Regno Lombardo-Veneto

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Regno Lombardo-Veneto
Stemma
Bandiera
Dati
Superficie 46.991 kmq
Popolazione 6.357.800 circa
Capitale fino al 1859 Milano e Venezia, poi dal 1859 solo Venezia
Lingua ufficiale Italiano all'interno dello stato, tedesco nei rapporti tra Lombardo-Veneto e Impero d'Austria
Forma di governo Monarchia
Valuta Lira austriaca
Esistenza 18151866
Stato predecessore File:Flag of the Regno Italico 1805.png Regno d'Italia
Stato successore Regno d'Italia
Template:Storia Veneto

Il Regno Lombardo-Veneto fu uno Stato dipendente dall’Impero Austriaco, concepito dal cancelliere Klemens von Metternich all’inizio della Restaurazione seguita allo sfacelo dell’impero napoleonico, e sancito dal Congresso di Vienna. Il Lombardo-Veneto venne amputato di quasi tutta la Lombardia (eccetto la provincia di Mantova) nel 1859 e cessò nel 1866 con l’annessione del Veneto (con la provincia di Mantova e la provincia di Udine) al Regno d'Italia.

Storia del Regno

La sconfitta napoleonica in Italia

Lo stesso argomento in dettaglio: Caduta del Regno Italico.

Il 20 agosto 1813 l’Austria dichiarò guerra a Napoleone, reduce dalla disastrosa campagna di Russia ed abbandonato dai Prussiani. Essa costituì una armata per invadere l’Italia affidata al feldmaresciallo Heinrich Bellegarde, che fu sconfitto dall’esercito del Regno d'Italia del Viceré Eugenio di Beauharnais sul Mincio l’8 febbraio 1814.

Nei due mesi successivi la posizione di Beauharnais peggiorò però sensibilmente, a causa del passaggio del Regno di Napoli di Gioacchino Murat all’alleanza con l'Austria l'11 gennaio, del successo della parallela offensiva austro-prussiana sulla Francia che portò il 31 marzo all'occupazione di Parigi e il 6 aprile all'abdicazione di Napoleone, e di una congiura anti-francese a Milano, sostenuto dalla meglio nobiltà milanese, che sfociò il 20 aprile nel saccheggio del Senato e nel massacro del ministro Prina: fu così che il 23 aprile il Viceré dovette firmare a Mantova la capitolazione[1]. Il 26 aprile il commissario austriaco Annibale Sommariva prendeva possesso della Lombardia a nome del feldmaresciallo Bellegarde, e il 28 aprile Milano veniva occupata da 17.000 soldati austriaci.

Il 25 maggio Bellegarde sciolse la Reggenza del Regno d'Italia, che cessava di esistere, ed assunse i poteri come Commissario plenipotenziario delle province austriache in Italia per il nuovo sovrano, l’Imperatore Francesco I d'Asburgo. Il 12 giugno assunse la carica di Governatore generale in conseguenza dell'annessione della Lombardia già milanese all'Impero, proclamata il giorno stesso.

La genesi del Regno

Confini del Regno

La caduta di Napoleone avrebbe dovuto, nei piani delle Potenze vincitrici, riportare l'Europa a quella che era prima del 1789, senonché la profondità dei cambiamenti portati dalla conquista francese, unita ad alcuni vantaggi territoriali che qua e là le antiche dinastie avevano ottenuto negli ultimi cinque lustri, consigliarono l'apertura a Vienna di un grandioso Congresso per la risistemazione dell'Europa.

L’Austria poteva riannettere sotto il suo governo diretto i territori italiani che le appartenevano da lunga data per dominio diretto, cioè Trento, Trieste e Gorizia, o indiretto, come l'antico Ducato di Milano (Milano, Como, Pavia, Lodi, Cremona) e il connesso Ducato di Mantova - annessione sancita giuridicamente il 12 giugno da un proclama di Bellegarde, ripetitivo di una sanzione imperiale del giorno 7 - ma, differentemente, l'antica Repubblica di Venezia, per la quale l'unico diritto risaliva al disconosciuto Trattato di Campoformio (1797), non poteva avere medesima sorte: lì l'annessione allo stato austriaco era legittimato unicamente dall’accordo delle potenze vincitrici al Congresso di Vienna, che fu ottenuto solo a fronte della rinuncia ai diritti dinastici degli Asburgo sui Paesi Bassi cattolici (l'attuale Belgio). Per comprendere l'utilità, per Vienna dello scambio, basti ricordare il classico argomento del Carlo Cattaneo, il quale sempre sostenne che dal 'Lombardo Veneto' Vienna traeva un terzo delle gravezze dell'impero, benché facessero solo un ottavo della popolazione[2]. Ben sintetizzò la situazione Giuseppe Martini[3]: «Apertesi le trattative intorno alle cose d'Italia, e volendo quivi, siccome ne faceva pubblica promessa il congresso viennese, incominciare le sue decisioni da un grande atto di giustizia, statuì che l'Austria rientrerebbe in possesso di Milano e di Mantova; acquisterebbe altresì gli Stati veneti di terraferma con la giunta di alcuni territorii che, per antichi accordi fra i potentati italiani, appartennero un tempo agli Stati di Parma e di Ferrara; acquisterebbe ancora, non solo le terre della Valtellina con le contee di Bormio e di Chiavenna, siti molto opportuni a sopravvedere dappresso le cose della Svizzera, ed in caso di bisogno, introdurvi dissensioni, ma più lungi, in fondo alla Dalmazia, quelle che una volta componevano la repubblica di Ragusi».

I territori già veneti sulla costa orientale adriatica furono dunque aggregati direttamente all'Austria, ma Milano e Venezia erano tradizionalmente legittimate,, per antica consuetudine, a godere di governi autonomi (anche se, nel caso di Milano, sotto sovrano straniero). Occorreva quindi riorganizzare tali territori in una entità amministrativa apparentemente autonoma, anche se unita all’Austria dalla persona del sovrano. La soluzione scelta fu di creare un unico Regno con una capitale ed due governi, cui venne dato il nome di 'Regno Lombardo-Veneto'.

Il nome venne scelto ad esito di un, non breve, dibattito. Gli austriaci (o i loro alleati) non vollero conservare il nome scelto da Napoleone, Regno d'Italia. Vi sono evidenze che si prese in considerazione la dizione Ost und West Italien (Italia orientale ed occidentale), e perfino österreichische Italien (Italia austriaca). Vennero infine scartate dizioni eccessivamente legate ad una delle due capitali o regioni: d’altra parte, Milano e le Venezie non erano mai state unite sotto un’unica corona sin dalla caduta del Regno Longobardo e non esisteva alcun termine per definire unitariamente i due territori. Si preferì quindi pronunciarle entrambe, con l'intento di stimolare un senso di avvicinamento che rendesse possibile un futuro unitario tra le popolazioni lombarde e quelle venete. La difficile onomastica segnalava bene, tuttavia, la artificiosità della nuova creazione amministrativa.

L’istituzione del Regno

File:Francis I.jpg
Francesco I, primo sovrano del Lombardo-Veneto fino alla sua morte nel 1835.

Il 7 aprile 1815 veniva annunciata la costituzione degli Stati austriaci in Italia in un nuovo Regno del Lombardo-Veneto. Esso veniva costituito in base al Trattato di Vienna aggregando i territori dei soppressi Ducato di Milano, Ducato di Mantova, Dogado e Domini di Terraferma della Repubblica di Venezia, oltre alla Valtellina già parte della Repubblica delle Tre Leghe, e all'Oltrepò ferrarese già pontificio, mentre lo Stato da Màr, già sottoposto alla Serenissima, ne fu invece escluso incorporandolo direttamente ai territori dell'Impero.

Il Regno fu affidato a Francesco I d'Asburgo-Lorena, Imperatore d'Austria e re del Lombardo-Veneto. Il re e imperatore avrebbe governato attraverso un Viceré, con residenza a Milano e a Venezia, nella persona dell’Arciduca Ranieri che era austriaco e fratello dell’Imperatore.

Lombardia e Veneto, separate dal Mincio, ebbero ciascuna un governo proprio Consiglio di Governo, affidato ad un Governatore, e distinti organismi amministrativi dette Congregazioni Centrali, alle cui dipendenze stavano le amministrazioni locali, tra cui le Congregazioni Provinciali e le Congregazioni Municipali.

Le competenze del Governatore,attraverso il Consiglio di Governo, erano assai ampie e riguardavano: censura, amministrazione generale del censo e delle imposizioni dirette, direzione delle scuole, lavori pubblici, nomine e controllo delle Congregazioni Provinciali. Oltre, naturalmente, al comando dell’esercito imperiale stanziato nel Regno, che, negli anni successivi si sarebbe occupato soprattutto di garantire l’ordine pubblico.

L’amministrazione finanziaria e di polizia, infine, era sottratta al Consiglio di Governo ed attribuita direttamente al governo Imperiale a Vienna, che agiva attraverso un Magistrato camerale (Monte di Lombardia, zecca, lotto, intendenza di finanza, cassa centrale, fabbricazione di tabacchi ed esplosivi, uffici delle tasse e dei bolli, stamperia reale, ispettorato dei boschi e agenzia dei sali), un Ufficio della Contabilità, una Direzione generale della Polizia.

Considerata la eccezionale centralizzazione del potere nelle mani del Governatore, nominato da Vienna, e del governo imperiale, ben si comprende come il ruolo del Viceré fosse assai marginale, ridotto a mera rappresentanza. A tal fine egli manteneva splendidi palazzi, ove teneva corte.

La marginalizzazione del patriziato locale

Tutte le alte cariche del Regno erano, naturalmente, di nomina regia, mai elettive. In gran parte erano affidate ad austro-tedeschi e comunque tutti austro-tedeschi furono, sempre, i governatori, la grandissima parte degli ufficiali stanziati in Italia (mentre la truppa rispecchiava l’eterogenea composizione delle popolazioni dell’impero) ed il Viceré: i forestieri godevano, quindi, del controllo quasi assoluto sulla vita del Regno. Famoso, a tal proposito, un colloquio del 1832 fra il nobile lombardo Paolo de' Capitani e Metternich: "Che necessità c'è di far occupare ogni posto notevole da Tirolesi e da sudditi di altre province?"[4].

Al patriziato locale, italiano, non restava che il governo delle Congregazioni Provinciali e Municipali, cioè posizioni assolutamente secondarie. Le Congregazioni Municipali, ad esempio, curavano solamente la manutenzione di edifici comunali, chiese parrocchiali e strade interne, gli stipendi dei propri dipendenti e della polizia locale.

Per completare il quadro, il 1 gennaio 1816 entrarono in vigore i codici civile e penale austriaci. Ciò che azzerò ogni possibilità di intervento italiano, sia pur attraverso il Consiglio di Governo.

Le debolezze intrinseche del Regno

Ai sudditi lombardi e veneti il nuovo Regno del Lombardo-Veneto apparve, da subito, poco più che una finzione. Essi si rendevano ben conto come l’interezza del potere fosse affidato al governo viennese, sotto predominio austro-tedesco.

I "tedeschi" erano onnipresenti e sottraevano al patriziato ed agli intellettuali italiani grandi spazi che, in un regno realmente autonomo, sarebbero spettati loro.

Non solo: si trattava di un drastico peggioramento rispetto al Regno d'Italia, il quale era, sì, retto da un Re (Napoleone) e da un viceré (Eugenio) francesi, che ne avevano fatto un protettorato di Parigi, ma godeva di una amministrazione autonoma e quasi totalmente nazionale, come pure di un esercito nazionale, ove numerosi erano gli ufficiali italiani.

In definitiva, sembrava ai più che il governo austriaco, ancorché efficiente, non rispettasse i diritti tradizionali della Lombardia e di Venezia e che, quindi, non godesse di alcuna legittimità. Né, come evidente, v’era la minima possibilità che tale legittimità venisse recuperata attraverso un processo costituzionale.

Queste considerazioni furono alla base della perenne instabilità politica in visse il Regno, almeno sin dal 1820. E della grande disponibilità delle élite e delle popolazioni a sostenere le guerre di liberazione.

Riduzione e cessazione del Regno

Il 22-23 marzo 1848 al termine delle Cinque giornate di Milano, gli Austriaci vennero cacciati da Milano e da Venezia. I due Consigli di Governo furono sostituiti dall'auto-proclamato Governo Provvisorio di Lombardia e dalla restaurata Repubblica di San Marco.

Il 9 agosto 1848 con l'Armistizio di Salasco, seguito alla vittoria austriaca del 24-25 luglio a Custoza sulle truppe sarde, terminò la prima fase della prima guerra di indipendenza: Milano venne rioccupata ed il Governo Provvisorio di Lombardia viene sciolto. Il 22-23 marzo 1849 Carlo Alberto venne di nuovo sconfitto a Novara e abdicò in favore di Vittorio Emanuele II. Il successivo 24 agosto, dopo un lungo assedio, Venezia si arrese agli Austriaci.

Il Regno Lombardo-Veneto sopravvisse alla perdita della Lombardia (con l’eccezione di Mantova) al termine della seconda guerra di indipendenza nel 1859, per decadere nel 1866, al termine della terza guerra di indipendenza.

Governanti del Regno: Re, Viceré e Governatori

L'Imperatore Francesco Giuseppe, Re del Lombardo-Veneto dal dicembre 1848, in un dipinto del 1853.

Al trono del Lombardo-Veneto si sono succeduti i seguenti Sovrani:

I Sovrani hanno regnato attraverso i seguenti Viceré:

I Viceré hanno retto il Regno attraverso i seguenti governatori o luogotenenti:

Amministrazione locale

I due Governi della Lombardia e del Veneto erano suddivisi in diciassette Province. Ciascuna Provincia era retta da una Delegazione Provinciale, istituita per la prima volta il 1°febbraio 1816.

Province Lombarde

Province Venete

Suddivisione provinciale del Regno.

Ogni Provincia era suddivisa in Distretti, di cui 127 in Lombardia e 91 nel Veneto. Ogni Distretto era suddiviso in Comuni, cellule di base dell'amministrazione pubblica. A secondo della loro popolazione, i Comuni potevano appartenere a tre classi differenti: i Comuni di I classe, cioè i capoluoghi controllati direttamente dalle Delegazioni Provinciali, avevano un Consiglio Comunale di non più di 60 membri; i Comuni di II classe, dotati di un Consiglio Comunale di almeno 30 membri, erano sottoposti ad un Cancelliere del Censo; i Comuni di III classe, i più piccoli, erano diretti dall'Assemblea dei proprietari che si riuniva una volta l'anno, alla presenza del Cancelliere del Censo, per nominare i funzionari e per approvare il bilancio e i tributi, mentre nella restante parte dell'anno venivano delegati tre proprietari per l'ordinaria amministrazione.

Ordinamento giudiziario

Alla struttura amministrativa era abbinato l'ordinamento giudiziario. Ciascun capoluogo provinciale era sede di un tribunale di primo grado, mentre nei due centri regionali di Milano e Venezia erano presenti due corti d'appello. Al vertice del sistema si trovava il Senato, la Corte di Cassazione del Regno, che era stabilita a Verona.

Lingue del Regno

Idioma ufficiale del Regno Lombardo-Veneto era l'italiano, lingua nella quale veniva impartita l'istruzione elementare, che era obbligatoria e gratuita per tutti i bambini del Regno. La popolazione parlava abitualmente le lingue locali: lombardo, veneto, friulano e ladino. Era presente anche un 2% di minoranze tedesche nelle province di Vicenza e Belluno, e slovene in provincia di Udine.

Note

  1. ^ nella quale poneva il proprio esercito (45’000 uomini in armi, vittoriosi alla recente grande battaglia del Mincio) agli ordini del Bellegarde e, il 27 partiva per Monaco di Baviera.
  2. ^ Carlo Cattaneo, dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra, Memorie, Lugano, Tipografia della Svizzera Italiana, febbraio 1849.
  3. ^ "Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834 : parte prima 1814-22"
  4. ^ Francesco Arese, La Lombardia e la politica dell'Austria, Archivio storico lombardo, LXXVIII
  5. ^ Comprendente il circondari di Saronno, Busto Arsizio e Gallarate, entrati nella Provincia di Varese dal 1927.
  6. ^ Comprendente la Valcamonica, bresciana dal 1861.
  7. ^ Comprendente il circondario di Varese, incluso in una provincia separata nel 1927, e la grandissima parte dell'attuale Provincia di Lecco istituita nel 1992.
  8. ^ Comprendente, come da etimologia, il circondario di Crema divenuto cremonese nel 1861.
  9. ^ Comprendente il circondario di Abbiategrasso, milanese dal 1861, ma escludente la Lomellina e l'Oltrepò, all'epoca parte del Regno di Sardegna.
  10. ^ Comprendente il delta sinistro del Po, rovigoto dal 1866.
  11. ^ Escluse le valli ladine, all'epoca tirolesi.
  12. ^ Comprendente l'attuale Provincia di Pordenone istituita nel 1968, ma escludente le valli di Tarvisio, all'epoca alla Carniola.