Via Minucia
La via Minucia era una strada consolare costruita, con ogni verosimiglianza, per volontà del console Marco Minucio Rufo nel 110 a.C.[1]. Concepita quale variante alla via Appia, ma rivelatasi presto scarsamente idonea al traffico pesante, rimase comunque in esercizio fino al 108-110 d.C. per essere poi a sua volta rimpiazzata dalla via Traiana.
Percorso
[modifica | modifica wikitesto]Benché qualche autore abbia ipotizzato che la strada avesse origine a Corfinio[2], l'unico tragitto sicuro era quello che collegava Benevento a Brindisi[3]. L'itinerario esatto non è comunque conosciuto, anche se è plausibile che il percorso fosse simile a quello della successiva via Traiana (con transito per Aequum Tuticum, Herdonia, Canusium, Butuntum ed Egnatia), salvo alcune differenze di tracciato più o meno significative.
In particolare, è probabile che nel tratto compreso tra Benevento ed Aequum Tuticum (presso cui vi erano una stazione di posta[4] e l'intersezione con la più antica via Aemilia) la via Minucia corresse leggermente più a monte e più a nord della via Traiana; viceversa, tra Αequum Tuticum ed Herdonia la via Minucia doveva seguire una direttrice di fondovalle più meridionale, discendendo cioè la breve ma impervia valle del Cervaro (o, più verosimilmente, la più ampia vallata del Sannoro[5][6][7], affluente sinistro dello stesso Cervaro) anziché varcare i monti della Daunia in altura, come invece sarebbe poi avvenuto per la via Traiana[8][9].
Inoltre, nel tratto compreso tra Butuntum ed Egnatia, la via Minucia doveva seguire un itinerario esclusivamente interno, a differenza della via Traiana che invece presentava anche una variante costiera passante per Barium[10]; tuttavia tale città portuale risultava comunque direttamente connessa alla via Minucia per mezzo della via Gellia (attestata da un unico miliario rinvenuto a nord di Modugno), una probabile diramazione dell'Appia proveniente dall'agro di Venusia (non però da Venosa città) oppure da Tarentum, o ancora, secondo altri, una strada a sé stante diretta a Egnatia per via litoranea (quest'ultima ipotesi presupporrebbe però il conteggio a ritroso delle miglia)[11].
Fonti primarie
[modifica | modifica wikitesto]Gli autori che nel I secolo a.C. citano espressamente la via Minucia sono Cicerone, Orazio e forse Strabone. Il primo si limita però a un accenno, descrivendo un movimento di truppe a partire dalla lontana regione della Marsica[12][13]. Il secondo, invece, si chiede se il percorso della via Minucia sia preferibile o meno a quello della via Appia negli spostamenti tra Benevento e Brindisi. In quanto al geografo greco Strabone, egli descrive due strade in uscita da Brindisi e dirette a Benevento, una delle quali (la via Appia) più adatta ai carri, mentre l'altra è definita con l'oscura espressione ἠ μινοιϰη, da emendarsi a ἡ Μινοιϰία (="Minucia") oppure a ἠ μιονιϰἠ (="mulattiera")[14][15]; peraltro quest'ultimo termine potrebbe essere comunque riferibile alla via Minucia[3], poiché è pacifico che in epoca repubblicana tale strada risultasse più celere (richiedendo un giorno in meno di viaggio[16]) ma anche più malagevole rispetto alla via Appia[14]. In effetti le difficoltà logistiche connesse ai collegamenti stradali attraverso l'Appennino meridionale sarebbero state definitivamente risolte soltanto in epoca imperiale mediante la costruzione della nuova via Traiana, nota anche come via Appia Traiana.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La Via Appia (a sud di Benevento) e il sistema stradale in Puglia tra Pirro e Annibale, Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 2012, Napoli 2014, 52ª ed., p. 229 (archiviato il 7 maggio 2022).
- ^ Si era anche proposto di emendare la denominazione della strada da "via Minucia" a "via Numicia".
(EN) Aaron Arrowsmith, A compendium of ancient and modern geography, a cura di Charles Grenfell Nicolay, E.P. Williams, 1856, p. 257. - ^ a b Italo M. Iasiello, Samnium: assetti e trasformazioni di una provincia tardoantica, Edipuglia, 2007, p. 59, ISBN 9788872284810.
- ^ Cicerone, VI, 1, 1, in Epistulae ad Atticum.
- ^ Lungo tale tragitto, che dal valico Tre Sportelli attraversava le località Santa Luciella e Ripalonga, erano presenti infatti alcune fattorie romane
Società di storia patria per la Puglia, Archivio storico pugliese, vol. 60, p. 45. - ^ Archeoclub di San Severo, Armando Gravina, Modi di abitare nel territorio di Faeto (FG): esempi dalla recente ricerca archeologica (PDF), 34º Convegno nazionale sulla Preistoria - Protostoria - Storia della Daunia. San Severo, 16-17 novembre 2013, San Severo, 2014, p. 319, ISBN 978-88-96545-54-6 (archiviato il 30 dicembre 2020).
- ^ Pierfrancesco Rescio (a cura di), Un segmento della via Traiana poco conosciuto: il percorso Aequum Tuticum-Troia (PDF), 35º convegno nazionale sulla preistoria, protostoria e storia della Daunia, San Severo 2015, p. 66, ISBN 978-88-96545-63-8 (archiviato il 26 agosto 2019).
- ^ Giuliano Volpe, La Daunia nell'età della romanizzazione: paesaggio agrario, produzione, scambi, Edipuglia, 1990, p. 88, ISBN 9788872280614.
- ^ Selene Maria Cassano, Bovino: studi per la storia della città antica: la collezione museale, a cura di Marina Mazzei, Archeologia del Mediterraneo antico, vol. 1, La Colomba, 1994, p. 114, ISBN 9788886192040.
- ^ Vito Antonio Sirago, Puglia romana, Edipuglia srl, 1993, p. 169, ISBN 9788872281079.
- ^ Il miliario, distrutto immediatamente dopo il ritrovamento, indicava infatti 52 miglia (eventualmente emendabili a 42).
Università del Salento, Via Gellia: una strada fantasma in Puglia centrale, in Giuseppe Ceraudo (a cura di), Studi di Antichità, 12ª ed., Congedo, 2008, pp. 187-203. - ^ Marco Tullio Cicerone, Epistulae ad Atticum, a cura di Francesco Bentivoglio, vol. IX, 6.
- ^ Cicerone, Selected Letters, a cura di P. G. Walsh, Oxford World's Classics, Oxford, OUP, 2008, p. 320, ISBN 9780191607516.
- ^ a b (EN) Quinto Orazio Flacco, Horace: Satires Book I, Cambridge University Press, 2012, pp. 205-206.
- ^ Jesper Carlsen, Peter Ørsted, Jens Erik Skydsgaard, Landuse in the Roman Empire, vol. 22, L'erma di Bretschneider, 1994, pp. 83-84.
- ^ Strabone, Geografia, volume III, libro VI, capitolo V.