Progetto:GLAM/Museo Civico Niscemi/Bozza voce

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Museo Civico di Niscemi
Ingresso dell'ex Convento di San Francesco, oggi sede del Museo Civico
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
IndirizzoVia Madonna 106, Niscemi
Caratteristiche
TipoEtno-antropologico e naturale
Apertura2018

Il Museo Civico Niscemi è un museo istituito nel 2018[1] con il contributo del Lions Clubs International di Niscemi e del Centro di Educazione Ambientale, due associazioni che, dal 1988 la prima e dal 1989 la seconda, lavorano sul territorio. La sede attuale del Museo è l’ex Convento dei frati francescani riformati.

Storia del Convento[modifica wikitesto]

Il chiostro del Convento Monumentale di San Francesco

La costruzione del Convento risale al 1731 quando il Reverendo Sac. Fra Antonino da Barrafranca dei Padri Riformati, durante il periodo quaresimale, giunse a Niscemi. Egli, vedendo che il popolo aveva accumulato una consistente quantità di calce e pietra davanti la chiesetta di Maria Ss.ma del Bosco, che erano destinati all’erezione di una nuova chiesa per la Patrona, pensò di fondare invece un Convento. La sua idea suscitò l’entusiasmo del popolo e delle classi più elevate che si trovarono subito pronti ad appoggiarlo. Nel 1740 il Convento e la Chiesa furono ultimati: dodici Padri del Convento si stabilirono al suo interno dove iniziarono a svolgere con laboriosità e scrupolo i loro compiti. Non molto tempo dopo iniziarono le lamentele da parte del popolo perché i Padri del Convento non consentivano l’uscita della Sacra Immagine della Madonna del Bosco dalla chiesa per processioni richieste dal clero. Giunto in visita a Niscemi, il Vescovo di Siracusa Mons. Matteo Trigona fece in modo che i Padri del Convento e il Parroco della chiesa Madre stipulassero un accordo esplicitando diritti e doveri di ciascuno. Tale accordo non venne rispettato dai Padri del Convento che si inimicarono il Governatore D. Domenico La Iacona che suggerì di erigere un tempio alla Patrona proprio nel luogo in cui fu trovata la Sacra Immagine. Il tempio fu pronto nel 1758, i Padri del Convento a malincuore dovettero rinunciare, oltre all’immagine della Madonna, anche a tutti i gioielli che Le spettavano. Nel 1766 e 1767 furono emesse delle leggi di soppressione: i Reverendi Padri Riformati uscirono dal Convento, lo Stato si appropriò della Chiesa e del Convento che concesse al Comune. Alcuni anni dopo, il Comune assegnava la Chiesa ad un sacerdote e trasformava il Convento in Ospedale, inaugurandolo il 28 Febbraio 1878, e in parte anche in carcere ricovero e pretura. Successivamente l’Ospedale fu spostato per inadeguatezza della struttura. Nel 2013, grazie a dei fondi stanziati dall’Unione Europea, iniziarono i lavori per il recupero architettonico del Convento e per gli allestimenti museali. Tali lavori si conclusero nell’ottobre del 2018 quando il Museo Civico fu inaugurato.

Nascita del Museo Civico[modifica wikitesto]

Il 7 ottobre 2018 viene inaugurato il Museo Civico di Niscemi alla presenza del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, delle più alte rappresentanze politiche e dei vertici delle due associazioni partner. Il museo, che risulta essere uno tra i più grandi di tutta la Sicilia[2], nasce grazie all’operato del Lions Club di Niscemi e del Centro di Educazione Ambientale odv.

Struttura del Museo[modifica wikitesto]

La struttura sorge intorno uno splendido chiostro settecentesco che occupa circa 3000 mq. Al suo interno racchiude un chiostro a pianta quadrata di 24 metri per lato, composto da 16 colonne ioniche su cui insistono 16 archi a tutto sesto. Il colonnato fa da perimetro ad una grande cisterna che è sormontata nella parte centrale da un pozzo di forma esagonale. Il grande spazio espositivo è diviso in due sezioni: etnoantropologica, con sezioni precedentemente curate dal Museo della Civiltà Contadina[3], oggi chiuso, e di storia naturale, le cui sezioni erano curate dal Museo di Storia Naturale[4] anch'esso oggi chiuso. All’interno vi è inoltre una pinacoteca, un’aula didattica e un auditorium con affreschi del ‘700. La struttura del Museo è stata concepita come una passeggiata tra le vie di un piccolo borgo, in cui la ricostruzione degli ambienti diviene il riflesso della vita passata.

Il Museo vanta un’ampia e completa serie espositiva che si articola in due sezioni. La sezione etnoantropologica si sviluppa su due piani: al pian terreno troviamo gli ambienti della casa contadina e alcuni mestieri che trovano naturale prosecuzione al primo piano della struttura. Qui troviamo anche la sezione di storia naturale che occupa un’ampia ala e racchiude al suo interno interessanti raccolte, memoria ambientale del territorio e non solo.

Sezione Etno Antropologica: Civiltà Contadina[modifica wikitesto]

All'interno della Sezione Etno Antropologica è possibile riscoprire alcuni mestieri oramai caduti in disuso o completamente scomparsi.

Stanza dell'Ombrellaio e del Cappellaio[modifica wikitesto]

Se durante una giornata piovosa un ombrello si rompeva per colpa del vento, l'ombrellaio ("paraccaru") era pronto a ripararlo. Egli era un artigiano itinerante che riparava gli ombrelli sostituendo bacchette rotte, manici spezzati ed eseguiva rattoppi sulla stoffa. Diversamente, il cappellaio ("cuppularu") possedeva una bottega dove i clienti si recavano per acquistare cappelli, anche su misura. Sul suo tavolo da lavoro si trovava sempre un allargacappelli in legno che permetteva di ampliare le misure.

Stanza dei Giocattoli[modifica wikitesto]

Di maggiore interesse per i più piccoli, la stanza dei giocattoli, raccoglie semplici ma ingegnose creazioni. Le misere condizioni economiche delle famiglie non permettevano l'acquisto di giocattoli, pertanto i giochi più comuni erano ricavati da pezzi di canne con cui venivano realizzati flauti, archi, fischietti e fucili. Tra gli altri giochi troviamo il telefono senza fili, i "carramatti", il batti-batti del poeta Niscemese Mario Gori e molto ancora.

Stanza delle Unità di Misure[modifica wikitesto]

All'interno della sala espositiva si possono trovare bilance ("vilanzi") e diverse unità di misura per solidi e liquidi. Per le misure dei solidi, in particolare per il frumento, venivano utilizzati diversi contenitori: il tumulo (corrispondente a 14 kg di frumento), il mezzo tumulo (corrispondente a 7kg), il munneddo (circa 3kg) e la mutura (circa 1,5 Kg). Per le misure dei liquidi, specialmente per olio e latte, venivano utilizzati dei contenitori in vetro, in latta o in terra cotta. La più nota, la damigiata, conteneva 5 litri.

L'Acconciapiatti[modifica wikitesto]

Tra i mestieri oramai scomparsi troviamo il quello dell'acconciapiatti: un artigiano ambulante che riparava piatti e stoviglie utilizzando un rudimentale trapano a mano, tenaglia, fil di ferro e stucco.

Stanza del Calzolaio e del Sellaio[modifica wikitesto]

I nostri calzolai accorpano due categorie di artigiani molto simili: il ciabattino, colui che rattoppava e riparava le scarpe, e il calzolaio ("scarparu") che realizzava scarpe su misura. Questi due artigiani, spesso ma non sempre, erano rappresentati dalla stessa persona. Lo "scarparo" realizzava le scarpe per il padre o per il fratello maggiore e poi venivano passate ai figli o ai fratelli minori. Il sellaio ("suddunaro") era un abile artigiano che realizzava selle per cavalli e animali da soma. Esistevano quattro tipi di sella: la sella comune ("varduni") utilizzata per recarsi a lavoro; la sella per l'aratro a spalla, trainata da due bestie; la sella per l'aratro a scocca, realizzata in ferro; la sella ("sidduni ri carrettu") utilizzata per le uscite durante i giorni di festa.

Stanza del Barbiere[modifica wikitesto]

Il barbiere dell'epoca, oltra ad accorciare i capelli, poteva curare un dente o praticare un salasso. Le famiglie, spesso numerose, erano solite contrarre un abbonamento e il pagamento avveniva usando il frumento come merce di scambio. La barberia ricostruita è da far risalire agli anni '50.

Stanza del Murataore e dello Scalpellino[modifica wikitesto]

Il muratore e lo scalpellino erano due mestieri collegati poiché, spesso, il muratore si dedicava a scolpire la pietra. Per imparare il mestiere era necessario un lungo periodo di apprendistato che iniziava molto presto: i ragazzi, anche adolescenti, erano soliti abbandonare la scuola per lavorare e dare sostegno alle famiglie. Le case venivano costruite con pietre, in genere calcareniti, estratte da cave locali e tenute insieme da gesso o malta di calce. In questa stanza, appese alla parete, troviamo una rotella metrica in canapa e due vecchie carrucole: una in legno e una in ferro; quest'ultima si ritiene sia stata impiegata nel corso dell'edificazione della Chiesa Madre di Niscemi dopo il sisma del 1693.

Auditorium, Ex Refettorio[modifica wikitesto]

Occhi in su, uno sguardo ai santi

L'attuale auditorium era, ai tempi dei frati, un grande refettorio. Esso era arricchito alle pareti e al tetto da fini dipinti a muro, una parte dei quali è ancora visibile. Tra i personaggi che figurano nei dipinti, troviamo: San Francesco d'Assisi, Santa Chiara d'Assisi, San Giovanni da Capestrano e la Vergine Maria (madre di Gesù).

Casa Contadina[modifica wikitesto]

Casa del Contadino

Il contadino viveva con la sua famiglia in un monolocale che faceva da cucina, camera da letto e stalla per l'animale da soma: solo successivamente gli spazi abitativi vennero ampliati. All'interno del Museo è possibile visitare la riproduzione di una Casa Contadina in tutte le sue parti.

Stanza del Fabbro[modifica wikitesto]

L'officina del fabbro comprendeva anche quella del maniscalco, pertanto, molti attrezzi che a prima vista possono sembrare estranei nelle pratiche di lavorazione del ferro trovano impiego nella ferratura degli animali. Entrando nella sala s'impone alla vista la fucina con il grande mantice con cui veniva alimentato il fuoco soffiandovi aria. Accanto, un tavolo da lavoro con cassettiera ripiena di attrezzi; poco discosta una incudine con cui si forgiava il metallo e i cui battiti scandivano il lavoro del fabbro nell'arco della giornata. A terra si trovano due tripodi di legno sui quali l'animale poggiava la zampa appena ferrata per rifinire il lavoro, limando i ferri ma anche per intervenire sugli zoccoli. La materia prima era costituita da barre di ferro che venivano comprate a Catania.

Stanza del Falegname[modifica wikitesto]

Il laboratorio di falegnameria, fedelmente ricostruito, è occupato da alcuni vecchi banconi da lavoro colmi di utensili, oltre che da macchine per la lavorazione del legno, come due torni ed una mola a pedali, rigorosamente azionati dalla forza muscolare. Sono esposti tutta una serie di pialle, seghe di varia misura, asce per sgrossare il legno, trapani a mano e morsetti per stringere parti da incollare. Sul tavolo da lavoro figura anche un ferro da stiro, utile all'artigiano nei lavori di impiallacciatura per allungare i tempi di fluidità della colla riscaldando la superficie esterna del piallaccio.

Stanza del Vasaio e della lavorazione dell'argilla[modifica wikitesto]

La collina niscemese, sotto le sabbie gialle superficiali, presenta sedimenti argillosi del Pleistocene inferiore. Tali depositi argillosi, presenti alla periferia dell'abitato, fin dall'origine del paese furono sfruttati da piccole industrie laterizie. Nella saletta si osservano diversi manufatti, a cominciare da tubi per fognature, brocche per l'acqua e mattoni in cotto. Notevole importanza acquisiva la produzione di tegole curve ("canali") fatte stirando l'argilla su di un telaio curvo e, una volta ritagliata, ne assumeva la caratteristica forma a tegola. Interessante è il tornio a pedale che veniva azionato dai piedi del vasaio che modellava con le mani o con semplici utensili il pezzo d'argilla.

Stanza dei Carretti Siciliani[modifica wikitesto]

Il carretto siciliano è l'emblema folkloristico per eccellenza della Sicilia. Si tratta di un veicolo a due ruote, destinato al trasporto di carichi di modesto peso e trainato da un solo animale (equino) al quale viene affidata la funzione di tiro e di sostegno di una parte del peso. Si ritiene che il carretto siciliano si sia diffuso, con le caratteristiche tipiche, intorno ai primi anni dell'Ottocento. Il suo successo è connesso alla storia economica di un'isola in cui diviene sempre più pressante la necessità di spostare uomini e materiali dalla città alle campagne e viceversa, per trasportare prodotti agricoli dai luoghi di produzione a quelli di consumo o di distribuzione. Esso fu in uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo quando divenne obsoleto a causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle campagne. Il carretto veniva costruito con diverse qualità di legno, spesso fregiato da intagli bucolici e sgargianti decorazioni pittoriche. al giorno d'oggi è divenuto oggetto d'arte artigianale.

Stanza del Tipografo[modifica wikitesto]

La stampa a Niscemi si è sviluppata solo nel dopoguerra, quando sorsero alcune stamperie che effettuavano anche lavori di legatoria. Fare il tipografo non era da tutti, bisognava avere il gusto della bella stampa, sapere leggere e interpretare i manoscritti dei clienti, avere padronanza dell'ortografia della lingua italiana, saper comporre e avere una buona pratica del calcolo tipografico. Nella saletta si vede una macchina tipografica con metodologia a caratteri mobili, usata per stampati di piccolo formato, che si manovrava a pedale. Un unico operatore azionava l'apertura e la chiusura della platina, ossia il piano portante il foglio da premere sulla matrice del testo di stampa. Il movimento di avvicinamento del piano avveniva tramite un pedale, mentre con le mani si provvedeva all'alimentazione e al ritiro dei fogli. Quella esposta porta il prestigioso marchio di Piero Capitini.

Scala del Sapere[modifica wikitesto]

Salendo verso il piano superiore è possibile osservare decine di copertine appese alle pareti che consentono di ripercorrere la storia della nostra città nei sui aspetti più diversi. Tra gli autori spiccano i nomi di Mario Gori, Angelo Marsiano e Gaetano Vincenzo Vicari.

Stanza dei Cimeli di Guerra[modifica wikitesto]

La saletta conserva materiale bellico e testimonianze in gran parte riferibili al secondo conflitto mondiale, oltre a qualche reperto della Grande Guerra. La facilità con cui nel territorio si ritrovano residui militari risalenti al secondo conflitto mondiale è dovuta al contrasto opposto dalle truppe italiane e tedesche nel corso dello sbarco alleato del 9-11 luglio del 1943, che interessò il litorale tra Gela e Scoglitti. Tale offensiva, nota come "Battaglia di Gela (1943)", coinvolse anche la nostra cittadina. Testimonianze del sanguinoso attacco, conclusosi con la ritirata delle forze dell'Asse, sono i diversi bossoli di artiglieria. Salta all'occhio la divisa di tenente colonnello del Regio Esercito del 1934, donata dalla famiglia Samperi da attribuire a Rosario Le Moli. Al centro della stanza, una carriola in ferro recuperata alla Piana di Gela col marchio di una stella impresso che farebbe pensare ad una attrezzatura statunitense, da collegare allo sbarco alleato. Appesi alla parete, due zaini inglesi, una gavetta per truppe alpine del 1942, che porta punzonato il nome del soldato Rocco Viola; una stampella da reduce, degli elmetti e una protesi con ganci.

Stanza del Ciclo del Cotone e della Tessitura[modifica wikitesto]

La tessitura era un’attività lenta in cui si producevano tessuti utilizzando i telai, macchine in legno più o meno complesse che si sono evolute col trascorrere dei secoli. La tradizione tessile niscemese nasce tra le mani di casalinghe che lavorano per il “corredo” fino a divenire industria manufatturiera: nel periodo anteguerra, a Niscemi, esistevano almeno due officine tessitrici. Le fibre tessili che si producevano nel territorio di niscemese derivavano dalla coltivazione del lino (Linum usitatissimum), del cotone (Gossypium) e della canapa (Cannabis sativa); a queste fibre va aggiunta la lana di origine animale. Queste venivano poi pitturate con pigmenti naturali.

Cinema[modifica wikitesto]

L'allestimento è una piccola parte di uno storico cinema che ha operato a Niscemi per molti decenni. Sono attualmente conservate alcune pellicole e il cineproiettore. Esso proiettava, ad intervalli regolari di alcuni centesimi di secondo, un fotogramma impresso sulla pellicola cinematografica che scorreva continuamente. L'immagine veniva messa a fuoco tramite un obiettivo e riprodotta sul grande schermo.

Stanza dei Paramenti Liturgici[modifica wikitesto]

In quella che era la cella di un frate francescano, con finestra che dava a mezzogiorno sul chiostro, è stata allestita una saletta con pareti tappezzate da effigi religiose. La quantità enorme di immagini sacre pervenuta al museo testimonia della sentita religiosità della popolazione: il paese di Niscemi è sorto in seguito al ritrovamento di un velo con impressa una Madonna con bambino. Al centro della stanza sono esposti quattro paramenti liturgici, due dei quali risalenti al XVII secolo.

Ambulatorio Medico[modifica wikitesto]

L'ambulatorio, di proprietà di un noto medico niscemese, è risalente agli anni del dopoguerra. Esso era molto semplice, a testimonianza di un livello sanitario molto lontano dai nostri. In un armadietto a vetro si possono osservare diversi ferri chirurgici, barattoli di acidi e sali, medicine e vecchie apparecchiature radiologiche.

Ciclo del Grano[modifica wikitesto]

Stanza del ciclo del grano

La sala è occupata dalla ricostruzione di un terreno agrario occupato a frumento. La superficie si presenta ripartita in tre fasce corrispondenti ad altrettante fasi del ciclo del grano. La prima mostra l'operazione di aratura ad opera di un equino. La preparazione del terreno era di fondamentale importanza per assicurare un buon esito del raccolto punto. Nella fascia intermedia viene rappresentato il campo di febbraio, con il grano germogliato. La terza fascia simula un campo di grano coperto da spighe mature.

Stanza del Sarto[modifica wikitesto]

La sartoria ricostruita alla perfezione rispecchia una delle tante che operavano a Niscemi negli anni '50 e '60. Il mestiere del sarto richiedeva una grande sensibilità e gusto estetico in modo da consigliare il cliente sull'abito da realizzare e poi vestirlo nel modo migliore. Erano molti i giovani apprendisti che frequentavano la bottega e capitava spesso di vederli lavorare seduti davanti al suo uscio. Questi giovani, dopo aver appreso le necessarie conoscenze, si mettevano in proprio oppure andavano a lavorare in città. La sartoria ricostruita va collocata temporalmente al periodo del dopoguerra, quando si affermò anche l'attività al femminile col cosiddetto periodo delle sartine. Il fenomeno a Niscemi fu molto in voga e consentì a tante ragazze di imparare l'arte del cucito.

Stanza del Cestaio[modifica wikitesto]

L'arte di intrecciare è antica e di sicuro precede l'industria ceramica e si affianca alla tessitura. Era un'attività che spesso occupava solo il periodo invernale, in cui ci si riposava dalle fatiche dei campi e ci si dedicava all'intreccio di cesti, confezionandoli in diverse forme e dimensioni a seconda dell'uso. La materia prima utilizzata era offerta da Madre Natura: steli e rametti o foglie che venivano raccolti al momento giusto e preventivamente essiccati. Un posto di primo piano aveva la palma nana di cui si utilizzavano le foglie. In molti casi, il materiale andava preventivamente lavorato e preparato tramite operazioni di cardatura, simili a quelle impiegate nella filatura delle fibre. Per la realizzazione di una cesta di media grandezza si impiegavano 4-5 ore.

Aula scolastica anni '30[modifica wikitesto]

Aula scolastica anni '30

Nella saletta è stata riprodotta fedelmente un'aula scolastica. Sul muro, alle spalle della cattedra, sovrastati da un crocifisso, campeggiano i ritratti di Benito Mussolini, del re Vittorio Emanuele III e del re Vittorio Emanuele II. I banchi di legno persistettero fino agli anni 50 mentre i calamai vennero abbandonati già prima, essendo state le penne ad inchiostro sostituite dalle matite prima e subito dopo dalle penne a sfera. I grembiuli dei bambini e quello del maestro sono rifatti, ma servono a farci intuire il messaggio di ordine e pulizia che la scuola intendeva trasmettere e che l'istituzione scolastica si proponeva di ottenere fermamente. Per questo, in caso di infrazione, l'insegnante non esitava ad intervenire anche con punizioni corporali. La bacchetta di canna posta sopra la cattedra, più che servire da indicatore per la carta geografica, veniva utilizzata per battere sulle mani gli alunni che non rispettavano le regole disciplinari e soprattutto quelle igieniche. Sono esposti anche alcuni quaderni, libri e cartelle degli anni '30-'40, alcuni degli anni '50 o più recenti. E' presente anche una lavagna di ardesia. Queste lavagne che furono in uso fino agli anni '80, prima di essere sostituite dalle verdi sintetiche.

Niscemi e il suo territorio[modifica wikitesto]

Cartografia del mondo

Questo ambiente raccoglie diverse mappe del terriorio di Niscemi, sia disegnate a mano, sia ad uso topografico e del catasto. Fra le disegnate a mano (riproduzioni degli originale conservate negli archivi regionali) troviamo: 1) G. Amico, Pianta modografica del territorio del Comune di S. M. di Niscemi, 27 ottobre 1847; (CRICD, Archivio Mortillaro di Villarena, Carte Topografiche, mappa 80) 2) G. d’Amico Pirrelli, Pianta modografica della Comune di S.ta Maria di Niscemi, s.d.; (CRICD, Archivio Mortillaro di Villarena, Carte Topografiche, mappa 79) 3) G. Polizzi, Pianta del territorio di Niscemi, 1830; (ASPa, Direzione Centrale di Statistica, busta 158, n.1) Oltre a queste, sempre del periodo Borbonico riveste particolare importanza per in prezioso carattere storico geografico una serie di mappe originali che formano un "Atlante di mappe Borboniche". L'atlante tratta dalle mappe delle provincie siciliane a tutte le aree del mondo conosciuto. Ogni cartografia ci fornisce le princiapali informazioni geografiche, economiche e sociali dell'area di interesse. Le altre carte presenti sono ad uso tecnico e rappresentano l'evoluzione dell'abitato di Niscemi nel tempo.

Sezione Storia Naturale Comprensoriale[modifica wikitesto]

Geologia: Fossili di fauna e flora, le rocce e l'uomo[modifica wikitesto]

La storia geologica della Sicilia è alquanto complessa, con vicende che abbracciano un arco di tempo esteso dal Paleozoico al Quaternario. L'emersione delle prime terre facenti parte del comprensorio avvenne nel Pliocene, ma dovette trattarsi di lembi ristretti, in quanto la maggior parte del territorio era invasa dal mare pliocenico. E' con la regressione di questo, all'inizio dell'Era Quaternaria, che emerge gran parte delle terre, pur restando un esteso, ma poco profondo, golfo ad occupare quasi tutta la Piana di Gela, fin quando i depositi alluvionali non la colmeranno. Le mutate condizioni climatiche, con prolungati periodi freddi, portarono alla decimazione di molte specie del Cenozoico, rendendo il quadro geografico molto simile all'attuale.

La sezione contiene campioni di tutte le Ere geologiche, dall’Era Primaria con i primitivi cefalopodi Orthoceras regulare e trilobiti dal Marocco, all’Era Secondaria con ammoniti, belemniti, crinoidi e brachiopodi.

Archaeotetraodon zafaranai

All’Era Terziaria si fanno risalire i resti di pesci e denti di squalo. L’ultima Era, il Quaternario, il cui inizio è stato stabilito presso Monte San Nicola (piano Gelasiano, circa 2 milioni di anni fa), è quella a cui fanno riferimento i terreni del tavolato niscemese.

Fra i reperti esposti, di notevole rilevanza è Archaeotetraodon zafaranai

Erbari[modifica wikitesto]

Nelle epoche passate, la Sicilia era quasi del tutto coperta di boschi. La vegetazione dominante era quella della macchia mediterranea con oleastro e carrubo nelle zone litoranee a clima caldo secco e di sughera e leccio in quelle più fresche; faggete, pinete e abetaie si estendevano sui rilievi del piano montano. Allo stato attuale, resta poco dell'antica selva sicula. Le aree boscate superstiti di maggiore estensione riguardano la sughereta di Niscemi e il bosco di Santo Pietro; si tratta purtroppo di superfici molto frammentate, spesso alternate con rimboschimenti ad eucalipti che ne hanno stravolto l'originaria fisionomia. Nonostante ciò, esse conservano ancora emergenze floristiche di grande pregio tanto da giustificarne l'inserimento in piani di tutela europei. All'interno del Museo è possibile osservare campioni di arbusti propri della macchia mediterranea come la fillirea (Phillyrea latifolia), lo spazzaforno (Thymelaea hirsuta), il mirto (Myrtus communis), il té siciliano (Prasium majus), il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), il lentisco (Pistacia lentiscus).

Rettili: Sauri, Cheloni e Ofidi[modifica wikitesto]

Tra i Sauri, cui fanno capo lucertole, gechi e scinchi, troviamo la comune Lucertola campestre (Podarcis siculus) e la lucertola di Wagler (Podarcis waglerianus), specie endemica siciliana, e il ramarro (Lacerta bilineata). All'interno delle vetrine si trovano i gechi siciliani: il geco comune (Tarentola mauritanica) e il geco emidattilo (Hemidactylus turcicus) di minori dimensioni. Si possono osservare gli scincidi: la luscengola (Chalcides chalcides) serpiforme e il gongilo (Chalcides ocellatus), ambedue ovovivipari.

Dei Cheloni, cui fanno parte tartarughe e testuggini, si trovano esposti: il carapace di una tartaruga marina (Caretta caretta) e delle testuggini terrestri quali la nota testuggine di Hermann (Testudo hermanni). la testuggine di Hermann è la più diffusa delle tre presenti in Italia e l'unica sicuramente autoctona in Sicilia. Essa è protetta dalla legge che prevede gravi sanzioni per quanti detengono animali non dichiarati.

Esemplari esposti di boa delle sabbie

Spicca all'interno della vetrina degli Ofidi lo scheletro di un biacco Hierophis viridiflavus, tra i più comuni serpenti in Italia. Accanto, si trova un colubro leopardino Zamenis situla. Fra gli esemplari esposti troviamo il Boa delle sabbie (Eryx jaculus), che negli ultimi anni ha suscitato notevole interesse nel mondo scientifico per la sua presenza misteriosa ed esclusiva nel territorio di Licata (Agrigento). Suscita notevole interesse la presenza di un notevole esemplare di natrice dal collare Natrix natrix, animale legato alla leggenda locale della Biddrina.

Uccelli: Nidi e Rapaci[modifica wikitesto]

La vetrina contiene esemplari di rapaci diurni e notturni tra i quali spiccano: il capovaccaio (Neophron percnopterus), il biancone (Circaetus gallicus), il nibbio reale (Milvus milvus), il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), la poiana (Buteo buteo), l'aquila del Bonelli (Aquila fasciata), la civetta (Athene noctua), il gufo comune (Asio otus), il barbagianni (Tyto alba).

All'interno della vetrina sono esposti alcuni esempi di nidi dei più comuni passiriformi, quali: rondone (Apus apus), beccamoschino (Cisticola juncidis), verzellino (Serinus serinus), pendolino (Remiz pendulinus), occhiocotto (Sylvia melanocephala), passero (Passer domesticus italiae), zigolo nero (Emberiza cirlus), scricciolo (Troglodytes troglodytes), gazza (Pica pica), merlo (Turdus merula).

Si può osservare una collezione di uova: alcune deposte da animali di allevamento e altre provenienti da nidi abbandonati.

Mammiferi[modifica wikitesto]

All'interno della vetrina è possibile trovare esemplari di mammiferi locali, tra i quali: una Martora Martes martes, un giovane istrice Hystrix cristata, una donnola Mustela nivalis, un ghiro Glis glis, un pipistrello Chiroptera e molti altri.

Diorama Foresta Mediterranea[modifica wikitesto]

Un diorama è la rappresentazione di un ambiente, in questo caso della Foresta mediterranea sempreverde. Tra le sue specie più rappresentative troviamo: la Sughera Quercus suber da cui si trae il Sughero, il leccio Quercus ilex, la roverella Quercus pubescens, il ginepro Juniperus oxycedrus, il cisto Cistus nelle sue diverse colorazioni, il corbezzolo Arbutus unedo, il curioso fungo cancellato Clathrus ruber. Tutte queste specie, insieme ad alcuni animali come la volpe Vulpini, il riccio comune Erinaceus europaeus e la ghiandaia Garrulus glandarius sono contenute all'interno del diorama.

Diorama Piana di Gela[modifica wikitesto]

Diorama Piana di Gela

All'interno del diorama sono presenti diverse specie tipiche di ambienti di campagna e della Piana di Gela. Tra queste figurano in primo piano due esemplari di Occhione Burhinus oedicnemus che sorvegliano le loro uova. Sul retro, un fico d'India Opuntia ficus-indica fa da sfondo a due volpi Vulpini. Su di un muretto diroccato, figurano diverse specie di uccelli, quali: uno storno nero Sturnus unicolor, un barbagianni Tyto alba con una piccola preda nel becco, una cornacchia comune Corvus corone, una giovane civetta Athene noctua. Sotto il muretto una lepre Lepus (zoologia) mentre in alto sorvola un grillaio Falco naumanni a caccia di prede. All'interno del diorama si nota un albero di pino Pinus tra i cui rami una processionaria Thaumetopoea pityocampa ha costruito il suo nido.

Anfibi[modifica wikitesto]

Gli Anfibi del comprensorio appartengono tutti all'ordine degli Anuri e vengono ascritti a quattro diverse famiglie: Bufonidae, Alytidae, Hylidae e Ranidae. Dei primi fanno parte il rospo comune Bufo bufo e il rospo smeraldino siciliano Bufotes boulengeri siculus, ambedue dalle abitudini notturne e terragnole, che nella stagione riproduttiva si raggruppano presso stagni e corsi d'acqua deponendo migliaia di uova in lunghi cordoni. Dei Alytidae, in passato denominati Discoglossidi, è presente una sola specie, nota come rana dipinta o discoglosso Discoglossus pictus. Della vastissima famiglia degli Hylidae fa parte la Raganella comune Hyla, specie arrampicatrice per cui si osserva solitamente presso luoghi umidi ricchi di cespugli, alberi e canneti. Le rane tipiche (Ranidae), sono tutte abilissime nuotatrici ed agili sul terreno. Vengono distinte in rane rosse e rane verdi, quest'ultime presenti presenti con la rana dei fossi Pelophylax lessonae.

Diorama ambienti umidi[modifica wikitesto]

Il terzo diorama, leggermente più piccolo dei precedenti, è quello degli ambienti umidi. All'interno è allestito un finto laghetto dove trovano rifugio: un Germano reale Anas platyrhynchos, un Airone cenerino Ardea cinerea che ha predato una carpa Cyprinus carpio, una Gallinella d'acqua Gallinula chloropus, una Folaga Fulica con il suo nido, un Martin pescatore comune Alcedo atthis, un Gufo di palude Asio flammeus, una moretta tabaccata Aythya nyroca, una Nitticora Nycticorax nycticorax.

Arnia[modifica wikitesto]

L'arnia è una cassetta, tipicamente di legno e costruita dall'apicoltore, dove le api organizzano la loro colonia. All'interno vive principalmente l'ape domestica, Apis mellifera dove, come nella struttura naturale dell'alveare, costruisce il favo. L'arnia è costituita da due parti: nella parte inferiore si ha il nido ed è la zona in cui vive l'Ape regina; nella parte superiore (il melario) l'Ape operaia deposita il miele, su dei telai disposti in serie. Il miele verrà successivamente raccolto dall'apicoltore.

Aracnidi[modifica wikitesto]

Gli Aracnidi Arachnida sono una classe di artropodi Chelicerati: il loro corpo è diviso in cefalotorace e addome e si distinguono in Migalomorfi (Mygalomorphae) e Araneomorfi (Araneomorphae). Tra i ragni presenti troviamo: il ragno botola (ischnocolus triangulifer) della famiglia Theraphosidae, la muta di un esemplare di lasiodora parahybana proveniente da un allevamento e un Teraphosa leblondi.

Le Collezioni[modifica wikitesto]

Collezione Mucciarella[modifica wikitesto]

Collezione Francesco Mucciarella

Francesco Mucciarella nasce a Gela il 16 febbraio 1945. Fin da piccolo coltivava un amore sconfinato per la natura e ogni volta che riusciva a tagliarsi del tempo, andava in giro per i boschi e le montagne alla ricerca di tutto ciò che la natura gli offriva: dalla flora alla fauna in tutte le sue sfaccettature. La sua passione per la natura lo portò anche ad iniziare una collezione entomologica (Entomologia), un lavoro minuzioso ma altrettanto amorevole, dettato dalla voglia e dalla curiosità di conoscere al meglio quello che può regalarci Madre Natura. Oggi la collezione viene custodita presso il nostro museo per regalare ai visitatori delle meraviglie della natura, frutto del lavoro di questo nostro caro amico. Tra le varie specie, tutte provenienti da luoghi esotici, troviamo: Papilio ascalaphus, la famiglia delle farfalle più grandi del mondo (attacus atlas, attacus imperator, attacus lorquini), Papilio ulysses, Papilio palinurus daedalus, Papilio forbesi, Chrysiridia rhipheus, Trogonoptera trojana. Alcuni coleotteri della famiglia dei Buprestidae del genere Sternocera: Sternocera sternicornis, Sternocera aequisignata e molti altri.

  1. ^ (IT) Musei: apre il Civico a Niscemi, inaugurato dal presidente della Regione Musumeci, in Quotidiano di Sicilia, 8 ottobre 2018. URL consultato l'11 ottobre 2018.
  2. ^ (IT) Niscemi, inaugurato il museo civico. È tra i più grandi della Sicilia, in Seguo News, 8 ottobre 2018. URL consultato l'11 ottobre 2018.
  3. ^ Irene Scuzzarella, Museo della Civiltà Contadina di Niscemi: trent'anni di storie, racconti e tradizioni, in Accento, 26 maggio 2015. URL consultato il 30 giugno 2017 (archiviato l'8 giugno 2017).
  4. ^ S. Zafarana, Il Museo didattico comprensoriale di storia naturale di Niscemi: schede illustrative con appendice sulle orchidacee del territorio, WWF, Sezione di Niscemi, 1992.

Bibliografia[modifica wikitesto]

  • Rosario Disca, Niscemi e il suo territorio. Memorie storiche. A cura di Rosario Antonio Rizzo, Gela, Libreria Editrice Gb. Randazzo di Ugo, 2015.

Altri progetti[modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica wikitesto]