Funk

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Funk
Origini stilisticheGospel
R&B
Jazz
Soul
Origini culturaliStati Uniti d'America, fine anni sessanta
Strumenti tipicivoce, chitarra elettrica, clavinet, basso, batteria, strumenti a fiato, organo Hammond, tastiera, conga, sintetizzatore, shekere, flauto
PopolaritàDiffuso in tutto il mondo, ha avuto massima popolarità negli anni settanta, soprattutto negli Stati Uniti.
Sottogeneri
Deep funk - Free funk - G-funk - Disco - Go-Go - Jazz-funk - Funk rock - Funk metal
Generi derivati
Hip hop - Dance - Electro - Rockers - Post-punk
Generi correlati
Urban - Blues
Categorie correlate
Gruppi musicali funk · Musicisti funk · Album funk · EP funk · Singoli funk · Album video funk
Richard Strauss (info file)
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«Così parlò Zarathustra», esempio di elaborazione genere Funk ottenuta al computer usando LinuxMultiMediaStudio

Il funk è un genere musicale nato negli Stati Uniti a metà degli anni sessanta da musicisti afroamericani. La loro intenzione era quella di creare uno stile musicale ritmato e ballabile che prendeva spunto dai generi soul, jazz e rhythm and blues (R&B). Questo genere riduce l'importanza della melodia e della progressione di accordi presenti nei generi vicini in favore di un marcato groove scandito dal basso elettrico e da una batteria molto presente.

Come in gran parte della musica afroamericana, anche nel funk si ritrovano marcati e incalzanti incastri ritmici suonati dai vari strumenti. Il funk usa gli stessi accordi estesi utilizzati nel bebop jazz, come accordi minori con l'aggiunta degli intervalli di settima e undicesima o accordi dominanti con l'aggiunta dell'intervallo di nona alterato.

Il termine è stato coniato negli Stati Uniti negli anni sessanta, per indicare caratteristiche ritmiche e sonore presenti in diversi ambiti musicali. Inizialmente il termine fu usato nel jazz per indicare un approccio musicale rude e libero da sofisticazioni, con riff ripetitivi e con un ritmo incalzante. In seguito l'aggettivo funky fu utilizzato sempre più anche in altri ambiti musicali come il soul e il R&B.

Il significato del vocabolo funk (e il suo aggettivo funky) nello slang degli afroamericani indica generalmente "puzza" cioè un cattivo odore,[1] come l'odore sprigionato dal corpo in stato di eccitazione, quindi per estensione poteva significare "sexy", "sporco", "attraente" ma anche "bizzarro", "autentico", cioè originale e libero da inibizioni.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

La parola "funk" inizialmente si riferiva (e si riferisce ancora) a un forte odore. L'origine del termine deriva dal latino "fumigare" (che significa "fumare") tramite il francese antico "fungiere" e, in questo senso, si ritrova per la prima volta nella lingua inglese in un documento del 1620. In un documento del 1784 si ritrova per la prima volta il termine "funky" con il significato di "ammuffito" , che, a sua volta, acquisì il senso di "terreno" come verrà poi inteso intorno al 1900 nel primo gergo jazz per qualcosa di "profondamente o fortemente sentito"[2][3]. L'etnomusicologo Portia Maultsby afferma che l'espressione "funk" deriva dalla parola centroafricana "lu-funki" e lo storico dell'arte Robert Farris Thompson afferma che la parola deriva dal termine Kikongo "lu-fuki"; in entrambe le origini proposte, il termine si riferisce all'odore corporeo[4]. La parola di origine Kikongo proposta da Thompson, "lu-fuki" è usata dai musicisti africani per elogiare le persone "per l'integrità della loro arte" e per aver "lavorato" per raggiungere i loro obiettivi. Anche se nella cultura bianca il termine "funk" può avere connotazioni negative di odore o di cattivo umore ("in a funk"), nelle comunità africane, il termine "funk", pur essendo ancora legato all'odore corporeo, rimandava ad una sensazione positiva richiamando l'onesto e laborioso sudore di un musicista e lo "sforzo fisico" derivasse una performance "sublime" e "superlativa"[4].

Nelle prime jam session, i musicisti si incincitavano l'un l'altro a "darci dentro" dicendosi l'un l'altro: "get down" ed ancora "Now, put some stank on it!". Almeno già nel 1907, le canzoni jazz portavano titoli come Funky. Il primo esempio è un numero non registrato di Buddy Bolden, ricordato come Funky Butt o Buddy Bolden's Blues con testi improvvisati che erano, secondo Donald M. Marquis, "comici e leggeri" o "crudi e decisamente osceni" ma, in un modo o nell'altro, riferendosi all'atmosfera sudata delle balere in cui suonava la band di Bolden[5][6]. Ancora negli anni '50 e all'inizio degli anni '60, quando "funk" e "funky" erano usati sempre più nel contesto della musica jazz, questi termini erano ancora considerati socialmente indelicati ed inappropriati. Secondo una fonte, il batterista Earl Palmer, nato a New Orleans, "è stato il primo a usare la parola 'funky' per spiegare ad altri musicisti che la loro musica dovrebbe essere resa più sincopata e ballabile"[7]. In seguito lo stile evolse in un ritmo duro e insistente, che implicava qualità più carnali. Questa prima forma musicale fornì il modello per i musicisti successivi[8]. La musica funk fu quindi identificata come sexy, sciolta, orientata al riff e ballabile.

Il significato del termine "funk" continua ad influenzare la musica nera. Una recente ricerca sulla cultura dei neri statunitensi ha preso il termine "funk" nelle sue numerose applicazioni. In particolare, Funk the Erotic: Transaesthetics and Black Sexual Cultures di L.H. Stallings esplora i molteplici significati del termine "funk" come un modo per teorizzare la sessualità, la cultura e l'egemonia occidentale all'interno dei molti luoghi del "funk": "feste di strada, teatro/dramma , spogliarelliste e strip club, pornografia e narrativa autopubblica"[9].

Storia del genere[modifica | modifica wikitesto]

Le caratteristiche distintive dell'espressione musicale afroamericana sono radicate nelle tradizioni musicali dell'Africa subsahariana e trovano la loro prima espressione negli spirituals, nei canti e canzoni di lavoro, nelle grida di lode, nel gospel, nel blues e "ritmi del corpo" (hambone, padding juba, e battito di mani). La musica funk è un amalgama di musica soul, soul jazz, R&B e ritmi afro-cubani assorbiti e ricostituiti a New Orleans. Come altri stili di espressione musicale afroamericana, la musica funk ha accompagnato molti movimenti di protesta durante e dopo il movimento per i diritti civili.

New Orleans[modifica | modifica wikitesto]

Gli anni '60[modifica | modifica wikitesto]

Dopo gli album di James Brown, il creatore indiscusso del funk (ispirato dal suo sassofonista Maceo Parker), Papa's Got a Brand New Bag (1965), I Got You (I Feel Good) (1966) e Sex Machine (1970), si cominciò a considerare il funk come un vero e proprio genere musicale. Il termine fece la sua comparsa ufficiale in ambito rock in un brano del 1967 di Dyke & The Blazers (Funky Broadway).

George Clinton è generalmente considerato il principale innovatore del funk. Con i suoi gruppi Parliament e Funkadelic incominciò ad esibirsi negli anni settanta autodefinendosi sacerdoti della religione "della giungla e della strada" nata per liberare gli umani dalle forze negative di un mondo senza funk, inventando il genere P-Funk, che ha assunto il significato di "Parliament - Funkadelic", il funk alla massima potenza, nella sua forma più pura. Artisti legati a George Clinton sono sicuramente due altri grandi padri del P-Funk. Il bassista Bootsy Collins, che ha fatto parte sia della band di James Brown (nella banda The JB's) sia dei Parliament-Funkadelic, e Roger Troutman con i suoi Zapp & Roger, portando alla notorietà mondiale il "talkbox", un modificatore di voce prima utilizzato solo in collegamento a delle chitarre da gruppi rock, di lì in poi invece collegandolo da un lato a un sintetizzatore e dall'altro alla bocca, creando un suono magico.

Negli anni settanta il genere sviluppò i tratti caratteristici che lo contraddistinguono tuttora: linee di basso incalzanti e ripetitive (esemplari quelle del bassista di Sly Stone, Larry Graham, creatore della tecnica slap); riff di chitarra elettrica taglienti e sincopati, nutrite sezioni fiati e ballabilità dei brani, con largo spazio ai brani strumentali e agli assoli. Negli anni settanta e ottanta il funk si mescolò con la disco music con gruppi come Earth, Wind & Fire, Kool & The Gang, Jackson Five o Brand New Heavies. Nel jazz a partire dalla fine degli anni sessanta il termine funky prese ad indicare dapprima alcuni lavori jazz ibridati col funk e il blues (hard bop) ad esempio certi brani di Horace Silver, o Blue Mitchell nonché Lee Morgan e in seguito, più in generale, uno stile influenzato dal funk anni settanta e dal rock, da alcuni definito jazz-funk (Miles Davis, Herbie Hancock, George Duke, George Benson, Stanley Clarke). Nell'uso comune impropriamente i termini jazz rock, fusion e funky sono poi divenuti sinonimi.

Dopo gli anni ottanta l'inafferrabile funk si è mescolato con altri generi e ha ispirato i musicisti più disparati (a titolo di esempio si paragoni Atomic Dog di George Clinton (1982) e What's My Name di Snoop Dogg, e si considerino le influenze musicali di Earth, Wind & Fire su alcuni lavori di Elio e le Storie Tese; l'album Hot Space dei Queen riflette l'influenza funky sul gruppo). Il P-Funk è alla base della nascita del West Coast Rap, artisti come gli N.W.A., DJ Quik, Too $hort e tutti i padri del Gangsta rap si sono infatti ispirati alle sonorità soprattutto di George Clinton e Roger Troutman.

Le influenze funky della musica soul e della musica disco nel jazz hanno portato alla genesi dell'acid jazz, gruppi come Jamiroquai, James Taylor Quartet o Incognito mostrano chiari influssi funk.

In ultimo, il funk unito alle prime sperimentazioni elettroniche degli anni settanta e alla disco music ha contribuito a dar vita al genere house dalle mani di producer come Frankie Knuckles, Larry Levan e altri, genere, diventato il più ballato negli ultimi 30 anni e che ha a sua volta rivoluzionato il mondo della musica, dando il via a molti altri generi oggi classificati sotto il nome electronic dance music (EDM).

Si potrebbe affermare che il funk è nato come aggettivo per definire alcune caratteristiche musicali esistenti, si è evoluto a genere autonomo negli anni settanta e oggi è sostanzialmente tornato alla sua funzione di aggettivo, per caratterizzare alcune specificità di generi di electronic dance music come l'acid jazz, l'hip hop o il funk rock (solo in alcune serate) oppure semplicemente nei nomi di alcuni gruppi musicali (ad esempio Planet Funk).

Funk in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1976, con il brano Funky Bump e con altre tracce contenute nell'album 1st Round (Atlantic Records), Pino Presti fu tra i primi e più importanti realizzatori in Italia di questo genere[10][11][12][13] , assieme a Patty Pravo, la quale inserì un brano funky (Il dottor funky) all'interno dell'album omonimo (poi soprannominato Biafra).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ad esempio, la Union Sons Hall di Perdido Street, a New Orleans, dove era solito suonare il pioniere del jazz Buddy Bolden, era chiamata "Funky Butt Hall" (sala del sedere puzzolente), forse dalle parole di una canzone che vi aveva improvvisato uno degli uomini di Bolden, esasperato dall'odore dei corpi sudati dei ballerini nel piccolo ambiente. Vedi [1].
  2. ^ (EN) Online Etymology Dictionary – Funk, su Etymonline.com. URL consultato il 20 gennaio 2017.
  3. ^ (EN) Michael Quinion, World Wide Words: Funk, su World Wide Words, 27 ottobre 2001. URL consultato il 20 gennaio 2017.
  4. ^ a b Thompson, Gordon E. Black Music, Black Poetry: Blues and Jazz's Impact on African American Versification. Routledge, Apr. 15, 2016. p. 80.
  5. ^ Donald M. Marquis: In Search of Buddy Bolden, Louisiana State University Press, 2005, pp. 108–111 ISBN 978-0-8071-3093-3
  6. ^ Who Started Funk Music, su realmusicforum.com (archiviato dall'url originale il 9 ottobre 2009).
  7. ^ (EN) Obituary, su theguardian.com.
  8. ^ The Merriam-Webster New Book of Word Histories, su archive.org, 1991, p. 175, ISBN 0-87779-603-3.
  9. ^ Stallings, L. H. Funk the Erotic: Transaesthetics and Black Sexual Cultures, U Of Illinois Press, 2015, pp. 1–29.
  10. ^ Gianni Rodari, Musica ieri e oggi, su scuola.repubblica.it, La Repubblica.it, 19 febbraio 2014. URL consultato il 28 febbraio 2017.
  11. ^ Federico Sardo, L'influenza della cultura black sulla musica italiana, su noisey.vice.com, Noisey, 15 dicembre 2016. URL consultato il 28 febbraio 2017.
  12. ^ Andrea Angeli Bufalini / Giovanni Savastano, La Storia della Disco Music, su books.google.fr, Hoepli Editore. URL consultato il 12 aprile 2020.
  13. ^ Belkacem Meziane, Night fever: Les 100 hits qui ont fait le disco, su books.google.fr, Le Mot et le reste, 9 giugno 2020. URL consultato il 2 novembre 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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