Utente:Paolobon140/Sandbox

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La città di Milano, sin dall'antichità, è stata beneficiata da numerose opere caritatevoli di cittadini e di istituzioni religiose e civili che la hanno dotata di strutture di accoglienza gratuita a favore di bambini, poveri ed emarginati. Quella che segue è una breve e incompleta descrizione delle principali attività filantropiche sviluppate a Milano a partire dall'anno 787 d.C., molte delle quali sono nei secoli divenute istituzioni ancora presenti e che hanno contribuito a rendere Milano una città che si è sempre distinta nei servizi ai propri cittadini[1] e che ha sempre mostrato particolare predisposizione alle opere di carità e di beneficienza, tanto da essere proverbialmente definita come Milan col coeur in man[2]


Evoluzione del primo brefotrofio di Milano[modifica | modifica wikitesto]

Lo Xenodochio di Dateo - anno 787[modifica | modifica wikitesto]

Il primo esempio documentato di queste istituzioni caritatevoli e previdenziali fu il brefotrofio o Xenodochio sorto su volere dell'arciprete Dateo, primo in Italia e forse in Europa a istituire un ospizio per trovatelli o esposti, il 22 febbraio dell'anno 787.[3] L'ospizio si trovava lungo l'attuale via Silvio Pellico, oggi a ridosso di piazza del Duomo, e aveva il nome di Xenodochio. In essa gli infanti trovatelli erano nutriti da balie, vestiti ed educati fino al settimo anno di età e successivamente avviati a qualche mestiere.[4] Nell'anno 815 Alberto Grasso, arcivescovo di Milano, accresceva le entrate dell'ospizio affinché i benefici fossero estesi ai fanciulli in genere. Nel 992 Landolfo II da Carcano, arvivescovo, trasferiva la sede del brefotrofio presso la chiesa di San Celso, tuttora esistente, vicino alla quale aveva eretto un convento.

L'Ospedale del Brolo - anno 1127[modifica | modifica wikitesto]

Santo Stefano (Marc'Antonio Dal Re, c. 1745

Nel 1127 il cittadino milanese Gottifredo de Busseri -antenato del più celebre e omonimo presbitero Goffredo da Bussero (1220-?) scrittore e cronachista- fondò l'Ospedale di San Barnaba in Brolo, che divenne il terzo rifugio per trovatelli della città a cui lo stesso de Busseri aggiunse nel 1150 l'Ospedale di Santo Stefano alla ruota (sempre con riferimento alla ruota o rota usata per abbandonare i neonati non desiderati): i due rifugi, uniti, formarono nel 1158 l'Ospedale del Brolo: situato nei pressi dell’odierna Basilica di Santo Stefano Maggiore e perciò fuori dalle mura romane, ma dentro la cerchia dei Navigli, il consorzio opedaliero, al quale fu annesso un piccolo cimitero che diede poi origine alla Chiesa di San Bernardino alle Ossa, ospitava pellegrini, viandanti, derelitti, poveri, bambini e lattanti e, testimonia Bonvesin de la Riva, alla fine del Duecento accoglieva «più di cinquecento malati poveri a letto e un numero ancora maggiore di non obbligati a letto. Tutti erano mantenuti a spese dell’ospedale, il quale provvedeva inoltre a più di trecento cinquanta bambini affidati fin dalla nascita ad altrettante nutrici».[5]

Dal 1167[modifica | modifica wikitesto]

Bernbò Visconti con la moglie Beaaatrice

Nell'anno 1166 veniva eletto arcivesco di Milano Galdino della Sala poi nominato Santo da papa Alessandro III: San Galdino fu attivissimo nella ricostruzione della città di Milano dopo le incursioni devastanti del Barbarossa e tenne sempre in massima cura l'aiuto verso i poveri: «Voi siete qui solo per servire i poveri», fu uno dei sui motti creati per gli amministratori della cosa pubblica; nel 1167 Galdino redigeva un nuovo regolamento per l'Ospedale del Brolo, così saggio che papa Clemente III lo sottoscrisse interamente nella bolla papale del 1° marzo 1190 obbligando l'ospedale ad accogliere e mantenere numerosi esposti, figli della grave crisi seguita alle guerre contro il Barbarossa.

L'ospedale veniva interamente finanziato dalla beneficenza dei milanesi fra i quali nel 1359 spiccava in generosità Bernabò Visconti, Signore di Milano, che in quell'anno concedeva all'Ospedale del Brolo la metà di alcuni terreni di Lodi e Cremona e le tenute di Bertonico Ceradello Vinzasca e di San Martino[6] con annessi diversi privilegi fra i quli la riscossione delle decime, la giurisdizione feudale, il diritto sulle acque per lo sviluppo agricolo e per la pesca.[7]

Dal 1448[modifica | modifica wikitesto]

Il 1448 vide una corposa riorganizzazione dell'Ospedale che, fino a quell'anno, era amministrato da maestri e precettori: a causa di un gestione disonesta delle risorse economiche delle opere di beneficenza, l'arcivescovo Enrico Rampini di Sant'Aloisio (in carica dal 1443 al 1450) con lettere del 9 marzo 1448, confermate dal pontefice Niccolò V con bolla del 9 luglio, riformò e coordinò la pubblica benericenza in modo da verificare e controllare che non vi fossero sprechi.[8] Stabilì inoltre che i piccoli ospedali sparsi per la città provvisti di piccole rendite utili al solo mantenimento degli addetti e non ai poveri fossero uniti agli altri ospedali più ricchi.[9] In particolare l'Arcivescovo raccomandò soprattutto cure premurose per gli esposti nell'Ospedale del Brolo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]


Pena di morte nella Milano spagnola[modifica | modifica wikitesto]

Fra gli anni 1535 e il 1706 il Ducato di Milano fu assoggettato alla Corona di Spagna. Nei centosettantuno anni di dominazione spagnola vigeva nel Ducato la pena di morte, che poteva venire comminata per una ampia serie di delitti; va però tenuto presente che la legislazione penale di quei tempi non riconosceva tassativamente quali azioni costituissero un reato o crimine che prevedessero la morte: la pena capitale poteva essere inflitta indifferentemente per assassinio, omicidio, infanticidio, stupro, sodomia, furto, eresia, stregoneria, falsificazione di moneta, spergiuro, diserzione, spionaggio, tradimento, ma sempre in funzione dell'arbitrio e della ampia discreazionalità dei giudici e dell'occasione particolare che produceva la necessità di un giudizio.[1]

Il giudizio poteva essere emesso da diversi organi giudicanti: il Podestà, la Santa Inquisizione, il Capitano di giustizia, il Magistrato di sanità, il Giudice delle monete, il Senato, il Vescovo. Alla pena di morte, apparenemente, nessuno poteva quindi teoricamente sfuggire: militari, plebei, nobili, preti e frati; uomini e donne; giovani e vecchi.

Il sistema carcerario[modifica | modifica wikitesto]

Le carceri di piazza Fontana intorno al 1745

Nel 1525 l'imperatore spagnolo Carlo V aveva sconfitto i francesi di Francesco I nella battaglia di Pavia, impossessandosi così del Ducato di Milano. L'imperatore nel 1530 aveva quindi dato l'investitura del Ducato a Francesco II Sforza e, morto questo, nel 1540 lo Stato passava al figlio di Carlo V, Filippo II di Spagna, inaugurandosi così un periodo di dominazione spagnola che durerà centosettanta anni. Fu questo un perodo che unanimamente veniva dagli storici ottocenteschi giudicato come un periodo buio per Milano e il suo ducato. Scriveva il Biffi nel 1886:[2]

«Durante questo Governo fastoso e inetto le cose precipitavano a decadenza, mentre le guerre, le pestilenze, le carestie sopraggiungevano di quando in quando a colmare la rovina del paese»

e il Benvenuti nel 1882: [3]

«La straniera dominazione, le riforme religiose, le superstizioni, i pregiudizii, la boria dei dominanti, 1* indolenza e l'avvilimento dei dominati, non par vero, anche le calamità irreparabili fra le quali la peste, moltiplicarono i misfatti, e coi misfatti i più atroci supplizi. Tutto tralignò in eccesso. Mal potevasi contenere il pubblico libertinaggio anche fra gli stessi ecclesiastici, e per correggere perfino trascese la mansuetudine cristiana dell' arcivescovo Carlo Borromeo che dall'anno 1560 all'anno 1584 resse la chiesa milanese»

Prima degli spagnoli[modifica | modifica wikitesto]

Il sistema giudiziario nel Ducato di Milano prevedeva, come in tutti gli Stati europei dell'epoca, la pena di morte: già ai tempi in cui governavano gli Sforza vigeva la pena captale e il sistema carcerario era efficacemente strutturato; ma contestualmente lo era anche il sistema di aiuto caritatevole ai poveri e ai bisognosi: fu infatti Francesco Sforza (1401-1466) a dare il via alla costruzione dell'Ospedale Maggiore di Milano (1456) e fu egli stesso nel 1458 a emanare leggi in difesa dei diritti di chi era incarcerato. La sua vedova Bianca Maria, che alla morte del marito resse il Ducato per il figlio Galezzo ancora minore, era donna mite e benefica e aveva istutuito intorno al 1470 la Società dei Protettori e Difensori dei Carcerati[4] che il figlio Galeazzo, però, uomo dissoluto, aveva portato alla rovina.[5] Fu solo dopo il suo assassinio la notte di Santo Stefano del 1476 che la vedova di Galeazzo, Bona di Savoia, guidata dal segretario di Stato Cicco Simonetta

Il Registro de' giustiziati dall'anno 1471 al 1763[modifica | modifica wikitesto]

Le informazioni sul funzionamento della pena capitale a Milano nel periodo spagnolo provengono in gran parte da un registro manoscritto compilato fra il 1471 e il 1763 dalla Confraternita di San Giovanni Decollato che aveva sede presso la chiesa di San Giovanni Decollato alle Case Rotte, poi demolita nel 1906. La Confraternita, che nel corso dei secoli assunse diverse denominazioni (Compagnia di Santa Maria della Morte e del Santissimo Corpo del Redentore, Scuola dei Bianchi, Scuola di disciplini di San Giovanni decollato alle Case rotte in San Giovanni decollato)[6] almeno dalla metà del Trecento aveva quale scopo l'assistenza spirituale ai condannati a morte e la sepoltura dei loro cadaveri in un cimitero attiguo alla chiesa. Il manoscritto, intitolato Registro de' giustiziati della Nobilissima Scuola di S. Gio. Decolato detto alle Case Rotte dall'anno MCDLXXI in avanti contiene un elenco di 3 124 esecuzioni alle queli i confratelli presero parte con l'opera pia di confortare e seppellire i condannati a morte. Probabilmente copia di un più antico testo andato perduto, il manoscritto è oggi conservato presso la Biblioteca Ambrosiana e fu oggetto di uno studio apparso nel 1882 nel Giornale dell'Archivio Storico Lombardo a firma di Matteo Benvenuti. E' in quel registro che fra, le altre, sono descritte le condanne a morte e le esecuzioni dei due untori Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, giustiziati durante la peste del 1630 e riportati alla memoria dal Manzoni nel celebre saggio Storia della colonna infame (1840).

Alcuni esempi di condanne a morte[modifica | modifica wikitesto]

La prima condanna a morte riportata nel registro è del 26 gennaio 1471:

«1471 addì 26 Genaro Giustizia fatta a Vigentino, decapitata una Lucia Fontana et sepolta nel detto luogo»

Va notata la laconicità del testo: non viene infatti segnalato il crimine commesso dalla Fontana né da quale autorità fosse stata impartita la condanna a morte. Manca inoltre una descrizione più particolareggiata dell'esecuzione, cosa che invece nel registro verrà descritta con sempre più precisione negli anni della dominazione spagnola. Come notava il Benvenuti[7]

«Le prime note si limitano all'indicazione del nome, nomignolo, età, paternità e giorno dell' esecuzione del condannato. In avanti, particolarmente dopo preso stabile piede la dominazione di Spagna, le rubriche diventano più colme e giungono non di rado, con ispagnolesca tronfia vacuità, a narrare con dettaglio i fatti incriminati e gli incidenti processuali»

Quando Milano cadde sotto il dominio spagnolo la pena capitale era già applicata nel Ducato retto da Galeazzo Sforza mediante impiccagione, decapitazione o messa al rogo; i luoghi ove venivano preparate le forche erano solitamente la piazza Mercanti -nei pressi del Duomo-, la piazza Vetra oppure il luogo dove il crimine era stato commesso. Per i nobili invece il patibolo veniva innalzato al Verziere, sul corso di Porta Tosa, oggi nei pressi di largo Augusto. I cadaveri, come detto, venivano seppelliti nel cimitero della chiesa dagli Scolari di San Giovanni Decollato oppure direttamente sul luogo dove era stato comesso i crimine; il quel caso la sepoltura era data direttamente dal boia. Non di rado, però, capitava che del cadavere del giustiziato rimanesse poca parte da seppellire: soprattutto in epoca spagnola, infatti, la pena non si esauriva con la morte del condannato o con i tormenti ad esso inflitti prima dell'esecuzione: anche il cadavere era "oggetto della pena" e spesso accadeva che la colpa dovesse essere espiata anche dal cadavere stesso. Ne sono esempio le condanne per squartamento, quando accadeva che la testa e i quarti del giustiziato venissero esposti sul luogo del crimine come monito e come simbolo del crimine commesso. In quei casi poteva succedere che quanto rimaneva del giustiziato venisse lasciato per giorni esposto alle intemperie e all'azione degli animali: quanto restava veniva raccolto dagli Scolari e seppellito, con tutte le difficoltà del caso.

«La pena di morte non era esente da esacerbazioni. In alcuni casi il condannato si trascinava al patibolo, a coda di cavallo. In altri casi lo si poneva sopra un carro ed a determinate località lo si attanagliava al dorso fino a tre volte con ferro rovente. Avveniva ancora, specie ai ladri, che prima dell' appensione o decapitazione, gli si tagliasse una ed anche ambe le mani. Fatti cadavere li si lasciavano esposti fino alla notte , ed alcune fiate li si squartavano, si mandavano i quarti nei luoghi ove eransi commessi i misfatti, e di frequente non rimanevano alla Nobilissima confraternita, che le interiora da seppellire nella fossa comune pei condan- nati a S. Giovanni alle Case Rotte.»

Ne è un esempio l'esecuzione di un tal Giorgio Senese nel 1552:

«1552. Adi 8 Giugno , Giustizia fatta In la Piazza Castello , fu squartato vivo un Giorgio Senese, la Testa fu messa sopra il Torrione del Castello , et li quarti alle muraglie delle Porte , p. causa di voler dar via il Castello alli Francesi»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Benvenuti, p. 443
  2. ^ Biffi, p. 10
  3. ^ Bevenuti, p. 1447
  4. ^ Alberzoni, Grassi, p. 145
  5. ^ Biffi, p. 39
  6. ^ Saita, Eleonora, Scuola di disciplini di San Giovanni decollato alle Case rotte in San Giovanni decollato, su Lombardia Beni Culturali, http://www.lombardiabeniculturali.it, 2004.
  7. ^ Benvenuti, p. 445

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


Casa emigranti Febbraio 1906



Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Cronologia[modifica | modifica wikitesto]

La fondazione della città di Milano risale all'incirca all'anno 400 a.C. a opera della popolazione dei Galli insubri i quali espansero la città in seguito alle vittoriose lotte contro i Liguri, i Taurini e gli Etruschi. Il nome della città, su cui molto si è dibattuto, sarebbe di origine celtica con significato di «terra posta in mezzo alla pianura»; occupata dai Romani nel III secolo a.C. la città si chiamò Mediolanum, latinizzazione dell'originale toponimo celtico.

Qui di seguito una cronologia schematica della storia della città dal tempo della conquista romana.

221 a.C.[modifica | modifica wikitesto]

Comincia il dominio Romano con l'occupazione dell'Insubria da parte dei consoli Gneo Cornelio Scipione Calvo e Marco Claudio Marcello che sconfiggono e uccidono Viridomaro, ultimo re dei Galli cisalpini. Il potere di Roma si affaccia quindi su Mediolanum e sulla nuova provincia della Gallia Cisalpina.

191 a.C.[modifica | modifica wikitesto]

Mediolanum viene definitivamente assoggettata al dominio romano dal console Publio Cornelio Scipione Nasica dopo che, insieme a tutta la Gallia Cisalpina, la città aveva parteggiato per il cartaginese Annibale nella Seconda guerra punica (218-202 a.C.). Poco si conosce della successiva storia di Milano durante l'era repubblicana di Roma, se non che al tempo di Pompeo fu onorata del titolo di città primaria dell'Insubria.

58 a.C.[modifica | modifica wikitesto]

Soggiornano a Mediolanum i triumviri Cesare, Pompeo e Crasso che soggiornano presso un Leone, ricco milanese.

Anno 0[modifica | modifica wikitesto]

Convenzionalmente fissato come data della nascita di Cristo; da qui gli anni sono conteggiati come dopo Cristo, ovvero d.C..

193[modifica | modifica wikitesto]

Didio Giuliano, milanese di nascita, viene proclamato imperatore dei Romani: regnò per pochi mesi.

295[modifica | modifica wikitesto]

Sotto l'imperatore Massimiano la città viene ornata di palazzi ed edifici sontuosi e cinta di una nuova cerchia di mura poderose. La città rivaleggia con Roma per ricchezza e magnificenza.

305[modifica | modifica wikitesto]

Massimiano abdica a Milano da imperatore romano.

313[modifica | modifica wikitesto]

L'imperatore Costantino sottoscrive a Milano il famoso Editto di tolleranza (o Editto di Costantino) in cui viene legittimata la religione cristiana. L'Italia viene divisa in due parti governate da due vicari con capitale Milano a settentrione e Roma a meridione.

365[modifica | modifica wikitesto]

L'impero romano è diviso in Occidentale e Orientale e Valentiniano, tenutasi la parte occidentale, stabilisce la sua residenza a Milano preferendola a Roma. Per tutto il IV secolo e nei primi anni del V secolo Milano sarà la residenza degli imperatori romani.

373[modifica | modifica wikitesto]

L'imperatore Teodosio I soggiorna a Milano e Onorio vi celebra le sue nozze.

374[modifica | modifica wikitesto]

Sant'Ambrogio è vescovo di Milano. Combatte l’arianesimo, già condannato dalla Chiesa romana nel primo concilio di Nicea (anno 325), sostiene la Chiesa e fa fronte alla politica imperiale in Occidente.

379[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la testimonianza dell'epoca del poeta Ausonio Milano vive il suo periodo di maggior splendore e magnificenza: gli imperatori che vi avevano sogiornato avevano infatti ornato la città di palazzi ed edifici insigni.

390[modifica | modifica wikitesto]

Il vescovo Ambrogio rifiuta l'ingresso in chiesa di Teodosio finché non avesse espiato con la penitenza la colpa di avere ordinato la strage di Tessalonica (Salonicco), in Grecia.

397[modifica | modifica wikitesto]

Il vescovo Ambrogio muore e viene seppellito nella basilica da lui eretta, la basilica martyrum, poi Sant'Ambrogio.

452[modifica | modifica wikitesto]

Milano è presa e saccheggiata dall'unno Attila, il flagello di Dio. La città cessa così di essere la residenza dell'imperatore. Comincia il declino dell'impero romano e Milano subirà nei secoli una lunga serie di dominazioni straniere.

476[modifica | modifica wikitesto]

Termina il regno di Attila e la città cade preda di una nuova popolazione di barbari germanici, gli Eruli, comandati da Odoacre. Finisce l'Impero d'Occidente, Odoacre rinuncia al titolo di imperatore e si proclama Re d'Italia.

493[modifica | modifica wikitesto]

Il regno di Odoacre finisce dopo 17 anni: il re viene vinto e poi assassinato da Teodorico il Grande, re degli Ostrogoti, che regnerà per 37 anni e morirà nel 526. Il regno dei Goti durerà 70 anni.

539, regnante Vitige, ostrogoto[modifica | modifica wikitesto]

I milanesi avevano segretamente chiesto all'imperatore d'Oriente Giustiniano I soccorso contro la tirannia dei Goti dopo la morte di Teodorico. L'intervento dei generali bizantini Belisario e Narsete assicura una breve occupazione di Milano ma l'aperta rivalità fra i due facilita la rapida reazione del re dei Goti Vitige che invia a Milano un esercito comandato dal nipote Uraia: la città viene per la seconda volta saccheggiata e abbattuta quasi interamente e viene fatta strage di 30.000 abitanti. Ci vorranno 500 anni prima che Milano torni allo splendore precedente.

553, regnante Teia, ostrogoto[modifica | modifica wikitesto]

Giustiniano invia un esercito nuovamente condotto prima da Belisario e poi da Narsete che sconfigge e scaccia i Goti di re Teia per sempre dall'Insubria e da Milano. I bizantini vi regneranno fino al 569.

569, regnante Alboino, longobardo[modifica | modifica wikitesto]

Il regno bizantino è abbattuto dall'invasione di Alboino, re dei Gepidi, dei Bulgari e dei Longobardi dando inizio alla dominazione del regno longobardo a Milano. Alboino sceglie come sede del suo regno la città di Ticinum, ribattezzata Papia, l'odierna Pavia.

574-684[modifica | modifica wikitesto]

Cosiddetto periodo dei Duchi o dell'anarchia.

575[modifica | modifica wikitesto]

Al generale longobardo Albino viene dato il regno di Milano, città decaduta e ridotta in rovine, e ne diviene Duca. Erige, secondo la tradizione, il suo palazzo che viene chiamato la Curia Ducis, oggi Cordusio. La dinastia dei Longobardi durerà per 22 regni, durante i quali il nome di Insubria viene sostituito dal quello di Lombardia. L'ultimo re dei Longobardi, Desiderio, viene sconfitto nell'anno 774 da Carlo Magno, re dei Franchi, che instaura un nuovo regno d'Italia con capitale a Pavia e si proclama Rex Francorum et Langobardorum.

868-881, regnanti Ludovico II il Giovane, Carlo il Calvo, Carlo il Grosso, franchi[modifica | modifica wikitesto]

L'arcivescovo di Milano Ansperto aprofitta dell'assenza e della debolezza del re per compiere in città molti atti da sovrano sul popolo: amplia le mura cittadine, erige stabilimenti pubblici, riedifica sulle antiche rovine, assicura a chi volesse trasferirvisi sostanza e opportunità di vita e orna la basilica di Sant'Ambrogio di un nuovo atrio tuttora esistente. La popolazione di Milano con i suoi Corpi Santi raggiunge le 300.000 persone che fanno della città la più popolosa d'Italia e d'Europa. Lo straordinario assembramento di popolazione (Roma sotto il papato di Innocenzo XIII (1198-1216) conterà circa 35.000 abitanti) è principalmente dovuto alla restaurazione della cerchia di mura che rendono gli abitanti più sicuri che nel contado circostante.

924, regnante Berengario del Friuli, franco[modifica | modifica wikitesto]

la popolazione e la prosperità di Milano crescono dopo la distruzione di Pavia operata dagli Unni di Berengario.

947, regnante Ugo di Provenza, franco[modifica | modifica wikitesto]

Per la prima volta dopo la distruzione della città operata dai Goti di Uraia più di 400 anni prima, si tiene a Milano una prima dieta per l'elezione del Re d'Italia; viene proclamato re Lotario e incoronato in Sant'Ambrogio, ma dopo tre anni di regno egli viene assassinato da Berengario II d'Ivrea incoronato insieme al figlio Adalberto nuovo Re d'Italia nel 950 a Pavia. Dall'incoronazione di Lotario avvenuta nella chiesa di Sant'Ambrogio gli arcivscovi di Milano acquisirono forte preponderanza negli affari pubblici della Lombardia.

961[modifica | modifica wikitesto]

Il Re di Germania e dei Franchi orientali Ottone I di Sassonia detto il Grande è chiamato a Milano dall'arcivescovo Valperto e incoronato Re d'Italia contro re Berengario e suo figlio. E' l'iniio dell'influenza dei re germani in Italia e delle loro pretese di avere diritti su quel trono. L'incoronazione avviene ancora in Sant'Ambrogio e il potere degli arcivescovi milanesi cresce al punto che vengono considerati come i veri Signori della Lombardia da cui dipende la scelta dei successivi Re d'Italia. Ottone dota Milano di una nuova zecca eretta nei pressi dell'antico Foro romano.

983[modifica | modifica wikitesto]

Morte del Re d'Italia Ottone II di Sassonia, tedesco, e conseguente anarchia a Milano di sei anni.

1018-1024, regnante Enrico II il Santo, sassone[modifica | modifica wikitesto]

E' arcivescovo Ariberto da Intimiano; durante il suo mandato organizza la milizia milanese che si munirà poi del famoso carroccio; appare in persona più volte sui campi di battaglia dando prova di valore e coraggio. Milano aspira al dominio sulle città limitrofe e Ariberto acquista il diritto di creare il vescovo di Lodi. Nel 1027 costringe i lodigiani a dipendere da lui e riconoscergli il diritto di sovrano.

1026[modifica | modifica wikitesto]

Ariberto invita l'Imperatore del Sacro Romano Impero Corrado II il Salico a cingersi della corona di Re d'Italia e da lui è solennemente incoronato.

1030[modifica | modifica wikitesto]

Viene fondata con il titolo di Santissima Trinità la attuale chiesa del Santo Sepolcro: fondatore è il Magister Monetæ Benedetto Ronzone o Rozone, Maestro della Zecca.

1043[modifica | modifica wikitesto]

Il nobile milanese Lanzone guida una sommossa della plebe contro il vescovo Ariberto e la nobiltà, i quali sono scacciati dalla città.

1044[modifica | modifica wikitesto]

Ariberto e i nobili, dopo avere a lungo assediato la città, si riappacificano con i ribelli e rientrano a Milano. Ciascuna delle due parti rinuncia a rappresaglie e risarcimenti.

1045[modifica | modifica wikitesto]

Morte di Ariberto. L'arcivescovo viene sepolto presso la basilica di San Dionigi, poi demolita nel Settecento. Le sue spoglie si trovano oggi in Duomo. Gli succede Guido da Velate.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]


https://books.google.it/books?id=213yF33mC-UC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false https://archive.org/details/milanoelesuevies00veno/page/n19/mode/2up?q=%22sordo+muti%22+%22san+calocero%22 https://treccani.it/enciclopedia/milano/ Storia di Milano, Pietro verri