Guglielmo Giraldi

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Guglielmo Giraldi, oppure Guglielmo Giraldi Magri (Ferrara, ... – ...; fl. XV secolo), è stato un miniatore italiano ferrarese, tra i più importanti del rinascimento italiano, celebre per aver realizzato il Codice Urbinate Latino 365, commissionatogli dal duca di Urbino Federico da Montefeltro e in cui sono rappresentati alcuni episodi dell' Inferno e del Purgatorio dantesco.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Inferno, Canto I, Divina Commedia di Federico da Montefeltro ad opera del Giraldi, conservato ora nella Biblioteca Apostolica Vaticana colla segnatura di ms UrbLat365.

Tra Ferrara e Mantova[modifica | modifica wikitesto]

Guglielmo Girardi (o Zirardi) nacque dal sarto ferrarese Giovanni de' Ziraldi detto il Magro in una data ignota, così come lo è la data in cui morì[1], anche se Luigi Michelini Tocci, sulla base di un primo lavoro artistico del 1448, suggerisce che il Giraldi dovesse avere 25 anni circa[2]. L'attività biografica e artistica del Girardi, che iniziò nel 1441 e terminò nel 1496, indicano che ebbe sicuramente una lunga vita[3]. Dopo aver ricevuto la tonsura nella Cattedrale di Ferrara (12 novembre 1441)[1] insieme all'amico e collega Cosmè Tura[3], per il Girardi incominciò a farsi notare da Lionello d'Este, marchese di Ferrara, per il suo talento artistico[3], presso il quale realizzò un breviario insieme al suo maestro Giorgio d'Allemagna.[4] Presso la corte estense il Giraldi lavorò anche dopo la morte di Lionello (1450), venendo assunto dal fratello del defunto marchese, Borso[3]. Mentre Giraldi, tra il 1457 e il 1459, lavorava sull'Eneide e altre scene tratte dal corpus virgiliano[1] per il patrizio veneziano Leonardo Sanuto a quell'epoca residente a Ferrara[1], contribuì all'ornamento artistico della celebre Bibbia di Borso d'Este[1][2]. Inoltre, sappiamo che il Girardi lavorò anche a Mantova, da come si può desumere da un'epistola del 1469 indirizzata a Barbara di Brandeburgo, moglie di Ludovico Gonzaga[1]. Realizzò anche un Salterio eseguito nel 1475 per i monaci della Certosa di Parma, in collaborazione col nipote Alessandro dei Leoni e conservato nella Biblioteca Estense universitaria di Modena; in questa raffinata opera si ritrovano, tradotti in moduli miniaturistici, i caratteri stilistici della grande pittura ferrarese: incisività di impianto lineare e splendore adamantino del colore.[4]

Al servizio di Federico da Montefeltro[modifica | modifica wikitesto]

Il "Dante Urbinate"[modifica | modifica wikitesto]

Il servizio presso la biblioteca di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, iniziò verso il 1478, grazie all'intercessione del calligrafo volterrano Matteo Contugi[2][3], che ricopierà le terzine dantesche[5]. Alla corte di Urbino, presso la quale il Girardi rimase fino al 1480 alternando la sua permanenza con soggiorni ferraresi[2] e dove ottenne la stima del duca Federigo[1][2] (per il quale Girardi realizzò anche un evangeliario e continuò il Virgilio richiesto dal Sanudo[3]), il Giraldi (aiutato anche dal nipote Alessandro Leoni[2]) pubblicò, dopo due anni di lavori, l'Inferno e alcune scene del Purgatorio dantesco, dando origine a quello che diventera il manoscritto Urbinate Latino 365, conservato attualmente alla Biblioteca Apostolica Vaticana[3]. L'opera, straordinaria per la resa colorista e la vivacità che traspare dalle scene immaginate dal Giraldi, frutto della rinnovata concezione artistica propria del rinascimento. Secondo Giordana Canova Mariani, il "Dante Urbinate"

«La figurazione è costituita da una serie di grandi vignette, poste ciascuna all’inizio di ogni singolo libro, nelle quali Giraldi evoca le situazioni e i personaggi dei diversi gironi danteschi con straordinario impeto narrativo, con alta fantasia ed efficacia di invenzioni, con rara intensità drammatica, e con una qualità violenta di colore e di luce, livida o affocata, capace di suscitare un eccezionale impatto emotivo»

Nonostante il grande impegno profuso da Giraldi, egli non riuscì a completare il lavoro, che fu ultimato dal suo successore, Franco di Giovanni De Russi.[6]

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Ritornato a Ferrara, Giraldi continuò a lavorare per il nuovo duca Ercole I, continuando la sua attività di miniatore[1]. Nel 1486 prese definitivamente gli ordini sacri e, nel 1494, è arciprete di San Giovanni di Sassocorvaro[1]. Non si sa dove e quando morì, ma dal testamento del 1478 dispose di essere sepolto nella certosa di San Cristoforo a Ferrara, luogo a lui particolarmente caro[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j Federica Toniolo, GIRALDI, Guglielmo, collana Dizionario Biografico degli Italiani. URL consultato il 27 agosto 2015.
  2. ^ a b c d e f Luigi Michelini Tocci, Giraldi, Guglielmo, collana Enciclopedia Dantesca. URL consultato il 27 agosto 2015.
  3. ^ a b c d e f g Giordana Canova Mariani, Il miniatore Guglielmo Giraldi, su alumina.it, Alumina, 11 aprile 2012. URL consultato il 27 agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2015).
  4. ^ a b Giraldi Magri, Guglielmo, in le muse, V, Novara, De Agostini, 1965, p. 284.
  5. ^ Manoscritto Urbinate Latino 365, su danteverona.it, Centro Scaligero degli Studi Danteschi. URL consultato il 27 agosto 2015.
  6. ^ Guglielmo Giraldi, in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970. URL consultato il 20 settembre 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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