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La IV dinastia si inquadra nella storia dell'Antico Egitto detto Antico Regno che comprende un arco di tempo dal 2620 a.C. al 2500 a.C.[1].

Nome Horo nomen Lista di Abydos Lista di Saqqara Canone Reale Manetone Erodoto anni
Nebmaat Snefru Snefru Snefru Soris 2620 a.C. - 2595 a.C.
Cheope Khfu Khufu illeggibile Shupis Kheops 2595 a.C. - 2570 a.C.
Kheper Djedefra Djedefra illeggibile Ratoises 2570 a.C. - 2560 a.C.
Userib Khafra Khafura Kha... Shupis Khepren 2560 a.C. - 2540 a.C.
Baka/Bafra Bicheris (?) intorno 2530 a.C.
Kakhet Menkhaure Menkhaure Menkhaure Menkheres Mykerinos 2530 a.C. - 2510 a.C.
Shepsekhet Shepseskaf Seberkheres 2510 a.C. - 2505 a.C.
Djedefptah Thamhphis intorno 2500 a.C.

IV dinastia[modifica wikitesto]

Trattare della IV dinastia significa, necessariamente, trattare dei re che la resero famosa con le loro opere architetturali e ingegneristiche più famose, le piramidi. Sotto il profilo politico e militare, si ha conoscenza di azioni belliche ai confini nubiani e libici, mentre con l'area asiatica si assiste al consolidamento di rapporti commerciali iniziati già con la precedente dinastia specie per l'importazione di materia prime tra cui i lapislazzuli dall'Afghanistan e, importante, il legname dall'area libanese.

Tabella "I": IV dinastia (2620-2500 a.C.)[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.
Tabella "I": principali re della IV dinastia
Date (a.C.)[2] Principali re
2575 - 2551 Snefru (Nebmaat)
2551 - 2528 Cheope (Kufu, Khufwey)
2528 - 2520 Djedefra (Kheper, Radjedef)
2520 - 2494 Chefren (Kafra, Userib)
non note Djedefhor (?)
non note Baka (Bafra) (?)
2490 - 2472 Micerino (Menkhaura, Khaket)
2572 - 2467 Shepseskaf

Snefru e la piramide perfetta[modifica wikitesto]

Primo re della IV dinastia fu Snefru, successore di Huni di cui si ritiene abbia sposato la figlia Hetepheres così acquisendo il diritto al trono[3]. La Pietra di Palermo ed un frammento di stele oggi al Museo del Cairo, consentono di avere un quadro abbastanza chiaro di sei dei suoi ventiquattro anni di regno; oltre vari monumenti a lui ascritti, sono note due sue campagne militari: una verso il confine nubiano, da cui avrebbe portato 7.000 prigionieri e catturato 200.000 capi di bestiame[4], e l'altra verso la Libia che avrebbe fruttato 11.000 prigionieri e oltre 13.000 capi di bestiame[5]. Viene inoltre segnalato l'arrivo, da Biblo, nel Libano, di 40 navi cariche di legno di cedro. Purtuttavia, come per la III dinastia, la sua figura acquista particolare importanza per l'attività costruttiva e per le innovazioni che, sotto il suo regno, caratterizzarono, e ancor più caratterizzeranno in seguito, il panorama architettonico dell'Egitto antico.

Meidum: la falsa piramide[modifica wikitesto]

A circa dodici chilometri da Saqqara, infatti, nell'area di Dahshur, Snefru diede corpo alla costruzione di due piramidi mentre una terza, forse iniziata da Huni[4], venne da lui completata nell'area di Meidum, ad ulteriori circa cinquanta chilometri da Dashur.

Si ritiene, storicamente, che la prima piramide realizzata da Snefru sia stata proprio quella di Meidum, nota oggi anche con il nome di falsa piramide[N 1][6] giacché si presenta come una piramide a gradoni, alta circa 40 m, il cui rivestimento in pietra, in antico, crollò talché la struttura oggi esistente si innalza sul cumulo di detriti che ne era originariamente il rivestimento stesso[N 2][7].

Dashur: Piramide Romboidale e Piramide Rossa[modifica wikitesto]

Legenda:
1 - Piramide di Cheope
2 - Tempio funebre di Cheope
3 - Via cerimoniale
4 - Piramidi secondarie
5 - Necropoli occidentale
6 - Necropoli orientale
7 - Fosse delle barche solari
8 - Piramide di Chefren
9 - Piramide secondaria
10 - Tempio funerario di Chefren
11 - Via cerimoniale
12 - Sfinge
13 - Tempio a valle di Chefren
14 - Tomba della regina Kentkaus
15 - Piramide di Micerino
16 - piramidi secondarie
17 - Tempio funerario di Micerino
18 - Via cerimoniale
19 - Tempio a valle di Micerino

Le due piramidi più note a Dahshur, sono, a loro volta, singolari ed importanti nell'evoluzione del simbolo stesso dell'antico Egitto. Una delle due è detta romboidale[N 3][8] per la strana forma che presenta: l'inclinazione delle pareti, infatti, varia dagli oltre 54° iniziali ai poco più di 43°[N 4]. Ipotesi più accreditata per tale variazione sarebbe il timore che, proseguendo con l'inclinazione originale, potesse verificarsi quanto già si era verificato a Meidum con il crollo del rivestimento[9]; se tale fosse l'effettivo motivo della variazione architettonica, si confermerebbe che la prima piramide sarebbe quella di Meidum, che le due piramidi erano verosimilmente in costruzione contemporaneamente e che proprio dal fallimento di Meidum i costruttori di Dashur trassero insegnamento[N 5].

La sfinge e la piramide di Chefren

Terza piramide assegnata a Snefru è l'attuale Piramide del nord, più nota come Piramide rossa[10], per il colore della pietra con cui è oggi visibile[N 6]: con i suoi attuali 104 m, e l'inclinazione costante di 43° alla base, è la terza come altezza, dopo la Piramide di Cheope e quella di Chefren a Giza. È questa, perciò, la prima piramide perfetta di cui si abbia nota.

Sposa del re Snefru, fu la regina Hetepheres I, probabilmente figlia del re Huni della III dinastia, madre del secondo re della IV: Cheope[N 7].

Giza[modifica wikitesto]

Poco distante dal Cairo si trova l'altopiano di Giza che ospita quelli che sono di certo i simboli della IV dinastia nonché dell'intero antico Egitto: le tre piramidi maggiori di Cheope, del suo secondo successore[N 8], Chefren, e di un successore di costui, Micerino[N 9][11][12][13]

Politicamente, il paese non aveva ancora raggiunto l'unificazione completa che era stata militarmente conseguita con la I dinastia, confermata dalla II e sancita dalla III; i successori di Snefru proseguirono perciò nella politica per il rafforzamento dell'unificazione del Paese anche attraverso la strutturazione dell'apparato di gestione politico-economico-militare.

Cheope[modifica wikitesto]

L'unica statuetta raffigurante Cheope (alta 7,5 centimetri). Museo egizio del Cairo.
Lo stesso argomento in dettaglio: Cheope e Piramide di Cheope.

Successore diretto di Snefru fu Cheope cui il Papiro dei Re di Torino assegna 23 anni di regno, a fronte dei 63 assegnati invece da Manetone[14]. Scarsissime sono le notizie sul suo conto: a parte un graffito nello Wadi Maghara, nella penisola del Sinai, a riprova del fatto che proseguì nelle campagne di guerra intraprese dal padre, Snefru, e una stele nelle cave di diorite del deserto nubiano, è paradossale che del re che fece costruire la struttura architettonica più alta del mondo antico, esista solo una statuetta alta circa 9 cm[N 10][15].

A lui si ascriverebbe l'istituzione della figura del visir, come elemento di collegamento tra la figura reale, divina, ed il mondo politico terreno, nonché la costruzione della piramide che porta il suo nome sull'altopiano di Giza, la più alta con i suoi oltre 146 m e una base quadrata di oltre 230.

Djedefra e Chefren[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Chefren e Piramide di Chefren.

Successore diretto di Cheope sarebbe stato suo figlio Djedefra di cui si hanno scarse notizie se non riferimenti all'undicesimo anno di regno[N 11]. Con Djedefra fa la sua comparsa, nella titolatura regale, l'epiteto Sa-Ra, ovvero Figlio di Ra, e si assiste allo spostamento della necropoli a otto chilometri da Giza, ad Abu Rawash, spostamento che è stato interpretato[16] come riavvicinamento alle idee dei re della III dinastia da cui Djedefra riprese anche l'orientamento nord-sud del complesso tombale. Una tale condizione ha fatto supporre che tra Djedefra ed il suo successore Chefren si fosse aperta una rivalità culminata con l'eliminazione del primo[N 12].

È verosimile che Djedefra e Chefren fossero figli di differenti regine; una complessa situazione dinastica[17] avrebbe inoltre visto Djedefra opporsi ad un altro fratellastro, Djedefhor, che avrebbe sconfitto assumendo il trono[N 13]. Con Chefren si assiste, perciò, al ritorno del trono in una diversa linea di successione.

Si assiste così all'abbandono di Abu Rawash, al ritorno a Giza per la costruzione della piramide di Chefren, ma non sembrano evidenziabili soluzioni di continuità nella linea ideologica e religiosa intrapresa da Djedefra: Chefren, infatti, mantenne l'epiteto Figlio di Ra nella sua titolatura e proseguì nel percorso di affermazione del dio Atum iniziato dal predecessore cui si deve, peraltro, la prima sfinge di cui si abbia notizia rinvenuta nel complesso di Abu Rawash[18].

Sotto il profilo architettonico, Chefren è famoso per la piramide che porta oggi il suo nome[N 14] e per la Sfinge di Giza, una enorme statua[N 15] che rappresenta un volto umano, alto circa 4 m (verosimilmente quello stesso di Chefren), su un corpo di leone a simboleggiare il dio Harmakis-Khepri-Atum.

Djedefhor, Baka, Micerino e Shepseskaf[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Micerino e Piramide di Micerino.

Successore di Chefren sarebbe stato il fratello Djedefhor di cui si hanno scarse notizie se non un graffito nel Wadi Hammamat, risalente tuttavia alla XII dinastia, in cui figura come successore di Userib, ovvero il Nome di Horus di Chefren[19]. A questi sarebbe succeduto Baka, figlio di Djedefra, il cui nome compare nello stesso graffito del Wadi Hammamat nonché su una statua rinvenuta ad Abu Rawash.

Il trono sarebbe quindi stato assunto da Micerino[N 16], figlio di Chefren e della regina Khamerernebti I, costruttore della terza delle grandi piramidi di Giza[N 17]. Alla sua morte la piramide non era ancora ultimata e venne conclusa dal suo successore Shepseskaf, secondo in linea di successione al re essendo prematuramente scomparso l'erede designato. Shepseskaf ultimò la piramide paterna con pietre pregiate: granito nella parte inferiore e calcare fine nella parte superiore (anche se non rifinito) e riannodò i legami tra i due rami della famiglia sposando Khentkaus, figlia di Djedefhor[20].

Sotto il profilo politico-religioso Shepseskaf ruppe con i predecessori, dimostrando di volersi allontanare dalla concezione teologica eliopolitana: emanò infatti un decreto per salvaguardare le proprietà funerarie dei re precedenti, ma spostò nuovamente la necropoli a Saqqara facendovi qui costruire la sua tomba a forma di grande sarcofago. Gli successe Djedefptah e analogamente fu di rottura la scelta funeraria della regina madre Kentkaus; questa, infatti, si fece costruire due tombe, una a Giza e l'altra ad Abusir nei pressi della tomba del figlio[21].


Annotazioni[modifica wikitesto]

  1. ^ In arabo al-ahram al-kādhaba, doveva originariamente essere alta più di 90 m con una base di 144.
  2. ^ Presso gli egizi, le costruzioni avevano un proprio nome, quello assegnato a questa piramide, emblematico per quanto poi avvenne alla costruzione, era Snefru è duraturo.
  3. ^ Il nome del monumento era Snefru del sud splende.
  4. ^ Si tenga presente che le mastabe, e le piramidi a gradoni della dinastia precedente, avevano un'inclinazione delle pareti variabile tra i 72 e i 78° e che l'esame interno della piramide “Romboidale” ha evidenziato un nucleo originario con un'inclinazione di circa 60°. Evidenti problemi di staticità, dovuti anche al cedimento del terreno, portarono alla realizzazione di una sorta di “cintura” più esterna con l'inclinazione di circa 55° successivamente variata, ancora, in circa 43°.
  5. ^ Proseguendo con l'inclinazione iniziale di 54°46', la piramide avrebbe raggiunto i 133 m di altezza; la variazione intervenuta a circa 50 m dal suolo, a 43°60', variò l'altezza finale agli attuali 105 m.
  6. ^ Il nome del monumento era Snefru appare nella gloria.
  7. ^ Importante fu il ritrovamento nel 1925, a cura di George Reisner e di una spedizione congiunta dell'Università di Harvard e del Museum of Fine Arts (Boston), della tomba di Hetepheres (Mark Lehner (2003), p. 117) a breve distanza dalla piramide del figlio. Il sarcofago in alabastro bianco della regina era però vuoto.
  8. ^ Successore diretto di Cheope sarebbe stato Djedefra Kheper di cui si hanno scarse notizie. Si hanno tracce del suo undicesimo anno di regno.
  9. ^ Si ipotizza, per il ritrovamento di tracce archeologiche, che tra Chefren e Micerino abbiano regnato altri due re: Hordjedef, forse figlio di Cheope, e fratello di Kheper, e Baka, forse figlio maggiore di Kheper. Il Papiro dei Re, di Torino, è danneggiato proprio nella parte relativa alla IV dinastia, ma tra i nomi di Chefren e di Micerino ci sarebbe spazio a sufficienza per l'inserimento di altri due nominativi.
  10. ^ Rinvenuta ad Abido, nel 1903, da Flinders Petrie, oggi al Museo del Cairo.
  11. ^ È da tener presente che glianni di regno facevano riferimento, di fatto, alle operazioni di censimento del bestiame e che questo, in epoca antecedente, avveniva ogni due anni. Se l'usanza era, perciò, ancora biennale, il riferimento sarebbe al 22 anno di regno di Djedefra; in caso contrario, se cioè il censimento del bestiame fosse già diventato annuale, si tratterebbe effettivamente dell'undicesimo.
  12. ^ E ciò giustificherebbe il perché dell'incompiutezza del complesso di Abu Rawash, nonché il suo quasi completo smantellamento (il Tempio in valle, pure identificato archeologicamente, non è ancora stato scavato). Pare, in realtà, che lo smantellamento sia avvenuto nei secoli a venire per il materiale particolarmente prezioso usato nella costruzione: sienite e quarzite rossa
  13. ^ Djedefhor e Baka, come risulta da un graffito rinvenuto nello Wadi hamammat (citato da Grimal 2002, p. 92), ma risalente alla XII dinastia, sarebbero stati seguenti a Chefren nella linea di successione a Cheope.
  14. ^ Il nome originale era Grande è Chefren: è alta 136,4 m (ma originariamente raggiungeva i 143, 5), con una base quadrata di 215.25 m ed un angolo alla base di 53°10'.
  15. ^ Lunghezza massima circa 73 m, altezza massima circa 22 e larghezza massima 19 m.
  16. ^ Men-kha-U-Ra, ovvero Stabili sono i Kha di Ra.
  17. ^ Il nome originale era Divino è Micerino, è alta 62 m (ma originariamente raggiungeva i 65,5), con una base quadrata di 103,4 m ed un angolo alla base di 51°20'.

Fonti[modifica wikitesto]

  1. ^ Le date sono da ritenersi puramente indicative ed affette da un errore di (±50 anni).
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore ReferenceA
  3. ^ Alan Gardiner (1971), p. 75.
  4. ^ a b Alan Gardiner (1971), p. 76.
  5. ^ Grimal 2002, p.87
  6. ^ Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto - Vol. II, pag. 77.
  7. ^ Mark Lehner (2003), pp. 98 e sgg.
  8. ^ Mark Lehner (2003), pp. 102 e sgg.
  9. ^ Riccardo Manzini (2014), Complessi piramidali egizi, vol.III, Ananke, p. 145
  10. ^ Mark Lehner (2003), pp. 104-105.
  11. ^ Franco Cimmino (2003), Dizionario delle dinastie faraoniche, Bompiani, Milano, p.78, ISBN 88-452-5531-X.
  12. ^ Franco Cimmino (2003), p. 468.
  13. ^ Aidan Dodson e Dyan Hilton (2004), The Complete Royal Families of Ancient Egypt, Thames & Hudson, New York, p.58, ISBN 0-500-05128-3.
  14. ^ Alan Gardiner (1971), p. 78.
  15. ^ Grimal 2002, p. 90
  16. ^ Grimal 2002, p. 91
  17. ^ Grimal 2002, p. 92
  18. ^ Grimal 2002, p. 93
  19. ^ Franco Cimmino (2003), p. 78.
  20. ^ Grimal 2002, p. 94
  21. ^ Grimal 2002, p. 95

Bibliografia[modifica wikitesto]

In italiano[modifica wikitesto]

Storia[modifica wikitesto]

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Antico Regno[modifica wikitesto]

Medio Regno[modifica wikitesto]

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Nuovo Regno[modifica wikitesto]

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Lingua[modifica wikitesto]

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  • G. Goyon, Il segreto delle grandi piramidi, Newton & Compton, Roma
  • Heather Pringle (2004), I segreti delle mummie, Piemme
  • Kurt Mendelsshon, L'enigma delle piramidi, Mondadori, Milano
  • Renato Grilletto (2011), Il mistero delle mummie: dall'antichità ai nostri giorni attraverso il tempo e lo spazio, Newton & Compton, Roma
  • Anna Maria Donadoni Roveri (1969), I sarcofagi egizi dalle origini alla fine dell'Antico Regno, Università "La Sapienza", Istituto di Studi del Vicino Oriente

In inglese[modifica wikitesto]

  • (EN) Aidan Dodson e Dyan Hilton (2004), The Complete Royal Families of Ancient Egypt, Thames & Hudson, New York, ISBN 0-500-05128-3.
  • (EN) Alan Gardiner (1926), Egyptian Grammar, Griffith Institute -Ashmolean Museum Oxford
  • (EN) Flinders Petrie (1897), A history of Egypt, from the earliest times to the XVI th Dinasty, Methuen & Co., London.
  • (EN) Flinders Petrie (1897), A history of Egypt, Vol. I, Methuen & Co., London.
  • (EN) Flinders Petrie (1909), The arts & crafts of ancient Egypt, T.N. Foulis, Edinburgh & London.
  • (EN) Flinders Petrie (1891), Ten years' digging in Egypt (1881-1891) , Fleming H. Revell Co., New York & Chicago.
  • (EN) Flinders Petrie (1917), Tools and Weapons, British School of Archaeology in Egypt
  • (EN) Flinders Petrie (1896), Naqada and Ballas, Bernard Quaritch, Londra
  • (EN) Flinders Petrie (1906), Hyksos and Israelite Cities, Bernard Quaritch, Londra
  • (EN) Iorwerth E.S. Edwards (1971), The early dynastic period in Egypt, The Cambridge Ancient History, Cambridge, Cambridge University Press
  • (EN) James Henry Breasted (1984), "The Special Edition Of The Edwin Smith Surgical Papyrus", Division of Gryphon Edition, The Classic of Medicine Library.
  • (EN) Jamieson Boyd Hurry (1926), "Imhotep, the Vizier and Physician of King Zoser and Afterwards the Egyptian God of Medicine", Londra, Oxford University Press.
  • (EN) Joyce Tyldesley (1998), Nefertiti: Egypt's Sun Queen, Penguin. ISBN 0-670-86998-8
  • (EN) L.L. Giddy (1987), Egyptian Oases, Baharya, Dakhla, Farafra and Kharga, during Pharaonic times", Warminster.
  • (EN) Nicholas Reeves, Akhenaten: Egypt's False Prophet, Thames & Hudson, 2000. pp.75-8. ISBN 0-500-05106-2.
  • (EN) Nicolas Reeves, The complete Tutankhamon, Thames & Hudosn
  • (EN) Nicholas Reeves e Richard Wilkinson, The complete Valley of the Kings, New York, Thames & Hudson, 2000, ISBN 0-500-05080-5.
  • (EN) Peter N. Stearns (2001), The Encyclopedia of World History
  • (EN) Reginald Engelbach (1922), The Aswan Obelisk, Institut francais d'Archeologie Orientale
  • (EN) Reginald Engelbach (1923), The problem of the Obelisks, T. Fisher Unlimited, Londra
  • (EN) Richard Pococke (1743), A description of the east and some other Countries, vol. V, Observations on Egypt, W, Bowyer, Londra
  • (EN) Stephen R.K. Glanville (1933), The Egyptians, Black LTD, Londra
  • (EN) Stephen R.K. Glanville (1942), The legacy of Egypt, Clarendon Press, Oxford

In francese[modifica wikitesto]

  • (FR) AAVV, La Description de l'Égypte publiée par les ordres de Napoléon Bonaparte, Taschen
  • August Choisy (1904), L'art de batir chez le ègyptiens, Edouard Rouveyre editeur, Parigi
  • (FR) Fernand Crombette, Livre des noms des Rois d'Égypte, 14 voll., (voll. dal I al V disponibili in facsimile del manoscritto, cod. da 2.01 a 2.05), CESHE a.s.b.l., Tournai, varie edizioni
  • (FR) Fernand Crombette, Chronologie de l'Égypte pharaonique, CESHE a.s.b.l., Tournai, cod. 2.17 - 1998ISBN 2-9600093-7-1
  • (FR) Fernand Crombette, Véridique histoire de l'Égypte antique, 3 voll., CESHE a.s.b.l., Tournai, cod. da 2.18 a 2.20 - 1997ISBN 2-9600093-2-0
  • (FR) Altair4 Multimedia, Égypte Antique, CD-ROM, Réunion des Musées Nationaux, 2004

In tedesco[modifica wikitesto]

  • (DE) Steve Pasek, Griechenland und Ägypten im Kontexte der vorderorientalischen Großmächte. Die Kontakte zwischen dem Pharaonenreich und der Ägäis vom 7. bis zum 4. Jahrhundert vor Christus, Peter Lang, Monaco di Baviera, 2011, ISBN 978-3-89975-744-6.

Voci correlate[modifica wikitesto]


Collegamenti esterni[modifica wikitesto]

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