Castello di Serravalle (Bosa)

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Castello di Serravalle
Castrum Boeçe[1]
Il castello dei Malaspina, sulla cima del colle di Serravalle
Ubicazione
StatoSignoria dei Malaspina, Giudicato di Arborea, Regno di Aragona, Regno di Spagna (XVI secolo-1713), Impero austro-ungarico (1713-1720), Regno di Sardegna (1720-1861), Regno d'Italia (1861-1946)
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegioneSardegna
CittàBosa
IndirizzoVia Canonico Nino, 08013 Bosa OR e Via Canonico Nino
Coordinate40°17′51.13″N 8°30′17.25″E / 40.297535°N 8.504791°E40.297535; 8.504791
Mappa di localizzazione: Sardegna
Castello di Serravalle (Bosa)
Informazioni generali
Tipocastello
Stilefortificazione medievale
Costruzioneseconda metà del XIII secolo-XIV secolo
Materialepietra
Primo proprietariofamiglia Malaspina dello Spino Secco
Condizione attualerestaurato
Proprietario attualeDemanio della Regione autonoma della Sardegna
Visitabile
Sito webwww.castellodibosa.com
Informazioni militari
UtilizzatoreMalaspina, Regno d'Aragona, Villamarin, Giudicato d'Arborea
Funzione strategicadifensiva e di controllo territoriale
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Il castello di Serravalle, detto anche castello Malaspina o castello di Bosa, è un complesso fortificato situato sul colle di Serravalle (81 m.s.l.), in posizione dominante rispetto al centro abitato di Bosa, in Sardegna.

Fu eretto intorno alla seconda metà del Duecento dalla famiglia toscana dei Malaspina dello Spino Secco, a seguito della dissoluzione del potere del Giudicato di Torres sul territorio[2][3][4].

I successivi dominatori arborensi, aragonesi e spagnoli lo ampliarono fino a cingere con le sue mura l’intero altopiano e lo adeguarono strutturalmente in seguito all’introduzione delle armi da sparo[5].

Situato al confine settentrionale del Giudicato di Arborea e nei pressi di quello che fu – sino al XVI secolo – uno dei principali porti della Sardegna, durante la Guerra sardo-catalana (1353-1420) fu dagli Aragonesi enfaticamente considerato «uno dei migliori e più nobili castelli del mondo e chiave di tutta l’isola»[6].

Più volte defunzionalizzato e dismesso nei secoli successivi, sino a divenire rifugio, dal Settecento, della popolazione più povera della città[7][8], fu recuperato come patrimonio culturale dopo i restauri del 1893.

È tra i monumenti più rappresentativi di Bosa[9].

Datazione[modifica | modifica wikitesto]

Seppure sia stata ipotizzata l'esistenza, nello stesso sito, di antecedenti sistemi di difesa, ancorché precari, prima dell'anno Mille[10], è alla famiglia toscana dei Malaspina che si deve, a partire dal XIII secolo, la costruzione del primo nucleo della fortezza medievale che ancora oggi campeggia sul colle di Serravalle[11].

La data della sua edificazione fu erroneamente fissata – dall'umanista Giovanni Francesco Fara (1543-1591) – nel 1112[12] o nel 1121[13]. La fonte di una tale ricostruzione storica era una cronaca quattro-cinquecentesca a carattere propagandistico, redatta in ambienti sardo-pisani, e diretta a legittimare retrospettivamente i diritti dei Doria e dei Malaspina sulla Sardegna, anche retrodatando le origini dei loro domini sardi, in funzione antiaragonese[14][15][16]. Infatti, nel 1297, papa Bonifacio VIII aveva istituito il Regno di Sardegna, che aveva poi concesso al re Giacomo II di Aragona. Da quel momento, i signori locali liguri e toscani – che prima dell'investitura degli aragonesi avevano instaurato proprie signorie nelle terre del Giudicato di Torres – furono dapprima costretti a dichiararsi vassalli degli Aragona, per poi venire estromessi dai loro domini in Sardegna, da ciò discendendone aspre contese e rivendicazioni[17].

Assodata l'inattendibilità della datazione tradizionalmente proposta, le fonti documentarie e le risultanze degli scavi archeologici hanno definitivamente smentito che il castello risalga al XII secolo e hanno consentito di fissarne la costruzione intorno alla seconda metà del Duecento, in corrispondenza della dissoluzione dell'apparato amministrativo del giudicato di Torres, infine disgregatosi con la morte della giudicessa Adelasia di Torres nel 1259[2][3][18].

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il castello si trova sulle alture del colle di Serravalle (81 m.s.l.), sulle cui pendici meridionali e occidentali sorge il quartiere medievale di Sa Costa, separato dalla fortificazione da uno spazio di sicurezza (forse di dimensioni pari almeno alla gittata delle armi da lancio e probabilmente chiuso, in origine, da palizzate o altri accorgimenti)[19].

La cinta muraria del castello, per una lunghezza di 352 m, si estende fino ad abbracciare l'intero altopiano (circa un ettaro), all'interno del quale si colloca la fortificazione vera e propria (circa 2000 mq). Le mura sono intervallate da sette torri.

Gli Aragonesi, impossessatisi del castello tra il XIV e il XV secolo, lo adeguarono per l'introduzione dell'artiglieria, abbassando alcune torri e costruendo spalti terrapienati così da installarvi, in posizione sopraelevata, le armi da fuoco.

Nella piazza d'armi del castello, trovavano spazio i locali di servizio (magazzini, forno, stalle, cisterne, etc.), nonché la cappella palatina di Nostra Signora de Sos Regnos Altos. All'interno della stessa sono stati rinvenuti una serie di affreschi risalenti al Trecento[20].

Il Castello nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1980, le Poste Italiane dedicarono al Castello un francobollo da 450 lire, facente parte della raccolta nota come "Castelli d’Italia".

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Trattato, sottoscritto a Lucca il 2 novembre 1308, tra il re d’Aragona e i Malaspina, vedi Alessandro Soddu (a cura di), I Malaspina e la Sardegna. Documenti e testi dei secoli XII-XIV (PDF), Sassari, CUEC editrice, 2005, p. 52, doc. 82.
  2. ^ a b Marco Milanese, Il castello di Bosa, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, p. 301, ISBN 978-88-7138-913-4, OCLC 990141618. URL consultato il 12 marzo 2023.
  3. ^ a b Alessandro Soddu, Il castello Malaspina di Bosa. Fonti cronachistiche e documentarie, in Santu Antine. Studi e Ricerche nel Museo della Valle dei Nuraghi, Terralba, 1996, pp. 91-100.
  4. ^ Alessandro Soddu, La città di Bosa tra giudici di Torres e Malaspina, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, pp. 291-293, ISBN 978-88-7138-913-4, OCLC 990141618. URL consultato il 12 marzo 2023.
  5. ^ Marco Milanese, Archeologia delle piazzeforti spagnole della Sardegna nord-occidentale (Alghero, Bosa e Castelsardo), in Archeologia Postmedievale, n. 13, 2009, pp. 163-165.
  6. ^ Rafael Conde y Delgado de Molina, El trafico comercial entre la Corona de Aragón y Pisa en 1414 segun los libros de la lezda de Collioure, in Studi di Storia economica toscana nel Medioevo e nel Rinascimento in memoria di Federigo Melis, Pisa, 1987, Frontespizio.
    «Un dels excellents e nobles castells del mon, e […] clau de tota la isla de Sardenya»
  7. ^ Antonio Francesco Spada, Chiese e feste di Bosa, Zonza, 2003, p. 126, ISBN 88-8470-082-5, OCLC 52069075. URL consultato il 12 marzo 2023.
  8. ^ Antonio Francesco Spada, Probabili chiese del primo millennio a Bosa, in Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco (a cura di), Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, pp. 283, ISBN 978-88-7138-913-4, OCLC 990141618. URL consultato il 12 marzo 2023.
  9. ^ Alessandro Farina, Tanti turisti a Bosa e tra i monumenti il castello è superstar, in La Nuova Sardegna, 30 marzo 2016.
  10. ^ È stata anche ipotizzata la preesistenza al castello della chiesa palatina (Fernanda Poli, La chiesa del Castello di Bosa: gli affreschi di Nostra Signora de sos Regnos Altos, Edes, 1999, p. 22), di un tempio punico (Piero Bartoloni, Bosa all'alba del primo millennio a.C., in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, p. 48) e di strutture nuragiche (Alberto Moravetti, Preistoria e protostoria nel territorio di Bosa, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Carlo Delfino editore, Sassari, 2016, p. 23).
  11. ^ Fernanda Poli, Bosa medievale. Il castello e la chiesa palatina, Duodha edizioni, 2012, passim.
  12. ^ (LA) Giovanni Francesco Fara, De rebus Sardois, II, Cagliari, Monteverde, 1838 [1580-1585], p. 89, SBN IT\ICCU\TO0\1178002. URL consultato il 9 gennaio 2016.
    «Anno 1112 marchiones Malaspina classe instructa Sardiniam appurerant, et urbem Bosam-novam, ut referunt Hispani auctores condiderunt»
  13. ^ (LA) Giovanni Francesco Fara, De chorographia Sardiniae, I, Cagliari, Monteverde, 1838 [1580-1585], p. 89, SBN IT\ICCU\TO0\1178002. URL consultato l'8 gennaio 2016.
    «Veteri ac destructa urbe fuit a Marchionibus Malaspinae anno circiter 1121, nova constructa Bosa, mari vicinior, ad fluvii dexteram oram, et montis radicem, qua meridiem spectat, moeniisque cincta»
  14. ^ Evandro Putzulu, Una sconosciuta cronaca sarda del 400 (sec. XI-XV), in Nuovo Bullettino bibliografico Sardo, n. 8-11, Cagliari, 1956, p. 3.
  15. ^ David Abulafia, Le due Italie, Napoli, 1991.
  16. ^ Rosalind Brown, Alghero prima dei Catalani, in AA.VV., Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo. Storia di una città e di una minoranza catalana in Italia (XIV-XX secolo), a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna, Sassari, 1994, pp. 49-58.
  17. ^ Alessandro Soddu, I Malaspina e la Sardegna. Documenti e testi dei secoli XII-XIV, 1. ed, Sassari, CUEC editrice, 2005, pp. XVIII e ss., ISBN 88-8467-293-7, OCLC 65215120. URL consultato il 13 marzo 2023.
  18. ^ Paolo Maninchedda, Nazionalismo, cosmopolitismo e provincialismo nella tradizione letteraria della Sardegna (secc. XV-XVIII), in Revista de Filología Románica, vol. 17, 2000, pp. 171-196.
  19. ^ Gabriella Gasperetti, Governare un territorio. L'ager Bosanus dall'età tardo antica al periodo signorile: archeologia, struttura urbana, topografia. Bosa e il suo territorio, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall’età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, pp. 231 ss..
  20. ^ Bosa, Chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos, su sardegnacultura.it. URL consultato il 3 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 22 ottobre 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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