Pietro Toselli

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Pietro Toselli
NascitaPeveragno, 22 dicembre 1856
MorteAmba Alagi, 7 dicembre 1895
Luogo di sepolturaCimitero di Peveragno
Dati militari
Paese servitoItalia Regno d'Italia
Forza armataItalia Regio esercito
ArmaArtiglieria
Anni di servizio1878 - 1895
GradoMaggiore
GuerreGuerra d'Eritrea
Guerra d'Abissinia
BattaglieBattaglia dell'Amba Alagi
DecorazioniVedi #Onorificenze
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Pietro Toselli (Peveragno, 22 dicembre 1856Amba Alagi, 7 dicembre 1895) è stato un militare italiano, maggiore del Regio Esercito che perse la vita durante il conflitto italo-etiopico combattendo contro l'esercito del negus Menelik II per difendere la postazione italiana sull'altipiano dell'Amba Alagi.

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

L'Italia era andata in Eritrea nel 1885 occupando Massaua. Due anni più tardi aveva appoggiato l'ascesa al trono dell'imperatore Menelik II e con lui aveva stipulato un trattato, il cosiddetto Trattato di Uccialli, una forma di reciproca collaborazione. Ma vi era una componente politica che ambiva all'occupazione dell'Abissinia per formare una colonia e naturalmente questa corrente si urtava con i capi indigeni del Paese africano. Nel dicembre 1894 uno dei capi abissini che da maggior tempo militava nelle bande italiane, Bathà Agos, improvvisamente si ribellò proclamandosi Ras indipendente della propria provincia.

Il Governatore della Colonia Eritrea, il generale Oreste Baratieri comandante del Regio Corpo Truppe Coloniali d'Africa diede ordine al maggiore Pietro Toselli di marciare contro il ribelle che fu rapidamente sconfitto. A fomentare la rivolta era stato il Ras Mangascià che, tornato a governare il Tigrai nel maggio 1894, non solo non rispose all'intimazione di Baratieri di consegnare i ribelli rifugiatisi nella regione da lui governata, ma neppure inviò agli italiani le truppe che pure aveva promesso per concorrere alle operazioni militari contro i Dervisci al confine col Sudan inglese. Nel gennaio 1895, anzi, alleatosi con il Ras dello Scirè, Mangascià si diresse ai confini della colonia italiana con circa 10.000 uomini muniti di oltre 7.000 fucili.

Il 12 gennaio sulle alture di Coatit le forze italiane, comandate da Baratieri, si scontrarono con quelle di Mangascià e, dopo un aspro combattimento durato due giorni, le ricacciarono in disordine. La rotta dell'esercito dei Ras fu completata nella giornata del 14 quando i resti dell'esercito nemico vennero sorpresi nella conca di Senafè e decimati dal nutrito cannoneggiamento degli italiani. Il Ras Mangascià allora per temporeggiare voleva stipulare accordi di pace, ma Baratieri non fu d'accordo, e si inoltrò nella città di Adua. La risposta del Ras fu imminente: sicuro delle sue forze e dell'aiuto del Negus Menelik II, si avviò con 4000 uomini ad Adigrat.

Il contrattacco di Baratieri fu altrettanto efficace: con un'armata di 4200 uomini si diresse verso Adigrat, tra il 25 ed il 26 marzo del 1895. Il Ras Mangascià si ritirò nel frattempo a Macallè, città occupata poi da Baratieri. Il 9 ottobre 1895 quasi l'intero esercito abissino era sulle alture di Antalò, presso Debra Ailà, ma il Ras Mangascià, appresa l'avanzata degli italiani, aveva ripiegato verso il lago di Ascianghi con il grosso delle truppe, lasciando a Debra Ailà, a protezione della ritirata, circa 1300 tigrini. Il 13 ottobre il Governatore Baratieri inviò il generale Giuseppe Arimondi con tre battaglioni indigeni ed una batteria di italiani sull'Amba Alagi per catturare il Ras Mangascià, ma egli continuò a fuggire e così l'altipiano fu occupata dagli italiani. Il 16 ottobre 1895, al generale Arimondi fu dato il governo del territorio a sud del Mareb-Belesa-Muna ed il comando di tutte le truppe lì dislocate, mentre Baratieri tornò a Massaua, essendo ormai completata l'avanzata.

La battaglia dell'Amba Alagi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia dell'Amba Alagi.

Anche lo stesso Negus Menelik II si mise sul piede di guerra denunciando l'indebita occupazione italiana del Tigrai, territorio che il Trattato di Uccialli assegnava all'Etiopia. Fatte ingenti provviste di viveri, bestiame, armi e munizioni, Menelik II mise insieme una forza immensa per marciare contro la colonia italiana. Nella primavera del 1895 il suo esercito era pronto, ma l'avanzata venne rimandata all'autunno, quando sarebbe terminata la stagione delle grandi piogge. Ai primi di novembre l'esercito abissino, forte di 100.000 uomini, si trovava diviso in due tronconi: uno a nord del Lago Ascianghi al comando del Ras Mekonnen (30 000 uomini) e uno a sud al comando dello stesso Menelik II (70.000 uomini).

Le forze della colonna italiana, enormemente inferiori, erano anch'esse frazionate in due nuclei principali: 5 000 uomini erano di stanza ad Adigrat ed altrettanti si trovavano a Macallè al comando del generale Arimondi. In quei giorni le truppe etiopiche andavano concentrandosi nei pressi del lago Ascianghi e così il 16 novembre il generale Arimondi inviò sull'Amba Alagi la Compagnia del capitano Salvatore Persico del III Battaglione Indigeni, guidata dal maggiore Pietro Toselli. Questi il 24 novembre partì da Macallè per raggiungere l'Amba Alagi, ma nel cammino apprese che il nemico era vicino. Baratieri nel frattempo inviò rinforzi ad Arimondi. Il 1º dicembre Toselli ripiegò su Atzalà e chiese rinforzi ad Arimondi, essendo nella posizione più avanzata e dovendo, quindi, affrontare per primo il nemico. Arimondi, tuttavia, non gli inviò soccorso per ordine di Baratieri, che riteneva più opportuno una permanenza delle forze nei pressi di Macallè.

Toselli non ricevette il messaggio di avviso ed aspettò invano il soccorso che sarebbe dovuto arrivare il 6 dicembre. Il generale Arimondi cercò di aiutare Toselli recandosi fino ad Afagol e mantenendo allo stesso tempo una forte protezione su Macallè, ma ancora una volta Toselli non ricevette la notizia. Il maggiore Toselli disponeva di 4 cannoni e 2350 fucili: prevedendo per il giorno 7 un attacco nemico, la sera del 6 dicembre dispose le sue truppe a difesa dell'Amba Alagi. Le truppe del Ras Mekonnen attaccarono in mattinata, come previsto da Toselli, il quale, nell'impossibilità di mantenere un fronte molto esteso, a causa dell'enorme inferiorità numerica, ordinò alla sua compagnia di ritirarsi a ridosso dell'Amba Alagi, aspettando ancora l'arrivo del generale Arimondi.

Alle ore 12:40, perduta ogni speranza di ricevere soccorso e assalito dal nemico, Toselli con i suoi uomini oppose all'esercito abissino una resistenza disumana e alla fine, vista ormai insostenibile la difesa, ordinò la ritirata. Egli stesso in quella giornata cadde presso la chiesa di Bet Miriam. Con lui in quella strenua resistenza caddero diciotto ufficiali e circa 2 000 soldati. Alcune centinaia di superstiti dell'Amba Alagi, guidati dai tenenti Pagella e Bodrero, giunsero verso le 16:30 all'Aderà, dove il generale Arimondi era giunto poco prima con due compagnie. Ma proprio in quel momento era attaccato da una forte colonna nemica: Arimondi, riuniti i superstiti, riuscì a ripiegare verso Macallè, dove giunse all'alba del giorno dopo, l'8 dicembre 1895.

Il gesto di Toselli[modifica | modifica wikitesto]

Quel 7 dicembre 1895 la resistenza fu strenua e durò dalle prime luci dell'alba fin quasi al tramonto. Gli abissini erano enormemente superiori di numero e non c'era la speranza di ricevere rinforzi a causa della presunta rivalità che vedeva contrapposti i generali Oreste Baratieri e Giuseppe Arimondi. Toselli, nel momento in cui vide ormai che tutto era perduto ordinò la ritirata dei superstiti a scaglioni. Fu lui l'ultimo a scendere dall'altipiano, ancora miracolosamente illeso.

Alle insistenze dei suoi ufficiali affinché pensasse a porsi in salvo, rispose: “No! Anzi ora mi volto e lascio che facciano!”. Si sedette su una roccia a guardare le schiere avversarie che stavano sopraggiungendo. In un primo momento gli abissini smisero di sparare, ammirati dal coraggio dell'ufficiale, poi la fucileria fu ripresa e Toselli stramazzò crivellato di colpi.

Eredità culturale[modifica | modifica wikitesto]

Roma, busto in memoria di Toselli all'ingresso della caserma Nazario Sauro

Alla memoria di Pietro Toselli sono state intitolate piazze e strade in tutta Italia. Furono inoltre innalzate lapidi e monumenti raffiguranti l'eroe dell'Amba Alagi.

A Rutigliano, in provincia di Bari, all'interno del popoloso rione Fracasso (in gergo Sott a Fragass), al maggiore Pietro Toselli è intitolata l'omonima Via Toselli, seconda per importanza, nello stesso rione, alla sola Via Elsa.

Nella natia Peveragno, in onore di Toselli, nel 1899, fu inaugurato un monumento opera dello scultore Ettore Ximenes. Nel piccolo comune piemontese si trova anche un museo dedicato alla figura del maggiore Toselli[1].

A Roma c'è un busto in sua memoria a via Lepanto, eretto nel 1901 all'ingresso della caserma Nazario Sauro.

A Torre Annunziata, è intitolata l'omonima via adiacente alla Real Fabbrica d'Armi dove Pietro Toselli prestò servizio da capitano[2].

E' intitolata al Maggiore Toselli anche una strada a Ceglie Messapica (Brindisi) in zona residenziale vicino al centro cittadino.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare
«Trovandosi con soli 1880 uomini di fronte a 20 o 25.000 nemici, dopo avere alteramente respinto l'intimazione di lasciare il passo al comandante scioano, combatté strenuamente per ben sei ore e coll'eroico sacrificio della propria vita e di quasi tutto il suo distaccamento, cagionò al nemico perdite enormi che contribuirono efficacemente a ritardare l'avanzata. Amba Alagi, 7 dicembre 1895
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia

Reazioni del governo italiano[modifica | modifica wikitesto]

Il capo del governo, Francesco Crispi, di fronte alle critiche di molti parlamentari che sostenevano l'inutilità della politica coloniale italiana, ricordò che la Camera aveva per ben due volte approvato la politica del governo. Le sue parole furono:

"Il fatto dell'Amba Alagi è uno degli episodi inevitabili in tutte le guerre coloniali. Il Governo non può essere accusato d'imprevidenza perché ha dato più di quanto Oreste Baratieri ha chiesto. Io mi prostro, e tutti ci prostriamo dinanzi ai caduti dell'Amba Alagi. Tutti ammiriamo il valore italiano e la splendida figura di quel Toselli che, disperando di poter vincere, volle morire... Non c'è nessuno né a Destra né a Sinistra, che non abbia questo sentimento: ed avendolo, è per vendicare i morti e ristabilire quel prestigio che l'Italia deve sempre tenere alto, che noi prenderemo quei provvedimenti che crediamo necessari allo scopo; e la Camera farà giustizia".

Canzone dell'Amba Alagi dedicata a Pietro Toselli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Amba Alagi (canzone).

Fosca Amba Alagi, quante quante stelle
sulla tua vetta quella notte fiera
e in fondo a valle quante mai fiammelle
dei fuochi dell'immensa orda nera.
L'ultima notte era per Toselli
che aspettava il soccorso dei fratelli.

O Amba Alagi,
tu l'hai veduto
tutto il suo sangue
quand'è caduto.
Or da quel sangue
che ferve ancor
sorge la fiamma
del tricolor.

Sotto la tenda stan gli eroi raccolti.
Pietro Toselli scrive al generale:
“Vedo i lor fuochi sono molti molti
doman sarà per noi gloria immortale”.
Invano tu aspettasti i tuoi fratelli,
solo la gloria venne a te Toselli.

O Amba Alagi,
tu l'hai veduto
tutto il suo sangue
quand'è caduto.
Or da quel sangue
che ferve ancor
sorge la fiamma
del tricolor.

Maggior Toselli, cavaliere fiero,
cadesti allor pugnando come un dio.
eri il leon del battaglione nero
e degli imbelli tu scontasti il fio.
Son quarant'anni che attendi i tuoi fratelli:
eccoci al fine, siamo qui, Toselli.

O Amba Alagi,
tu l'hai veduto
Pietro Toselli
quand'è caduto.
Ora lo vedi
sorgere ancor
sulla grand'Ara
del tricolor.

Canzone delle donne àscari in memoria del IV battaglione[modifica | modifica wikitesto]

Cinghia dei sandali, oh tu, cinghia dei sandali!
Il mio desiderio è il quarto battaglione!
Di questo quarto, che cosa posso proclamare?
La sua fama è come una spianata spinosa: difficile da toccare!
Mentre si recava all'Alagè per schierarsi a battaglia, pur essendo piccolo per numero, che cosa ha tralasciato?
La mia barama è il soldato tuo, Toselli! Che sparava coperto dall'erba come da un mantello; e rimase là, ad Alagè, presso la frontiera!
Mentre venivano gli Amhara schierati in campo
Facesti passare un giorno intero in Atzalà;
Li donasti alla iena e allo sciacallo; al falco li hai dati, e all'avvoltoio!
Li trattenesti un giorno intero coi Wetterli;
Peccato per me: per il bottino dell'uccisione!
Oh amhara sei tu un prode o un codardo, unica è la tua morte.
Ahimè, il pomeriggio della domenica a Alagé!
Li trattenesti un giorno intero senza interruzione;
Oh mio desiderio, oh mio signore Toselli! Ad Alagè mentre stavi accampato presso quella frontiera,
quelli che avevano la baionetta alla cintola perirono e nessuno scampò
Il signore dei soldati, il tuo signore, Chelamin!
Dov'è andato il quarto battaglione?
Morirono dopo aver combattuto, e nessuno sopravvisse. Quelli che erano scampati ad Alagè rimasero ad Adua, che è anche peggiore!
Al mercato di Senafè avevi dato loro dei muli, come bottino di guerra.
Cosa facesti loro a Coatit? Facesti piangere l'uomo insieme con la donna.
Quando Batha Agos tradiva, tu lo desti come bersaglio al cannone. O uccisore di Batha, o signore di Sagaineti![3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Museo Pietro Toselli, su visitterredeisavoia.it. URL consultato il 10 marzo 2014 (archiviato dall'url originale il 10 marzo 2014).
  2. ^ Ecco perché l'eroe dell'Amba Alagi era stato a Torre Annunziata, su tuttotorre.blogspot.it. URL consultato il 5 gennaio 2016.
  3. ^ In: Domenico Quirico, Squadrone bianco, I edizione, Milano, Mondadori [settembre 2002]. ISBN 88-04-50691-1

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