L'innocente (romanzo)

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L'innocente
AutoreGabriele D'Annunzio
1ª ed. originale1892
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano
ProtagonistiTullio Hermil
CoprotagonistiRaimondo (ovvero l'innocente, figlio di Tullio)
Altri personaggiGiuliana, Filippo Arborio
SerieI romanzi della Rosa
Preceduto daIl piacere
Seguito daTrionfo della morte

L'innocente è un romanzo scritto da Gabriele D'Annunzio nel 1892. È il secondo dei romanzi della Rosa, di cui fanno parte anche Il piacere e Trionfo della morte.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Tullio Hermil, ex diplomatico e ricco proprietario terriero, è da sette anni marito di Giuliana, dalla quale ha avuto due figlie: Maria e Natalia. La famiglia vive a Roma. Egli è un uomo dai gusti molto raffinati, ma è dominato da un temperamento inquieto e da un'irrefrenabile sensualità che lo costringe a tradire costantemente Giuliana. Questa è una donna molto dolce e remissiva che accetta con un amore "da sorella" i tradimenti del marito. Tullio e Giuliana, ormai, vivono una specie d'amore platonico, fraterno, che spinge Tullio a paragonare Giuliana a Costanza, la sua sorella morta a 9 anni. Tullio, in particolare, intrattiene una relazione molto nota con la contessa Teresa Raffo, la quale lascia Roma per un periodo. Durante tale periodo Giuliana si ammala molto gravemente, tanto da doversi sottoporre a una rischiosa operazione chirurgica. L'operazione ha esito positivo, ma indebolisce fortemente la salute della donna, la quale rischia inoltre di morire dopo un altro eventuale parto. Le rischiose condizioni di Giuliana inteneriscono Tullio e, infatti, durante la convalescenza della donna i due coniugi passano ore a leggere poesie e a parlare. Tullio capisce di essersi innamorato di nuovo di sua moglie, ma intanto scrive ancora alla sua amante. Teresa gli scrive una lettera nella quale afferma di voler incontrare l'amante a Firenze. Tullio è tormentato dall'indecisione, ma alla fine decide di mancare al convegno amoroso con Teresa, la quale però lo minaccia, rispondendogli: <<Se non verrai, non mi vedrai più>>.

Lo stato di Giuliana, nel frattempo, va ogni giorno migliorando ed ella sta per alzarsi dal letto, su cui finora è stata costretta dalla malattia. Il giorno in cui la convalescente si alza in piedi, Tullio le annuncia la sua partenza per Firenze a breve. Giuliana è ferita dalla notizia e apprende che tutte le cure e le tenerezze che Tullio ha avuto per lei erano dovute soltanto alle sue condizioni rischiose. Entrambi credono che il loro amore non possa più rivivere.

Quando Tullio si reca a Firenze, capisce in realtà che la sua relazione con Teresa Raffo è basata soltanto sull'ebbrezza e non sull'amore puro, il quale invece gli è sempre stato mostrato da Giuliana. Quando torna a Roma, tuttavia, Tullio nota che il suo rapporto con Giuliana è radicalmente mutato: i due coniugi, ormai, si sottopongono a una convivenza quasi forzata e reciprocamente passiva. Tullio nota infatti che il loro non è più un amore fraterno né un'amicizia, bensì un costante imbarazzo: si sentono estranei l'uno con l'altra.

Giuliana è sempre più triste e cupa, e ciò provoca l'angosciosa sofferenza di suo marito. Tullio, un giorno, nota che Giuliana è insolitamente allegra, mentre canta l'aria di Orfeo. Nota che sua moglie si sta preparando elegantemente per uscire e si rende conto, dopo tempo, della sua bellezza nobile, graziosa ed elegante.

Giuliana è infatti una donna "alta, snella e flessibile" dai capelli castani che contrastano notevolmente con la sua pelle pallidissima, più volte esaltata da camicie bianche che non si distinguono dalla sua carnagione immacolata. Tullio, per la prima volta, riflette sul fatto che "ella potrebbe essere un'amante deliziosa per la carne e per lo spirito" e inizia a sospettare una possibile relazione di Giuliana con lo scrittore Filippo Arborio.

La relazione di Tullio con Teresa Raffo crolla definitivamente a Venezia, "dopo un'altra vergognosa prova". Giuliana, intanto, divenuta estremamente cagionevole, si ammala nuovamente e così la famiglia decide di partire provvisoriamente per la Badiola, villa in campagna e residenza della madre e del fratello di Tullio. Qui Giuliana potrà rimettersi in forma. Tullio è ormai di nuovo innamorato della moglie, follemente: egli la desidera e vorrebbe tanto ricominciare con lei una relazione d'amore. Quando i coniugi sono soli (situazione in cui Giuliana cerca di non trovarsi), Tullio prova a riconquistarla, accarezzandola e portandole dei fiori, ma la donna si ritrae. D'un tratto, una svolta: Giuliana accetta l'invito rivoltole dal marito di passare una giornata a Villalilla, il nido del loro amore, dove gli innamorati avevano trascorso i loro primi anni di nozze in un perfetto idillio di felicità.

Entrambi sono consapevoli dei ricordi che risveglierà in loro la vista di quella casa dove avevano vissuto i loro più bei momenti. Arrivati a destinazione, infatti, Tullio confessa a Giuliana il suo rinnovato sentimento d'amore nei confronti di lei e Giuliana, tra fiumi di lacrime, ricambia. Presi da un impeto irresistibile entrano in casa. Tutto sembra perfetto, ma dopo le ore appassionate Giuliana è colpita da un forte malore. Quando ritornano alla Badiola, la madre di Tullio confessa al figlio di credere che Giuliana sia incinta. Tullio è assalito da un angosciante dubbio, che purtroppo si rivelerà veritiero.

La coppia vive i mesi della gravidanza nel dolore e nel tormento, ma con vero amore reciproco.

Tullio, nel frattempo, torna a Roma per qualche giorno e viene a sapere che Filippo Arborio ha contratto una malattia mortale.

Tutta la famiglia è preoccupata perché è a conoscenza del mortale rischio che Giuliana correrà con un altro parto.

Tullio inizia a provare un odio smanioso, alimentato da incubi e visioni, nei confronti del bambino che sta per nascere. Nonostante ciò decide di non abbandonare l'amatissima moglie, la quale è sua complice silenziosa. Entrambi sperano che il bimbo possa morire ancor prima di venire al mondo. Il fatidico giorno arriva e Giuliana, tra mille difficoltà e sofferenze disumane, riesce a superare il parto. Il bambino che nasce è chiamato Raimondo ed è perfettamente sano. Tullio inizia così a premeditarne l'omicidio.

Giuliana è a letto e non può alzarsi finché non sarà guarita completamente e Tullio passa intere notti e interi giorni al capezzale della moglie. I coniugi quasi dimenticano il bambino.

Eppure tutta la famiglia è innamorata del neonato Raimondo Hermil, erede di Tullio.

Una sera, mentre tutta la famiglia è fuori per assistere alla messa natalizia, Tullio, con una lucidità e una freddezza impressionanti, espone il bambino al gelo. In circa un giorno il bambino, la povera vittima, l'Innocente da roseo diviene quasi grigiastro e muore.

La famiglia Hermil, in particolare la madre di Tullio, è disperata, in preda al più terribile strazio.

Divorato dal senso di colpa e dal tormento di aver ucciso un innocente, Tullio assiste ai funerali della sua vittima senza confessarne l'infanticidio. La prima pagina del libro è infatti scritta da Tullio nel giorno dell'anniversario della morte del piccolo Innocente.

Temi e stile[modifica | modifica wikitesto]

Il testo non rispecchia le tecniche del decadentismo di Andrea Sperelli, tantomeno l'evangelismo russo di Giovanni Episcopo. Il romanzo è concepito come una storia moderna di sperimentalismo, in cui sono presenti vaghi accenni al tipico stile di vita ottocentesco dei dandy decadenti, mentre la matrice tematica riguarda a ritroso un percorso di redenzione impossibile: ossia l'omicidio di Tullio del neonato, per ristabilire la relazione amorosa perduta. L'esperienza del protagonista è un fatto al di sopra delle sue possibilità, e per questo la critica inserisce il personaggio tra quelli delle opere giovanili dannunziane, in quanto Tullio è a metà percorso per approdare alla fase del "superuomo" nietzschiano. Solo nel Trionfo della morte avrà inizio tale percorso.

Trasposizioni cinematografiche[modifica | modifica wikitesto]

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Edoardo Tiboni, Ivanos Ciani, Umberto Russo (a cura di), Dal Piacere all'Innocente: 15º Convegno nazionale: Chieti - Penne, 15-16 maggio 1992 / Centro nazionale di studi dannunziani in Pescara, Pescara, Ediars, 1992, SBN IT\ICCU\RAV\0215513.
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