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Filippo e Pisis all'età di diciotto anni

Luigi Filippo Tibertelli De Pisis, conosciuto come Filippo De Pisis (Ferrara, 11 maggio 1896Brugherio, 2 aprile 1956), è stato un pittore e scrittore italiano, uno tra i maggiori interpreti della pittura italiana della prima metà del Novecento.

Paesaggio con passero e casolare, (1933) (Fondazione Cariplo)
Fiori di campo, 1953 (Fondazione Cariplo)


Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Casa di De Pisis a Venezia 1943-1949

Si dedica allo studio della pittura sotto la guida del maestro Odoardo Domenichini nella sua città natale Ferrara. Nel 1916 si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna. L'interesse e la passione per la pittura lo spinge a vivere in varie città italiane come Roma, Venezia e Milano, ma anche europee come Parigi e Londra alla ricerca di nuovi contesti culturali e artistici.

Periodo romano (1919-1924)[modifica | modifica wikitesto]

A Roma frequenta la casa del poeta Arturo Onofri e incontra Giovanni Comisso, il quale diverrà suo grande amico. Sin dai primi mesi romani inizia a comporre le novelle che confluiranno nella raccolta "La città delle cento meraviglie". Nel 1920 espone per la prima volta disegni e acquerelli nella galleria d'arte di Anton Giulio Bargaglia in Via Condotti, accanto alle opere di Giorgio De Chirico. È in questi anni che comincia ad affermarsi come pittore e le sue opere risentono dell'influsso di Armando Spadini. Le storie della Roma del passato, curiosità e scoperte animano De Pisis ed è proprio su questa traccia che compone "Ver-Vert": "un diario impudico di un poeta che andava diventando sempre più un pittore" [1]. Altri scritti anticipano ciò che verrà rappresentato nelle sue nature morte con paesaggi.

Periodo parigino (1925-1939)[modifica | modifica wikitesto]

Il periodo parigino, iniziato nel marzo del 1925, registra la sua piena maturità artistica. Dipinge en plein air come i grandi vedutisti ed entra in contatto con Édouard Manet e Camille Corot, Henri Matisse e i Fauves. Sono anni in cui realizza alcune tra le sue tele più celebri: "La grande natura morta con la lepre"; "Il bacchino"; "Natura morta con conchiglie". Temi ricorrenti, oltre alle nature morte, sono i paesaggi urbani, nudi maschili e immagini d'ermafroditi. In seguito a una mostra personale a Milano nel 1926 presentata da [[Carrà]] alla saletta Lidel, raggiunge il successo anche a Parigi con la sua personale alla Galerie au Sacre du Printemps con la presentazione di De Chirico [2]. Nonostante la sua produzione sia legata principalmente a Parigi, continua a esporre anche in Italia e inizia a scrivere articoli per L'Italia Letteraria e altre riviste minori. Stabilisce un rapporto intenso con il pittore Onofrio Martinelli, già incontrato a Roma. Tra il 1927 e il 1928 i due artisti dividono anche una casa-studio in rue Bonaparte. Entra nel circolo degli artisti italiani a Parigi, un gruppo d'artisti che comprendeva Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Mario Tozzi, Renato Paresce e Severo Pozzati, e il critico francese Waldemar George (che nel 1928 cura la prima monografia su De Pisis). Durante gli anni di vita a Parigi visita Londra per tre brevi soggiorni, stringendo rapporti d'amicizia con Vanessa Bell e Duncan Grant.

Rientro in Italia (1939)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1939, dopo un soggiorno a Londra, che gli serve per allargare il mercato, rientra in Italia stabilendosi a Milano. In occasione del Premio Saint-Vincent, passa un'estate nella cittadina valdostana dove ha anche l'occasione di incontrare il pittore locale Italo Mus. Si sposta in diverse città italiane: alla Galleria Firenze di Firenze, alla fine del 1941, viene organizzata la mostra "Filippo De Pisis" che comprende sessantuno oli dipinti dal 1923 al 1940. Nel 1944 si trasferisce a Venezia dove si lascia ispirare dalla pittura di Francesco Guardi e di altri maestri veneziani del XVIII secolo. Partecipa alla vita culturale della città lagunare, dove stringe amicizia e diviene maestro del pittore ferrarese Silvan Gastone Ghigi, oltre che del pittore, critico e mercante d'arte Roberto Nonveiller.

Dopo un breve soggiorno a Parigi tra il 1947 e il 1948, rientra in Italia con i primi sintomi di una malattia che lo condurrà alla morte. È a Venezia per la XXV Biennale, la prima del dopoguerra, che gli dedica una sala personale con trenta opere dal 1926 al 1948. Si parla anche di una candidatura al Gran Premio, ma un telegramma da Roma ne proibisce il conferimento a lui perché omosessuale [3], l'onorificenza verrà quindi assegnata a Giorgio Morandi.

La malattia e la morte[modifica | modifica wikitesto]

Durante il secondo ricovero neurologico (1948-49), viene sottoposto ad elettroshock presso la clinica di Villa Verde a Bologna e successivamente si trasferisce alla clinica di Villa Fiorita. I suoi arti rimangono semiparalizzati, la malattia viene identificata come polinevrite e ciò non gli permette più di lavorare. Tra il 1954 e il 55 viene trasferito all'ospedale psichiatrico di Villa Turro per il costante aggravarsi delle sue condizioni. De Pisis muore il 2 aprile 1956 a Brugherio.

Attività poetica[modifica | modifica wikitesto]

Il primo approccio alla poesia risale alla prima adolescenza quando commenta i passi di Virgilio e traduce i brani di Omero. Nel 1913, influenzato dall'opera di Giacomo Leopardi, inizia un proprio Zibaldone. Inoltre il suo stile risente di un fondo crepuscolare e dell'eco pascoliano. Egli stesso nel 1939, in una lettera a Giuseppe Marchiori, si definirà nato poeta più che pittore. Nell'estate del 1915 produce la maggior parte dei poemi in prosa che andranno a formare i Canti della Croara, brevi componimenti che trattano sensazioni allo stato geminale e in cui Leopardi e Pascoli vengono citati come divinità da interpellare.

La pittura[modifica | modifica wikitesto]

La sua pittura è influenzata in un primo momento dall'incontro con Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e Carlo Carrà, avvenuta a Ferrara intorno al 1915. Rimane affascinato dal loro modo di concepire la pittura a tal punto da condividerne lo stile metafisico nella prima parte della sua produzione. I primi quadri sono "Oggetti con numeri" del 1914 e "Le pere", premessa alla serie delle nature morte, caratterizzate da rapporti spaziali in grado di evocare una sensazione d'infinito[4]. Le opere "Marina con pesce", "Marina con melanzane", "Marina con mele" degli anni '30, sono esempi dell'influenza della pittura metafisica su De Pisis.

Ulteriore ispirazione proviene da Manet e Renoir dai quali apprende la ricchezza dei colori intensi e delle atmosfere luminose, pur mantenendo gli echi del colorismo veneto[5].

Un cambiamento di stile avviene nel 1935 durante un soggiorno a Londra; il suo tratto pittorico diventa spezzato quasi sincopato, definito da Eugenio Montale "pittura a zampa di mosca". L'amicizia con Julius Evola gli consente di approfondire i propri interessi esoterici e di introdurli nella sua produzione artistica[6]. Fra i ritratti, molto noto è quello dell'amico Mariano Rocchi del 1931, oggi conservato presso il Museo del Novecento di Milano[7].

Nel 1949-1950, De Pisis aderisce al progetto della importante collezione Verzocchi, sul tema del lavoro, inviando l'opera Piccolo fabbro e un autoritratto.

Le opere del suo ultimo periodo, realizzate durante il ricovero nella clinica di villa Fiorita a Brugherio, prendono ispirazione dai soggetti che trova nella serra della clinica: è questo il periodo delle cosiddette "tele di ragno", quadri bianchi e desolati.

Sin dagli anni 40 le opere di De Pisis vengono falsificate[8].

L’erbario depisisiano[modifica | modifica wikitesto]

Durante l’adolescenza l’artista colleziona piante disseccate e le spilla su fogli corredate di accurate didascalie scientifiche. L’attendibilità scientifica di questa catalogazione denota la sua grande passione e conoscenza botanica sin dalla precoce età. Si tratta di 1200 fogli comprendenti la flora spontanea italiana, in particolare quella dell’Emilia Romagna. I primi campioni risalgono al 1907-1908, nel 1917 viene poi donato al orto botanico di Padova, dove venne disaggregato nel 1940. Oggi, grazie al lavoro di ricostruzione avviato nel 2012 da Paola Roncarati e Rossella Marcucci, l’erbario si presenta in buono stato di conservazione[9].

Opere principali[modifica | modifica wikitesto]

  • Uomo dal cappellone 1920, Galleria Scudo, Verona.
  • Piazza Navona 1924, Collezione privata, Roma.
  • Paesaggio con aragosta 1926, Collezione Gino Brosio, Roma.
  • Ragazzo sul letto 1926, Collezione Michelangelo Masciotta, Firenze.
  • Lungo Senna, 1927
  • Mariano Rocchi1931, conservato presso il museo del 900 di Milano
  • Senza titolo, 1943, Olio su tavola, 47.5 x 22.5 cm.[10]
  • Rose bianche, 1951
  • Gallo, Casa della cultura, Palmi[11]


Molte opere di De Pisis sono conservate al Museo Novecento di Firenze nella Collezione Palazzeschi e presso la Pinacoteca di Brera

Scritti[modifica | modifica wikitesto]

  • "I Canti de la Croara", 1916
  • "Il pittore Giorgio De Chirico" Gazzetta Ferrarese, Ottobre 1916
  • "Il verbo di Bodhisattva (colui che à raggiunto la perfezone)", 1917 (con lo pseudonimo di Maurice Barthelou)
  • "Fiori e frutti nella pittura ferrarese", 16 Aprile 1917
  • "Pensieri per una nuova Arte", 15 Novembre 1918
  • "La città dalle cento meraviglie" 1920
  • "Vert-vert", 1920
  • "Il Signor Luigi B.", 1920
  • "Confessioni", 1931.
  • "Natura morta col pesce", 15 Giugno 1931.
  • "Penseri su Renoir", 31 Luglio 1913.
  • "Lettere londinesi", 20 Aprile 1935
  • "La cosiddetta "arte Metafisica", Novembre 1938.
  • "Marino Marini", 1941.
  • "Alcune poesie", 1945.
  • "Parigi di Van Gogh", 1945.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luisa Laureati e Daniela de Angelis,, Filippo De Pisis, la felicità del dipingere, Panoni, Firenze, 1996.
  2. ^ Filippo De Pisis. Biografia, su www.filippodepisis.org. URL consultato il 30 maggio 2019.
  3. ^ Luigi Marsiglia, De Pisis, la parabola del marchesino bohémien, su www.avvenire.it, 3 aprile 2016. URL consultato il 30 maggio 2019.
  4. ^ Francesco Cetta, Filippo De Pisis. Una vita per l'arte piena di vita, Aion, 2015, p. 30.
  5. ^ Luisa Laureati e Daniela De Angelis, Filippo De Pisis, la felicità del dipingere., Edizione Pananti, Firenze, 1996.
  6. ^ Filippo De Pisis, Vert-vert, a cura di Sandro Zanotto, Torino, Einaudi, 1984, p. XII.
  7. ^ La bellezza ritrovata, su flyviamilano.eu. URL consultato l'8 marzo 2017.
  8. ^ Silvia Anna Barillà, Due de Pisis da sottoporre all’Archivio, Sabato 31 marzo 2018. URL consultato il 30 maggio 2019.
  9. ^ Paola Roncarati, Rossella Marcucci, Filippo De Pisis botanico flâneur - un giovane tra erbe, ville, poesia, Ed. Leo S. Olschki, Firenze, 2012,
  10. ^ Museo Cantonale d'Arte, Lugano: Filippo de Pisis
  11. ^ Guida d'Italia - Calabria: dal Pollino all'Aspromonte le spiagge dei due mari le città, i borghi arroccati, Milano, Touring Editore, 2003. ISBN 8836512569

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Saggi critici[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]