per farli tornare allo stato liquido. Le strisce di legno erano usate per messaggi brevi; per messaggi più lunghi, pezzi di bambù di 23 centimetri venivano legati insieme con strisce di cuoio o fili di seta. Sebbene questi supporti fossero abbondanti e facili da preparare, erano pesanti. Dopo l'invenzione dei vestiti in tessuto di seta, questa fu utilizzata anche come superficie su cui scrivere – tuttavia, era davvero costosa.

Il procedimento di Ts'ai Lun per fare la carta rimase invariato fino a che la creazione della carta non fu meccanizzata nell'Inghilterra del XIX secolo. Fibre naturali, tra cui la corteccia di gelso, la rete di canapa, e stracci, erano imbevuti in un tino d'acqua e sbattuti in una poltiglia a botte di mortaio. Un addetto al tino calava uno stampo a forma di cornice nella poltiglia, che ne raccoglieva una quantità sufficiente per il foglio di carta. Dopo, l'addetto alzava lo stampo dal tino, mentre lo oscillava e lo scuoteva per incrociare e accoppiare le fibre e così che l'acqua drenasse attraverso il fondo. In seguito la carta era appiattita, o premuta con un panno di lana, al quale aderiva mentre asciugava. Lo stampo, dopo, era libero per un riutilizzo immediato. I fogli appiattiti erano impilati, pressati e quindi appesi per asciugare. Il primo importante miglioramento nel procedimento fu l'uso di amido o gelatina per irrigidire e rafforzare la carta, e aumentare la sua capacità di assorbire l'inchiostro.

L'invenzione della stampa

L'immagine ritrae il frontespizio del primo libro stampato, la traduzione cinese del testo Buddista "Sutra del Diamante". Questo consiste in un rotolo, lungo circa 4,8 metri, costitutito da una lunga serie di immagini stampate. Stampato in Cina nell'868 d.C., venne ritrovato nelle cave di Dunhuang nel 1907, nella provincia nord-occidentale di Gansu.

La stampa con blocchi di legno su carta, dove i singoli fogli vengono pressati con dei blocchi di legno sui quali sono presenti testi o illustrazioni intagliate, risalgono all'epoca della Dinastia Tang in Cina, anche se esistono esempi che testimoniano che questo metodo di stampa di fantasie su tessuto risale a prima del 220 d.C.[8]

Il primo vero e proprio libro stampato di cui rimane testimonianza è una copia della Sutra del Diamante buddhista, datata 868 d.C., ma una recente scoperta in una pagoda Coreana potrebbe aver portato alla luce un testo buddhista ancora più antico, datato 750-751 d.C. Nella storiografia moderna cinese, la stampa è considerata una delle quattro grandi invenzioni dell'Antica Cina.

La stampa a caratteri mobili venne inventata nel 1041 da Pi Sheng, in Cina, che si serviva di lettere fatte di terracotta tenute insieme da una cornice di ferro.[9] Wang Cheng, un ufficiale, nel 1298 introdusse un tipo più duraturo di caratteri, ottenuti intagliando del legno e sviluppò un complesso sistema di tavole girevoli e associazioni tra numeri e caratteri cinesi[9] che rendevano la resa qualitativa del risultato più efficiente.

La transizione dai caratteri in legno a quelli in metallo venne attuata durante la Dinastia Goryeo di Corea[3] e venne accreditata a Chae Yun-ui. Si riscontra che nel 1234 in Corea, i libri venivano stampati con caratteri mobili in metallo, anche se il testo più antico esistente è del 1377. In Cina i caratteri mobili in metallo non vennero introdotti fino all'avvento del pioniere della tipografia Hua Sui, nel 1490.[3] Da quella data in Cina vennero usati sia caratteri mobili in legno che in metallo.

I manoscritti miniati (IV-XV secolo)

Lo stesso argomento in dettaglio: Manoscritto miniato.
Nel senso più stretto di illuminated manuscript, solo i manoscritti con oro o argento, come questa miniatura di Cristo Maestà, dall'Aberdeen Bestiary (folio 4v), sarebbero da considerare "illuminati".

La vibrante luminosità di una foglia dorata, riflettente la luce dalle pagine di libri scritti a mano, dava la sensazione che le pagine fossero letteralmente illuminate; così, questo effetto di lucentezza diede origine all'espressione illuminated manuscript (manoscritto illuminato, in italiano "manoscritto miniato"). Oggi questa espressione è usata per tutti i libri scritti a mano, decorati e illustrati, prodotti dal tardo Impero Romano fino alla loro sostituzione con i libri stampati, dopo che ebbe inizio lo sviluppo della tipografia in Europa, circa nel 1450. Le due grandi tradizioni di miniatura dei manoscritti sono quella Orientale nei paesi islamici, e quella Occidentale in Europa, risalente all'antichità classica.[3] Le sacre scritture possedevano grande significato per Cristiani, Ebrei e Musulmani. L'uso di abbellimenti visivi per espandere il testo divenne molto importante, e quindi i manoscritti miniati furono prodotti con straordinaria cura e sensibilità nella progettazione.

Una miniatura è una decorazione pittorica, a piena pagina o limitata alle iniziali e ai bordi, di un manoscritto: è generalmente eseguita con colori ad acqua o a tempera, ma anche a olio o smalto, in epoche più antiche su papiro, più tardi su pergamena e in seguito su carta. Il vocabolo deriva dal verbo latino miniare, relativo all'uso di scrivere le iniziali in rosso (minium).[10] Per estensione, viene usato anche per indicare qualunque oggetto pittorico di piccole dimensioni (in particolare ritratti), realizzato con minuzia esecutiva di particolari.

La miniatura è generalmente collocata tra le "arti minori", quasi come versione in formato ridotto e meno impegnativa della pittura; ciò è il risultato di una lunga tradizione storica, che ha posto la miniatura in una posizione inferiore, riservata ai dilettanti o limitata ai settori marginali dell'operazione artistica; ma non va dimenticato che, a parte ogni considerazione sulla inconsistenza scientifica di un tale metodo di classificazione, la miniatura ebbe in particolari momenti storici e in alcune scuole artistiche (Medioevo occidentale, Oriente islamico e persiano) una importanza eccezionale[10], pari se non superiore a quella della pittura, e assunse una funzione notevole nell'ambito dell'elaborazione originale del linguaggio artistico e, più in generale, della diffusione della cultura.

La miniatura nell'Alto Medioevo

Scarse sono le testimonianze di opere di miniatura nell'Antichità, anche se restano alcuni significativi esempi di arte egizia e greco-romana, specie di epoca tarda (secoli III-IV d.C.). A partire dal V secolo la documentazione è più copiosa e consente di risalire agli scriptoria di Costantinopoli e dell'area siro-palestinese: caratteristica comune è l'influenza dell'arte alessandrina, intesa in senso più corsivo in Siria[11], più aulico a Bisanzio[12]. Dopo la controversia iconoclasta, che segnò un grave periodo di stasi produttiva, gli scriptoria di Bisanzio riprendono vigore tra i secoli IX-X, realizzando una serie di codici sfarzosi[13][14] di stile aulico e monumentale, in cui la tradizione classica è rivista in termini di solenne ieraticità. Più popolaresca appare la produzione dei centri minori, di ambiente copto, armeno, georgiano: si distinguono però i monasteri del Monte Athos, la cui produzione[15] si mantiene a buon livello per vari secoli.

In Occidente, intanto, uno sviluppo del tutto autonomo, legato alle tradizioni celtiche e germaniche, avevano avuto gli scriptoria dei secoli V-VI. Caratteristica comune è l'uso di una decorazione zoomorfica e fitomorfica fitta e intrecciata, stesa senza diretto contatto con il testo e senza lasciar troppo spazio alla figurazione umana: oltre ai centri merovingici[16] e dell'Italia settentrionale[17], vanno ricordati i manoscritti miniati nelle Isole Britanniche[18][19] per l'esuberanza e la fantasia degli ornati, spesso ispirati a coeve opere di oreficeria (tesoro di Sutton Hoo) e che raggiungono esiti altissimi nelle cosiddette "pagine tappeto", per la raffinata cromia e l'astratta bellezza della fitta decorazione.

Artista: Maestro del Libro di Lindisfarne; Data: fine del VII secolo

Nel IX secolo, la "rinascita carolingia" porta a uno stile largo, monumentale, cromaticamente ricco, che attinge coscientemente anche al repertorio classico[20][21][22][23]. Tale stile prosegue in età ottoniana, ma con un ritmo più pacato che nasce dalla semplificazione formale e dalla stesura a larghe zone cromatiche[24][25][26].

La miniatura nel Basso Medioevo

Con l'XI secolo, le scuole nazionali tendono a differenziarsi in varie interpretazioni del nuovo stile romanico. La prima scuola, in ordine cronologico, è quella sviluppatasi in Spagna dalla metà del X secolo: a contatto con il mondo islamico, acquista fisionomia lo stile "mozarabico", caratterizzato da una estrema essenzialità compositiva, da colori forti e piatti serrati entro contorni robusti e da una singolare immediatezza espressiva: opera chiave è l'Apocalisse di Magius pictor (New York, Pierpont Morgan Library), da cui derivano quelle di Gerona, Madrid, Seo de Urgel, ecc. In Francia, le varie componenti culturali (mozarabica, ottoniana, bizantina) pervengono a una sintesi originale solo più tardi, nei grandi monasteri cistercensi del nord, come Citeau Saint-Bertin[27], Corbie e, soprattutto, Saint-Amand[28]: si tratta di un linguaggio mosso, robustamente plastico, che sa piegarsi alla solennità monumentale come a fresche notazioni realistiche. Strettamente legata a questa produzione è l'attività dei monasteri inglesi, Canterbury, Hereford, Saint Alban[29], che si distinguono per una espressività più immediata e una più brillante gamma cromatica. Più complessa è infine la situazione in Italia, dove la tradizione bizantina, coscientemente ripresa a Montecassino[30], mantiene comunque un più duraturo vigore. Tipica è la produzione pugliese degli Exultet (Cattedrale di Bari e Cattedrale di Troia; Pisa, Archivio del Capitolo), grandi rotoli con illustrazioni leggibili dai fedeli mentre l'officiante scorreva il testo, e delle Bibbie "atlantiche", dette così per le grandi dimensioni (Biblioteca Apostolica Vaticana); nel nord erano attivi i centri di Nonantola, Milano, Padova ecc.

La Pentecoste, da un manoscritto miniato cattolico liturgico. 1310-1320 circa

Nel XIII secolo l'attività miniatoria si sposta dagli scriptoria dei monasteri a quelli delle università e delle corti, la cui iniziativa porta a un grande sviluppo della miniatura, non più riservata ai testi sacri. Cambia anche lo stile, che acquista toni di eleganza profana, di grazia decorativa: il codice miniato è ora ricercato principalmente come oggetto di lusso e di bellezza. Il centro maggiore della miniatura gotica è senza dubbio la Francia, specie la scuola di Parigi. Di qui escono, all'inizio del Duecento, il Salterio di Luigi IX e la Bible Moralisée (Parigi, Bibliothèque Nat.), dalle fitte, coloratissime scene di tono profano disposte a coprire tutta la pagina come riquadri di vetrate; più tardi, all'inizio del XIV secolo, a Parigi operano Jean Pucelle, che inaugura un nuovo tipo di decorazione a sottili, eleganti racemi incornicianti fantasiosamente il testo, e altri importanti maestri che determinano il gusto europeo (Maitre aux Bouquetaux, Jean de Bondol ecc.). Mentre l'Inghilterra prosegue nella sua linea di imitazione francese[31], la Germania riesce ben presto ad assumere una posizione autonoma, con opere come il Salterio di santa Elisabetta (Cividale, Mus. Archeologico Naz.) e i Minnesanger (Heidelberg, Università): il contorno secco, l'impostazione decisamente grafica, la ricercatezza formale, le dure osservazioni realistiche distinguono nettamente la scuola tedesca da quella francese. Breve ma vivissima è la fioritura della scuola boema, con una serie di codici[32] miniati con linguaggio nervoso, fatto di linearismo spezzato e puntato e di colori aspri. In Italia, l'età gotica conosce, in parallelo con le vicende della pittura, la fioritura di una serie di scuole stilisticamente molto differenziate: Bologna, il cui forte senso costruttivo ed espressionistico culmina nella personalità di Nicolò di Giacomo; Firenze, con il giottesco Pacino di Bonaguida e poi con la fiorente Scuola degli Angeli (Simone Camaldolese, Lorenzo Monaco); Siena, con Simone Martini e l'elegantissimo Maestro del Codice di san Giorgio; il Veneto, prima aperto a influenze ibride con I'Entrée d'Espagne (Venezia, Biblioteca Marciana), poi dominato da artisti "padani" come Giusto de' Menabuoi e Altichiero da Zevio; e infine la Lombardia, forse il centro più importante, in cui, con il Maestro di Tristan, Giovanni di Benedetto da Como e infine G. De' Grassi. si impone uno stile ornamentale e finemente realistico, affine e concorrente di quello francese. Le varie esperienze nazionali si concludono, all'inizio del Quattrocento, nel comune linguaggio "internazionale", che accosta nel gusto della narrazione "cortese", del realismo aneddotico, dello sfarzo decorativo, gli artisti attivi in Lombardia (Michelino da Besozzo), in Francia e in Borgogna per Jean de Berry e altri committenti (André Beauneveu, Jacquemart de Hesdin, i Limbourg, Maestro del duca di Bedford, Maestro di Boucicaut, Maestro delle Ore di Rohan, ecc.) e in Boemia.

Il matrimonio di Girart e Bertha dal Roman de Girart de Roussillon. 1450 circa

La miniatura nel Rinascimento

Con l'inizio del Rinascimento e l 'affermarsi delle sue concezioni estetiche, la miniatura perde rapidamente importanza: si continuano a produrre codici miniati, ma la miniatura viene ormai valutata più come ornamentazione che come opera d'arte autonoma, e in ogni caso lo sviluppo delle idee artistiche avviene completamente al di fuori di essa: tanto è vero che molto spesso sono i pittori a dedicarsi saltuariamente alla miniatura, per espresso incarico di committenti. Per quasi tutto il Quattrocento fioriscono tuttavia in Italia scuole miniaturistiche qualitativamente importanti: a Firenze, dove artisti come Zanobi Strozzi, Francesco di Antonio, Attavante Attavanti traspongono nella decorazione dei codici il nuovo linguaggio rinascimentale, specie nella versione più "preziosa" del Beato Angelico; a Siena, dove artisti come Francesco di Giorgio, il Vecchietta, ecc. si impegnano nelle tavolette di biccherna; a Ferrara, dove, per iniziativa degli Estensi, si svolge una intensa attività che culmina con l'opera di Taddeo Crivelli, Franco de' Russi, Guglielmo Giraldi e con l'esecuzione della sfarzosa Bibbia di Borso d'Este (Modena, Biblioteca Estense); e in Lombardia, dove, ad artisti ancora legati alla tradizione gotica, come il Maestro delle Vitae Imperatorum e Belbello da Pavia, succedono solo dopo la metà del Quattrocento miniatori rinascimentali come Giovanni Pietro Birago e i fratelli Cristoforo e Giovanni Ambrogio De' Predis. In Francia, l'arte della miniatura mantiene invece per tutto il Quattrocento una forte continuità col passato. Nelle corti di Borgogna e di Renato d'Angiò numerosi maestri (Maestro del Cueur d'amour espris, Simon Marmion) operano una originalissima fusione di elementi gotici e spunti rinascimentali, specie sulla linea del maggiore di essi, Jean Fouquet. Un fenomeno analogo avviene in Fiandra, dove la tradizione dei Limbourg si combina agevolmente col nuovo linguaggio di Jan Van Eyck: capolavori di questo stile, che concilia larghezza di impianto e incanto coloristico su una base di attento realismo, sono le Ore di Maria di Borgogna (Vienna, Osterreichische Nationalbibliothek) e il Breviario Grimani (Venezia, Biblioteca Marciana), per il quale operarono S. Benning, Gerard Horenbout e Mabuse.

Nel Cinquecento, con la singolare eccezione di Giulio Clovio, un'attività miniaturistica propriamente detta non esiste più. Si afferma invece l'uso del ritratto miniato, cioè di dimensioni ridottissime. L'uso sembra derivare, con l'attività di Holbein, dall'Inghilterra, dove ha comunque un grande impulso con la produzione raffinatamente manieristica di Nicholas Hilliard e di Isaac Oliver, e più tardi di Samuel Cooper, seguace di Van Dyck. Con il Seicento la realizzazione di piccoli dipinti miniati (specie ritratti, nature morte e paesaggi) diviene d'uso comune in Inghilterra, in Germania e soprattutto nei Paesi Bassi, ma senza l'intervento di grandi artisti; ha un miglioramento qualitativo nel Settecento, in particolare in Francia, sull'esempio di Rosalba Carriera (cui risale l'uso del pastello), e in Inghilterra, per scadere poi definitivamente, nel secolo successivo, a tipica produzione da salotto.

Storia ed evoluzione della "grafica d'arte" (XV-XVIII secolo)

Bibbia di Gutenberg, New York Public Library, USA

L'arte della grafica nasce in Occidente nel XV secolo dall'esigenza di produrre più esemplari di una stessa immagine, in una società dove si sta sviluppando una nuova classe mercantile e borghese che dispone di mezzi economici e conseguentemente elabora esigenze culturali più o meno numerose, si realizza attraverso la lavorazione di una matrice, incisa manualmente al fine di poter essere utilizzata per trasportare il soggetto su un foglio attraverso l'uso di un torchio. Le tecniche di lavorazione delle matrici derivano dall'esperienza degli incisori di metalli pregiati e ricevono un impulso fondamentale dalla quasi contemporanea invenzione del libro a stampa a caratteri mobili, alla metà del XV secolo.

I più importanti protagonisti delle arti grafiche di questo periodo sono[1]: William Caxton (ca. 1421-1491), Pasquier Bonhomme (fl. 1476), Jean Dupré (fl. 1481-1504), Albrecht Dürer (1471-1528), Johann Fust (ca. 1400-1466), Francesco Griffo (ca. 1450-1518), Johannes Gutenberg (ca. 1397-1468), Nicholas Jenson (1420-1480), Anton Koberger (ca. 1445-1513), Aldus Manutius (1450-1515), Arnold Pannartz (d. 1476), Albrecht Pfister (fl. 1461), Heinrich Quentell (d. 1501), Peter Schoeffer (ca. 1425-1502), Conrad Sweynheim (d. 1477), Anton Vérard (fl. 1486), Wynkyn de Worde (fl. 1490), Günther Zainer (fl. 1468-1478).

Le prime immagini a stampa sono realizzate con la tecnica della xilografia, detta anche silografia, che presuppone l'uso di una matrice in legno, che l'incisore lavora a rilievo, cioè togliendo la parte che non deve stampare, realizzando in questo modo un supporto che presenta il disegno in rilievo. Già all'inizio del XVI secolo, alla xilografia si affianca la calcografia, tecnica che utilizza il metallo, principalmente rame e zinco. In questo caso l'incisore lavora in incavo, cioè scavando nel metallo il disegno da stampare. Quando l'incisore lavora direttamente sulla lastra si parla di incisione a bulino, se lo strumento utilizzato, il bulino appunto, toglie il metallo che non serve grazie alla sua punta triangolare; oppure si parla di puntasecca, quando lo strumento a punta si limita a scalfire e spostare il metallo a lato dei solchi.

I più importanti protagonisti delle arti grafiche di questo periodo sono[1]: John Day (b. 1522), Henri Estienne (1470-1520), Robert Estienne (1503-1559), Johann Froben (1460-1527), Claude Garamond (1480-1561), Robert Granjon (d. 1579), Simon de Colines (d. 1546), Geofroy Tory (1480-1553), Christophe Plantin (1514-1589), Jan Moretus (d 1610), Gerardus Mercator (1512-1594), Richard Pynson (fl. 1518).

Altra tecnica su metallo è quella della acquaforte, quando l'incisione avviene indirettamente, per immersione della lastra in un acido, che si chiamava aqua fortis, lastra precedentemente coperta con una vernice resistente all'acido e disegnata, eliminando la vernice, in corrispondenza della parti che devono subire la morsura dell'acido. Alla fine del XVIII secolo si scopre la possibilità di utilizzare matrici in pietra e nasce la tecnica della litografia, con la quale le matrici in pietra calcarea, precedentemente levigate e trattate in superficie con degli acidi, sono disegnate con apposite matite grasse. In fase di stampa l'inchiostro litografico aderisce solamente alle parti disegnate, dove trova altro inchiostro, ed è invece respinto dal resto della matrice perché irrorata con acqua.

I più importanti protagonisti delle arti grafiche di questo periodo sono[1]: Robert Barker (d. 1645), William Bradford (ca. 1594-1668), Stephen Day (1594-1668), Christoffel van Dyck (1540-1617), Louis Elzevir (1540-1617), Philippe Gradjean (fl. 1693), Jean Jannon (fl. 1615), Anton Janson (1620-1687), Louis Luce (fl. 1745).

Il graphic design tra le rivoluzioni industriali (XVIII-XIX secolo)

La rivoluzione della tipografia nel Settecento

Londra nel XVIII secolo sostituì Amsterdam come centro europeo delle stampe e della finanza. In Inghilterra la stampa a quel tempo fioriva, stimolata dalla libertà di stampa guadagnata nel 1694. Apparirono nuove forme di oggetti stampati: Joseph Addison e Richard Steele scrissero e pubblicarono i primi giornali di successo, il Tatler nel 1709 e lo Spectator nel 1711. Il romanzo inglese si sviluppò come una forma popolare di letteratura. Con il crescente volume di stampe e un senso altezzoso di orgoglio nazionale, gli stampatori inglesi sentirono il bisogno di tipi di carattere che fossero nativi britannici. Fino a questo momento, l'Inghilterra si era accontentata di importare le matrici per i tipi di carattere dall'Olanda, e di sfruttare tali matrici in fonderie locali.[1] Ma l'Olanda era un rivale nei mercati e nelle colonie sparse per il mondo, e nemmeno una fonte affidabile.

Maiuscole del font Caslon

Un primo passo per l'indipendenza fu compiuto nel 1720, quando William Bowyer, uno stampatore londinese, propose la somma di £500 per permettere a William Caslon di fondare la propria fonderia; egli progettò un tipo di carattere "English Arabic" uandolo in un Salmo e in un Nuovo Testamento. Due anni più tardi tagliò eccellenti tipi di carattere roman, italic, e ebraici per lo stampatore William Bowyer; il tipo romano, che fu usato per la prima volta nel 1726, più tardi venne chiamato Caslon, e dominò la stampa britannica durante il secolo.[33] Questo font è considerato l'ultimo dei più importanti tipi di carattere "old style".[1]

John Baskerville, iniziò la sua carriera come maestro di scrittura, ma ci rinunciò quando era giovane per fare fortuna con un japanning business in Birmingham. Dopo essersi pensionato all'età di 44 anni, Baskerville tornò al suo primo amore, le lettere, e iniziò a stampare come un ricco dilettante. Estremamente insoddisfatto dello stato della stampa e della tipografia inglese, Baskerville ebbe intenzione di fare qualcosa. Decise di stampare i propri libri per mostrare cosa può succedere quando qualcuno si dedica con scrupolo a ogni passaggio della produzione. Per ottenere i risultati migliori possibili, Baskerville progettò i propri tipi di carattere, sperimentò con vari inchiostri e carta, e soprattutto, pretese l'eccellenza nella fase di stampa. Nel 1757, Baskerville pubblicò il suo primo libro, le opere di Virgilio[34], e continuò a pubblicare molti libri, fra cui le satire di Giovenale. All'inizio i libri di Baskerville ricevettero una critica mista. Molti trovarono l'inchiostro nero e il bianco brillante della carta, che Baskerville aveva usato nei suoi libri, accecanti e di difficile lettura.[35] Molte delle critiche sono state attribuite a invidia professionale. Oggi, sia i libri che i font di Baskerville sono universalmente acclamati. Baskerville sperimentò inoltre con vari supporti per la stampa e da alcuni viene considerato come il primo stampatore ad aver utilizzato carta senza segni di vergatura (carta wove).

Il font Didot nel Code civil des Français

In Francia, due grandi famiglie lasciarono la propria traccia nelle arti grafiche: i Fournier e i Didot. Pierre-Simon Fournier è il più interessante dei tre fratelli Fournier. Egli creò il primo sistema di punti per misurare i caratteri, nel tentativo di dare ordine a un'industria dove ogni fonderia stabiliva la propria dimensione dei caratteri e la terminologia.[36] Sfortunatamente, tale sistema non trovo alcun supporto. Nel 1764 Fournier pubblicò il Manuel typographique, un handbook illustrato sull'arte della fusione dei caratteri e della stampa. François-Ambroise Didot rifinì il sistema a punti di Fournier rendendolo più accettabile. Fu il primo a identificare la misura dei caratteri esclusivamente in punti piuttosto che con il vecchio sistema di nomi, come pica, primer, nonpareil, e così via.[36] Il figlio di François, Firmin Didot, è riconosciuto per aver progettato il primo tipo di carattere che classifichiamo come "modern". Con l'introduzione dei caratteri moderni, i tipi di carattere come Baskerville sono ora classificati come "transitional", in quanto costituiscono un ponte fra quelli old style e quelli modern.[1]

Giambattista Bodoni fu uno fu uno dei designer di tipi di carattere e stampatori più riconosciuti. All'età di 28 anni, venne invitato a Parma dal duca Ferdinando e gli fu chiesto di aprire una stamperia privata e una fonderia di caratteri. L'operazione fu chiamata «Stamperia Reale» e fu generosamente sussidiata dal duca. Fu qui che Bodoni progettò i suoi famosi tipi di carattere. Essi mostrano molte delle stesse caratteristiche trovate in quelli di Didot, pochi anni prima. A causa della fama di Bodoni come stampatore, è il suo nome, piuttosto che quello di Didot, che è più spesso associato al design moderno dei tipi di carattere.[37] Gran parte della fama di Bodoni risiede nella stampa superba delle sue pagine di Orazio e Virgilio e dell'edizione in due volumi del Manuale tipografico. Usando una carta liscia e dura, inchiostro nero ricco, caratteri larghi, e un generoso leading, Bodoni costruì layout che erano aperti, formali e scevri di decorazioni non necessarie.

Dal 1700 la stampa si insediò bene anche nelle colonie americane, e nel 1704 venne pubblicato da John Campbell, il primo quotidiano Boston News-Letter. Fu tentata la pubblicazione di un giornale precedentemente nel 25 settembre del 1690, ma su soppresso dal governo dopo solo un singolo numero. Ma il più importante stampatore nell'America coloniale, maggiormente ricordato oggi come statista e firmatario della Dichiarazione di Indipendenza, fu Benjamin Franklin.

Lo sviluppo successivo della tipografia nell'Ottocento

La seconda rivoluzione industriale provocò uno spostamento del ruolo sociale ed economico della comunicazione tipografica. Prima del XIX secolo, la sua funzione dominante era la diffusione di informazioni attraverso i libri e i giornali. La crescente velocità e i bisogni di una comunicazione di massa di una società sempre più urbana e industrializzata produsse una rapida espansione di stamperie, pubblicità, e poster. Erano richiesti: una scala più ampia, un maggiore impatto visivo, una nuova tangibilità e dei nuovi caratteri espressivi, e la tipografia che lentamente si era evoluta dalla scrittura a mano non riusciva più a soddisfare questi bisogni.

Non bastava più che le ventisei lettere dell'alfabeto funzionassero come simboli fonetici. L'età industriale trasformò questi segni in forme visive astratte, che proiettassero forme concrete e potenti dal contrasto forte e dalla dimensione ampia. Allo stesso tempo, gli stampatori rilievografici si confrontarono in una crescente competizione con gli stampatori litografici, i cui artigiani creavano una lastra direttamente dallo schizzo di un artista e producevano immagini e lettere limitate solo dall'immaginazione dell'artista.[1] Gli stampatori rilievografici si rivolsero alle fonderie di caratteri tipografici per espandere le proprie possibilità di progettazione. I primi decenni del XIX secolo videro un'esplosione senza precedenti di nuovi design di caratteri.

È stato probabilmente William Caslon il "nonno" di questa rivoluzione. Sembrava che i fusori inglesi di caratteri stessero provando a inventare ogni possibile permutazione fra i design, modificando forme o proporzioni e applicando ogni tipo di decorazione ai propri alfabeti.[3] Nel 1815, Vincent Figgins mostrò alcuni stili che si proiettavano verso l'illusione delle tre dimensioni e che apparivano come oggetti "ingombranti" piuttosto che segni a due dimensioni. Questa modalità si dimostrò di successo, e i libri d'esemplari, specialmente in Germania, iniziarono a mostrare cloni in prospettiva per ogni stile immaginabile. I fusori di caratteri variarono anche la profondità dell'ombreggiatura, producendo di tutto: da ombre a matita sottili, a prospettive profonde. Poiché alcune tecniche – fra cui prospettive, outline, reversing, expanding, e condensing – potevano moltiplicare ogni tipo di carattere in un caleidoscopio di variazioni, nelle fonderie proliferò dunque la creazione di nuovi tipi di carattere. La meccanizzazione dei processi di produzione, durante la seconda rivoluzione industriale, rese l'applicazione delle decorazioni più economica ed efficiente. Designer di arredamento, di oggetti domestici, e anche di tipi di carattere si divertirono a destreggiarsi nella complessità della progettazione. Presto, immagini, motivi vegetali, e design decorativi saranno applicati sulle lettere ovunque, in Europa e negli Stati Uniti.

Un'altra grande innovazione nella tipografia dei primi anni dell'Ottocento, il carattere sans-serif, fece il suo modesto debutto in un libro d'esemplari del 1816, pubblicato da William Caslon IV.

La meccanizzazione della fabbricazione della carta

Dalla fine del XVIII secolo, la domanda di carta divenne così grande che le fabbriche di carta fatta a mano non potevano più competere. Il tempo rese possibile la meccanizzazione del processo di creazione della carta. Uno degli sviluppi che resero possibile la meccanizzazione fu lo schermo convogliatore, simile a quello utilizzato da Baskerville.[1] Il convogliatore permetteva alla carta di essere prodotta in lunghi fogli in un processo continuo.

La prima macchina per fabbricare la carta fu progettata nel 1798 dal francese Nicholas Louis Robert.[38] Sfortunatamente, a causa di complessità finanziare e politiche, non fu mai elaborata e l'iniziativa si spostò in Inghilterra.[38]

La prima macchina inglese per la fabbricazione della carta fu costruita nel 1803 dall'ingegnere Brian Donkin, con il finanziamento di due cartolai londinesi, i fratelli Fourdrinier.[39] Sebbene producesse una carta abbastanza buona, lunga 120 cm, non fu un successo totale. Ci vollero altri dieci anni prima che venisse messa in funzione la prima macchina commerciale per fabbricare la carta al Merchant Warell Mill at Two Waters, Hertfordshire.

La prima macchina americana fu costruita da Donkin e arrivò in Saugerties, New York, nel 1827. Produceva un foglio di 150 cm.

L'Arts and Crafts Movement

Pagina che mostra diversi tipi di carattere creati da William Morris

Come detto, all'inizio del XIX secolo ci fu una domanda maggiore di carta, quindi di stampe. L'esempio più raffinato di questo nuovo interesse fu la stampa dell'edizione in nove volumi illustrata delle opere di Shakespeare nel 1810, da parte di John e Josiah Boydell e William Bulmer.[40] Il tipo di carattere impiegato, di design transitional ma con tendenze moderne, fu progettato da William Martin, che imparò il mestiere mentre lavorava per John Baskerville.

Il primo vero tipo di carattere moderno britannico fu intagliato a Glagsow, Scozia, da Richard Austin, per la fonderia di John Bell.[41] Il design di Austin divenne un modello per altri tipi di carattere, che sono oggi chiamati Scotch Modern.[41]

A partire dagli anni Quaranta del XIX secolo, la qualità della produzione dei libri peggiorò: i libri erano scarsamente progettati, la carta era di inferiore qualità, e il processo di stampa e i tipi di carattere non erano più buoni.[1] Sembrerebbe che tutto quell'orgoglio che i primi stampatori provavano nel loro mestiere, sia stato perso con la meccanizzazione. Il primo passo per reagire a questa situazione fu fatto nel 1844 da William Pickering della Chiswick Press quando decise di impostare The Diary of Lady Willoughby con l'originale tipo Caslon, piuttosto che accettare i tipi di carattere disponibili inglesi poveramente disegnati.

Circa mezzo secolo dopo, William Morris, un leader dell'Art and Crafts Movement, fece il prossimo importante passo. Ispirato dal lavoro della Chiswick Press, e influenzato dai manoscritti medievali e incunabula, Morris fondò la Kelmscott Press e procedette a progettare i propri tipi di carattere e a stampare libri.[42] Per il suo primo tipo di carattere, Morris nel 1888 considerò l'Eusebius di Nicholas Jenson per ispirarsi e creò un tipo di carattere "Venetian Old Style", che chiamò Golden e che utilizzò per stampare The Golden Legend. Per un'edizione delle opere di Geoffrey Chaucer, Morris creò un tipo dal taglio più gotico che chiamò Chaucer. Il lavoro di William Morris è stato di ispirazione per un'intera generazione di designer dalla mente affine. Essi seguirono il suo esempio, fondando la propria stamperia e stampando edizioni limitate di libri raffinati.[42] Questo impegno, oggi noto come il Private Press Movement, portò a un rinnovato interesse nel design dei tipi, nel design del libro, e nella stampa raffinata. Tutto questo darà i suoi frutti nel secolo successivo.

La stampa popolare e l'ascesa degli illustratori

La stampa popolare – romanzi, riviste, e giornali, cioè materiale di interesse di una larga porzione di pubblico – si espanse rapidamente durante il XIX secolo. Poiché crebbe la domanda per materie stampate, così crebbero anche le opportunità per illustratori e artisti di belle arti. In questo periodo, c'era che una minore distinzione fra belle arti e arti commerciali[1], e come risultato, alcuni degli artisti mondiali di punta, crearono illustrazioni per libri e riviste.

In Inghilterra, Charles Dickens accolse in servizio George Cruikshank e Habelot Browne, meglio conosciuto come Phiz.[43][44] Lewis Carroll, o Charles Dodgson, si rivolsero al talento di Sir John Tenniel nel 1865 per illustrare Alice's Adventures in Wonderland e successivamente, Trough the Looking Glass.[45] Altri illustratori inglesi degni di nota furono Charles Keane, George Du Maurier, e Aubrey Beardsley. Alcuni di questi artisti ottennero la propria prima fama per i loro contributi a Punch, The London Illustrated News, e The Yellow Book.

Prima dell'età vittoriana, i paesi occidentali avevano la tendenza a considerare i bambini come piccoli adulti. I vittoriani svilupparono un atteggiamento più sensibile, e questo fu provato dallo sviluppo di toy books, libri con immagini a colori per bambini in età prescolare.[3] Diversi artisti inglesi produssero libri ben progettati e illustrati, con un uso sobrio del colore, definendo un approccio alla grafica per bambini che è ancora in uso oggi. Fra questi: Walter Crane, Randolph Caldecott e Kate Greenaway.

In Francia, Eugène Delacroix illustrò il Faust di Goethe, e Gustave Doré realizzò illustrazioni immensamente conosciute per la Bibbia e per le opere di Dante e Cervantes. Grandville creò un mondo fantastico di animali e macchine per la rivista Le Charivari, mentre Honoré Daumier satirizzò la vita borghese nelle stampe dei quotidiani.

Negli Stati Uniti, John James Audubon divenne famoso per i suoi etching colorati dei propri acquerelli, che ritraevano uccelli e mammiferi americani.[46] Currier e Ives pubblicarono litografie poco costose e colorate a mano sull'America, che furono vendute per tutto il paese da venditori itineranti. In seguito, riviste come Harper's Weekly, Leslie's Illustrated Magazine, e The Saturday Evening Post, diedero agli artisti americani l'opportunità di illustrare storie ed eventi attuali. Alcuni degli artisti che guadagnarono fama attraverso i settimanali, furono Howard Pyle, Windslow Homer, Thomas Nast, e Frederic Remington.

La nascita della pubblicità

Questo progetto grafico del logo della Coca-Cola è un'opera di Frank Mason Robinson, che lo creò nel 1885

Gli Stati Uniti, come l'Inghilterra e altre nazioni industrializzate, sperimentarono gli effetti drammatici della seconda rivoluzione industriale. Con la crescita della produzione e del commercio, ci fu una rapida espansione nella demografia e nella domanda di lavoratori che sapessero leggere e scrivere. Con l'aumento dell'alfabetizzazione, aumentò anche l'interesse per materie di lettura più variegate. Questo bisogno fu accolto da una vasta tipologia di stampe popolari, cioè quotidiani, riviste illustrate, romanzi economici, e dalla fine del secolo, strisce a fumetti. I produttori realizzarono in fretta che la stampa popolare era il veicolo perfetto per vendere i prodotti alle masse.[1] Da qui crebbe una nuova professione: l'advertising (in italiano "pubblicità").

La pubblicità tentò di risolvere un grande problema generato dalla rivoluzione industriale – portare i prodotti fuori dagli scaffali. A differenza della pratica preindustriale di fare prodotti personalizzati, con la rivoluzione industriale i prodotti erano già pronti per essere venduti nei negozi senza uno specifico compratore in mente. Doveva essere fatta una richiesta per tutti i nuovi prodotti che sarebbero usciti dalle fabbriche. Sempre più persone impararono a leggere, e venne perciò naturale vendere beni attraverso pubblicità piazzate nelle stampe popolari e negli elenchi commerciali.[1] Da qui crebbe la prima advertising agency.

Nei primi anni del XIX secolo, comprare degli spazi in giornali e riviste, era una pratica comune per individui e ditte interessate nel posizionare pubblicità fra le pagine. Tutto questo cambiò nel 1841 quando Volney B. Palmer ebbe la brillante idea di comprare lo spazio all'ingrosso e dopo venderlo al dettaglio. In effetti, Palmer aveva appena creato la prima agenzia pubblicitaria americana.

Ma la prima agenzia più importante prese avvio in Philadelphia quando Francis Wayland Ayer, un giovane insegnante di scuola che aveva lasciato il college a causa di problemi economici, fondò la propria nel 1869 all'età di 21 anni.[47] Piuttosto che utilizzare il proprio nome, Francis chiamò l'agenzia con quello di suo padre, Nathan Wayland Ayer, sperando che i propri clienti fossero un po' più sicuri di fare affari con un uomo così giovane. Quella della N. W. Ayer & Son fu un storia di successo nel XIX secolo. L'agenzia iniziò lentamente a vendere spazi in un gruppo di settimanali religiosi, e in seguito crebbe velocemente e prosperò. N. W. Ayer & Son fu la prima agenzia che rappresentasse gli interessi degli inserzionisti piuttosto che quelli delle pubblicazioni, comprando gli spazi per i propri clienti e chiedendo una commissione fissa, un sistema ancora in uso oggi. Fu anche la prima agenzia ad assumere copywriters e art directors, a fare ricerche di mercato, e a installare un dipartimento di pubbliche relazioni.

Con la domanda crescente di materie stampate, fu mossa una costante pressione ai compositori tipografici per meccanizzare le proprie operazioni, che non erano cambiate dai tempi di Gutenberg.[1] Il bisogno fu sentito particolarmente nell'industria dei giornali, dove un gran numero di pezzi tipografici dovevano essere impostati in brevi periodi di tempo.

Tipi di carattere utilizzati nelle pubblicità nel XIX secolo

Con il trascorrere del secolo, la pubblicazione dei libri perse la propria supremazia, passandola alla stampa di giornali, periodici, cataloghi, volantini, e altri materiali pubblicitari. Con questo spostamento, crebbe la domanda di tipi di carattere che attraessero l'attenzione del lettore per vendere prodotti e servizi. Molti dei tipi di carattere che esistevano allora erano stati creati per i libri. Erano generalmente tranquilli e non intrusivi – esattamente l'opposto di quanto ora era richiesto. Gli inserzionisti volevano tipi di carattere che fossero nuovi, grandi e appariscenti. I designer tipografici accettarono la sfida, producendo il più feroce assortimento di tipi di carattere mai visto – da condensed a expanded, da semplici a elaborati.

Lo Zio Sam, una delle cromolitografie più famose della storia.

Nei primi anni del XIX secolo, la litografia divenne popolare grazie ad artisti come Delacroix e Daumier. Gli stampatori trovarono il processo attraente per creare riproduzioni in bianco e nero di mappe, spartiti, e illustrazioni. Le stampe erano dopo vendute separatamente o rilegate in libri con il testo stampato in formato rilievografico. Mentre la stampa rilievografica era la scelta preferita per le stampe testuali e le incisioni lignee in bianco e nero, perse molto della sua preferenza quando si iniziò a stampare con più di un colore. La litografia, d'altra parte, era l'ideale in quanto la separazione e la registrazione dei colori poteva essere fatta con relativa facilità e piccole spese. Dalla metà del secolo, la litografia a colori, o cromolitografia, divenne estremamente popolare[48], con stampe in edizioni deluxe contenenti circa trentadue pietre di differenti colori e tinte. Forse gli esempi più drammatici di cromolitografia sono i poster pubblicitari stampate con grandi pietre litografiche durante la seconda metà del secolo. Fra i più conosciuti designer di poster ci sono gli artisti francesi Jules Cheret, Eugène Grasset, Thèophile Steinlen, Alphonse Mucha, e Henri de Toulouse-Lautrec. In Inghilterra, William Nicholson e James Pryde lavorarono in anonimato sotto il singolo nome dei Begarstaff Brothers. I designer americani di punta furono Louis Rhead, Edward Penfield, Will Bradley, Maxfield Parrish, e Ethel Reed.

I protagonisti

I più importanti protagonisti delle arti grafiche di questo periodo sono[1]: John Baskerville (1706-1775), Thomas Bewick (1753-1828), Giambattista Bodoni (1740-1813), William Bowyer (1663-1737), William Caslon (1692-1767), Firmin Didot (1764-1836), François-Ambroise Didot (1730-1804), Brian Donkin (1768-1855), Henry Fourdrinier (1766-1854), Sealy Fourdrinier (d. 1847), Pierre-Simon Fournier (1712-1768), Benjamin Franklin (1706-1790), Nicholas Louis Robert (1761-1828), Aloys Senefelder (1771-1834), John James Audubon (1780-1851), Richard Austin (fi. 1788), Aubrey Beardsley (1872-1890), John Bell (1745-1831), Linn Boyd Benton (1844-1932), Will Bradley (1868-1962), Habelot Browne (Phiz) (1815-1882), William Bullock (1813-1867), William Bulmer (1757-1830), Jules Cheret (1836-1933), George Cruikshank (1792-1877), Louis Jacques Daguerre (1789-1851), Theodore Lowe De Vinne (1828-1914), Gustave Doré (1832-1883), William Henry Fox Talbot (1800-1877), Charles Dana Gibson (1867-1944), Bertram G. Goodhue (1869-1924), Grandville (1803-1847), Eugène Grasset (1841-1917), Richard Hoe (1812-1886), Charles Keane (1823-1891), Frederich Koenich (b. 1833), Tolbert Lanston (d. 1913), William Martin (d. 1810), George Du Maurier (1834-1896), Ottmar Mergenthaler (1854-1899), William Morris (1834-1896), Alphonse Mucha (1860-1939), Thomas Nast (1840-1902), William Nicholson (1872-1949), Maxfield Parrish (1870-1966), Edward Penfield (1866-1925), William Pickering (1796-1854), James Pryde (1866-1941), Howard Pyle (1835-1911), Ethel Reed (1876-1898), Frederick Remington (1861-1909), Louis Rhead (1857-1926), Lord Stanhope (1753-1816), Theophile Steinlen (1859-1923), John Tenniel (1820-1914), Darius Wells (1800-1875).

Storia della grafica dal XX secolo a oggi

Introduzione (1900-1920)

Walter Gropius nel 1920

Sebbene le prime due decadi del XX secolo siano state un periodo di creatività senza pari nelle belle arti, esse comportarono davvero pochi effetti immediati nel graphic design. Questo era particolarmente vero negli Stati Uniti, dove i designer erano principalmente concentrati nel migliorare il design del libro e nel creare migliori caratteri; stavano continuando l'impegno intrapreso da William Morris e dai suoi seguaci americani.

Un interessante precursore della scuola del Bauhaus, fu il Deutscher Werkbund, fondato nel 1907 da critici del design, architetti, e rappresentati dell'industria. Una figura portante era Hermann Muthesius, uno scrittore del campo del design grandemente influenzato dall'Arts and Crafts Movement inglese. L'obiettivo del Deutscher Werkbund era di ravvicinare le arti, i mestieri e l'industria, in modo da produrre prodotti disegnati meglio e più funzionali. Fra i primi membri, vi erano Peter Behrens e Walter Gropius: il secondo avrebbe fondato il Bauhaus nel 1919 e messo in pratica i principi del Deutscher Werkbund. Peter Behrens iniziò la propria carriera progettando nello stile Art Nouveau. Il suo primo maggiore incarico lo trovò alla AEG, la più grande manifattura elettrica tedesca: iniziò a disegnare le grafiche, in seguito andò a progettare i prodotti, e per questo possiamo considerarlo ad oggi un primo industrial designer.[49] Più tardi, Behrens divenne un architetto della AEG, responsabile della progettazione di molti dei suoi edifici. Alcuni degli architetti di punta del secolo ricevettero la loro prima formazione nel suoi ufficio: Gropius, Ludwig Mies van der Rohe, e Le Corbusier.

Il magazine Ver Sacrum

Il maggiore contributo alle arti grafiche fu il lavoro eseguito dai designer della Secessione viennese. Questo lo possiamo riscontrare nei poster affissi nelle mostre della Secessione e nella loro rivista, Ver Sacrum[49] ("Primavera Sacra"), pubblicata dal 1898 fino al 1903. Ver Sacrum fu una pubblicazione di lusso che permise grafiche sperimentali. La rivista ambiva all'unità degli elementi che la componevano, includendo le pubblicità. I primi poster secessionisti riflettono una forte influenza Art Nouveau, mentre quelli successivi mostrano l'influenza della Glasgow School.

La Kelmscott Press di William Morris stimolò l'interesse nella stampa raffinata e incoraggiò altri a stabilire le proprie stamperie private.[1] Sebbene piccole di dimensione e limitate nella produzione, queste stamperie private influenzarono gli editori commerciali e gli stampatori con la loro grande enfasi sui tipi carattere raffinati, sulla carta di alta qualità, e con l'eccellente stampaggio. Fra la stamperie meglio conosciute, si citano Doves Press, Ashendon Press, Vale Press ed Eragny Press. Il designer di tipi di carattere di punta in Inghilterra era Edward Johnston, un grande calligrafo e letterista. Johnston è probabilmente meglio conosciuto per la propria progettazione nel 1916 del primo font moderno sans serif per la Metropolitana di Londra.[50] Il tipo di carattere, chiamato Johnston's Railway Type, è ancora in uso oggi. Johnston è stato anche un insegnante influente, che contava fra i suoi studenti due dei designer di tipi e calligrafi inglesi ben conosciuti: Erig Gill e Alfred Fairbank. Johnston è stato anche l'autore del best-seller Writing and Illuminating and Lettering, scritto nel 1906 e ancora oggi in stampa.

Tre designer americani degni di nota, condivisero gli ideali di William Morris: Daniel Berkely Updike, Frederic W. Goudy, e Bruce Rogers. La reputazione di Updike si basava sulla stampa di qualità raffinata di libri nella propria Merrymount Press fuori Boston, e nel suo studio pubblicato in due volumi, Printing Types: Their History, Form and Use. Goudy è ricordato con un prolifico designer di tipi di carattere e stampatore, i cui font sono ancora in uso oggi: Goudy Old Style, Kennerley, Deepdene, e Copperplate Gothic. La fama di Rogers è riposta nella sua reputazione di designer di tipi di carattere e di designer del libro freelance di successo internazionale. Il suo font meglio conosciuto, Centaur, fu disegnato nel 1914.

Al volgere del secolo, la American Type Founders Company deteneva gran parte del controllo della produzione e distribuzione delle fonderie, dei tipi in metallo. Lo chief designer, Morris Fuller Benton, fu responsabile per la produzione di un lungo elenco di libri popolari e tipi di carattere. Fra quelli più conosciuti ci sono: Alternate Gothic, Broadway, ATF Bulmer, Clearface, Cloister Old Style, Franklin Gothic, ATF Garamond, Hobo, News Gothic, e Stymie.

Nello stesso periodo, ebbe luogo in America uno sviluppo nella litografia che avrebbe prodotto un effetto vasto e drammatico sull'intera industria della stampa. Nel 1905, Ira Rubel fece esperimenti con una nuova tipologia di pressa litografica, nella quale la pietra piatta era rimpiazzata da una sottile lastra di zinco avvolta attorno un cilindro.[1] Piuttosto che essere stampata direttamente sulla carta, l'immagine veniva prima trasferita a un secondo cilindro coperto di gomma, che girando la stampava (offset), su un terzo cilindro che teneva la carta. Fra i maggiori vantaggi della litografia offset vi erano una più facile preparazione della pressa e un aumento nella velocità; tuttavia, sarà necessario un altro mezzo secolo affinché questa tecnica sostituisca la rilievografia come più importante processo di stampa.

Il graphic design tra le Guerre (1920-1940)

Il Bauhaus e la Neue Typographie

Fu la Germania degli anni Venti a rivoluzionare in modo preponderante il graphic design durante il XX secolo. L'architetto Walter Gropius ne fu largamente responsabile. Nel 1919 fu invitato dal gran duca di Weimar per integrare l'accademia di belle arti locale con la scuola delle arti e dei mestieri. La nuova istituzione fu chiamata Das Staatliche Bauhaus Weimar, o più semplicemente, il Bauhaus. Tra le menti più creative e raffinate del tempo, Gropius reclutò Paul Klee, Wassily Kandinsky, Lionel Feininger, Johannes Itten, Oskar Schlemmer, Laszlo Moholy-Nagy, Josef Albers, Marcel Breuer, e Herbert Bayer. Mettendo in pratica le proprie teorie, la facoltà del Bauhaus creò libri innovativi, poster, cataloghi, mostre, e tipi di carattere.

Dopo la chiusura del Bauhaus, la facoltà e gli studenti si dispersero per l'Europa e l'America, diffondendo la filosofia del Bauhaus. Sebbene esso sia esistito solo per quarant'anni, la sua filosofia e i suoi metodi di insegnamento hanno avuto un grande impatto nel design del XX secolo. Uno dei suoi più importanti obiettivi era di unificare l'arte e l'industria. I designer del Bauhaus credevano che la macchina fosse capace di produrre oggetti, piacevoli esteticamente, in egual modo a quelli fatti a mano. Perciò, il designer doveva avere una formazione sia teoretica sia tecnica. Agli studenti non erano solo insegnate le discipline tradizionali del graphic design, per esempio il lettering e il layout, ma dovevano anche saper maneggiare le ultime innovazioni nelle tecnologie della fotografia, della composizione dei caratteri tipografici e della stampa. Sebbene sia comune nelle scuole d'arte odierne, questo approccio a quei tempi era radicalmente nuovo.

Mentre il Bauhaus fece molto per rivoluzionare il graphic design, vi furono molti singoli che apportarono grandi contributi. Jan Tschichold è stato il profeta della Neue Typographie; sebbene non affiliato con il Bauhaus, egli fece molto più di chiunque altro per influenzare la tipografia moderna, attraverso i suoi lavori e i suoi scritti.

Graphic design in Italia

Adriano Olivetti, il figlio del fondatore dell'azienda di fama internazionale di macchine da scrivere e industriali, decise di creare ciò che oggi chiamiamo un corporate design program.

Nel 1933, Olivetti assunse un laureato del Bauhaus, Xanti Schawinsky, in qualità di graphic designer, e tre anni dopo nominò Giovanni Pintori[51] per supervisionare ogni aspetto della progettazione: grafica, del prodotto, e l'architettura. Insieme crearono poster straordinari, grafiche aziendali, e la prima macchina da scrivere "stilizzata".

Schawinsky lasciò la Olivetti nel 1936 e andò in America, dove insegnò al Black Mountain College con Joseph Albers. Pintori vi rimase per trentun'anni, durante i quali l'azienda raggiunse una certa reputazione internazionale per l'eccellenza nella progettazione grafica e industriale.

Fra le altre aziende influenzate dall'esperimento di Olivetti, ci furono la Container Corporation of America, IBM, Knoll International, CBS e Xerox.

Nuovi tipi di carattere in Inghilterra

Una figura di rilievo nel graphic design inglese fu Stanley Morison, che nel 1922 divenne consulente tipografico alla English Monotype Corporation. Uno dei suoi primi sforzi fu di migliorare la qualità della libreria di tipi di carattere, commissionando nuovi caratteri e ritagliando i più vecchi. Uno dei tipi di carattere di maggior successo fu il Times New Roman, che fu progettato da Morison per l'uso esclusivo nel Times di Londra nel 1930.[52] Egli servì inoltre come editore del The Fleuron, un giornale tipografico molto influente.[52] Fu un consulente presso la Cambridge University Press e l'autore dell'opera First Principles of Typography.[52]

Il designer inglese di punta del tempo però era Eric Gill, un uomo dall'indole rinascimentale, che praticava la scultura, il taglio di iscrizioni, l'incisione coi blocchi di legno, la stampa, la calligrafia, e il design dei tipi.[1] Egli scrisse con buon senso su molti degli argomenti sopracitati, ed è meglio conosciuto oggi per tre popolari tipi di carattere: Perpetua, Joanna, e Gill Sans Serif.[53]

Uno dei più innovativi progettisti di poster che lavorava in Inghilterra era Edward McKnight-Kauffer, un americano espatriato. Fra i suoi lavori meglio conosciuti, vi erano una serie di poster per la London Underground Transport, Shell Oil, e le British Railways.[1] McKnight-Kauffer ritornò in America allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dove continuò la propria carriere lavorando per clienti come CCA, American Airlines e il New York Times.[1]

Graphic design in America

In generale, il graphic design in America tra le due Guerre non fu particolarmente innovativo, Allarmato dalla Rivoluzione Russa, il pubblico americano divenne sospettoso di tutti i movimenti artistici rivoluzionari o d'avanguardia europei. Molti movimenti, con l'eccezione dell'Art Déco, ebbero un effetto minimo sul graphic design europeo. Si dovettero attendere gli anni Trenta affinché le cose comincino a cambiare, quando un piccolo gruppo di designer pionieristici introdusse nuove idee basandosi su concetti propri delle belle arti. La maggioranza di questi designer che guardavano al futuro erano nati e istruiti in Europa ma si fecero notare in America, specie a New York, che era allora il centro mediatico. Sebbene le loro carriere furono lanciate negli anni Trenta, ci vollero anni, prima che il loro lavoro fosse riconosciuto da un ampio pubblico. Stiamo parlando di M. F. Agha, Herbert Bayer, Lester Beall, Alexey Brodovitch, Will Burtin, William Addison Dwiggins, George Giusti, Gyorgy Kepes, Leo Lionni, Lazlo Moholy-Nagy, Erik Nitsche, Paul Rand, Ladislac Sutnar, Bradbury Thompson.

Graphic design del secondo dopoguerra (1940-1960)

Gli anni del dopoguerra videro un'esplosione di creatività nelle arti grafiche. Fu un momento di ottimismo e sfida, man mano che i designer abbandonavano le soluzioni tradizionali per i nuovi concetti della progettazione grafica. Questo nuovo approccio fu stimolato anche dalla crescente accettazione del pubblico dell'arte moderna, che a sua volta incoraggiava gli editori e i pubblicitari a essere più avventurosi. Il nuovo clima contribuì a una rivoluzione virtuale nel graphic design internazionale, specialmente negli Stati Uniti e in Svizzera.

Gli anni compresi tra il 1940 e il 1960 videro il graphic designer, nato e istruito in America, ottenere prominenza e riconoscimento internazionale. Insieme ai designer prebellici, essi mutarono radicalmente la direzione del graphic design e della pubblicità in America. Un grande fenomeno dell'attività di progettazione ebbe luogo a New York, che, in quanto centro della pubblicità e dell'editoria, attraeva talenti da ogni parte degli Stati Uniti e del mondo.

Tra i graphic designer di quel periodo, si citano Saul Bass, Cipe Pineles Burtin, Lou Dorfsman, Gene Federico, Bob Gage, William Bernbach, William Golden, Morton Goldsholl, Allen Hurlburt, Art Kane, Alexander Liberman, Herb Lubalin, Alvin Lustig, Otto Storch.

L'International Style

Durante la Prima Guerra Mondiale, la Svizzera divenne un rifugio per i Dadaisti e altri artisti d'avanguardia in cerca di asilo. Con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, la Svizzera fornì ancora una volta protezione per gli artisti e i graphic designer in fuga dall'Europa devastata dalla guerra. Molti si stabilirono nelle città dove si parlava tedesco, come Basilea e Zurigo. Il graphic design in Svizzera era comunque già ben insediato prima della guerra, avendo beneficiato degli esempi del De Stijl, Costruttivismo, il Bauhaus, e i lavori di Jan Tsachichold. Fra i pionieri dei designer svizzeri prebellici, vi erano Ernst Keller, Theo Ballmer, Max Bill, e Emil Ruder. Questi designer furono seguiti da un gruppo di giovani che raggiunsero il successo durante gli anni del dopoguerra: Max Huber, Josef Müller-Brockmann, Armin Hofmann, e Karl Gerstner.

Forse il contributo svizzero più significativo di questo periodo fu l'approccio alla progettazione detto Swiss Style, o in modo più appropriato, International Style. Le maggiori caratteristiche dell'International Style sono l'uso di una griglia, di tipi di carattere sans serif, la disposizione asimmetrica degli elementi di progetto, e la preferenza di testo non giustificato.[1] Questo approccio all'organizzazione impartisce un forte senso di logica e ordine. L'etica progettuale svizzera fu diffusa nel mondo da pubblicazioni come Graphis, fondata nel 1944, e New Graphic Design, pubblicata da Müller-Brockmann, fra altri, 1959.

La litografia offset prende il sopravvento

Con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, le stamperie iniziarono a perdere la supremazia sull'industria della stampa. Per la prima volta dai tempi di Gutenberg, un altro procedimento di stampa, la litografia offset (photooffset lithography), cominciò a dominare.[3] Il vantaggio dell'offset è la flessibilità: invece di dare alla stampante un layout da seguire, il designer è responsabile della creazione di un "meccanico", o "menabò", fotografandolo e inserendolo nel piatto di stampa. Poiché tutto è fatto fotograficamente, il designer ha piena libertà e controllo sul progetto del pezzo stampato.

Età della giovinezza, del cambiamento, dello spazio (1960-1980)

Il periodo compreso tra il 1960 e il 1980, nelle arti grafiche, come nelle belle arti, fu un momento di innovazione e sperimentazione. Le idee e le immagini fluivano liberamente fra le belle arti e le arti grafiche. Rauschenberg, Warhol, Lichenstein, e Rosenquist presero in prestito immagini e tecniche dal mondo commerciale, mentre i designer continuarono a rivolgersi alle belle arti per trarre ispirazione.

Storia del logo di IBM, Paul Rand

I primi anni Sessanta videro in America una continuazione della rinascita del dopoguerra. Designer come Paul Rand, Saul Bass, Bradbury Thompson, e Gene Federico fecero parte del nuovo Establishment ed erano allora richiesti dalle maggiori agenzie e aziende. Dalla metà degli anni Sessanta, in America si sarebbe diffusa una nuova energia. La baby boom generation stava maturando e asserendo i propri gusti. L'arte psichedelica, con le sue immagini bizzarre e distorte, venne ampiamente utilizzata per poster indirizzati ai giovani, magazine, e registrazioni.[1] Ma ebbene una minima influenza sul design mainstream. L'opera maggiore nella progettazione grafica fu prodotta da una nuova generazione di designer: Chermayeff and Geismar Associates, Muriel Cooper, Rudolph de Harak, George Lois, Push Pin Studios, George Tscherny, Massimo Vignelli.

In Svizzera, una generazione più giovane di graphic designer, stanca di una filosofia del design basata sull'ordine assoluto, iniziò a cercare soluzioni alternative. Essi sentirono che il design svizzero stava diventando troppo formalizzato, e poiché i progetti grafici avevano un aspetto pulito e bene organizzato, erano spesso prevedibili. Per contrastare questa tendenza e dare nuova vita ai propri lavori, designer come Wolfgang Weingart, Siegfried Odermatt, e Rosemarie Tissi, ruppero con la tradizione e iniziarono a posizionare gli elementi di progetto in un maniera più giocosa e inaspettata.[1] L'intuizione, come la ragione, determinavano che il testo e le illustrazioni fossero posizionati a caso, donando alla pagina un aspetto dinamico. Questo look spesso si è riferito alla New Wave e ha catturato l'immaginazione di molti giovani designer. Weingart condusse i suoi esperimenti andando oltre, creando tours de force di effetti visivi.

Come l'America, anche l'Inghilterra fece esperienza degli effetti della generazione del dopoguerra: era un momento di giovinezza, energia, musica rock, proteste e sentimenti contro l'establishment. Era anche il momento perfetto per i designer talentuosi per offrire qualcosa di nuovo. Tre designer esemplari furono Colin Forbes, Alan Fletcher, e Bob Gill, un americano espatriato, che formò con gli altri uno studio nel 1962. Il loro stile era eclettico non si conformava ad alcuna filosofia; ne risultavano quindi pubblicità che erano differenti e degne di nota. Dopo tre anni, Bob Gill lasciò lo studio e fu sostituito da Theo Crosby. Durante gli anni, la partnership fiorì, acquisì nuovi membri, si estese con nuovi servizi, e cambiò il proprio nome nel 1971 chiamandosi Pentagram Design. Sette anni più tardi aprirono un ufficio a New York. Oggi la Pentagram Design offre un ampio assortimento di servizi architettonici, grafici e di industrial design alle maggiori corporazioni nel mondo. Altre aziende del design degne di nota sono Omnific Ltd., Wolff Olins Ltd., e Minale Tattersfield Provinciale Ltd. Mentre le aziende di design come Pentagram prducevano graphic design "fine", c'erano anche altri designer che erano molto più interessati a una nuova, più aggressiva e provocante forma di design chiamata "Punk". Gli stili Punk, nella musica, moda e design, vennero alla luce assieme allo stile di vita dei giovani inglesi, delusi e disoccupati. Le grafiche Punk, come il design psichedelico negli anni Sessanta, erano intesi per shockare. Furono rapidamente acquisite dai media e trattate in modo efficace per raggiungere un mercato giovanile, ed erano idealmente adatte per promuovere e vendere dischi, pubblicazioni di moda, e poster.

I giapponesi, presi dal proprio ammodernamento alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tentarono di mescolare le tecniche occidentali del collage, montaggio, spruzzo, e l'International Typographic Style con i tradizionali simboli, calligrafia, ed estetica giapponesi.[1] Il risultato appare altamente eclettico agli occhi degli occidentali; a volte i risultati sono un matrimonio non facile di due diverse culture, ma più spesso i progetti riflettono una fusione altamente sofisticata dell'eleganza e serenità orientale con la diversità e l'energia occidentale. Forse il designer giapponese maggiormente responsabile per questa nuova direzione è Yusaku Kamekura, che è probabilmente ben diffusamente conosciuto come il progettista dei poster per i Giochi Olimpici Estivi del 1964 a Tokyo. Fra altri graphic designer di punta giapponesi, vi sono Ikko Tanaka, Shigeo Fukuda, Maloto Nakamura, Kasumasa Nagel, e Mitsuo Katsui.

La Rivoluzione digitale (1980-presente)

Nel tardo XX secolo i fondamenti del graphic design cambiarono, grazie alla digitalizzazione della tipografia apportata dai computer. Per la sua intera storia, la tipografia è stata un'attività fisica, inizialmente basata sulla disposizione di caratteri metallici per la stampa, e dopo il 1960, sulla preparazione di artwork fotografici per la stampa litografica offset. Con l'informatizzazione, il processo di progettazione fu dematerializzato in una forma elettronica e il graphic design fu radicalmente alterato.[53]

Lavorare con i computer eliminò molte delle attività che precedentemente erano una parte essenziale del lavoro del graphic designer, in particolare i procedimenti manuali che impiegavano i materiali fisici del mestiere. Allo stesso tempo, i computer incrementarono la finalità dell'opera e la velocità con la quale doveva essere prodotta. I software di desktop publishing portarono i mezzi di produzione nello studio, rendendo più facile per i designer continuare a lavorare in piccoli gruppi, evitando così il bisogno di una costante espansione.[53] Le definizioni tradizionali della professione vennero messe in questione, in quanto si diffuse ampiamente un'attitudine flessibile e multi-tasking, dato che i computer sfumarono le distinzione fra lo studio e l'ufficio e fra l'ufficio e la casa.

Il computer Apple Macintosh, il micro-computer di maggiore successo, venne introdotto nel 1984. Il suo sistema ruotava attorno al principio di finestre, icone, mouse e menù a tendina (WIMP). Fin dall'inizio il software "Mac" era orientato verso i progettisti. Tuttavia, mentre la tecnologia informatica portò verso un cambiamento sostanziale, sarebbe fuorviante supporre che i computer da soli determinarono la natura delle mutazioni nella progettazione dopo il 1980. Infatti, molte delle idee stilistiche caratteristiche erano state sviluppate prima della loro introduzione estensiva in forma elettronica, rendendo chiaro che le più ampie idee della cultura, filosofia, moda e "stile" erano davvero importanti per il graphic design.

"Design" divenne una parola chiave nel tardo XX secolo, e "designer" venne utilizzata come suffisso per un ampio raggio di beni e attività culturali. Il graphic design beneficiò di questa crescente esposizione. Un alto tasso di cambiamenti progettuali furono introdotti in magazine, specialmente nello stile, che dipendeva dall'acutezza visiva dei lettori, di catturare i riferimenti ai precedenti movimenti del design e di apprezzare i linguaggi grafici intrecciati.

Quando le aziende multinazionali svilupparono un'identità globale, i consumatori furono resi consapevoli del potere della "marca" come manifestazione di una forma grafica. Designer come per esempio Tibor Kalman e Adbusters accettarono di rispondere a domande formulate da scrittori riguardo studi culturali, in modo da esporre le strategie aziendali di persuasione e controllo mediatico.[53] Molti altri designer espressero la proprio riluttanza a diventare i camerieri delle aziende globali.

Il crescente possesso dei computer diffuse la consapevolezza della progettazione grafica nel più ampio pubblico, portando alla gente la possibilità di selezionare tipi di carattere e disporre testo e immagini nella propria casa. I confini fra professionisti e amatori furono dissolti. Molti designer furono inizialmente sprezzanti nei confronti delle opportunità che i computer davano alla tipografia e alla progettazione grafica. Prime eccezioni, comunque, furono Zuzana Licko e Rudy VanderLans, che formarono il gruppi Emigre in California nel 1982. Loro scelsero di non imitare la qualità delle tecnologie precedenti. Chiamandosi i New Primitives, erano attratti dall'iniziale ruvidezza delle forme dei tipi derivati al computer. I progetti di Emigre incapsulavano le varie possibilità della digitalizzazione. Dai primi anni Ottanta il gruppo pubblicò una rivista di significanza internazionale sul dibattito del graphic design nell'Era digitale, fondarono una fonderia di tipi digitali che produsse nuovi tipi di carattere disponibili globalmente, e operarono in uno studio di registrazione.

I computer permisero che i confini tra la stampa, il cinema e la televisione, fossero esplorati e in seguito spezzati. Inoltre, Internet incoraggiò la pubblicazione online e i graphic designer erano spesso coinvolti nella progettazione web (web design) come lo erano nella progettazione dei media stampati; esempi sono Why Not Associates, Jonathan Barnbrook, Neville Brody e David Carson. La questione che affrontarono era se la metafora del desktop fosse ancora appropriata o se la forma analoga dell'organizzazione spaziale, tracciata dai campi dell'architettura o cartografia, offriva maggiori possibilità.

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x James Craig, Bruce Barton, Thirty Centuries of Graphic Design - An illustrated survey, 1987.
  2. ^ a b c d e f g AA.VV., Preistoria, Giunti Junior, 2002.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r P. Meggs, A. Purvis, Megg's History of Graphic Design, 5ª ed..
  4. ^ a b c d e f g h i j Alessandro Barbero (a cura di), Le prime civiltà superiori. Sumeri ed Egizi, collana La Storia, vol. 2, Corriere della Sera, 2016.
  5. ^ A.H. Gardner, Egyptian Grammar. Being an Introduction to the Study of Hieroglyphs, include complessivamente 743 segni geroglifici., Oxford Univ. Press, 1969.
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  10. ^ a b AA. VV., Enciclopedia dell'Arte, Garzanti, 2003.
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  53. ^ a b c d Jeremy Aynsley, Pioneers of Modern Graphic Design. A Complete History, Mitchell Beazley, 2004.

Bibliografia

  • James Craig, Bruce Barton, Thirty Centuries of Graphic Design - An Illustrated Survey, 1987
  • P. Meggs, A. Purvis, Megg's History of Graphic Design, 5°ed.
  • Jeremy Aynsley, Pioneers Of Modern Graphic Design. A Complete History, 2004

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