Rastrellamento di Marsiglia

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Rastrellamento di Marsiglia
Deportazione degli ebrei marsigliesi alla stazione di Arenc.
Tiporastrellamento
Data inizio22 gennaio 1943
Data fine24 gennaio 1943
LuogoMarsiglia
StatoBandiera della Francia Francia
ResponsabiliSIPO-SD, Wehrmacht, Polizia francese

Il rastrellamento di Marsiglia (in francese Rafle de Marseille) fu una retata effettuata dalle truppe tedesche con la collaborazione con polizia francese il 22, 23 e 24 gennaio 1943 che portò all'arresto di circa 6.000 persone, 1.642 delle quali furono deportate (tra loro 781 ebrei). I fatti si svolsero principalmente nel quartiere del Porto vecchio di Marsiglia. L'azione, ordinata da Heinrich Himmler, fu diretta dal generale Carl Oberg, responsabile della Ordnungspolizei in Francia, coadiuvato dalla polizia francese comandata da René Bousquet. Nei giorni successivi la retata il quartiere venne fatto evacuare dei suoi circa 20.000 abitanti, minato e distrutto.

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Evacuazione del Porto Vecchio.

In seguito all'invasione italo-tedesca della zona libera, le truppe tedesche occuparono Marsiglia dal 12 novembre 1942. Numerosi attacchi colpirono le forze d'occupazione tedesche. Il 3 gennaio 1943, in due differenti attacchi rimasero uccisi ufficiali e soldati tedeschi. I nazisti decisero quindi di effettuare delle rappresaglie, confermate dalla direttiva segreta firmata da Heinrich Himmler il 18 gennaio 1943:

  • l'arresto di criminali a Marsiglia e la loro deportazione in Germania, con "una cifra tonda di circa 8.000 persone";
  • la distruzione del "quartiere criminale";
  • la partecipazione della polizia francese e della "guardia mobile di riserva" a queste operazioni.

L'operazione tedesca mirava soprattutto a smantellare il quartiere del Porto Vecchio, popolarmente noto come la petite Naples (Piccola Napoli). Questo popolare quartiere, caratterizzato da stretti vicoli e abitato principalmente da immigrati italiani, ma anche da ebrei, greci, spagnoli e nordafricani, costituiva la parte più antica del tessuto urbano marsigliese[1]. L'area, proprio per la sua conformazione, e la presenza di esuli antifascisti italiani e spagnoli, era considerata dalle autorità tedesche una delle roccaforti cittadina della Resistenza locale. Inoltre, secondo le istruzioni di Himmler, la popolazione rastrellata doveva essere evacuata nei campi di concentramento della zona nord (in particolare a Compiègne), mentre il quartiere doveva essere perlustrato dalla polizia tedesca, assistita dai suoi omologhi francesi, e gli edifici infine fatti brillare.

I fatti[modifica | modifica wikitesto]

Municipio di Marsiglia, 23 gennaio 1943. Da sinistra a destra: non identificato (di profilo), Bernhard Griese (in giacca di pelle), Antoine Lemoine, prefetto, Rolf Mühler (con il berretto), KdS, René Bousquet (in pelliccia), segretario generale della polizia di Vichy, Pierre Barraud, sindaco di Marsiglia.

Da parte francese, il rastrellamento fu posto sotto il comando di René Bousquet, segretario generale delle forze di polizia del regime di Vichy, Antoine Lemoine, prefetto regionale di Marsiglia, e Maurice de Rodellec du Porzic, intendente delle forze di polizia di Marsiglia (direttore dei servizi di polizia della città di Marsiglia dal 12 ottobre 1940). In tutto vennero mobilitati 12.000 funzionari, gendarmi, agenti di polizia e guardie mobili francesi[1].

Da parte tedesca, il rastrellamento fu supervisionato da Carl Oberg, generale delle SS e della polizia francese, Bernhard Griese, colonnello della Ordnungspolizei, Rolf Mühler, capo del comando della polizia di sicurezza, e dal generale Hans-Gustav Felber della Wehrmacht.

Il 14 gennaio 1943, a nome di Pierre Laval, Bousquet chiese di posticipare il rastrellamento di una settimana per organizzare meglio l'operazione e far arrivare altri rinforzi di polizia. Inoltre, mentre i nazisti avevano programmato di rastrellare solo il I arrondissement, Bousquet propose di estendere l'operazione a tutta la città. Secondo lo storico Maurice Rajsfus, egli chiese e ottenne da Oberg quindi una completa libertà d'azione per la polizia francese.

Il 22 e 23 gennaio 1943, il rastrellamento si estese al quartiere dell'Opéra, dove vivevano molte famiglie ebree in virtù della vicinanza alla grande sinagoga di rue Breteuil[1][2]. Duecentocinquanta famiglie furono radunate di prima mattina con una brutalità inaudita: le persone furono portate via con gli abiti che indossavano al momento dell'irruzione, senza bagagli o effetti personali; le famiglie furono separate dal momento dell'arresto e non furono mai più riunite. In questo quartiere si registrava anche una consistente presenza malavitosa, compresi dei delinquenti alle dipendenze della Gestapo, il che può spiegare la violenza degli esecutori.

Il 24 gennaio la prefettura delle Bocche del Rodano emise il seguente comunicato[3]:

«Per motivi militari e per garantire la sicurezza della popolazione, le autorità militari tedesche notificarono all'amministrazione francese l'ordine di evacuare immediatamente il quartiere settentrionale del Porto Vecchio. Per motivi di sicurezza interna, l'amministrazione francese aveva deciso di condurre un'operazione di polizia su larga scala per liberare Marsiglia da alcuni elementi le cui attività rappresentavano un serio rischio per la popolazione. Le autorità francesi hanno fatto di tutto per non confondere le due operazioni. Forze di polizia molto numerose effettuarono numerose perquisizioni in città. Interi quartieri sono stati circondati e sono stati effettuati controlli di identità. Più di 6.000 persone sono state arrestate e 40.000 identità sono state controllate.»

Nei tre giorni del rastrellamento furono controllate circa 40.000 persone. Di queste 6.000 furono tratte in arresto. Secondo i dati del Memoriale della Shoah, furono deportati in totale 1.642 residenti a bordo di carri bestiame dapprima al campo di Fréjus, poi a quello di Royallieu e infine a Drancy, ultimo campo di transito prima del viaggio finale versi campi in Germania e in Polonia. Circa 800 ebrei finirono a Sobibor, mentre più di 700 persone, tra cui 200 ebrei e 600 "sospetti" (stranieri clandestini, zingari, omosessuali, "vagabondi" senza indirizzo o chiunque non fosse in grado di esibire una tessera alimentare o fosse appena uscito di prigione) furono inviati a Sachsenhaussen[1].

Il 30 gennaio Le Petit Marseillais riportava:

«Va notato che l'evacuazione della parte settentrionale del Vecchio Porto è stata effettuata esclusivamente dalla polizia francese e non ha dato luogo ad alcun incidente.»

La distruzione del quartiere del Porto Vecchio[modifica | modifica wikitesto]

La veduta del quartiere del Vecchio Porto fotografato dal ponte trasportatore prima della sua distruzione.
La distruzione del quartiere.

Una settimana dopo il rastrellamento, a partire dal 1º febbraio 1943, i tedeschi diedero il via all'operazione Sultan, volta a smantellare l'area a nord del Porto Vecchio. Circa 20.000 abitanti del quartiere furono fatti frettolosamente evacuare, mentre gli ingegneri nazisti minarono tutto il quartiere. Le distruzioni si protrassero per nove giorni. Complessivamente furono distrutti 1.500 edifici e l'intera zona, di una superficie pari a 14 ettari, fu ridotta a un cumulo di macerie[2].

Lo smantellamento del quartiere che si estendeva lungo la riva nord del Porto Vecchio era già stato discusso nel XVIII secolo. Nel corso dei secoli furono elaborati diversi progetti di risanamento. Durante la guerra, un piano di sviluppo urbano fu elaborato da architetti impegnati nella causa della Révolution nationale attuata dal regime di Vichy. I primi lavori di smantellamento erano iniziati nell'autunno del 1942. Un intero quartiere era già stato demolito all'inizio del XX secolo, il "terrain de derrière la Bourse", lasciato come un terreno incolto per cinquant'anni. Il 21 ottobre 1942, Louis Gillet aveva scritto nella rivista municipale:

«Suburra oscena, una delle fogne più impure, dove si raccoglie la feccia del Mediterraneo [...] Questo è l'impero del peccato e della morte. Questi quartieri patrizi, abbandonati alla feccia, alla miseria e alla vergogna, quale modo migliore per svuotarli del loro pus e rigenerarli?»

Dei 20.000 evacuati, circa 12.000 furono deportati nel campo di Frejus[4].

La ricostruzione dell'area nord del Porto Vecchio fu completata solo nel 1956. L'igiene e l'urbanistica sono state utilizzate per mascherare una gigantesca opera di spoliazione e speculazione.

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Maurice de Rodellec du Porzic, ufficiale di marina e intendente della polizia marsigliese fu arrestato alla Liberazione per il suo coinvolgimento nella distruzione del Porto Vecchio e nei rastrellamenti del gennaio 1943. Rilasciato il 9 dicembre 1945, fu reintegrato nella Marina come ufficiale nel novembre 1946, con il pieno riconoscimento dei suoi diritti alla pensione. Uno dei suoi figli, Ivan de Rodellec du Porzic, si arruolò nei Volontari francesi contro il bolscevismo (LVF) e risultò disperso sul fronte orientale.

Il 29 maggio 2019 la procura di Parigi ha aperto un fascicolo per crimini contro l'umanità[2].

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Immagini del rastrellamento[modifica | modifica wikitesto]

Immagini della riunione preparatoria in Municipio il 23 gennaio 1943[modifica | modifica wikitesto]

Immagini della deportazione alla stazione di Arenc[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Jacques Delarue, Trafics et crimes sous l’Occupation, Le Livre de poche, 1971.
  • Gérard Guicheteau, Marseille 1943, la fin du Vieux-Port, éditions Le Provençal, 1973.
  • Maurice Rajsfus, La Police de Vichy. Les forces de l’ordre françaises au service de la Gestapo, 1940/44 (Le Cherche Midi éditeur, 1995 - in particular chapter XIV, La Bataille de Marseille, pp. 209–217)
  • Ahlrich Meyer, Marseille 1942-1944. Le regard de l’occupant, photographies de propagande de la Wehrmacht (édition bilingue), Bremen, Éditions Temmen, 1999.
  • Robert Mencherini (dir.), Provence-Auschwitz. De l’internement des étrangers à la déportation des Juifs 1939-1944, Aix-en-Provence, éd. PUP, 2007.
  • Christian Oppetit (dir.), Marseille, Vichy et les nazis, Marseille, Amicale des déportés d’Auschwitz et des camps de Haute-Silésie, 1993.
  • Maurice Rajsfus, Les forces de l’ordre françaises au service de la Gestapo, 1940/44, in La Police de Vichy, Le Cherche midi, 1995..
  • Anne Sportiolo, « Le Vieux-Port de Marseille », L'Histoire, n. 16, octobre 1979.
  • Jean Contrucci, Histoire de Marseille illustrée, Le Pérégrinateur éditeur, 2007.
  • Renée Dray-Bensousan, Les Juifs à Marseille 1939-1944, Éditions les Belles Lettres, 2004.
  • Maurice Gouiran, Train Bleu, Train Noir, Éditions Jigal, mars 2007.
  • Donna F. Ryan - The Holocaust & the Jews of Marseille: the enforcement of anti-Semitic policies in Vichy France. University of Illinois Press (1 settembre 1996) ISBN 0252065301

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