Fratelli Calvi

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I quattro fratelli Calvi.

I quattro fratelli Calvi, Natale (1887-1920), Attilio (1889-1916), Santino (1895-1917) e Giannino (1899-1919), furono militari e ufficiali degli alpini, che operarono durante la prima guerra mondiale. I due fratelli maggiori Natale e Attilio furono impegnati anche in Libia nel corso della guerra italo-turca.

Nel corso degli anni taluni hanno rappresentato la storia dei fratelli quasi come un mito, voluto e mantenuto dalla retorica della politica del tempo, successivamente tramontato con il mutamento del contesto politico. In questo non va dimenticato che al tempo dei fatti la società era ancora animata dai valori e dagli ideali che il risorgimento aveva trasmesso e che potevano essere vissuti fino al sacrificio.[1]

Biografie[modifica | modifica wikitesto]

Nati verso la fine del XIX secolo a Piazza Brembana, paese dell'alta Val Brembana in provincia di Bergamo, da Gerolamo (1859-1919), sindaco di Piazza Brembana dal 1893 al 1917 e presidente del Mandamento di Piazza; e da Clelia Pizzigoni (1868-1953). I genitori si sposarono ad Antegnate nel 1885 ed ebbero dieci figli, di cui sette maschi; di questi due maschi morirono poco dopo la nascita, mentre Riccardo, nato nel 1901, morirà nel 1907. Le tre figlie sono Elisa, Rosa Margherita e Olga.[1]

Natale[modifica | modifica wikitesto]

Natale Calvi, noto anche con lo pseudonimo di Nino (Piazza Brembana, 26 febbraio 1887Monte Adamello, 16 settembre 1920), è stato un militare e alpinista italiano.

Calvi Natale di Gerolamo
Da sinistra: Attilio Calvi, Cesare Battisti e Nino Calvi, 1916
MorteMonte Adamello
Cause della morteIncidente sportivo
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Reparto5º Reggimento alpini
GradoCapitano in Servizio Attivo
FeritePiede
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
CampagneFronte italiano
Guerra Bianca
BattaglieBattaglia della Lobbia
Battaglie del Corno di Cavento
battaglie del Monte Grappa
Decorazionivedi qui
Studi militariScuola Ufficiali di Torino
dati tratti da cadutigrandeguerra.it[2]
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Primo dei quattro fratelli fu molto legato agli ambienti montani a lui familiari, che esplorava e scalava da solo. Maturò grande esperienza in ambito alpinistico diventando membro, al pari del fratello Attilio, di un gruppo di arrampicatori su roccia, il GLASG, Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Guide, i cui soci sarebbero in seguito entrati a far parte del CAAI, il gruppo degli Accademici del Club Alpino[3].

Dopo la maturità classica, unico tra i fratelli, a 19 anni scelse la carriera militare[3], seguì il Corso Ufficiali alla Scuola Ufficiali di Torino, superato il quale venne inquadrato nel corpo degli Alpini, partendo per la Libia il 6 settembre 1913. Venne inviato a Merg, con il battaglione Feltre, e impiegato fino all’agosto 1914, nelle operazioni di controllo militare del territorio.

Ritornato in patria, con l'avvento della prima guerra mondiale, fu inserito nel Battaglione alpini "Edolo" del 5º Reggimento alpini con il grado di tenente. Dopo pochi mesi viene promosso al grado di capitano e inviato al Battaglione Val d’Intelvi; nel novembre 1915 ritorna nella zona dell’Adamello, assumendo il comando di 600 alpini, tra cui il fratello Attilio, Cesare Battisti e Guido Larcher.

Gli venne affidato il compito di addestrare le reclute alla vita d'alta quota e all'utilizzo delle attrezzature sci-alpinistiche, al fine di migliorane le prestazioni durante le esplorazioni, le spedizioni e i combattimenti in ambiente alpino.

Partecipò a numerose battaglie nella zona dell'Adamello, ove era posto il confine con l'Impero austro-ungarico. Una delle più importanti, nell'aprile del 1916, fu senza dubbio quella che venne ribattezzata la battaglia della Lobbia. A lui venne affidata una delle tre colonne d'attacco, mentre un'altra fu assegnata al fratello Attilio.

L'obiettivo era la conquista del Dosson di Genova, zona strategica per la supremazia militare della zona. In condizioni estreme, riuscì a portare a termine il suo compito (situazione che gli fruttò una medaglia d'argento), ma al rientro al quartier generale venne a conoscenza del grave ferimento in battaglia del fratello, che morirà dopo due giorni.

Nei mesi successivi, a partire dal maggio 1916, fu impegnato nella battaglia per la conquista del Corno di Cavento, una delle cime del gruppo dell'Adamello. Nelle prime battute di questa battaglia, al comando della 1ª compagnia, riuscì a sorprendere il nemico con un'operazione coordinata con i vertici militari. Il possesso della cima venne alternato più volte tra i due eserciti, e le lotte si protrassero per più di due anni. In queste condizioni, a oltre 3400 metri di altitudine, si meritò un'altra medaglia, questa volta in bronzo.

Nel corso di queste azioni il rapporto con il suo comandante, Giuseppe Giordana, non fu sempre di comprensione, a causa della rigidità con cui il colonnello interpretava le direttive militari, che non tenevano adeguatamente in conto le difficoltà oggettive della zona operativa[1][3].

Il primo aprile 1918 viene trasferito nella Zona Alto Garda, dove comanda il raggruppamento mitragliatori; l’8 settembre successivo viene posto al comando del Battaglione Monte Suello sul Monte Grappa. Su questa montagna, il 23 di ottobre 1918 viene colpito, rimanendo mutilato di un piede. La cessazione delle ostilità lo vede ricoverato in ospedale a causa delle gravi ferite.

Nonostante l'amputazione subita, dopo la guerra riprese le scalate sulle montagne, che l’avevano già visto in azione in passato. Tra le salite più significative una nuova via aperta in solitaria sul Cervino.[1] Il 16 settembre 1920 partì dal rifugio Garibaldi, nel luogo dove durante la guerra aveva sede il suo comando, per salire la parete Nord dell'Adamello, anche questa volta in solitaria, ma nel corso di questa scalata perse la vita.

Alla memoria gli venne assegnata una medaglia d'oro e la croce di guerra.

Poco distante dal Rifugio Garibaldi, allora quartier generale di quelle operazioni belliche, si può trovare la Punta Nino Calvi[4], a lui dedicata, nel gruppo dell'Adamello.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Croce al Merito di Guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una compagnia di skiatori col compito di attaccare di notte, attraversando un ghiacciaio, difficilissime posizioni nemiche, ben trincerate e munite di mitragliatrici, guidava con bella, ardimentosa manovra, i propri soldati; sorpreso nella nebbia e da forte tormenta, con energica fermezza insisteva nell'azione, e, portandosi successivamente alla testa delle proprie colonne d'attacco, e animando, con l'esempio e la parola, ufficiali e soldati, li conduceva, dopo dieci ore di lotta tenace, ad un completo successo.»
— Cresta della Croce Dosson di Genova, 12 aprile 1916.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una compagnia di skiatori, incaricato di una difficile operazione contro una linea difensiva nemica, forte per il terreno e per le truppe che la difendevano, con audace slancio, nonostante le avverse condizioni di tempo e l'inferiorità numerica della sua colonna di attacco, dopo aspra lotta occupava la sua posizione, catturandone prigioniero l'intero presidio»
— Vedrette dell'Adamello (Trentino), 29-30 aprile 1916.
Medaglia di Bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una compagnia skiatori, la portava risolutamente attraverso una Vedretta del gruppo Adamello, intensamente battuta da violento fuoco di mitragliatrici, dando bell'esempio, di valor personale e di virtù di comandante»
— Vedretta di Lares, 15 giugno 1917.

Attilio[modifica | modifica wikitesto]

Pattuglia di alpini sciatori sull'Adamello

Attilio Calvi (Piazza Brembana, 4 novembre 18895ª Sezione Di Sanità (Edolo), 1º maggio 1916) è stato un militare italiano.

Calvi Attilio di Gerolamo
Morte5 Sezione di Sanità
Cause della morteFerite riportate in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Reparto5º Reggimento alpini
GradoTenente di Complemento
FeritePolmone
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
CampagneGuerra Bianca
BattaglieBattaglia della Lobbia
Decorazionivedi qui
dati tratti da cadutigrandeguerra.it[5]
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Dopo aver concluso gli studi universitari, con il conseguimento della laurea in legge, Attilio già nel novembre del 1911 fu chiamato a servire la patria nella guerra italo-turca.

Arruolato nella 51ª compagnia del Battaglione Alpini Edolo inquadrato nel 5º Reggimento alpini con il grado di sottotenente, ebbe modo di mettersi in evidenza tanto da essere insignito con una medaglia di bronzo al valor militare.

Tornato a Bergamo, si dedicò attivamente alla sua carriera di avvocato e partecipò alla vita cittadina come segretario del Partito Radicale, mentre in ambito sportivo riprese a praticare lo sci e l’alpinismo.[1]

Grande conoscitore delle montagne, esperto alpinista nonché membro con il fratello Nino di un noto gruppo di arrampicatori su roccia, il GLASG, allo scoppio della prima guerra mondiale, il 23 maggio 1915, fu inquadrato nella 50ª compagnia del battaglione degli alpini "Edolo" con il ruolo di tenente. Nello stesso corpo ebbe modo di stringere amicizia con Gennaro Sora, bergamasco come lui, e fare conoscenza con il volontario Cesare Battisti.

I primi combattimenti lo videro impegnato nella zona del Montozzo, nei monti tra l'Adamello e il passo Gavia. Il 21 agosto 1915, durante la spedizione volta alla conquista di Punta Albiolo, sita nel gruppo del Tonale, riuscì a espugnare la postazione degli austriaci. Questa operazione gli valse la sua seconda medaglia di bronzo.

Il mese seguente, precisamente il 25 settembre 1915, si rese protagonista anche della conquista del Torrione dell'Albiolo. Con soli quattro uomini e sotto il fuoco del nemico distante solo una decina di metri, portò l'assalto decisivo, situazione che gli valse un'altra medaglia, questa volta d'argento.

Con l'inizio dell'autunno venne trasferito al Rifugio Garibaldi nei pressi del Lago Venerocolo, dove era presente anche il fratello Nino, al fine di preparare una nuova battaglia sull'Adamello.

Nell'aprile del 1916 fu impegnato nella lotta volta a ottenere la supremazia militare nella zona dell'Adamello. Le operazioni, dirette dal comandante Giordana, prevedevano la partenza dal rifugio Garibaldi, quartier generale degli italiani, e la suddivisione in tre tronconi della colonna di attacco. La prima fu affidata ad Attilio Calvi, la seconda a suo fratello Nino, capitano di compagnia, mentre la terza al sottotenente Del Curto. L'andamento della battaglia, denominata la battaglia della Lobbia, fu incerto fino all'ultimo, ma l'esito fu favorevole alle truppe italiane. Attilio Calvi in particolare, dopo aver svolto il compito assegnatogli, andò ad aiutare il terzo nucleo che, in difficoltà, era rimasto sulle posizioni iniziali, senza riuscire a conquistare il Dosson di Genova.

Nel corso di queste operazioni rimasero colpiti molti alpini. Tra loro anche Attilio, ferito al polmone, che si spense dopo due giorni di agonia, il primo dei fratelli a cadere in guerra.

«Ho capito che la guerra comincia oggi e che sono le madri che ne portano le brutali conseguenze»

«Partecipo al dolore, come se il lutto fosse tutto di casa mia, come se mi fosse morto un fratello. … Il suo nome avrà onore imperituro»

A lui venne dedicata una di queste cime, appartenente al gruppo dell'Adamello, denominata Punta Attilio Calvi[6], a quota 3291 metri s.l.m..

Alla memoria gli fu conferito il grado di capitano, e venne decorato con altre due medaglie d'argento, la croce francese e la croce di guerra. La sua figura venne inoltre ricordata in seguito da Bortolo Belotti, che ne fece eseguire un busto marmoreo nella propria villa a Zogno. In un suo libro così lo ricordava: guarda nel mio giardino Attilio Calvi, volgere gli anni e corrucciato in volto, il suo presente spirito rivela.

Il 29 aprile 1916 Carlo Emilio Gadda era in servizio come sottotenente al Passo Brizio, sulla Vedretta della Lobbia[7], essendo quindi testimone oculare degli eventi, in seguito riportati nel frammento narrativo Immagine di Calvi, compreso nella raccolta Il castello di Udine del 1934.

«L'avevo riveduto, il tenente dagli occhi fermissimi senza sorriso. Disteso al suolo, una coperta grigia, come un sudario, lo ricopriva: nel volto viveva lo sguardo. La bufera saliva dal Mandrone, tormentava infaticata il lembo della tenda bianca, gommata come le cose dè medici, crociata come il magazzino del dolore sanguinante. Crudeltà vetrosa, il nevischio turbinava dentro la tenda, feriva ancora, implacato, il tenente. Dietro di me il cappellano gli disse: "Coraggio!". Rispose in bergamasco: "Cosa devo farmi coraggio, che non posso neanche respirare?"»

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Croce al Merito di Guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di Bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Durante tutto il combattimento mostrò calma e coraggio, incitando continuamente i soldati con l'esempio e colla parola»
— Derna, 11 - 12 febbraio 1912.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Incaricato dell'azione sul lato destro della posizione, con ordini precisi intuendo chiaramente la situazione e sfidando continuamente il pericolo, riusciva a portare le proprie truppe alla vittoria, dando esempio di grande coraggio.»
— Punta Albiolo, 21 agosto 1915.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con calma e coraggio esemplari, portava il suo plotone all'assalto di una difficilissima posizione nemica, e, sotto il fuoco intenso dell'avversario appostato su una roccia a dieci metri di distanza, avanzava con soli quattro soldati. Rimasto ferito leggermente alla faccia ed avuto il moschetto spaccato da una bomba a mano, mentre cadevano feriti due dei suoi soldati, rimaneva, impavido, sul posto e si ritraeva, soltanto in seguito ad ordine.»
— Torrione dell'Albiolo (Trentino), 25 settembre 1915.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una colonna incaricata dell'attacco di una difficile posizione montana occupata dal nemico, condusse l'azione con calma ed energia esemplari. Intuito che il buon successo era vicino e sicuro, nonostante l'infuriare della tormenta e la stanchezza della truppa, con bella iniziativa, accorreva, con uno dei suoi plotoni, in aiuto ad un'altra colonna seriamente impegnata. Assunta poi la direzione del combattimento, incitando con l'esempio i soldati, riusciva a conquistare la nuova posizione, facendovi ventiquattro prigionieri, fra i quali un ufficiale, e catturando una mitragliatrice.»
— Cresta della Croce, 12 aprile 1916.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di compagnia, guidava con mirabile slancio il proprio reparto, attraverso la Vedretta della Lobbia (quota 3.036), all'assalto di forte postazione nemica, e non cessava di animare i dipendenti, finché cadeva mortalmente ferito.»
— Vedretta della Lobbia, 29 aprile 1916.
Croix de Guerre francese del 1914-1918 con palma in bronzo - nastrino per uniforme ordinaria

Santino[modifica | modifica wikitesto]

Indicazione sul sentiero che risale il Vallon dell'Agnellizza

Sante Calvi, noto anche con lo pseudonimo di Santino (Piazza Brembana, 3 maggio 1895Monte Ortigara, 10 giugno 1917), è stato un militare italiano.

Calvi Santino di Gerolamo
MorteMonte Ortigara
Cause della morteFerite riportate in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Reparto6º Reggimento alpini
GradoTenente di Complemento
FeriteMandibola
GuerrePrima guerra mondiale
CampagneFronte italiano
BattaglieBattaglia del monte Ortigara
Decorazionivedi qui
Frase celebre«Chesta l'è chèla giösta»
(questa è quella giusta)
dati tratti da cadutigrandeguerra.it[8]
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Santino era noto per avere uno spirito esuberante, che lo portò a essere definito "il ribelle" della famiglia. Dopo aver conseguito il diploma al liceo classico, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Torino. Ma il suo carattere turbolento lo spinse ad arruolarsi volontariamente, poco prima della ferma obbligatoria. Venne assegnato con il grado di sottotenente al Battaglione Alpini Bassano del 6º Reggimento alpini.

Si mise in evidenza fin dalle prime battute della guerra, tanto che già il 29 maggio 1915, cinque giorni dopo l'inizio del conflitto, fu insignito della prima medaglia d'argento al valor militare, quando nel corso di un'azione sulla Cima Vezzena uscì per ben tre volte dal proprio riparo al fine di portare in salvo commilitoni feriti durante l'attacco al forte Vezzena.

Non si sottraeva alle azioni rischiose, nel corso di un'azione in cordata svolta di notte e in condizioni particolarmente disagevoli, nel freddo di dicembre, venne colpito al viso da una pallottola che gli spezzò la mandibola (motivo della vistosa fasciatura che si può osservare in alcune fotografie).

Si racconta che nel corso della degenza chiedeva di poter rientrare anticipatamente al fronte per partecipare attivamente alle azioni belliche. In questo era motivato anche dalla voglia di vendicare la morte del fratello Attilio, colpito dal fuoco austriaco in Val Camonica.

Nel luglio del 1916 assunse il comando di un reparto di alpini, che il 24 luglio guidò nel tentativo di conquistare il Monte Campigoletti, nella zona dell'altopiano di Asiago a sud-ovest del Monte Ortigara. Nonostante il coraggio dimostrato il tentativo non andò a buon fine. Quest'azione gli valse un'altra medaglia al valor militare, questa volta di bronzo, ed è insignito anche della croce Russa di San Stanislao.

Nel marzo del 1917 vi fu un'altra azione significativa nella zona del Monte Forno a sud del Monte Campigoletti. Due plotoni austriaci del 27º Reggimento fanteria riuscirono a raggiungere, mediante due gallerie scavate durante la notte nella neve, la trincea degli italiani della 62ª compagnia del Battaglione Alpini Bassano, comandata da Santino Calvi.

Questi stavano per raggiungere anche la trincea di resistenza, ma furono fermati dal Calvi che, con una serie di bombe a mano e colpi d'arma da fuoco, riuscì a ritardare l'avanzata nemica e permise ai suoi uomini di riorganizzarsi e cacciare il nemico oltre le linee. Questo episodio tuttavia screditò il Calvi presso i suoi superiori, con i quali si assunse la responsabilità dell'impreparazione del proprio reparto.

In ogni caso la sua fama non ne risentì, tanto che gli venne affidato un incarico di grande importanza: la conquista del passo dell'Agnella, da cui poi poter accedere al Monte Ortigara. Il compito era rischioso: bisognava infatti riprendere le postazioni perse in primavera. Era ben conscio della pericolosità dell’azione, tanto da spedire una lettera alla madre che sembrava una lettera d'addio.

Il 10 giugno 1917 incominciarono i combattimenti, che presto raggiunsero un livello di recrudescenza molto elevato: era cominciata la tristemente nota battaglia dell'Ortigara.

Il Calvi avanzava alla testa del suo plotone che era falcidiato dalle pallottole nemiche. Dopo aver conquistato un'importante postazione degli austriaci, con l'obbiettivo del passo dell'Agnella oramai alla portata, venne colpito alla spalla e, anche se a livello superficiale, alla fronte. Successivamente nel prosieguo dell’azione fu colpito da altri proiettili che risultarono fatali.

Alla memoria gli fu assegnata la croce di guerra, una targa d'oro dai commilitoni e un'altra medaglia d'argento al valor militare.

Nel novembre 1917 l'Università di Torino gli ha assegnato la laurea honoris causa in Legge.[1]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Sottotenente Calvi Santino, Btg. Alp."Bassano". "Nell'attacco di Cima di Vezena il 30 maggio 1915, fatto segno il suo plotone al fuoco improvviso di una sezione mitragliatrici mascherata nell'opera, dava segno di calma e sangue freddo esemplare e non curante del pericolo uscì dalla trincea nella quale si era riparato coi suoi uomini e per ben tre volte andò a raccogliere sotto il fuoco avversario altrettanti feriti portandoli al riparo[9]".»
— Cima Vezzena, 30 maggio 1915
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Tenente Calvi Santino, Btg. Alp."Bassano". "Mirabile esempio di slancio e di ardimento, con impareggiabile impeto conduceva il proprio reparto all'assalto di forti posizioni. Primo ad attraversare le linee dei reticolati ed a penetrare nelle trincee avversarie, uccideva a colpi di baionetta i più vicini difensori. Ferito alla testa, si slanciava con pochi uomini all'inseguimento del nemico in fuga finché un altro proiettile lo colpiva a morte".»
— Monte Ortigara, 10 giugno 1917
Croce al Merito di Guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Croce di San Stanislao - nastrino per uniforme ordinaria
Croce di San Stanislao

Giannino[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Battista Calvi[3], noto anche con lo pseudonimo di Giannino (Piazza Brembana, 6 maggio 1899Padova, 11 gennaio 1919), è stato un militare italiano.

Calvi Giannino di Gerolamo
MortePadova
Cause della morteMalattia
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Reparto4º Reggimento alpini
GradoSottotenente di Complemento
GuerrePrima guerra mondiale
CampagneFronte italiano
Battagliebattaglie del Monte Grappa
Decorazionivedi qui
dati tratti da cadutigrandeguerra.it[10]
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Appartenente alla classe del 1899, avrebbe potuto sottrarsi al fronte, esonero possibile per legge in virtù dei due fratelli caduti.

Egli, invece, dopo aver seguito un corso per ufficiali a Parma, volle partire per la prima linea e fu assegnato al corpo dei mitraglieri, comandato dal fratello Nino.

Prese parte alle battaglie del Monte Grappa, nell'ottobre del 1918, mentre il 4 novembre si trova oltre Feltre inseguendo il nemico in ritirata.

Al termine della guerra, sulla via del rientro a casa, rimase vittima dell'epidemia di influenza spagnola, che lo condusse alla morte dopo una breve malattia. Le sue ultime lettere sono datate 4 gennaio 1919 alla madre e 5 gennaio al padre, spedite dall'ospedale di Padova dove si trova ricoverato per quella che diceva essere solo una forma benigna di influenza, che invece si rivelerà fatale 6 giorni dopo[1].

Gli fu assegnata una croce di guerra alla memoria.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Croce al Merito di Guerra - nastrino per uniforme ordinaria

Le commemorazioni[modifica | modifica wikitesto]

Targa sulla casa dei Fratelli Calvi - Piazza Brembana.

Il padre, duramente provato dagli eventi legati ai figli, morì poco dopo il termine della guerra, il 15 dicembre 1919. La madre, donna di grande carattere, cercò di onorare la memoria dei figli raccontandone le gesta. Venne ribattezzata “mamma Calvi” e divenne un punto di riferimento nella valle.

Il rientro delle salme al paese natale avvenne il 30 ottobre 1921 tra solenni cerimonie, celebrate sia nel capoluogo orobico, sia in tutta la valle Brembana. Attestati di cordoglio vennero inviati anche da alcune delle maggiori personalità del tempo, tra le quali il re Vittorio Emanuele III, Benito Mussolini e Gabriele D'Annunzio, che donò una cospicua somma[11] per la realizzazione di un monumento a Piazza Brembana che così ricorda i quattro fratelli:

«Natale, Attilio, Sante, Giannino
Fiore dell'italica gioventù, orgoglio della natìa Piazza Brembana
I quattro fratelli Calvi, con impeto d'aquila, difesero in guerra le vette della patria
Morte li spense, gloria li cinse d'alloro immortale»

Anche la città di Bergamo decise di onorarli dedicando loro una via, ma soprattutto un monumento nel centro della città bassa. Collocato nell'attuale piazza Matteotti, di fronte alla sede municipale, venne realizzato nel 1933 dall'architetto Giuseppe (Pino) Pizzigoni (1901-1967). Eseguito in marmo di Zandobbio a base pentagonale e alto più di cinque metri, presenta su ognuno dei lati le effigi bronzee dei fratelli realizzate da artisti bergamaschi, e sul quinto lato l'immagine della vittoria. Sul resto del monumento sono inoltre presenti dei bassorilievi, eseguiti da Giacomo Manzù, indicanti i luoghi e le date delle quindici medaglie meritate dai fratelli Calvi durante la guerra.

Sacrario militare del Tonale - nicchia commemorativa per i fratelli Calvi

Nel corso del 1952 venne inaugurato anche un altro monumento dedicato ai fratelli al Passo del Tonale. Si tratta di un bronzo di pregevole fattura, inserito nel monumento dei Caduti.


Nel 2022, i fratelli Nino e Attilio, diventano personaggi del romanzo La penna del Corvo Bianco. Entrambi vengono citati in diversi capitoli dove si narrano delle loro gesta durante la guerra sull'Adamello.[12]

I fratelli Calvi oggi[modifica | modifica wikitesto]

Il loro ricordo fu onorato dalla madre, che si prodigò al fine di commemorare i figli nel migliore dei modi. Il loro nome ricorre in numerosi enti legati all'alta valle Brembana: il Rifugio Fratelli Calvi, la polisportiva a essi intitolata, che raggruppa tutti i paesi della valle Brembana oltre la Goggia.

È inoltre presente la Fondazione mamma Calvi, che premia gli alunni più meritevoli della scuola elementare del paese, con consegna dei premi ogni 4 novembre, anniversario della fine della guerra. Dal 2012 è stato istituito il Premio Mamma Calvi, assegnato a personalità che si siano distinte per meriti sociali ed educativi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Centro Storico Culturale Valle Brembana, 2015.
  2. ^ Calvi Natale di Gerolamo, su cadutigrandeguerra.it. URL consultato il 22 giugno 2018.
  3. ^ a b c d La conquista dell'Adamello: il diario del capitano Nino Calvi.
  4. ^ Punta Nino Calvi, su openstreetmap.org. URL consultato il 25 giugno 2018.
  5. ^ Calvi Attilio di Gerolamo, su cadutigrandeguerra.it. URL consultato il 22 giugno 2018.
  6. ^ Punta Attilio Calvi, su openstreetmap.org. URL consultato il 25 giugno 2018.
  7. ^ La saga dei fratelli Calvi, su news.valbrembanaweb.com, valbrembanaweb.com. URL consultato il 25 giugno 2018.
  8. ^ Calvi Santino di Gerolamo, su cadutigrandeguerra.it. URL consultato il 22 giugno 2018.
  9. ^ Motivazione proposta dal Col Viola, comandante del batt. Bassano. Bisogna verificare se coincide con quella adottata ufficialmente.
  10. ^ Calvi Giannino di Gerolamo, su cadutigrandeguerra.it. URL consultato il 22 giugno 2018.
  11. ^ mamma Calvi disse sempre di non aver ricevuto mai nulla
  12. ^ Stefano Squassina, La penna del Corvo Bianco, edikit, 2022, ISBN 9791280334701.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Roberto Boffelli, Giampiero Bonetti, Marcello Calegari (a cura di), I fratelli Calvi, Clusone, Ferrari, 1990.
  • Giacomo Calvi, I Calvi della Valle Brembana nella Grande Guerra, in Centro Storico Culturale Valle Brembana (a cura di), La fine del sogno: la Valle Brembana nella Grande guerra: opera realizzata nel Centenario della Grande guerra, Bergamo, Corponove, 2015, pp. 267-284, ISBN 9788899219048.
  • Centro Storico Culturale Valle Brembana (a cura di), Gli eroi d'Oltre Goggia: i fratelli Calvi, in La fine del sogno: la Valle Brembana nella Grande guerra: opera realizzata nel Centenario della Grande guerra, Bergamo, Corponove, 2015, p. 416, ISBN 9788899219048.
  • Aldo Cazzullo, XIV - La memoria delle donne, in La guerra dei nostri nonni: 1915-1918: storie di uomini, donne, famiglie, Milano, Mondadori, 2014, ISBN 9788852056826.
  • Marco Cimmino (a cura di), La conquista dell'Adamello: il diario del capitano Nino Calvi, Gorizia, Libreria editrice goriziana, 2009, ISBN 9788861020450.
  • Carlo Emilio Gadda, Imagine di Calvi. Colonnello Giordana, Attilio Calvi, l'altro fratello Calvi, in Il castello di Udine, Firenze, Solaria, 1934.
  • Alfredo Patroni, Guerrieri alpini: i fratelli Calvi, 1915-1918: con cinque ritratti, Firenze, G. Agnelli s.a., 1940, p. 250.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]