Volo su Vienna

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Gli SVA lanciarono manifestini alla quota di 800 metri. In alto a destra è individuabile la cattedrale di Santo Stefano.

Il volo su Vienna del 9 agosto 1918, detto anche "folle volo", fu una trasvolata compiuta da otto Ansaldo S.V.A. dell'87ª Squadriglia aeroplani battezzata "La Serenissima", ideata dal poeta italiano Gabriele D'Annunzio, con la quale vennero lanciati nel cielo di Vienna migliaia di manifestini tricolori contenenti una provocatoria esortazione alla resa e a porre fine alle belligeranze.

Antefatti

Il Leone di San Marco simbolo della 87ª Squadriglia Aeroplani

Il volo era stato progettato dallo stesso Gabriele D'Annunzio più di un anno prima, ma difficoltà tecniche e politiche, legate soprattutto al problema dell'autonomia degli apparecchi per un volo di mille chilometri e al rischio che il Poeta potesse finire in mani nemiche, con conseguenze propagandistiche incommensurabili, avevano indotto il comando supremo dapprima a negare il consenso e poi a ordinare cautamente delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 D'Annunzio compì con un Caproni Ca3, pilotato dai tenenti Pagliano e Gori, un volo di dieci ore e mille chilometri senza particolari problemi ma, a ridosso della successiva partenza per Vienna, l'autorizzazione venne definitivamente negata. In verità, D'Annunzio aveva già considerato il problema dell'autonomia di volo, sottoponendolo ai tecnici della Pomilio, la fabbrica torinese che all'epoca costruiva gli S.V.A. Il problema era stato brillantemente risolto, attraverso una serie di piccole modifiche aerodinamiche e strutturali, da Ugo Zagato, un giovane caporeparto della Pomilio, destinato a divenire un protagonista nella storia dell'automobile.[1]

La "seggiola incendiaria" un serbatoio supplementare con integrata la seggiola per ospitare Gabriele D'Annunzio e permettergli di compiere l'impresa su Vienna

Poiché D'Annunzio non aveva il brevetto di pilotaggio, fu necessario approntare un velivolo SVA biposto. Il velivolo modificato andò però distrutto in un banale incidente pochi giorni prima dell'impresa. Il poeta non si perse d'animo e riuscì a far modificare presso le officine della Ansaldo (SVA era l'acronimo di Savoia, Verduzio Ansaldo, dai nomi dei due progettisti e della ditta produttrice) un secondo velivolo, approntato in tempo record da Giuseppe Brezzi, modificando il serbatoio del carburante a forma di sedile (ribattezzato "la seggiola incendiaria"). Lo SVA modificato, pilotato dal capitano Natale Palli, poteva così prendere parte al "folle volo". Così l'autorizzazione necessaria all'impresa arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio che avrebbe voluto attingere al dannunzianesimo (moda dell'epoca):[2]

Lo SVA di D'Annunzio conservato al Vittoriale

«Il volo avrà carattere strettamente politico e dimostrativo; è quindi vietato di recare qualsiasi offesa alla città [...] Con questo raid l'ala d'Italia affermerà la sua potenza incontrastata sul cielo della capitale nemica.
Sarà vostro Duce il Poeta, animatore di tutte le fortune della Patria, simbolo della potenza eternamente rinnovatrice della nostra razza.
Questo annunzio sarà il fausto presagio della Vittoria»

Un primo tentativo venne compiuto il 2 agosto, ma a causa della nebbia incontrata sulle Alpi e in Pianura Padana i tredici apparecchi che vi parteciparono dovettero rinunciare all'impresa; sette velivoli riuscirono a ritornare alla base, mentre altri furono costretti ad atterrare in campi diversi e tre aerei risultarono perfino inutilizzabili. Un ulteriore, secondo tentativo si compì l'8 agosto, ma il vento contrario mandò a monte l'impresa anche questa volta. Dopo questi due fallimenti, il progetto dannunziano rischiò seriamente di esser rimandato in un futuro indeterminato e in ogni caso molto lontano; D'Annunzio, tuttavia, riuscì a ottenere che il volo si effettuasse il giorno successivo, anche per sfruttare al massimo l'«effetto sorpresa», già parzialmente compromesso avendo il tenente Censi gettato un ingente carico di volantini in territorio austriaco per alleggerire il carico del velivolo.[3]

Il volo

Poiché gli era stato ordinato di non proseguire se nella rotta lo stormo si fosse ridotto a meno di cinque SVA, all'alba del 9 agosto D'Annunzio convocò nell'hangar i piloti più fidati: Natale Palli, Antonio Locatelli, Gino Allegri, Daniele Minciotti, Aldo Finzi, Piero Massoni, Giuseppe Sarti, Ludovico Censi e Giordano Bruno Granzarolo, legandoli a un solenne giuramento: «Se non arriverò su Vienna, io non tornerò indietro. Se non arriverete su Vienna, voi non tornerete indietro. Questo è il mio comando. Questo è il vostro giuramento. I motori sono in moto. Bisogna andare. Ma io vi assicuro che arriveremo. Anche attraverso l'inferno. Alalà!». Finalmente, alle 5:50, dal Campo di Aviazione di San Pelagio (nel comune di Due Carrare, Padova) partirono gli otto apparecchi (sette SVA monoposto e uno SVA modificato a due posti, guidato dal capitano Palli, nel quale si trovava D'Annunzio).

Il tenente Giuseppe Sarti fu costretto ad atterrare per noie al motore, posandosi sul campo di Wiener Neustadt e incendiando il velivolo prima di esser fatto prigioniero da alcuni ufficiali austriaci.[3]

D'Annunzio e Palli nello SVA modificato. Foto di Attilio Prevost

I sette aerei superstiti, invece, proseguirono il proprio volo verso la capitale austriaca, organizzati a cuneo e guidati dai seguenti piloti: il capitano Natale Palli e il maggiore Gabriele D'Annunzio; il tenente Ludovico Censi; il tenente Aldo Finzi; il tenente Giordano Bruno Granzarolo; il tenente Antonio Locatelli; il tenente Pietro Massoni; il sottotenente Girolamo Allegri detto «Fra Ginepro» per la folta barba. Dopo aver sorvolato la valle della Drava, i monti della Carinzia, e infine le città di Reichenfels, Kapfenberg e Neuberg, senza nessun agguato dall'aviazione austriaca (solo due caccia austriaci che avevano avvistato la formazione si affrettarono ad atterrare per avvertire il comando, ma non furono creduti), e superando formazioni temporalesche, la formazione italiana giunse su Vienna in gruppo compatto alle 9:20, mentre nelle strade e piazze sottostanti si stava verificando un grande concorso di folla, impaurita della presenza degli aeromobili.[3] Grazie alla limpidezza del cielo, lo stormo poté abbassarsi a una quota inferiore agli 800 metri e lanciare 50 000 copie di un manifestino in italiano preparato da D'Annunzio che recitava:[4]

«In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso come indizio del destino che si volge.
Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l'impeto. Ma, se l'impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L'Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l'Ourcq di sangue tedesco.
Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremmo osare e fare quando vorremo, nell'ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi.
Viva l'Italia!»

Il testo di D'Annunzio venne giudicato mancante di efficacia, nonché impossibile da rendere correttamente in tedesco, da Ferdinando Martini che così commentò:

«Quando D'Annunzio fece le sue prime prove come soldato, la gente, poco fidando nel suo valore o nella sua bellica abilità, disse: "Scriva e non faccia". Ora io dico di lui, dopo altre molte prove: "Faccia e non scriva"»

Furono perciò lanciate anche 350 000 copie di un secondo, più pratico quanto efficace, manifestino scritto da Ugo Ojetti e tradotto in tedesco:

VIENNESI!

Imparate a conoscere gli italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne.
Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni.

VIENNESI!

Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s'è volto contro di voi.
Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandola.

POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati!
VIVA LA LIBERTÀ!
VIVA L'ITALIA!
VIVA L'INTESA!
Versione in tedesco:
WIENER!

Lernt die Italiener kennen.
Wenn wir wollten, wir könnten ganze Tonnen von Bomben auf eure Stadt hinabwerfen, aber wir senden euch nur einen Gruss der Trikolore, der Trikolore der Freiheit.
Wir Italiener führen den Krieg nicht mit den Bürgern, Kindern, Greisen und Frauen. Wir führen den Krieg mit eurer Regierung, dem Feinde der nationalen Freiheit, mit euren blinden, starrköpfigen und grausamen Regierung, die euch weder Brot noch Frieden zu geben vermag und euch nur mit Hass und trügerischen Hoffnungen füttert.

WIENER!

Man sagt von euch, dass ihr intelligent seid, jedoch seitdem ihr die preussische Uniform angezogen habt ihr seid auf das Niveau eines Berliner-Grobians herabgesunken, und die ganze Welt hat sich gegen euch gewandt.
Wollt ihr den Krieg fortführen? Tut es, wenn ihr Selbstmord begehen wollt. Was höfft ihr? Den Entscheidungssieg, den euch die preussische Generale versprochen haben?
Ihr Entscheidungssieg ist wie das Brot aus der Ukraina: Man erwartet es und stirbt bevor es ankommt.

Bürger Wiens! Bedenkt was euch erwartet und erwacht!
HOCH LEBE DIE FREIHEIT!
HOCH LEBE ITALIEN!
HOCH LEBE DIE ENTENTE!

Avvenimenti successivi

Manifesto commemorativo del volo su Vienna

Dopo aver sganciato i manifestini lo stormo prese la via del ritorno, scegliendo un percorso diverso da quello intrapreso all'andata per scongiurare il verificarsi di attacchi della contraerea. Dopo aver valicato le Alpi, la formazione aerea sorvolò Lubiana, Trieste e Venezia, dove D'Annunzio scelse di far cadere un messaggio augurale per comunicare all'ammiraglio e al sindaco il felice esito dell'impresa; alle 12:40, infine, gli aerei rientrarono al campo di San Pelagio dopo aver percorso in sette ore e dieci minuti mille chilometri, e oltre ottocento su territorio austriaco a sfida di ogni avversità balistica e aerea. Un comunicato ufficiale del Comando Supremo riportò:[6]

«Zona di guerra, 9 agosto 1918. Una pattuglia di otto apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposti, al comando del maggiore D'Annunzio, ha eseguito stamane un brillante raid su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1.000 chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico. I nostri aerei, partiti alle ore 5:50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore 9:20 la città di Vienna, su cui si abbassavano a quota inferiore agli 800 metri, lanciando parecchie migliaia di manifesti.

Sulle vie della città era chiaramente visibile l'agglomeramento della popolazione.

I nostri apparecchi, che non vennero fatti segno ad alcuna reazione da parte del nemico, al ritorno volarono su Wiener-Neustadt, Graz, Lubiana e Trieste. La pattuglia partì compatta, si mantenne in ordine serrato lungo tutto il percorso e rientrò al campo di aviazione alle 12:40.

Manca un solo nostro apparecchio che, per un guasto al motore, sembra sia stato costretto ad atterrare nelle vicinanze di Wiener-Neustadt.»

Anche D'Annunzio, esultante per il buon esito della sua impresa, inviò alla Gazzetta del Popolo di Torino il seguente telegramma: «Non ho mai sentito tanto profondo l'orgoglio di essere italiano. Fra tutte le nostre ore storiche, questa è veramente la più alta…Solo oggi l'Italia è grande, perché solo oggi l'Italia è pura fra tante bassezze di odii, di baratti, di menzogne».

Il volo su Vienna, pur essendo stato militarmente inoffensivo, ebbe una vastissima eco morale, psicologica e propagandistica sia in Italia sia all'estero, e compromise sensibilmente l'opinione pubblica dell'Impero asburgico. La stessa stampa austriaca accolse favorevolmente l'«incursione inerme» (così fu definita) degli aerei italiani a Vienna: analogamente, il Frankfurter Zeitung condusse una critica aspra e virulenta «non contro gl'Italiani, ma contro le autorità, a cui i Viennesi devono gratitudine per la visita degli aviatori. La popolazione non fu avvisata prima, e non fu dato l'allarme quando gli aviatori arrivarono. Non occorre dire quale catastrofe poteva accadere se, invece di proclami, avessero gettato bombe. Non si comprende come abbiano varcato centinaia di chilometri senza essere avvistati dalle stazioni di osservazione austriache».[3] L'Arbeiter Zeitung, invece, si pose una domanda, destinata a rimanere senza risposta:

«Dove sono i nostri D'Annunzio?
D'Annunzio, che noi ritenevamo un uomo gonfio di presunzione, l'oratore pagato per la propaganda di guerra grande stile, ha dimostrato d'essere un uomo all'altezza del compito e un bravissimo ufficiale aviatore. Il difficile e faticoso volo da lui eseguito, nella sua non più giovane età, dimostra a sufficienza il valore del Poeta italiano che a noi certo non piace dipingere come un commediante.
E i nostri D'Annunzio, dove sono?
Anche tra noi si contano in gran numero quelli che allo scoppiar della guerra declamarono enfatiche poesie. Però nessuno di loro ha il coraggio di fare l'aviatore!»

Musica

Il cantautore Enrico Ruggeri ha dedicato all'impresa dannunziana il singolo Il volo su Vienna tratto dall'album Un viaggio incredibile del 2016.

Un anno dopo, al volo su Vienna è tributato anche il brano Rombo di giovane ala del gruppo genovese Ianva, tratto dall'album Canone Europeo al quale prende parte (seppur in un altro brano, non correlato al tema) lo stesso Enrico Ruggeri.

Note

  1. ^ Nestore Morosini, Zagato atto terzo, Corriere della Sera, 12 giugno 1993, p. 8.
  2. ^ Guglielmo Gatti, Vita di Gabriele d'Annunzio, Sanconi, 1956, p. 325.
  3. ^ a b c d Alberto Pellegrino, Il tenente Ludovico Censi e il volo su Vienna, su new.lecentocitta.it. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  4. ^ Annamaria Andreoli, D'Annunzio e Trieste: nel centenario del primo volo aereo, De Luca, 2003, p. 36.
  5. ^ Annamaria Andreoli, Il vivere inimitabile: vita di Gabriele D'Annunzio, Mondadori, 2000, p. 556, ISBN 88-04-47412-2.
  6. ^ Vittorio Martinelli, La guerra di D'Annunzio: da poeta a dandy a eroe di guerra e comandante, P. Gaspari, 2001, p. 326, ISBN 88-86338-72-4.

Bibliografia

  • In volo per Vienna, a cura di Gregory Alegi, Museo dell'aeronautica Gianni Caproni, Museo storico italiano della guerra, Trento 1998.
  • D'Annunzio poeta avviatore. Storia di un volo, a cura della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, s.l. s.d.
  • Roberto Gentilli, Paolo Varriale, I Reparti dell'aviazione italiana nella Grande Guerra, AM Ufficio Storico, Roma 1999.
  • Vittorio Martinelli, La guerra di D'Annunzio: da poeta a dandy a eroe di guerra e comandante, Gaspari, Udine 2001 ISBN 978-88-86338-72-1.

Voci correlate

Collegamenti esterni