Carne

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Vari tipi di carne

Il termine carne è usato comunemente per intendere le parti commestibili degli animali omeotermi, e può comprendere perciò anche gli organi interni, interiora o frattaglie. Nel linguaggio comune e in molte normative il termine esclude i prodotti ittici e della pesca. Comunemente per pesce si intende la carne dei pesci.

Etimologia

La parola etimologicamente deriva dal latino car-nem che, come il greco kείρω, deriva dalla radice indoeuropea ker "tagliare"[1]. Il termine, a livello normativo, può differire da quello di uso comune o specialistico. Oltre al concetto religioso, espressioni come carne umana, riferita all'antropofagia, o quando la parola è riferita a specie non commestibili, assume connotati diversi da quelli merceologici.

Il termine secondo la normativa europea

Nel 2004 il Consiglio Europeo ha definito il termine carne dal punto di vista alimentare,[2] chiarendo che per carne si intendono tutte le parti commestibili, compreso il sangue, suddivisi nelle seguenti categorie:

Il provvedimento considera le carni di molluschi bivalvi, prodotti della pesca, rane e lumache come appartenenti a categorie diverse, come pure altri alimenti simili, classificati come "prodotti di origine animale".

Aspetti merceologici

Lo stesso argomento in dettaglio: Animali da carne.

Le carni dei diversi animali hanno caratteristiche fisico-chimiche fra loro differenti, così come le carni di uno stesso animale a un diverso stadio della crescita. In termini generali, la parte muscolare di un mammifero adulto è costituita da circa il 75% di acqua, il 19% di proteine, 2,5% di grasso intramuscolare, 1,2% di carboidrati e 2,3% di sostanze solubili non proteiche (composti azotati, creatinina, inosina monofosfato, aminoacidi e composti minerali inorganici), oltre a vitamine lipo- e idrosolubili, trascurabili in termini quantitativi.[3].

Dal punto di vista merceologico, la qualità delle carni è definita da diversi fattori:

  • colore, che varia in dipendenza della specie animale, del sesso (la carne degli individui di sesso maschile presenta un colore più vivo di quella delle femmine), dell’età (le carni degli adulti sono più scure di quelle dei giovani) e dell’alimentazione[4]. I principali fattori che determinano il colore sono la concentrazione di mioglobina nella fibra muscolare e la struttura delle fibre stesse. Quando la mioglobina viene a contatto con l'ossigeno, si ossida convertendosi in ossimioglobilna che, per l'appunto, è di colore rossastro. Inoltre, carni con fibre muscolari molto strette (tipiche di muscoli atti a operare nel tempo con continuità) manifesteranno un colore più rosso (in quanto più ricche di mioglobina), mentre fibre muscolari più larghe (caratteristiche dei muscoli che lavorano a scatti veloci in tempi brevi) sono più povere di mioglobina[3].
  • odore, variabile con la specie, l'età, il sesso e l’alimentazione dell’animale. Le carni fresche presentano in genere odore non forte, simile a quello dell’acido lattico, e nel quale si avvertono le sfumature dovute all’alimentazione. Tuttavia, alcune specie presentano aromi più forti: ad esempio, la carne di capra ha odore muschiato; quella di selvaggina, un caratteristico odore di selvatico. Un odore stantio denota la carne conservata troppo a lungo. L’odore putrido indica i processi di deterioramento delle proteine; l’odore rancido è dovuto alla degradazione dei grassi. Il sapore della carne varia con la specie. Anche l’età influenza questo parametro: le carni degli animali giovani hanno gusto più delicato rispetto a quelle degli individui adulti[4].
  • consistenza, che dipende dall’età dell’animale. I muscoli degli individui giovani presentano consistenza minore di quelli degli adulti. Anche il grasso contribuisce a determinare questa caratteristica. Negli animali adulti, come il bue, il maiale, la capra, il cavallo, la carne si presenta quindi soda, mentre in quelli più giovani tenera[4].
  • finezza: dipende dalla quantità e dal tipo di tessuto connettivo presente nei muscoli. Tagliando la carne trasversalmente si può osservare l’aspetto dei fasci muscolari riuniti in lobuli dal tessuto connettivo (grana). Le carni di cavallo e di vitello, morbide e vellutate, vengono considerate “finissime”; quelle di manzo e vitellone fini; quelle di bue, ruvide e asciutte, grossolane. La finezza delle carni dipende anche dalla tessitura, evidenziata dalla disposizione dei fasci muscolari e dalla quantità di tessuto connettivo interposto tra essi. Le carni di manzo hanno tessitura compatta, quelle di vacca poco compatta, quelle di vitello molto lassa[4].
  • succosità: è dovuta all’acqua liberata dalla carne durante la masticazione. Dipende dallo stato delle proteine muscolari, dal grado di acidità, dalla durata della frollatura, e dalla quantità di grasso.

Tra questi aspetti, il colore è quello che definisce una prima suddivisione delle carni; in generale, si definiscono:[5]

  • carni rosse, le carni degli animali da macello adulti come bue, cavallo e montone e di alcuni volatili come faraona, oca, piccione e anatra;
  • carni bianche, invece quelle degli animali giovani come agnello e vitello e di maiale, capretto, pollo, tacchino, coniglio e quelle dei pesci.

In aggiunta a queste e a seconda degli usi locali, sono utilizzate per il consumo alimentare le carni di animali selvatici, come opossum, cervi, conigli, alci, caribù, orso, orso polare, foche, trichechi, cavalli, cammello, bufali, roditori. Tali carni sono individuate comunemente come selvaggina.[6] e spesso denominate, sempre per il colore, carni nere.

Tagli di carne bovina

Lo stesso argomento in dettaglio: Tagli di carne bovina.

Consumo e diffusione

Carne in vendita in nel mercato internazionale all'ingresso di Rungis, Francia

Nel totale delle carni consumate a livello mondiale la più diffusa è la carne suina, seguita dal pollame e in seguito dalla carne bovina e da quella ovina (vedi tabella seguente). L'importanza relativa di queste varie fonti di carne nella dieta varia da regione a regione e nelle diverse culture: alcuni tipi di carne che possono essere rifiutate per varie ragioni in una cultura sono pienamente accettate in altre: nel sub-continente indiano la carne bovina è economicamente e socialmente percepita come di seconda classe rispetto all'agnello, montone e pollame, mentre è vero il contrario nella maggior parte dei paesi industrializzati; molti occidentali aborriscono il pensiero di mangiare carne di cane o di cavallo, che viene invece gustata altrove. Lo stesso si può dire per la domanda relativa di interiora rispetto al muscolo, che varia nelle diverse regioni.[7]

PRODUZIONE MONDIALE DI CARNE[8]

Tipo di carne Produzione anno 2006
Milioni di Tonnellate
Carne bovina 65,6
Pollame 85,4
Carne suina 101,7
Carne ovina 13,3
Altre carni 5,4
Totale 271,5

L’attuale media globale dei consumi di carne è di circa 100 grammi al giorno per persona, ma con molte differenze (anche di 10 volte) tra le popolazioni ad alto consumo (principalmente abitanti i Paesi dell'area occidentale e quelli dell'America Latina) e quelle a basso consumo (popolazioni dei Paesi arabi, dell'Africa e, in generale, dei PVS).

CONSUMI GIORNALIERI PRO CAPITE DI CARNE[9]

Regione Consumi giornalieri di carne
pro capite
Africa 31
Asia meridionale e orientale 112
Asia occidentale (compreso il Medio Oriente) 54
America Latina 147
Paesi in via di sviluppo (media) 47
Paesi sviluppati (media) 224
Media Totale 101

Qualità delle carni

Ci sono due aspetti principali che riguardano la qualità delle carni: la qualità nutrizionale, che è un dato oggettivamente valutabile, e la qualità del mangiare che è un dato altamente soggettivo, in quanto dipendente dalla qualità percepita dal consumatore (aroma, succosità, tenerezza e colore)[10]. Da quest'ultimo punto di vista, notevoli sono le differenze tra le preferenze degli individui, comprese le preferenze per tagli diversi di carne, magra o grassa, muscolare o frattaglie, metodi di cottura, ecc. Nei paesi industrializzati la domanda di quella che viene identificata come carne di qualità, così come la domanda di particolari qualità per una gamma di prodotti dell'industria di trasformazione della carne implicano la scelta delle razze, la loro alimentazione e la gestione degli animali con allevamenti intensivo e l'uso di integratori alimentari appositamente formulati, con la tendenza a macellare animali giovani[10]. La domanda di qualità nella maggior parte delle regioni meno sviluppate del mondo è verso prodotti di origine animale di qualsiasi tipo. Gli animali vivono in condizioni di pascoli magri e crescono più lentamente, producendo grandi animali da macello, e la macellazione avviene normalmente su animali molto vecchi. Il risultato è che la carne è meno succosa e di una qualità che è notevolmente diversa da quella dei paesi industrializzati[10].

Modificazioni post-mortem

Le modificazioni che si verificano post mortem, quando il muscolo è trasformato in carne, hanno un marcato effetto sulla qualità delle stesse. Dopo la macellazione, il glicogeno nei muscoli è trasformato in acido lattico che causa una diminuzione del pH da un valore iniziale di pH 6,8-7,3 a circa 5,4-5,8 a rigor mortis. Se gli animali sono stressati immediatamente prima della macellazione, come quando vengono trattati con violenza o lottano tra di loro, il glicogeno muscolare viene rilasciato nel flusso sanguigno e, dopo la macellazione, si trasforma rapidamente in acido lattico, mentre la carcassa è ancora calda. Questo elevato livello di acidità provoca un crollo parziale della struttura muscolare che si traduce in carne pallida, molle e essudativa (pale, soft, exudative = PSE), una condizione che si verifica soprattutto nei suini. Le carni perdono parte della loro capacità di trattenere acqua, il che risulta molto importante in certe lavorazioni della carne[10]. Le carni degli animali sottoposti a stress prima della macellazione o alla fame, condizioni che generano in particolare utilizzo del glicogeno, in modo da formare minori quantità di acido lattico dopo la macellazione, con il risultato che la condizione del muscolo sia anomala, presentano un colore rosso porpora scuro al contatto con l'aria, anziché rosso brillante. Questa condizione è definita dark, firm and dry (it: scuro, fermo e secco) (DFD) nel caso di suini e di "taglio scuro" nel settore delle carni in generale. La condizione è più rara negli agnelli. Tali carni e prodotti hanno un pH superiore a 6.0 e si rovinano rapidamente in quanto la bassa acidità favorisce una rapida crescita batterica[10]. Le carni PSE e DFD sono perfettamente sicure da mangiare, ma limitate nella loro capacità di trasformazione. La carne PSE ha un maggiore gocciolamento e perdite di cottura, a causa della ridotta capacità di legare l'acqua (Water blinding capacity = WBC), ha un colore più chiaro ed è meno saporita. Le carni DFD hanno un WBC normale o aumentato e sono quindi adatte a essere scottate o per la produzione di insaccati cotti o altri prodotti cotti ma hanno un sapore molto povero. Non esistono rimedi per questo tipo di difetti, ma le carni DFD e PSE possono essere mescolate con carne normale per aumentarne la qualità[10].

Dopo la macellazione, una volta esaurito il glicogeno nei tessuti, sopravviene il rigor mortis e l'intera carcassa diventa rigida, in quanto le fibre muscolari si contraggono a causa dello scorrimento dei filamenti di actina delle fibre tra i filamenti di miosina, accorciando le miofibrille. In tale condizione di rigidità, la cottura della carne è molto difficile, e per questo motivo le carni vengono lasciate "maturare" attraverso il processo di frollatura, che rappresenta il primo stadio chimico-fisico di decomposizione delle carcasse, che attraverso la parziale rottura enzimatica delle fibre muscolari consente che le stesse recuperino la loro estendibilità e le carni diventino più tenere. Normalmente il rigor mortis si completa in 12-24 ore e si risolve in un periodo che dipende dalla temperatura: da 10 a 13 giorni a 0 °C, in 4-5 giorni a 10 °C, 30-40 ore a 20 °C e 10 -11 ore a 30 °C[10]. Il processo è due volte più veloce nella carne di maiale piuttosto che nel manzo o nell'agnello: è più rapido negli animali giovani e più lento con l'aumentare dell'età. Se la carne viene venduta entro poche ore dalla morte dell'animale è ancora in pre-rigor o in rigor, è dura e deve essere cotta più a lungo con una certa perdita di sostanze nutritive. Se la carne di agnello, e in misura minore quella di manzo, sono raffreddate troppo rapidamente dopo la macellazione, i muscoli possono subire un'estrema contrazione (cold shortening) che si traduce in carne molto dura dopo la cottura. Il maiale, invece, rimane quasi inalterato. Per evitare questi problemi la carcassa deve essere raffreddata lentamente: la temperatura non deve scendere sotto i 10 °C, prima dell'inizio del rigor. Per raggiungere questo obiettivo la carcassa viene tenuta a temperatura ambiente per alcune ore per accelerare il rigor e poi rapidamente refrigerata o congelata - un processo chiamato "condizionamento"[10].

Animali vecchi e animali da tiro (soprattutto se anziani), hanno un alto contenuto di tessuto connettivo del muscolo duro, e si rende necessaria una cottura prolungata a bassa temperatura per ammorbidire la carne per idrolisi del tessuto connettivo, un espediente non sempre noto ai consumatori.

Quindi è chiaro che in molte aree del pianeta le condizioni del contesto sono avverse a una buona qualità delle carni: trasporti su lunghe tratte con poche soste, stalle di scarsa qualità, ecc. contribuiscono alla riduzione del glicoceno nei muscoli; la scarsa igiene, l'alta temperatura ambientale e la mancanza di refrigerazione nelle fasi della macellazione e successivamente a essa possono portare a una contaminazione anche pesante e alla crescita di microrganismi, con deterioramento delle carni e rischi di intossicazione alimentare. Tutto questo può essere aggravato da cure inadeguate delle carni durante il trasporto e nel mercato[10].

Controlli sanitari

In Europa, le carni dirette al consumo umano devono provenire da animali che siano stati sottoposti, a cura del veterinario ufficiale (in Italia dipendente dalla ASL), a visita ante mortem e a ispezione post mortem. La certezza che la macellazione dell'animale e la lavorazione delle carni siano avvenute sotto il controllo del veterinario ufficiale, che attesta la salubrità e l'idoneità delle carni stesse, è fornita dal bollo sanitario identificativo dello stabilimento di macellazione o del laboratorio di sezionamento che applicato direttamente su ciascuna mezzena o sulle etichette per le carni confezionate[11].

L'Autorità competente a livello locale per il controllo sanitario delle carni è la ASL[12] - Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale, a cui appartengono i Medici Veterinari dirigenti, unica professionalità che può legalmente emettere il giudizio ispettivo sulla sanità e idoneità al consumo umano delle carni[13].

Etichettatura

Negli esercizi di vendita al dettaglio (macellerie e supermercati), in osservanza di norme comunitarie e nazionali, devono essere fornite le seguenti informazioni obbligatorie.

Per i tagli di carne non preconfezionati venduti sfusi al taglio[14], mediante un cartello esposto sul banco di vendita recante:

  • la denominazione di vendita (taglio di carne e specie animale);
  • le modalità di conservazione, ove necessario.

Per i tagli di carne preincartati nell'esercizio di vendita venduti a libero servizio[15], mediante un cartello esposto sul banco di vendita recante:

  • la denominazione di vendita (taglio di carne e specie animale);
  • le modalità di conservazione, ove necessario;
  • lotto di produzione e/o confezionamento;
  • data di scadenza.

Per la carne confezionata[16], mediante una etichetta recante:

  • marchio di identificazione (bollo sanitario) dello stabilimento che ha effettuato il sezionamento e il confezionamento[17];
  • ragione sociale e sede dello stabilimento;
  • denominazione commerciale: specie, categoria e taglio;
  • data di confezionamento;
  • lotto di produzione;
  • data di scadenza
  • modalità di conservazione, ove necessario;
  • peso netto.

Per le carni bovine esiste un sistema di etichettatura di rintracciabilità[18], per cui devono essere riportate obbligatoriamente anche le seguenti informazioni aggiuntive:

Per i tagli di carne non preconfezionati venduti sfusi al taglio, mediante un cartello esposto sul banco di vendita recante:

  • codice di riferimento che rappresenta il nesso tra il taglio di carne al banco e l'animale o il gruppo di animali macellato
  • Paese di nascita
  • Paese o Paesi di ingrasso
  • Paese di macellazione e numero di riconoscimento dello stabilimento di macellazione
  • Paese di selezionamento delle carni e numero di riconoscimento del laboratorio.

Inoltre, il cartellino o le etichette per le carni esposte al pubblico devono recare il prezzo unitario per chilogrammo, la specie e lo stato fisico (fresche, congelate, scongelate). Le specie sono:

  • bovine: vitello o bovino adulto
  • bufaline
  • suine
  • ovine: agnello o ovino adulto
  • caprine: capretto o caprino adulto
  • avicunicole: pollo, coniglio e altri.

È previsto anche un sistema facoltativo di etichettatura per cui con le stesse modalità di cui sopra possono essere fornite altre informazioni riguardanti:

  1. l'età dell'animale, la data di macellazione e/o di preparazione delle carni, il periodo di frollatura
  2. l'azienda di nascita e/o di allevamento, le tecniche di allevamento, i metodi di ingrasso, le indicazioni relative all'alimentazione
  3. la razza o tipo genetico
  4. eventuali altre informazioni contenute nell'eventuale disciplinare approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

L'etichettatura delle carni provenienti da un animale, nato, ingrassato e macellato in Italia può riportare l'indicazione "Carni di bovino nato, ingrassato e macellato in Italia" oppure la dizione "origine Italia". Se le confezioni di carni contengono pezzi provenienti da bovini diversi, l'etichettatura reca oltre le informazioni obbligatorie, esclusivamente le indicazioni comuni a tutte le carni. Il cartellino o l'etichetta devono essere esposti al pubblico recando il prezzo unitario per chilogrammo, la specie e lo stato fisico della carne (fresca o congelata)[19].

Principali frodi

Le principali e più conosciute frodi nella vendita delle carni sono[19]:

  • Vendita di carni provenienti da animali ai quali sono state somministrate sostanze ad azione anabolizzante (steroidi, ormoni naturali come gli estrogeni, il progesterone, il testosterone, ormoni tireostatici, altre sostanze anabolizzanti come gli stilbenici ed i beta-agonisti). In questo caso le carni sono ricche di acqua e si riducono notevolmente dopo la cottura.
  • Vendita di carni contenenti residui di medicinali utilizzati per la cura degli animali, il cui trattamento non è stato dichiarato o senza aver rispettato i tempi di sospensione prescritti prima della macellazione.
  • Vendita di carni contenenti sostanze atte a migliorarne l'aspetto (solfiti).
  • Vendita di carni della stessa specie ma di qualità diversa (bovino adulto per vitello).
  • Vendita di tagli meno pregiati per tagli pregiati (es. lombata del quarto anteriore per lombata del quarto posteriore o filetto).

I primi tre esempi rappresentano quelle che possono essere definite frodi di tipo igienico-sanitario, che hanno l'aggravante di rappresentare anche un pericolo per la salute dei consumatori; gli ultimi due esempi, invece, sono frodi, che rientrano nel capitolo delle frodi nell'esercizio del commercio (art.515 Codice Penale).

Normalmente, non è possibile per il consumatore rilevare, con la semplice osservazione dei tagli in vendita, se la carne sia stata trattata in maniera illecita o provenga da animali trattati con sostanze vietate. La maggior parte di esse sono inodori e insapori e non alterano l'aspetto esteriore o la consistenza. È importante, quindi, che le carni provengano dai canali commerciali autorizzati[19].

Aspetti nutrizionali

Utilizzo di carne nelle diete: Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo

La carne è tenuta in grande considerazione nella maggior parte delle comunità. Ha un valore di prestigio, è spesso considerata come l’alimento centrale intorno al quale pianificare i pasti. I diversi tipi di carne sono spesso la base di occasioni festive e celebrative, e in generale la carne è considerata come un alimento ad alto valore nutritivo sia dalla popolazione in generale, sia dalla comunità scientifica[20]. C'è una notevole differenza in questo momento di atteggiamento nei confronti della carne tra le popolazioni dei Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. In questi ultimi, dove la carne occupa un posto marginale nell’alimentazione, la stessa può essere presa come misura della qualità nutrizionale della dieta nel suo complesso. Quando una tipica dieta è fortemente dipendente da un solo tipo di cereale o di radici, la carne, anche in piccole quantità, integra l'alimento di base, fornendo una fonte relativamente ricca di ferro biodisponibile e migliorando l’assorbimento di ferro da altri alimenti. Inoltre, la sua composizione aminoacidica è complementare a quella di molti alimenti vegetali, ed è una fonte concentrata di vitamine del gruppo B, tra cui la vitamina B12, che è assente nei cibi vegetali. Di conseguenza nei PVS c'è pressione per aumentare la disponibilità di prodotti a base di carne[20]. Nei paesi industrializzati, dove c’è abbondanza di cibo di ogni genere a buon mercato, la preoccupazione è nei confronti degli effetti potenzialmente pericolosi di un elevato apporto di cibi grassi saturi di origine animale, sullo sviluppo continuo delle normative in materia di igiene nei macelli e nei trattamenti successivi alla macellazione, sugli ormoni somministrati al bestiame, ecc. preoccupazioni che difficilmente si riscontrano nei Paesi in via di sviluppo. Nei paesi industrializzati ci sono stati cambiamenti lenti ma continui nel corso degli anni sulle quantità relative dei diversi tipi di carne consumata (manzo, maiale, agnello, pollame) influenzati dal prezzo, dalla moda, dalla pubblicità, ecc. Negli ultimi anni, inoltre, un fattore importante è diventato quello salutistico: le preoccupazioni circa la salute pubblica nei paesi industrializzati, dove hanno avuto una forte ascesa le malattie cardiache, coronariche e altre "malattie del benessere” hanno portato a sostanziali variazioni nelle indicazioni dietetiche e raccomandazioni nutrizionali. Queste consigliano, in particolare, una riduzione del consumo di grassi, soprattutto acidi grassi saturi e, di conseguenza (anche se non sempre con fondamento), della carne rossa. Ciò ha portato, in alcuni settori di popolazione, a un relativo aumento del consumo di pollame e pesce a scapito della carne rossa[20]. Ulteriore preoccupazione è quella relativa alla presenza nelle carni di pesticidi, residui di ormoni e fattori di crescita usati per aumentare le rese, nonché i timori nei confronti di malattie che possano essere trasmesse all’uomo attraverso le carni (si rammenti la sindrome della “mucca pazza”, l’influenza aviaria, ecc.). Infine, tra i fattori che hanno determinato una variazione dei costumi alimentari, soprattutto nei confronti della carne, è l’aumento, per diverse ragioni, del vegetarianismo[20].

Composizione

La carcassa animale è costituita da muscoli, tessuto connettivo, grasso, ossa e acqua in proporzioni di circa il 75%, a seconda della specie, razza, taglia, età, ecc. La variabile meno costante nella composizione della carcassa è la quantità di grasso, che può variare dal 2% in alcuni animali allo stato brado, fino al 15-40% negli animali domestici da allevamenti intensivi[21].

Composizione approssimativa del muscolo scheletrico dei mammiferi[22]
Percentuale in base al peso da crudo

Nutriente % parziale % totale
ACQUA (min 65, max 80) 75,0
PROTEINE (min 16, max 22) Miofibrillare 9,5
Miosina 5,0
Actina 2,0
Tropomiosina 0,8
Troponina 0,8
Proteina M 0,4
Proteina C 0,2
a-Actinina 0,2
b-Actinina 0,1
Sarcoplasmatica 6,0 18,5
Sarcoplasmatica solubile e
proteine mitocondriali
5,5
Mioglobina 0,3
Emoglobina 0,1
Citocromi e flavoproteine 0,1
Stroma 3,0
Collagene e reticolina 1,5
Elastina 0,1
Altre proteine insolubili 1,4
Lipidi (min 1,5, max 13) Lipidi neutri
(min 0,0 max 1,5)
1,0
Fosfolipidi 1,0 3,0
Cerebrosidi 0,5
Colesterolo 0,5
SOSTANZE AZOTATE NON PROTEICHE Creatina e creatinfosfato 0,5
Nucleotidi (ATP, ADP, ecc.) 0,3
Aminoacidi liberi 0,3
Peptidi (anserina, carnosina, ecc.) 0,3 3,0
Altre sostanze non proteiche
(creatinina, urea, inosina monofosfato, ecc.)
0,1
CARBOIDRATI E SOSTANZE NON AZOTATE
(min 0,5 max 1,5)
Glicogeno 0,8
Glucosio 0,1 1,0
Prodotti intermedi e del metabolismo cellulare 0,1
COSTITUENTI INORGANICI Potassio e Fosforo totale 0,3
Fosfati e fosforo inorganico 0,2
Solfuri (inclusi solfati) 0,2 1,0
Cloro 0,1
Sodio 0,1
Altri (inclusi magnesio, calcio, ferro, cobalto, rame, zinco, nichel, manganese, ecc.) 0,1

La principale fonte di variazioni nella composizione delle carni è la proporzione nelle percentuali di parte grassa e parte magra, molto diverse tra le diverse specie[21].

COMPOSIZIONE DI GRASSO E MAGRO su 100 g di carne fresca [23]

Tipo di Grassi
Acqua Proteine Grassi Energia Saturi Monoinsaturi Polinsaturi Colesterolo
g g g MJ g g g mg
Manzo, grasso 24 9 67 2,6 29 32 3 90
Manzo, magro 74 20 5 0,5 2 2 0,2 60
Agnello, grasso 21 6 72 2,8 36 28 3 75
Agnello, magro 70 21 9 0,7 4 3 0,4 80
Maiale, grasso 21 7 71 2,8 26 29 11 75
Maiale, magro 72 21 7 0,6 2,5 3 1 70

Modificazioni apportate dalla cottura

Si considerano cotti i prodotti carnei nei quali il centro del prodotto è mantenuto a una temperatura di 65-70 °C per almeno 10 minuti, tempo sufficiente a coagulare le proteine e la carne si intenerisce per idrolisi parziale del collagene e le forme vegetative di batteri, ma non le spore, sono state distrutti (spore termoresistenti possono sopravvivere riscaldamento superiore a 100 °C). Il completamento del processo di cottura è generalmente indicato da un cambiamento di colore dal rosso al bruno (o dal rosso al rosa in prodotti stagionati) e i sapori sono più concentrati. Il processo di cottura comporta alcune variazioni:

  • Perdita di acqua: l'acqua viene persa durante la cottura, in quantità variabile a seconda del tempo, temperatura, metodo di cottura, dimensioni del campione, penetrazione del calore e composizione, portando a un aumento della concentrazione di grassi e proteine.

La perdita di acqua comporta anche una perdita di vitamine solubili in acqua, sali minerali e proteine nei succhi, ma solo di una parte minore rispetto al totale presente (considerando, inoltre, che nella maggior parte dei procedimenti di cottura i succhi sono solitamente consumati con la carne).

  • Perdita di grassi: la cottura determina una perdita del grasso, anche se ne aumenta le proporzioni all'interno della carne.

Anche in frittura vi è una perdita di grasso in quanto la massa muscolare magra non assorbe il grasso di cottura. Quando la carne viene cotta alla griglia, cioè dal calore radiante, si ha una forte riduzione di acqua e di grassi, riducendo il grasso totale al 30,7% della sostanza secca, mentre le proteine aumentano proporzionalmente fino al 69,3%. In frittura la perdita di acqua è maggiore che in griglia, ma la perdita di grasso è minore: la percentuale di proteine diventa del 66,2% e il grasso del 33,7% della sostanza secca. L'ebollizione del pollo provoca una maggiore perdita di acqua di cottura, ma senza perdita di grasso, in modo che in percentuale di materia secca, il grasso è più alto nel prodotto bollito.

  • Effetti sulle proteine: le proteine possono essere danneggiate dal punto di vista nutrizionale, quando parte di un aminoacido essenziale è resa indisponibile.

A temperature intorno a 100 °C si ha il danneggiamento della lisina, e a temperature intorno a 120 °C della cistina e della metionina, nonché di altri aminoacidi, dopo un riscaldamento prolungato.

  • Effetti sulle vitamine: la tiamina è una delle vitamine più sensibili. È solubile in acqua e termolabile, oltre a essere danneggiata dall'ossigeno e da pH neutro o alcalino. È molto sensibile alla distruzione di anidride solforosa e solfiti, che vengono utilizzati in alcuni paesi per la conservazione dei prodotti a base di carne triturate.

Le perdite di tiamina sono stimate in percentuale del 1,540% in ebollizione, 40-50% per la frittura, 30-60% per la tostatura e il 50-70% nelle conserve. La cottura determina la perdita di riboflavina in media di circa il 10%. La riboflavina è relativamente stabile per la maggior parte delle pratiche di cucina (escluso l'alta temperatura di tostatura) e per l'inscatolamento e la disidratazione. È danneggiata dall'essiccazione al sole e in qualsiasi condizione alcalina. La niacina è stabile al calore, luce, ossigeno, acidi e alcali e anche per irraggiamento, ma può, ovviamente, essere dilavata dal cibo; la media delle perdite è di circa il 10%. Ci sono meno informazioni attendibili su altre vitamine del gruppo B. In media circa un terzo della vitamina B6 e pantotenato si perdono nella cottura[24].

Qualità nutrizionali

La carne è una fonte concentrata di proteine che non solo sono di alto valore biologico, ma hanno una composizione in aminoacidi complementare a quella di cereali e altre proteine vegetali. È anche una buona fonte di ferro e zinco e di diverse vitamine del gruppo B. Il fegato è una fonte molto ricca di vitamina A. È chiaro che la carne non è indispensabile nella dieta, come testimonia il gran numero di vegetariani che hanno una dieta nutrizionalmente adeguata, ma è altrettanto vero che l'inserimento di prodotti di origine animale rende più facile il raggiungimento delle dosi giornaliere di diversi nutrienti[25].

Problemi di salute associati al consumo di carne

Lo stesso argomento in dettaglio: Problemi di salute associati al consumo di carne.

La carne, con modalità sempre crescenti nel corso degli anni, è stata associata a diversi tipi di patologie (in particolare le carni rosse, di manzo, vitello, agnello, maiale). Uno studio epidemiologico prospettico su oltre mezzo milione di persone ha associato al consumo di carni rosse e carni processate (insaccati, prosciutto, hamburger, carne in scatola, ecc.) un modesto incremento della mortalità in generale, e in particolare per cancro e malattie cardiovascolari. Tale incremento deve rilevarsi anche con consumi di carne relativamente bassi (25g al giorno)[26].

Problemi etici e ambientali associati al consumo di carne

Fame e consumo di carne

La continua crescita della popolazione e dei consumi implica che la domanda di cibo crescerà per almeno fino al 2050. La crescente competizione per la terra, l'acqua e l'energia coinvolgerà la capacità e le modalità di produrre cibo, il che richiede di ridurre urgentemente l'impatto del sistema alimentare sull'ambiente[27]. Nel 2010 c'erano circa 7 miliardi di abitanti nel mondo, dei quali si stima che 925 milioni soffrissero la fame, pari al 13,1%[28]. La principale causa della fame è la cattiva divisione tra risorse prodotte e risorse consumate: il comparto agricolo produce quantità di cibo sufficienti a garantire almeno 2.720 kilocalorie (kcal) a persona al giorno, ma nonostante questo, 1 su 7 soffre la fame.[29][28] La dieta di eccessi tipica dei paesi industrializzati, incluso l'elevato consumo di carne, ha un ruolo non secondario in questo quadro: diversi studi hanno previsto una crescita del consumo pro capite annuo di carne, dagli attuali 32 kg ai 52 kg a metà del secolo. Nei paesi con redditi elevati si è già a questo livello. Tuttavia, l'incremento del consumo di carne potrebbe avere serie ripercussioni sulla competizione per il suolo, acqua e sugli altri beni utilizzati per l'allevamento; ciò potrebbe limitare la sostenibilità delle produzioni. Le diete a base di grandi quantitativi di carne danno un contributo determinante all'aumento della richiesta di terreno per l'agricoltura: nonostante la carne rappresenti solo il 15% della dieta totale degli abitanti del pianeta, per la sua produzione vengono utilizzate approssimativamente l'80% dei terreni agricoli, ovvero la maggior parte delle coltivazioni alimentari è utilizzata come foraggio, con un rapporto negativo tra calorie consumate e calorie prodotte.[27]. La comunità scientifica da anni studia il fenomeno e consiglia cambiamenti negli stili di vita, compresa la riduzione del consumo di carne[30].

Ruolo del consumo di carne sull'effetto serra

Lo stesso argomento in dettaglio: Impatto ambientale dell'industria dei cibi animali.

La comunità scientifica allerta sempre di più l'opinione pubblica sul fatto che l'attività agricola, specialmente l'allevamento, è responsabile di circa un quinto delle emissioni totali di gas-serra, contribuendo quindi ai cambiamenti climatici e ai conseguenti effetti avversi sulla salute, compresa la minaccia per le produzioni alimentari in diversi Paesi. Le emissioni di gas serra dal settore agricolo contribuiscono per circa il 22% del totale delle emissioni, vale a dire quanto l'industria e più dei trasporti. Di questa quota, l'80% è dovuto all'allevamento e al trasporto degli animali da macello, vale a dire che il solo consumo di carne è responsabile di oltre 1/6 dell'effetto serra. Ciò in quanto il metano e il perossido di azoto, associati alle produzioni animali, contribuiscono al riscaldamento molto più di quanto non faccia l'anidride carbonica[9] [31].

Su questo stesso argomento, la rivista di divulgazione scientifica New Scientist riporta uno studio condotto in Giappone, il quale evidenzia come un kg di manzo è responsabile di maggiori emissioni di gas serra di quante ne produca il guidare per 3 ore lasciando contemporaneamente tutte le luci accese in casa[32][33].
Lo stesso studio, come altri, evidenzia come l'allevamento del bestiame, oltre a essere uno dei maggiori contributori alle emissioni antropogenetiche di gas serra, è il principale responsabile della nitrificazione e acidificazione dei suoli attraverso la dispersione di grandi quantità di ammoniaca, per cui si rende necessario considerare fonti alternative di proteine rispetto a quelle animali[34].

Secondo Rajendra Pachauri, Premio Nobel per la pace 2007 e due volte direttore dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, le persone dovrebbero trascorrere almeno un giorno alla settimana senza carne – se volessero davvero contribuire con un efficace sacrificio personale a combattere i cambiamenti climatici – e successivamente ridurre ulteriormente il consumo di carne[35][36]..

Critiche al consumo di carne

Condizioni di allevamento

Lo stesso argomento in dettaglio: Allevamento intensivo.

Molte critiche si basano sulle aberranti condizioni dell'allevamento intensivo (limitato spazio disponibile per capo, ricorso a lettiere permanenti o a pavimenti fessurati, utilizzo marginale di fieno ed erba) e sulla presenza di sostanze potenzialmente dannose come residui ai consumatori (estrogeni, tireostatici, betabloccanti e altre sostanze, per altro illegali).[37]

Costo energetico dell'allevamento

Elevato è il costo energetico per la produzione di carne:per un kg di carne occorrono, in larga approssimazione, da 2 kg di concentrati, per i monogastrici (come pollame, suini e specie ittiche) a circa 6, nel caso dei ruminanti. Poiché i concentrati sono composti in alte percentuali di cereali e soia, direttamente utilizzabili nell'alimentazione umana, il loro utilizzo per l'ingrasso del bestiame risulta fortemente penalizzante delle disponibilità alimentari ed energetiche complessive per la popolazione umana. Sempre in larga approssimazione si può calcolare che con un kg di carne bovina una persona possa vivere un giorno, mentre con i 6 kg di cereali e soia consumati per produrla possa viverne sei.[senza fonte]

L'allevamento di bestiame genera quasi un quinto del gas serra mondiale, più dei trasporti.[38]

Note

  1. ^ Alfred Ernout - Antoine Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine, edizione aggiornata, da Jacques André (1910-1994), Paris: Klincksieck, 2001, ISBN 2-252-03359-2
  2. ^ http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2004:139:0055:0205:IT:PDF
  3. ^ a b (EN) Ralston Andrew Lawrie, 4. Chemical and Biochemical Constitution of Muscle, in Lawrie's meat science, 6ª ed., Cambridge, Woodhead Publishing, 1998 [1966], ISBN 1-85573-395-1. URL consultato il 25 maggio 2011.
  4. ^ a b c d Caratteristiche merceologiche degli alimenti
  5. ^ http://ec.europa.eu/agriculture/publi/fact/meat/2004_it.pdfIl settore delle carni nell’Unione europea]
  6. ^ (EN) de Janvry Alain, Sadoulet Elisabeth, The Conditions for Harmony between Third World Agricultural Development and U.S. Farm Exports, in American Journal of Agricultural Economics, vol. 68, n. 5, dicembre 1986, pp. 1340-1346, ISSN 00029092 (WC · ACNP).
  7. ^ (EN) FAO Carne e derivati
  8. ^ (EN) Consumo di carne nel mondo dal sito della FAO
  9. ^ a b McMichael Anthony J., Powles John W., Butler Colin D., Uauy Ricardo, Food, livestock production, energy, climate change, and health, in The Lancet, vol. 370, n. 9594, 6 ottobre 2007, pp. 1253-1263, DOI:10.1016/S0140-6736(07)61256-2, ISSN 0140-6736 (WC · ACNP).
  10. ^ a b c d e f g h i (EN) FAO La qualità della carne
  11. ^ reg. CE n. 854/2004.
  12. ^ art. 2 del d. lgs. n. 193/2007.
  13. ^ Veterinaria
  14. ^ art. 16 del d. lgs n. 109/1992 e succ. mod. e integrazioni.
  15. ^ art. 16 del d. lgs n. 109/1992 e succ. mod. e integrazioni e art. 18 del reg. Ce n. 178/2002.
  16. ^ art. 3 del d. lgs. n. 109/1992 e succ.ve mod. e integrazioni.
  17. ^ reg CE n. 853/2004
  18. ^ regolamento CE n. 1760/2000
  19. ^ a b c Informazioni e consigli dei NAS sul sito del governo italiano
  20. ^ a b c d (EN) FAO Rischi per la salute associati al consumo di carne
  21. ^ a b (EN) FAO Valori nutrizionali delle carni
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  23. ^ (EN) FAO Tabelle che confrontano la composizione di carni di vari tessuti e di vari animali
  24. ^ (EN) FAO Cottura
  25. ^ (EN) FAO Consumo di carne
  26. ^ Meat intake and mortality: a prospective stu... [Arch Intern Med. 2009] - PubMed - NCBI
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  28. ^ a b (EN) 2011 World Hunger and Poverty Facts and Statistics Nel mondo si produce abbastanza cibo per tutti?
  29. ^ Reducing Poverty And Hunger: The Critical Role Of Financing For Food, Agriculture And Rural Development
  30. ^ Godfray H. Charles J., Beddington John R., Crute Ian R., Haddad Lawrence, Lawrence David, Muir James F., Pretty Jules, Robinson Sherman, Thomas Sandy M., Toulmin Camilla, Food Security: The Challenge of Feeding 9 Billion People (abstract), in Science, vol. 327, n. 5967, 12 febbraio 2010, pp. 812-818, DOI:10.1126/science.1185383.
  31. ^ Public health benefits of strategies to reduce greenh... [Lancet. 2009] - PubMed - NCBI
  32. ^ http://www.newscientist.com/article/mg19526134.500-meat-is-murder-on-the-environment.html
  33. ^ Evaluating environmental impacts of the Japanese beef cow–calf system by the life cycle assessment method - OGINO - 2007 - Animal Science Journal - Wiley Online Library
  34. ^ An exploration on greenhouse gas and ammonia produc... [PLoS One. 2010] - PubMed - NCBI
  35. ^ Scienzeonline.com quotidiano di scienza on-line - Ridurre le emissioni di gas serra? si può. basta mangiare meno carne
  36. ^ The Impact of Meat Production and Consumption on Climate Change - P1/2 - YouTube
  37. ^ "Allevamenti intensivi incubatori di virus" la denuncia di Legambiente e veterinari Repubblica
  38. ^ The staggering cost of rising world meat production The New York Times

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