Guerra dei trent'anni: differenze tra le versioni

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=== Perdite demografiche ed economiche ===
=== Perdite demografiche ed economiche ===
La quantificazione dei danni riportati dalla popolazione tedesca durante il conflitto è stata per anni argomento di accese dispute fra gli storici. [[Geoffrey Parker]] ritiene probabile che, considerando l'intera Germania, il calo demografico si sia attestato tra il 15 e il 20 per cento della popolazione, che nell'[[Sacro Romano Impero|Impero]] passò dai circa 20 milioni del [[1618]] a un totale di circa 16-17 milioni nel [[1650]].<ref name= demographics>G. Parker, "La Guerra dei trent'anni", ed. Vita e Pensiero, p. 336</ref> Le valutazioni di altri autori sono molto più elevate; secondo [[Gustav Freytag]] le perdite umane furono di circa 12 milioni di persone con una popolazione che si contrasse da 18 milioni a circa 6 milioni; [[Johannes Scherr]] calcola che il decremento demografico fu ancora maggiore, da 16-17 milioni a soli 4 milioni<ref>N. Merker, ''La Germania'', pp. 92-93.</ref>.


La quantificazione dei danni riportati dalla popolazione tedesca durante il conflitto è stata per anni argomento di accese dispute fra gli storici. Geoffrey Parker ritiene probabile che, considerando l'intera Germania, il calo demografico si sia attestato tra il 15 e il 20 per cento della popolazione, che nell'[[Sacro Romano Impero|Impero]] passò dai circa 20 milioni del 1618 a un totale di circa 16-17 milioni nel 1650.<ref name= demographics>G. Parker, "La Guerra dei trent'anni", ed. Vita e Pensiero, p. 336</ref> Le valutazioni di altri autori sono molto più elevate; secondo Gustav Freytag le perdite umane furono di circa 12 milioni di persone con una popolazione che si contrasse da 18 milioni a circa 6 milioni; Johannes Scherr calcola che il decremento demografico fu ancora maggiore, da 16-17 milioni a soli 4 milioni<ref>N. Merker, ''La Germania'', pp. 92-93.</ref>.
Da zona a zona si registrano tuttavia notevoli differenze, che rispecchiano la frequenza degli scontri e del passaggio degli eserciti in ogni regione; le più colpite furono la [[Pomerania]], il [[Meclemburgo]], il [[Brandeburgo]] e il [[Württemberg]], mentre le regioni nord-occidentali furono in gran parte risparmiate.<ref name=demographics />


[[File:1647 Vrancx Marauding soldiers anagoria.JPG|thumb|''Soldati saccheggiatori''. Vranx, 1647, [[Deutsches Historisches Museum]] di [[Berlino]].]]
La causa principale del calo demografico non è tanto legata a eventi bellici, che contribuirono in maniera relativamente bassa, ma alla mancanza di vettovaglie e al ripetuto diffondersi di epidemie<ref>G. Parker, ''La Guerra dei trent'anni'', p. 337</ref>; il passaggio delle truppe, in gran parte eserciti di mercenari che traevano sostentamento dal saccheggio sistematico dei luoghi che attraversavano, generava una carenza di viveri che indeboliva gli abitanti, rendendoli facile preda di malattie infettive la cui diffusione era favorita dai flussi di profughi e dal concentramento degli sfollati nelle città. Questo ricorrere di epidemie e calo demografico, che trova riscontro in vari documenti dell'epoca, come [[registri parrocchiali]] e delle tasse, sembra comunque fosse già, almeno in parte, cominciato prima della guerra, che quindi forse non fece altro che accelerare un processo già innescato.<ref>Vi sono stati accesi dibattiti sulle due teorie del "declino iniziale" e della "guerra disastrosa", come accennato da G. Parker nella sua opera. Cfr. anche l'articolo di T. K. Rabb, "The Effects of the Thirty Years' War on the German Economy", vol. 34, No. 1 di "The Journal of Modern History"</ref>


I villaggi furono prede particolarmente vulnerabili per gli eserciti. Tra quelli che riuscirono a sopravvivere, come il piccolo villaggio di Drais nei pressi di Magonza, dovettero impiegare quasi un secolo per recuperare la situazione pre bellica. Si stima che le sole armate svedesi siano state responsabili della distruzione di circa 2.000 [[castello|castelli]], 18.000 villaggi e 1.500 città in Germania, un terzo di tutte le città tedesche.<ref name="Population-HLS">{{cite web|url=http://www.historylearningsite.co.uk/population_thirty_years_war.htm|title=Population|publisher=History Learningsite|accessdate=24 May 2008}}</ref>
Dal punto di vista economico la guerra assistette a una generale contrazione economica in tutto l'Impero, cui contribuirono i saccheggi, i furti e le distruzioni indiscriminate, ma anche gli altissimi costi per il mantenimento degli eserciti mercenari. Molte città e stati tedeschi si indebitarono per sostenere lo sforzo bellico, e dopo la guerra il recupero fu ostacolato dal fatto che l'Impero fu coinvolto in una serie di nuove guerre con la [[Francia]] e l'[[Impero ottomano]] che, pur non coinvolgendo direttamente la Germania, richiesero nuovi sforzi economici.

Da zona a zona si registrano tuttavia notevoli differenze, che rispecchiano la frequenza degli scontri e del passaggio degli eserciti in ogni regione; le più colpite furono la [[Pomerania]], il [[Meclemburgo]], il [[Brandeburgo]] e il [[Württemberg]], mentre le regioni nord-occidentali furono in gran parte risparmiate.<ref>{{cite web|url=http://www.tuebingen.de/en/1560_6209.html|title=The Thirty Year War and its Consequences&nbsp;&nbsp;— Universitätsstadt Tübingen|publisher=tuebingen.de|accessdate=23 May 2008}}</ref><ref name=demographics /><ref>[http://www.historynet.com/thirty-years-war-battle-of-breitenfeld.htm Thirty Years' War: Battle of Breitenfeld], HistoryNet</ref> Württemberg perse i tre quarti della sua popolazione durante la guerra.<ref name="TYW-TPOW-About.com">{{cite web|url=http://historymedren.about.com/library/text/bltxtgermany16.htm|title=Germany&nbsp;&nbsp;— The Thirty Years' War&nbsp;&nbsp;— The Peace of Westphalia|publisher=About.com|accessdate=24 May 2008}}</ref> Nel territorio di Brandeburgo, le perdite furono pari a circa la metà della popolazione, mentre in alcune zone si stima che i due terzi degli abitanti siano morti.<ref>[http://history.wisc.edu/sommerville/351/351-151.htm Prussia in the later 17th century], University of Wisconsin-Madison</ref> Complessivamente, negli stati tedeschi, la popolazione maschile si ridusse di quasi la metà.<ref>[http://www.journalofantiques.com/Jan04/coinsjan04.htm Coins of the Thirty Years' War, The Wonderful World of Coins], Journal of Antiques & Collectibles January Issue 2004</ref> Nelle terre ceche, la popolazione diminuì di un terzo a causa delle battaglie, delle malattie, della [[malnutrizione]] e come conseguenza dell'espulsione dei protestanti residenti.<ref name="TYW-Czech Republic">{{cite web|url=http://www.czech.cz/en/czech-republic/history/all-about-czech-history/the-thirty-years-war/|title=The Thirty Years' War&nbsp;&nbsp;— Czech republic|publisher=czech.cz|accessdate=24 May 2008|archiveurl=https://web.archive.org/web/20080504165414/http://www.czech.cz/en/czech-republic/history/all-about-czech-history/the-thirty-years-war/ <!-- Bot retrieved archive -->|archivedate=4 May 2008}}</ref><ref name="Cultural Timeline-1600s">{{cite web|url=http://www.fm.coe.uh.edu/timeline/1600s.html|title=Historical/Cultural Timeline – 1600s|publisher=College of Education, University of Houston|accessdate=24 May 2008}}</ref>

La causa principale del calo demografico non è tanto legata a eventi bellici, che contribuirono in maniera relativamente bassa, ma alla mancanza di vettovaglie e al ripetuto diffondersi di [[epidemie]]<ref>G. Parker, ''La Guerra dei trent'anni'', p. 337</ref>; il passaggio delle truppe, in gran parte eserciti di mercenari che traevano sostentamento dal saccheggio sistematico dei luoghi che attraversavano, generava una carenza di viveri che indeboliva gli abitanti, rendendoli facile preda di malattie infettive la cui diffusione era favorita dai flussi di profughi e dal concentramento degli sfollati nelle città. Questo ricorrere di epidemie e calo demografico, che trova riscontro in vari documenti dell'epoca, come [[registri parrocchiali]] e delle tasse, sembra comunque fosse già, almeno in parte, cominciato prima della guerra, che quindi forse non fece altro che accelerare un processo già innescato.<ref>Vi sono stati accesi dibattiti sulle due teorie del "declino iniziale" e della "guerra disastrosa", come accennato da G. Parker nella sua opera. Cfr. anche l'articolo di T. K. Rabb, "The Effects of the Thirty Years' War on the German Economy", vol. 34, No. 1 di "The Journal of Modern History"</ref>

[[File:Bondi brennandi hus.jpg|thumb|left|Un contadino chiede pietà di fronte a una fattoria in fiamme.]]

Tra il 1618 e il 1648, [[pestilenza|pestilenze]] di diversi tipi infuriarono, in tutta la Germania e nei paesi limitrofi, tra combattenti e popolazione civile. Le caratteristiche della guerra furono determinanti per favorire la diffusione delle malattie, tra queste: i frequenti movimenti di truppe, l'afflusso di soldati provenienti da paesi stranieri e le mutevoli posizioni dei fronti della battaglia. Inoltre, lo spostamento delle popolazioni civili e il sovraffollamento nelle città dovuto ai rifugiati comportò frequenti episodi di m alnutrizione e di trasmissione di malattie. Sulle cronache locali, quali i registri parrocchiali e i documenti fiscali, si possono trovare le informazioni su numerose [[epidemie]], tuttavia questi dati potrebbero essere incolpeti o, a volte, sovradimensionati. I documenti mostrano che il verificarsi di malattie epidemiche non fu una esclusiva del tempo di guerra, ma esse si verificarono in molte parti della Germania per diversi decenni prima del 1618.<ref>[http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,794989,00.html War and Pestilence], Time</ref>

Quando l'esercito imperiale e quello danese si scontrarono in [[Sassonia]] e [[Turingia]], tra il 1625 e il 1626, le malattie infettive aumetarono nelle comunità locali. I documenti parlano ripetutamente di "malattia della testa", "malattia ungherese" e di una "malattia maculata", identificata successivamente come la [[tubercolosi]]. Dopo la guerra di [[Mantova]], combattuta tra la Francia e gli Asburgo in [[Italia]], la parte settentrionale della [[penisola italica]] fu soggetta ad un'epidemia di [[peste bubbonica]] (vedi [[peste del 1630]]). Durante l'infruttuoso [[assedio di Norimberga]] del 1632, i civili e i soldati di entrambi gli schieramenti soffrirono si tubercolosi e [[scorbuto]]. Nel 1634, [[Dresda]], [[Monaco di Baviera]] e altre piccole comunità tedesche, come [[Oberammergau]], registrarono un gran numero di vittime dovute alla peste. Negli ultimi decenni della guerra, sia la tubercolosi che la [[dissenteria]] furono condizioni [[endemia|endemiche]] in Germania.

Dal punto di vista economico la guerra assistette a una generale contrazione economica in tutto l'Impero, cui contribuirono i saccheggi, i furti e le distruzioni indiscriminate, ma anche gli altissimi costi per il mantenimento degli eserciti mercenari. Molte città e stati tedeschi si indebitarono per sostenere lo sforzo bellico, e dopo la guerra il recupero fu ostacolato dal fatto che l'Impero fu coinvolto in una serie di nuove guerre con la [[Francia]] e l'[[Impero ottomano]] che, pur non coinvolgendo direttamente la Germania, richiesero nuovi sforzi economici. Come detto, la guerra fu causa di gravi danni all'economia dell'Europa centrale, tuttavia si ritiene che potrebbe aver semplicemente aggravato una situazione che già si stava instaurando precedentemente.<ref>[http://www.boisestate.edu/courses/reformation/germany/after30yw.shtml Germany after the Thirty Years' War], Boise State University</ref><ref>{{cite web|url=http://history-world.org/The%20Thirty%20Years'%20War.htm|title=The Thirty Years' War|publisher=history-world.org|accessdate=23 May 2008}}</ref> Inoltre, alcuni storici sostengono che il costo umano della guerra possa avere migliorato il tenore di vita dei sopravvissuti.<ref>''German economic growth'', 1500–1850, Pfister</ref> Secondo Ulrich Pfister, nel 1500 la Germania fu uno dei paesi più ricchi d'Europa, ma nel corso del 1600 questo primato andò di gran lunga a deteriorarsi. Durante il periodo tra il 1600 e il 1660, il paese tornò economicamente a crescere, in parte grazie allo shock demografico della guerra dei Trent'anni.


=== Conseguenze politiche ===
=== Conseguenze politiche ===

Versione delle 15:15, 19 mar 2016

Guerra dei trenta anni
Battaglia della Montagna Bianca
Data1618 - 1648
LuogoEuropa
Casus belliDefenestrazione di Praga
EsitoPace di Vestfalia
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
~ 475.000:
  • 150.000 svedesi
  • 75.000 olandesi
  • ~ 100.000 tedeschi
  • 150.000 francesi
~ 400.000:
  • 220.000 spagnoli, italiani, valloni, fiamminghi e altri sudditi degli Asburgo di Spagna[1]
  • ~ 150-200.000 tedeschi e altri sudditi del Sacro Romano Impero come Boemi, Moravi, ecc.
  • Voci di guerre presenti su Wikipedia

    Per guerra dei trent'anni si intende una serie di conflitti armati che dilaniarono l'Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Fu una delle guerre più lunghe e distruttive della storia europea.[2]

    Iniziata come una guerra tra gli stati protestanti e quelli cattolici nel frammentato Sacro Romano Impero, progressivamente si sviluppò in un conflitto più generale che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee, perdendo sempre di più la connotazione religiosa e inquadrandosi meglio nella continuazione della rivalità franco-asburgica per l'egemonia sulla scena europea.

    La guerra iniziò quando il Sacro Romano Impero cercò di imporre l'uniformità religiosa sui suoi domini. Gli stati protestanti del nord, indignati per la violazione dei loro diritti acquisiti nella pace di Augusta, si unirono formando l'unione evangelica. L'impero immediatamente contrastò questa lega, percependola come un tentativo di ribellione, ma le reazioni in tutto il mondo protestante condannarono l'azione dell'Imperatore. La Svezia intervenne nel 1630 iniziando una guerra su larga scala sul continente. La Spagna, volendo distruggere i ribelli olandesi, intervenne con il pretesto di aiutare il loro alleato dinastico, l'Austria. Non essendo più in grado di tollerare l'accerchiamento delle due grandi potenze degli Asburgo sui suoi confini, la cattolica Francia entrò nella coalizione a fianco dei protestanti per contrastare gli Asburgo.

    La guerra, caratterizzata da gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne, da uccisioni in massa, da continue operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti mercenari che senza controllo saccheggiavano e depredavano, da micidiali epidemie e carestie, fu una catastrofe epocale in particolare per i territori dell'Europa centrale[3]. Secondo l'accademico Nicolao Merker, la guerra dei trent'anni, che avrebbe provocato 12 milioni di morti, fu "in assoluto la maggiore catastrofe mai abbattutasi" sulla Germania[4].

    La guerra si concluse con i trattati di Osnabrück e Münster, parte della più ampia pace di Westfalia. Gli eventi bellici modificarono il precedente assetto politico delle potenze europee. L'incremento del potere dei Borbone in Francia, la riduzione delle ambizioni degli Asburgo e l'ascesa della Svezia come grande potenza, crearono dei nuovi equilibri di potere nel continente. La posizione dominante della Francia diventò il principio centrale della politica europea degli anni a seguire, fino a quando un'altra grande guerra vide l'ascesa della Gran Bretagna come la potenza predominante sulla scena mondiale del XVIII secolo.

    Le origini della guerra

    Le cause della guerra furono varie, anche se la principale fu l'opposizione religiosa e politica tra cattolici e protestanti. La pace di Augusta del 1555, firmata dall'imperatore Carlo V d'Asburgo, confermò gli indirizzi della Dieta di Spira del 1526, ponendo fine agli scontri fra cattolici e luterani, stabilendo che:[5]

    • I governanti dei 224 stati tedeschi potevano scegliere la religione (il luteranesimo o il cattolicesimo) dei loro regni secondo coscienza, e i loro sudditi erano costretti a seguire la fede scelta (il principio del cuius regio, eius religio).
    • I luterani che vivevano in un principato vescovile (uno stato governato da un vescovo cattolico) avrebbero potuto continuare a praticare la loro fede.
    • I luterani potevano mantenere il territorio che avevano conquistato dalla Chiesa cattolica durante la Pace di Passavia nel 1552.
    • I principi vescovi che si erano convertiti al luteranesimo erano tenuti a rinunciare ai loro territori (il principio chiamato reservatum ecclesiasticum).

    Anche se la pace di Augusta mise una temporanea fine alle ostilità, vari problemi, tuttavia, rimasero aperti: oltre al fatto che la pace era considerata, specialmente dai luterani, solo una tregua temporanea, i termini del trattato prevedevano l'adesione, da parte dei prìncipi, al credo cattolico o a quello luterano, con esclusione di ogni altro credo, incluso il calvinismo, che andava diffondendosi rapidamente in varie aree della Germania.[6] Ciò aggiunse una terza confessione nella regione, ma tuttavia la sua posizione non fu mai riconosciuta in alcun modo negli accordi di Augusta, in cui solo il cattolicesimo e il luteranesimo furono presi in considerazione.[7][8]

    A queste considerazioni di ordine religioso si aggiunsero tendenze egemoniche o d'indipendenza di vari stati europei, rivalità commerciali, ambizioni personali e gelosie familiari. La Spagna era interessata a esercitare una decisiva influenza sul Sacro Romano Impero per garantirsi la possibilità di affrontare la guerra con gli olandesi che durava ormai da molti anni, e che sarebbe ripresa apertamente nel 1621, allo scadere cioè della tregua dei dodici anni. In particolare, i governanti delle nazioni confinanti del Sacro Romano Impero contribuirono allo scoppio della Guerra dei Trent'anni per i seguenti motivi:

    • La Spagna era interessata agli Stati tedeschi in quanto i suoi territori dei Paesi Bassi spagnoli, nella parte occidentale dell'Impero, erano collegati via terra con i possedimenti italiani attraverso il cammino spagnolo. Nel 1560, gli olandesi si ribellarono contro la dominazione spagnola, portando ad una lunga guerra di indipendenza che sfociò in una tregua solo nel 1609.
    • La Francia si trovava quasi circondata dal territorio controllato dai due Asburgo - la Spagna e il Sacro Romano Impero - e sentendosi minacciata, era ansiosa di esercitare il suo potere contro gli Stati tedeschi più deboli. Questa preoccupazione dinastica superò gli interessi religiosi e portò la Francia cattolica a schierarsi sul fronte protestante della guerra.
    • Svezia e Danimarca erano interessate ad acquisire il controllo degli Stati tedeschi del nord tedeschi che si affacciano sul Mar Baltico.
    Ferdinando I d'Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Boemia. Egli esortò il Concilio di Trento ad una politica tollerante di riconciliazione religiosa.

    All'epoca, il Sacro Romano Impero era un frammentato insieme di Stati in gran parte indipendenti. La posizione dell'Imperatore del Sacro Romano Impero era principalmente titolare, tuttavia gli imperatori della Casa d'Asburgo, governavano direttamente una vasta porzione di territorio imperiale (l'Arciducato d'Austria e il Regno di Boemia), così come il Regno d'Ungheria. Il dominio austriaco era quindi una grande potenza europea a sé stante, che dominava circa otto milioni di sudditi. Un altro ramo della Casa di Asburgo governava la Spagna e il suo impero, che comprendeva i Paesi Bassi spagnoli, il sud d'Italia, le Filippine e la maggior parte delle Americhe. Oltre ai possedimenti degli Asburgo, il Sacro Romano Impero era costituito da diverse potenze regionali, come ad esempio il ducato di Baviera, l'elettorato di Sassonia, la Marca di Brandeburgo, l'elettorato del Palatinato, il Langraviato d'Assia, l'Arcivescovado di Treviri e la Libera Città Imperiale di Norimberga. Un vasto numero di ducati minori indipendenti, città libere, abbazie, principi-vescovati e piccole signorie (la cui autorità talvolta era estesa a non più di un singolo paese) completavano l'Impero. A parte l'Austria e, forse, la Baviera, nessuna di queste entità era in grado di influenzare la politica a livello nazionale; così le alleanze tra stati imparentati erano comuni, dovute in parte alla pratica frequente di dividere l'eredità di un signore tra i suoi vari figli.

    Tutto questo portò ad una lotta politica fra i prìncipi tedeschi e l'imperatore di casa Asburgo, il quale desiderava che il titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero non fosse più solamente una figura rappresentativa e un retaggio medievale, ma rappresentasse un potere effettivo sui territori che "nominalmente" appartenevano al Sacro Romano Impero, affermando così l'egemonia degli Asburgo su tutta la Germania e portando a compimento l'impresa fallita da Carlo V. Enrico IV di Francia, in risposta, continuò la politica anti-asburgica dei predecessori, convinto del fatto che, se gli spagnoli fossero usciti vittoriosi dalla guerra nei Paesi Bassi e la Germania fosse caduta sotto l'egemonia imperiale, la Francia sarebbe stata schiacciata tra possedimenti asburgici su ogni lato. Questi vari fattori cominciarono a manifestare la loro importanza già a partire dagli ultimi anni del XVI secolo.

    Le tensioni religiose rimasero forti per tutta la seconda metà del XVI secolo. La Pace di Augusta iniziò a disfarsi: alcuni vescovi convertiti rifiutarono di rinunciare alle loro diocesi, mentre gli Asburgo e gli altri governanti cattolici del Sacro Romano Impero e la Spagna cercarono di ripristinare il potere del cattolicesimo. Ciò fu evidente dalla guerra di Colonia (1583-1588), un conflitto iniziato quando il principe-arcivescovo della città, Gebhard Truchsess von Waldburg, si convertì al calvinismo. Siccome era un elettore imperiale, questo avrebbe potuto portare ad una maggioranza protestante nel collegio che eleggeva l'Imperatore, uno scenario che i cattolici avevano sempre tenuto.

    I primi scontri, di carattere religioso, si verificarono nel Sacro Romano Impero a causa del reservatum ecclesiasticum, una norma contenuta nella Pace di Augusta che stabiliva che le autorità ecclesiastiche convertite al protestantesimo dovessero lasciare i propri territori. La questione si presentò quando il principe-arcivescovo di Colonia si convertì al calvinismo: poiché l'arcivescovo di Colonia era anche uno dei principi elettori (Kurfürsten), si sarebbe venuta a creare una maggioranza protestante nel collegio elettorale. A tale prospettiva i cattolici risposero scacciando con la forza l'arcivescovo e ponendo al suo posto Ernesto di Baviera. In seguito a questo successo cattolico, il principio del cuius regio eius religio fu applicato più duramente in vari territori, costringendo i protestanti a emigrare o ad abiurare. I luterani avevano assistito anche alla defezione dei signori del Palatinato (1560), di Nassau (1578), di Assia-Kassel (1603) e di Brandeburgo (1613) alla nuova fede calvinista. Così, all'inizio del XVII secolo, le terre del Reno e quelle a sud del Danubio erano in gran parte cattolica, mentre i luterani prevalsero nel nord e i calvinisti nella Germani centro-occidentale, nella Svizzera e nei Paesi Bassi. Tuttavia, le minoranze di ogni credo esistevano quasi ovunque. In alcune signorie e nelle città, il numero di calvinisti, cattolici e luterani erano approssimativamente uguali.

    Con grande costernazione dei loro cugini reali spagnoli, gli imperatori asburgici che succedettero a Carlo V (soprattutto Ferdinando I e Massimiliano II, ma anche Rodolfo II e il suo successore Mattia) furono favorevoli a permettere ai prìncipi dell'Impero di scegliere la propria religione. In questo modo furono evitete guerre di religione all'interno dell'impero, consentendo alle diverse confessioni cristiane di diffondersi senza coercizione, facendo tuttavia arrabbiare coloro che cercavano l'uniformità religiosa.[9] Nel frattempo, Svezia e Danimarca, entrambi regni luterani regni, peroravano la causa protestante nell'Impero e cercavano di guadagnare influenza politica ed economica.

    Ferdinando II d'Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Imperatore e Re di Boemia.

    Le tensioni religiose irruppero violentemente nel 1606 presso Donauwörth, in cui i protestanti tentarono di impedire ai residenti cattolici di organizzare una processione, dando vita ad aspri tumulti; questo provocò l'intervento di Massimiliano I, duca di Baviera, che, appoggiando i cattolici, si impegnò a ristabilire l'ordine: la città, che era una libera città imperiale, fu annessa alla Baviera perdendo l'immediatezza imperiale, e tornò nell'alveo del cattolicesimo. Dopo che le violenze cessarono, i calvinisti in Germania (rimasti in minoranza) si ritennero i più minacciati e quindi si unirono nel 1608 a formare l'unione evangelica sotto la guida di Federico IV del Palatinato (1583-1610), che possedeva uno dei territori che erano fondamentali per garantire alla Spagna l'accesso ai Paesi Bassi, il cui figlio Federico V sposò in seguito Elisabetta Stuart, figlia scozzese di re Giacomo VI di Scozia e I d'Inghilterra e d'Irlanda.[10] I cattolici tedeschi risposero creando a loro volta, nel 1609, la Lega cattolica, sotto la guida di Massimiliano I di Baviera. A questo punto la situazione politica in Germania era matura per uno scontro confessionale.

    Le tensioni aumentarono ulteriormente nel 1609, per via della guerra di successione Jülich, che ebbe inizio quando Giovanni Guglielmo di Jülich-Kleve-Berg, duca della strategicamente importante Jülich-Kleve-Berg, morì senza figli.[11] Vi erano due predendetni rivali per il ducato; la prima fu Anna di Prussia, figlia di Maria Eleonora di Jülich-Kleve-Berg, sorella maggiore di Giovanni Guglielmo e sposata con Giovanni Sigismondo di Brandeburgo. Il secondo, Volfango Guglielmo del Palatinato-Neuburg, figlio della seconda sorella maggiore di Giovanni Guglielmo, Anna di Cleves. Anna di Prussia rivendicò Jülich-Cleves-Berg come erede nella linea di anzianità, mentre Volfango Guglielmo avanzò le pretese su Jülich-Cleves-Berg in quanto primogenito erede maschio di Giovanni Guglielmo. Entrambi i pretendenti erano protestanti. Nel 1610, per evitare la guerra tra essi, le forze di Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero occuparono Jülich-Cleves-Berg fino a quando il Concilio Aulico (Reichshofrat) risolse la controversia. Tuttavia, diversi principi protestanti temevano che l'imperatore, un devoto cattolico, intendesse tenere Jülich-Cleves-Berg per se stesso per evitare che i Ducati Uniti cadessero in mani protestanti.[11] I delegati di Enrico IV di Francia e della Repubblica olandese misero insieme le forze per invadere Jülich-Cleves-Berg, ma l'impresa dovette essere fermata a causa dell'assassinio di Enrico IV da parte del fanatico cattolico François Ravaillac.[12] Nella speranza di ottenere un vantaggio nella controversia, Volfango Guglielmo si convertì al cattolicesimo; Giovanni Sigismondo, d'altra parte, abbracciò il calvinismo (anche se Anna di Prussia rimase luterana).[11] La controversia fu risolta nel 1614 con il trattato di Xanten, con la quale i Ducati Uniti furono disgregati. Jülich e Berg furono assegnati a Volfango Guglielmo, mentre Giovanni Sigismondo acquisì Kleve, Mark e Ravensberg.[11]

    Federico V del Palatinato.

    La conoscenza degli antefatti della rivolta olandese è necessaria per comprendere gli eventi che portarono alla Guerra dei Trent'anni. È stato riconosciuto che la tregua dei dodici anni fosse stata decisa per scadere nel 1621 e in tutta l'Europa si sapeva che la Spagna avrebbe tentato di riconquistare la Repubblica olandese. A quel tempo, le forze comandate da Ambrogio Spinola, 1° mrchese di Balbases, il comandante genovese dell'esercito spagnolo, sarebbero state in grado di attraverse i territori amici per raggiungere la Repubblica olandese. L'unico stato ostile che si trovava sulla loro strada era l'Elettorato del Palatinato[13] (il percorso scelto da Spinola lo avrebbe portato attraverso la Repubblica di Genova, il Ducato di Milano, la Valtellina, ad evitare l'ostile Svizzera passando lungo la riva nord del Lago di Costanza, poi attraverso l'Alsazia, l'Arcivescovado di Strasburgo, successivamente per l'Elettorato del Palatinato e, infine, attraverso l'Arcivescovado di Treviri, il Ducato di Jülich e il Granducato di Berg, fino alla Repubblica olandese).[13] Il Palatinato assunse un'importanza strategica negli affari europei del tutto sproporzionata rispetto alle sue dimensioni. Questo spiega il motivo per cui il protestante Giacomo I d'Inghilterra organizzò il matrimonio di sua figlia Elisabetta Stuart con Federico V del Palatinato nel 1612, nonostante la convenzione sociale volesse che una principessa avrebbe dovuto sposare solo un altro reale.

    La scintilla che scatenò il conflitto si ebbe nel 1617, quando l'imperatore del Sacro Romano Impero Mattia, privo di eredi, nominò principe ereditario di Boemia, territorio prevalentemente protestante (soprattutto ussiti), il parente maschio più prossimo, ovvero il cugino cattolico e allievo dei gesuiti Ferdinando II d'Austria. Con il trattato di Oñate, Filippo III di Spagna accettò questa successione. Ferdinando II, all'inizio dell'anno successivo, vietò la costruzione di alcune chiese protestanti e ritirò la Lettera di maestà, provocando una violenta ribellione, che culminò, il 23 maggio 1618, nel celebre episodio della "defenestrazione di Praga": due luogotenenti dell'imperatore furono scaraventati giù dalle finestre del palazzo reale; i due, tuttavia, sopravvissero, seppur feriti, in quanto atterrarono sul letame presente nel fossato del castello, che inoltre non era molto più in basso. Questo evento provocò una aperta rivolta in Boemia, la quale godeva di potenti alleati stranieri. Ferdinando fu irritato da questo insulto calcolato, ma le sue politiche intolleranti intraprese nelle sue terre lo avevano lasciato in una posizione debole. Nel corso degli anni successivi, la causa asburgica sembrò destinata a rovesciarsi irrecuperabilmente, mentre quella protestante appariva indirizzarsi verso una veloce vittoria finale.

    La guerra può essere suddivisa in quattro periodi: boemo-palatina (1618–1625), danese (1625–1629), svedese (1630–1635) e francese (1635–1648).

    Fase boemo–palatina (1618–1625)

    Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra dei trent'anni (fase boema).

    1618-1621

    Xilografia contemporanea raffigurante la "seconda defenestrazione di Praga" (1618), che segnò l'inizio della rivolta boema, che diede inizio alla prima parte della Guerra dei Trent'anni.

    Senza eredi, durante gli ultimi anni della sua vita l'imperatore Mattia cercò di assicurare una successione ordinata, scegliendo come suo erede dinastico colui che fosse stato eletto separatamente dai trono di Boemia e Ungheria, ovvero suo cugino Ferdinando di Stiria, figlio dell'Arciduca Carlo d'Asburgo (poi diventato l'imperatore Ferdinando II) cresciuto presso i gesuiti nella cattolicissima corte spagnola e nemico acerrimo della Riforma Protestante. Alcuni dei capi protestanti di Boemia temettero che così avrebbero perso i diritti religiosi a loro concessi dall'imperatore Rodolfo II nella sua Lettera di Maestà del 1609 e preferirono il protestante Federico V del Palatinato (successore di Federico IV, il creatore dell'Unione protestante).[14][15] Tuttavia, altri protestanti sostennero la posizione assunta dai cattolici e, nel 1617, Ferdinando fu eletto dallo Stato di Boemia come principe ereditario e, automaticamente, alla morte di Mattia come futuro re di Boemia.[16]

    L'imperatore eletto inviò così, nel maggio 1618, due consiglieri cattolici (Vilém Slavata e Jaroslav Bořita z Martinic) come suoi rappresentanti a Praga al Castello, in modo da poter amministrare il governo in sua assenza. Il 23 maggio 1618, un gruppo di protestanti li prese e li (compreso il segretario Philip Fabricius) gettò fuori da una finestra del palazzo, a circa 21 metri da terra. Sorprendentemente, anche se feriti, sopravvissero. Questo evento, noto come la "defenestrazione di Praga", fece iniziare la rivolta boema. Poco dopo, il conflitto si estese attraverso tutta la Corona di Boemia, comprendendo la Slesia, l'Alta e Bassa Lusazia e la Moravia. Quest'ultima era già stata coinvolta in un conflitto tra cattolici e protestanti. Il conflitto religioso si diffuse in tutto il continente europeo, coinvolgendo la Francia, la Svezia e altri paesi minori.[14]

    Rievocazione moderna della battaglia della Montagna Bianca.

    La ribellione in Boemia rimase un conflitto locale e la guerra non sembrava poter durare a lungo. Morto l'imperatore Mattia I, ed eletto al suo posto Ferdinando II, anche l'Ungheria esplose in rivolta: dopo alcuni successi limitati dei boemi, le forze imperiali e della Lega cattolica procedettero all'invasione e pacificazione dei territori ribelli, culminata nella disfatta subita dai boemi nella battaglia della Montagna Bianca, cui seguì la forzata cattolicizzazione e germanizzazione della Boemia. La debolezza sia di Ferdinando (ora ufficialmente sul trono dopo la morte dell'imperatore Mattia) sia dei Boemi stessi, portò all'espandersi della guerra verso la Germania occidentale. Ferdinando fu costretto a chiamare suo nipote, il re Filippo IV di Spagna, in suo aiuto.

    I Boemi, alla disperata ricerca di alleati contro l'imperatore, chiesero di essere ammessi nell'Unione Protestante, che nel frattempo era guidata dal loro precedente candidato al trono di Boemia, il calvinista Federico V del Palatinato. I Boemi promisero a Federico che sarebbe incoronato Re di Boemia, se avesse permesso a loro di aderire all'Unione e gli avesse messi sotto la sua protezione. Tuttavia, offerte analoghe furono fatte anche al Duca di Savoia, al principe elettore di Sassonia e al principe di Transilvania.[17]

    Gli Austriaci, venuti a conoscenza di ciò, resero pubbliche queste promesse contrastanti tra loro[18] facendo così svanire gran parte del sostegno per il primo, soprattutto presso la corte di Sassonia. A dispetto di queste questioni, la rivolta inizialmente sembrò favorire i Boemi a cui si unirono nella rivolta gran parte della Alta Austria, la cui nobiltà all'epoca era prevalentemente luterana e calvinista. Subito dopo vi fu la reazione della Bassa Austria tanto che, nel 1619, Enrico Matteo von Thurn-Valsassina condusse un esercito fino alle mura della stessa Vienna. Inoltre, all'interno delle Isole britanniche, la causa di Federico V venne vista come analoga a quella Elisabetta Stuart,[19] e ciò gli garantì un flusso di decine di migliaia di volontari a suo favore nel corso di tutta la guerra dei trent'anni.[20]

    Supporto ottomano

    A est, il protestante ungherese principe di Transilvania, Gabriele Bethlen, condusse una vigorosa campagna in Ungheria, grazie al sostegno del sultano ottomano, Osman II. Temendo le politiche a favore dei cattolici di Ferdinando II, Gabriel Bethlen chiese protezione ad Osman II, così "l'impero ottomano divenne l'unico alleato con lo status di grande potenza su cui gli stati boemi ribelli avrebbero potuto contare dopo essersi scrollati di dosso il dominio asburgico e aver eletto Federico V come re protestante".[21] Ci fu lo scambio degli ambasciatori, con Heinrich Bitter che si recò a Costantinopoli nel gennaio 1620 e Sedefkar Mehmed Agha che visità Praga nel luglio 1620. Gli Ottomani offriro a Federico una forza di cavalleria di 60.000 componenti e vennero redatti dei piani per un invasione della Polonia con una truppa di 400.000 uomini in cambio del pagamento di un tributo annuale al Sultano.[22] Questi negoziati innescarono la guerra polacco-ottomana del 1620-1621.[23] Grazie alla battaglia di Cecora, combattuta tra settembre e ottobre del 1620, gli ottomani sconfissero i polacchi, i quali sostenevano gli Asburgo nella guerra dei trent'anni,[24] ma non furono in grado di intervenire ulteriormente in modo efficiente, prima della sconfitta della Boemia nella battaglia della Montagna Bianca nel novembre 1620.[25] In seguito, i polacchi sconfissero gli ottomani nella battaglia di Chocim e la guerra si concluse con il mantenimento dello status quo.[26]

    L'imperatore, che era già preoccupato per il progredire della guerra degli Uscocchi, si affrettò a radunare un esercito per fermare i boemi ei loro alleati. Karel Bonaventura Buquoy, il comandante dell'esercito imperiale, sconfisse nella battaglia di Záblatí del 10 giugno 1619, le forze dell'Unione guidate dal conte Ernst von Mansfeld. Questa sconfittà comportò ai protestanti l'interruzione delle comunicazioni tra il conte Thurn e Praga, che fu così costretto ad abbandonare il suo assedio a Vienna. Inoltre, la battaglia di Záblatí costò ai protestanti anche la perdita di un importante alleato, i Savoia, avversari di lungo corso per l'espansione asburgica. Infatti, segretamente i Savoia inviarono ingenti somme in denaro, e persino truppe per la guarnigione di stanza nella Renania, a sostegno della causa protestate; la cattura dei alcuni documenti presso il campo di Mansfeld, riveò il coinvolgimento dei savoiardi ceh furono dunque costretti ad uscire dal conflitto.

    1621-1625

    Dipinto contemporaneo che mostra la battaglia della Montagna Bianca (1620), dove le forze spagnole-imperiali, comandate da Johann Tserclaes, conte di Tilly realizzarono una vittoria decisiva.

    La Spagna asburgica inviò da Bruxelles un esercito condotto da Ambrogio Spinola al fine di sostenere l'Imperatore. Inoltre, l'ambasciatore spagnolo a Vienna, Don Íñigo Vélez de Oñate, convinse la protestante Sassonia ad intervenire contro la Boemia in cambio del controllo sulla Lusazia. I Sassoni compirono l'invasione, mentre ad ovest l'esercito spagnolo impedì il supporto da parte delle forze dell'unione protestante. Oñate, inoltre, cospirò per trasferire il titolo elettorale dal Palatinato al Duca di Baviera in cambio del suo sostegno e quello della Lega cattolica.

    L'esercito della Lega cattolica (che includeva tra i suoi ranghi Cartesio come osservatore) neutralizzò l'Alta Austria, mentre le forze imperiali comendate da Johann Tserclaes, conte di Tilly, tennero sotto controllo la Bassa Austria. I due eserciti si unirono e si mossero a nord in Boemia. L'8 novembre 1620, Ferdinando II sconfisse Federico V nella battaglia della Montagna Bianca, nei pressi di Praga. Oltre a diventare cattolica, la Boemia rimarrà nelle mani degli Asburgo per quasi trecento anni.

    La sconfitta comportò la dissoluzione della Lega dell'Unione evangelica e la perdita dei possedimenti di Federico V, nonostante la tenace difesa di Třeboň, fino a 1622 e di Frankenthal, fino all'anno successivo.[27] Federico fu messo fuori legge dal Sacro Romano Impero, ed i suoi territori, il Renano-Palatinato, furono confiscati e consegnati ai nobili cattolici. Il suo titolo di elettore del Palatinato fu passato ad un suo lontano cugino, il duca Massimiliano I di Baviera. Federico, ora senza possedimenti, dovette trovare rifugio all'estero, dove cercò di conquistare il sostegno per la sua causa in Svezia, nei Paesi Bassi e in Danimarca.

    Tutto ciò rappresentò un duro colpo per le ambizioni dei protestanti. Con la soppressione della ribellione, la diffusa confisca dei beni e l'eliminazione della nobiltà boema, assicurò che il paese sarebbe tornato alla fazione cattolica, dopo più di due secoli di predominanza ussita e da scontri religiosi. Gli spagnoli, che cercavano di aggirare gli olandesi in preparazione per il proseguimento degli scontri della Guerra degli Ottant'anni, presero le terre di Federico, elettore del Palatinato. La prima fase della guerra, in Germania orientale, terminò al 31 dicembre 1621, quando il Principe di Transilvania e l'imperatore firmarono la pace di Nikolsburg, che consegnò alla Transilvania 13 contee dell'Ungheria Reale.

    Johann Tserclaes, conte di Tilly, comandante degli eserciti spagnoli, bavaresi e imperiali.

    Alcuni storici considerano il periodo tra il 1621 e il 1625 come una parte distinta della Guerra dei Trent'anni, definendola la "fase del Palatinato". Con la sconfitta catastrofica dell'esercito protestante presso la Montagna Bianca e la partenza del principe di Transilvania, la maggior parte della Boemia fu pacificata. Tuttavia, la guerra nel Palatinato continuò: famosi capitani di ventura, come il conte Ernst von Mansfeld,[28] aiutarono Federico V a difendere le sue terre. Questa fase della guerra consistette in scontri su piccola scala, per lo più assedi condotti dagli spagnoli dagli eserciti imperiali. Mannheim e Heidelberg caddero nel 1622, mentre Frankenthal due anni più tardi, lasciando così il Palatinato nelle mani degli spagnoli.

    I resti delle armate protestanti, guidate dal conte Ernst von Mansfeld e dal duca Cristiano di Brunswick, ripiegarono a servizio degli olandesi. Anche se il loro arrivo nei Paesi Bassi contribuì a togliere l'assedio a Bergen op Zoom (ottobre 1622), gli olandesi non potevano fornire a loro un riparo permanente. Essi furono ingaggiati per occupare vicina Frisia orientale. Mansfeld rimase nella Repubblica olandese, ma Cristiano si allontanò per "assistere" il suo parente nella Provincia della Bassa Sassonia, attirando le attenzioni del conte Tilly. Con la notizia che Mansfeld non lo avrebbe sostenuto, l'esercito di Cristiano iniziò a ritirarsi verso il confine olandese. Il 6 agosto 1623, il più disciplinato esercito di Tilly li raggiunse. Nella conseguente battaglia di Stadtlohn, Cristiano fu decisamente sconfitto, perdendo oltre i quattro quinti del suo esercito, inzialmente forte di 15.000 uomini. Dopo questa catastrofe, Federico V, già in esilio a L'Aia e sotto la crescente pressione da parte di Giacomo I d'Inghilterra, pose fine al suo coinvolgimento nella guerra e fu costretto ad abbandonare ogni speranza di avviare ulteriori campagne. La ribellione protestante fu così definitivamente schiacciata.

    Fase danese (1625–1629)

    Albrecht von Wallenstein.
    Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra dei trent'anni (fase danese).

    Per contrastare l'acquisto di potere da parte dei cattolici seguito alla vittoria nella prima fase della guerra, intervenne la Danimarca guidata da Cristiano IV, in aiuto dei protestanti. Il sovrano danese era politicamente sostenuto dalla Francia che, sotto la guida del cardinale Richelieu, cominciò a contrastare la politica espansionista asburgica. L'Imperatore rispose arruolando nuove truppe e assegnandole al comandante Albrecht von Wallenstein.

    Sotto la minaccia di due eserciti nemici, Cristiano IV subì una dura sconfitta nella battaglia di Lutter (1626) da parte del conte di Tilly, alla guida delle forze della Lega cattolica. Successivamente le truppe cattoliche invasero la Danimarca stessa, e Cristiano fu costretto a firmare la pace di Lubecca (1629), con cui si impegnava a non intromettersi nelle vicende tedesche. Inoltre Ferdinando II emanò l'editto di Restituzione, in forza del quale dovevano essere riconsegnati alla Chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552.

    Fase svedese (1630–1635)

    Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra dei trent'anni (fase svedese).

    La cosiddetta fase svedese della guerra vide l'entrata in campo, nel 1630, della Svezia, guidata da Gustavo II Adolfo, come difensore della causa protestante e dell'ordine nel Sacro Romano Impero. Dopo lo sbarco delle forze svedesi in Pomerania e una fase di consolidamento, Gustavo Adolfo procedette all'invasione della Germania, alleato alla Sassonia e al Brandeburgo. Gli svedesi riportarono uno sfolgorante successo nella battaglia di Breitenfeld e continuarono la loro avanzata finché Gustavo Adolfo non fu ucciso durante la battaglia di Lützen.

    Gustavo II Adolfo di Svezia

    Con la morte del sovrano (1632), l'avanzata svedese non si arrestò: a capo dell'armata subentrò il cancelliere Oxenstierna, le cui capacità ebbero modo di manifestarsi attraverso un patto con il quale riunificò le forze sparse protestanti e riuscì a ricompattarle dietro la monarchia svedese, con l'intento di assicurarsi il controllo delle porzioni conquistate dell'Impero.

    Ma ciò provocò l'insofferenza dei protestanti, tra i quali prese corpo l'idea di formare sotto la guida della Sassonia una terza forza, autonoma da svedesi e cattolici. Il partito protestante cadde preda di una serie di divisioni di cui i cattolici approfittarono per sferrare una controffensiva con l'aiuto di truppe inviate dalla Spagna. Le armate svedesi furono duramente sconfitte nella battaglia di Nördlingen, e dovettero abbandonare la Germania meridionale.

    Si giunse così alla Pace di Praga (tra Sassonia e Ferdinando II), con la quale venne concessa ai protestanti l'inviolabilità della costituzione territoriale dell'Impero e l'abolizione dell'editto di restituzione, ripristinando gli strumenti giuridico-istituzionali dell'Impero come la Dieta: ma la pace prevedeva anche la proibizione di future alleanze formali tra gli Stati membri dell'Impero e l'unificazione di tutti gli eserciti degli Stati imperiali in un'unica armata al servizio dell'Imperatore. Era quindi un (seppur parziale) successo degli Asburgo, e ciò spinse la Francia a entrare in guerra.

    Fase francese o franco-svedese (1635–1648)

    Il Conte-duca de Olivares.

    La quarta ed ultima fase degli scontri, la fase francese, durata dal 1635 al 1648, fu caratterizzata dall'ingresso formale in guerra della Francia, che trasformò definitivamente il conflitto da scontro confessionale a lotta per l'egemonia europea. I francesi, dopo una prima fase segnata da diverse sconfitte e difficoltà militari, durata all'incirca fino al 1641, insieme alla Svezia riuscirono a far pendere definitivamente la bilancia del conflitto a sfavore delle forze imperiali. Tale risultato fu raggiunto grazie alla collaborazione degli eserciti francese e svedese, e all'abilità dei comandanti sul campo, ovvero Lennart Torstenson per gli svedesi, Luigi II di Borbone-Condé e il Visconte di Turenne per i francesi.

    Il Gran Condé.

    La coalizione imperiale venne battuta in una serie di battaglie campali e le forze francesi e svedesi penetrarono nella Germania meridionale fino alla Baviera. Per quanto riguarda il fronte spagnolo, le flotte francesi e ispaniche si scontrarono nel Mediterraneo e nell'Atlantico, dove gli olandesi (alleati della Francia e di tutto il blocco protestante) ebbero la meglio. L'andamento degli eventi fu deciso dal maturare della crisi spagnola: il governo del conte-duca de Olivares aveva proseguito la sua politica di inasprimento fiscale soprattutto sulla Catalogna e in Portogallo. I catalani erano da tempo animati da sentimenti di malcontento verso la corte madrilena, e il governo di Lisbona era paralizzato. Quando le truppe francesi penetrarono in territorio catalano, si trovarono di fronte una regione percorsa da un forte odio per il governo spagnolo.

    Gli insorti catalani fecero quindi ricorso alla confinante Francia che inviò aiuti anche ai portoghesi (i quali stavano decidendo di tagliare il legame con la Spagna). Olivares cercò la pace con la Francia e le Province Unite, che però non fu concessa: venne così allontanato nel 1643 da Filippo IV di Spagna. Morto Richelieu, prendeva il potere in Francia il cardinale Giulio Mazzarino. Le battaglie culminarono nella Battaglia di Rocroi (1643), vinta dalle armate francesi capitanate dal principe di Condé. Nell'impossibilità di proseguire la guerra, gli Asburgo d'Austria, detentori della corona imperiale, abbandonarono i propri disegni egemonici e firmarono la Pace di Westfalia (1648). La Spagna invece, non volendo riconoscere l'egemonia francese che si stava profilando in Europa, continuò a lottare contro la Francia fino al totale esaurimento delle proprie forze, sancito dal Trattato dei Pirenei (1659).

    Trattati di pace

    Lo stesso argomento in dettaglio: Pace di Vestfalia.

    Le trattative di pace, che si rivelarono molto complesse e laboriose, cominciarono nel 1643; ma i risultati definitivi furono ottenuti soltanto nel 1648. I trattati di pace vennero firmati nelle due città di Osnabrück e Münster, rispettivamente il 24 ottobre e il 15 maggio del 1648, e sono solitamente identificati con il nome collettivo di Pace di Vestfalia. Tali trattati sancirono il tramonto del sogno egemonico degli Asburgo. La pace non riguardava comunque lo scontro tra Francia e Spagna, che venne risolto solo nel 1659 con la Pace dei Pirenei. Ulteriori negoziazioni furono tenute a Norimberga, per risolvere la spinosa questione della smobilitazione e del pagamento delle truppe operanti in Germania; tali discussioni continuarono fino al 1651, e le ultime guarnigioni furono ritirate solamente nel 1654.

    Conseguenze del conflitto

    La firma del trattato a Osnabrück nel 1648 (dipinto di Gerard Terboch)

    La guerra dei trent'anni fu probabilmente il più grave evento che coinvolse l'Europa centrale prima delle Guerre Mondiali, ed ebbe conseguenze molto rilevanti sia da un punto di vista sociale e demografico, sia da un punto di vista più strettamente politico e culturale, come apparve chiaramente in quella che fu definita la Crisi del Seicento.

    Secondo Nicolao Merker, la guerra dei trent'anni fu "in assoluto la maggiore catastrofe mai abbattutasi" sulla Germania[4]

    Perdite demografiche ed economiche

    La quantificazione dei danni riportati dalla popolazione tedesca durante il conflitto è stata per anni argomento di accese dispute fra gli storici. Geoffrey Parker ritiene probabile che, considerando l'intera Germania, il calo demografico si sia attestato tra il 15 e il 20 per cento della popolazione, che nell'Impero passò dai circa 20 milioni del 1618 a un totale di circa 16-17 milioni nel 1650.[29] Le valutazioni di altri autori sono molto più elevate; secondo Gustav Freytag le perdite umane furono di circa 12 milioni di persone con una popolazione che si contrasse da 18 milioni a circa 6 milioni; Johannes Scherr calcola che il decremento demografico fu ancora maggiore, da 16-17 milioni a soli 4 milioni[30].

    Soldati saccheggiatori. Vranx, 1647, Deutsches Historisches Museum di Berlino.

    I villaggi furono prede particolarmente vulnerabili per gli eserciti. Tra quelli che riuscirono a sopravvivere, come il piccolo villaggio di Drais nei pressi di Magonza, dovettero impiegare quasi un secolo per recuperare la situazione pre bellica. Si stima che le sole armate svedesi siano state responsabili della distruzione di circa 2.000 castelli, 18.000 villaggi e 1.500 città in Germania, un terzo di tutte le città tedesche.[31]

    Da zona a zona si registrano tuttavia notevoli differenze, che rispecchiano la frequenza degli scontri e del passaggio degli eserciti in ogni regione; le più colpite furono la Pomerania, il Meclemburgo, il Brandeburgo e il Württemberg, mentre le regioni nord-occidentali furono in gran parte risparmiate.[32][29][33] Württemberg perse i tre quarti della sua popolazione durante la guerra.[34] Nel territorio di Brandeburgo, le perdite furono pari a circa la metà della popolazione, mentre in alcune zone si stima che i due terzi degli abitanti siano morti.[35] Complessivamente, negli stati tedeschi, la popolazione maschile si ridusse di quasi la metà.[36] Nelle terre ceche, la popolazione diminuì di un terzo a causa delle battaglie, delle malattie, della malnutrizione e come conseguenza dell'espulsione dei protestanti residenti.[37][38]

    La causa principale del calo demografico non è tanto legata a eventi bellici, che contribuirono in maniera relativamente bassa, ma alla mancanza di vettovaglie e al ripetuto diffondersi di epidemie[39]; il passaggio delle truppe, in gran parte eserciti di mercenari che traevano sostentamento dal saccheggio sistematico dei luoghi che attraversavano, generava una carenza di viveri che indeboliva gli abitanti, rendendoli facile preda di malattie infettive la cui diffusione era favorita dai flussi di profughi e dal concentramento degli sfollati nelle città. Questo ricorrere di epidemie e calo demografico, che trova riscontro in vari documenti dell'epoca, come registri parrocchiali e delle tasse, sembra comunque fosse già, almeno in parte, cominciato prima della guerra, che quindi forse non fece altro che accelerare un processo già innescato.[40]

    Un contadino chiede pietà di fronte a una fattoria in fiamme.

    Tra il 1618 e il 1648, pestilenze di diversi tipi infuriarono, in tutta la Germania e nei paesi limitrofi, tra combattenti e popolazione civile. Le caratteristiche della guerra furono determinanti per favorire la diffusione delle malattie, tra queste: i frequenti movimenti di truppe, l'afflusso di soldati provenienti da paesi stranieri e le mutevoli posizioni dei fronti della battaglia. Inoltre, lo spostamento delle popolazioni civili e il sovraffollamento nelle città dovuto ai rifugiati comportò frequenti episodi di m alnutrizione e di trasmissione di malattie. Sulle cronache locali, quali i registri parrocchiali e i documenti fiscali, si possono trovare le informazioni su numerose epidemie, tuttavia questi dati potrebbero essere incolpeti o, a volte, sovradimensionati. I documenti mostrano che il verificarsi di malattie epidemiche non fu una esclusiva del tempo di guerra, ma esse si verificarono in molte parti della Germania per diversi decenni prima del 1618.[41]

    Quando l'esercito imperiale e quello danese si scontrarono in Sassonia e Turingia, tra il 1625 e il 1626, le malattie infettive aumetarono nelle comunità locali. I documenti parlano ripetutamente di "malattia della testa", "malattia ungherese" e di una "malattia maculata", identificata successivamente come la tubercolosi. Dopo la guerra di Mantova, combattuta tra la Francia e gli Asburgo in Italia, la parte settentrionale della penisola italica fu soggetta ad un'epidemia di peste bubbonica (vedi peste del 1630). Durante l'infruttuoso assedio di Norimberga del 1632, i civili e i soldati di entrambi gli schieramenti soffrirono si tubercolosi e scorbuto. Nel 1634, Dresda, Monaco di Baviera e altre piccole comunità tedesche, come Oberammergau, registrarono un gran numero di vittime dovute alla peste. Negli ultimi decenni della guerra, sia la tubercolosi che la dissenteria furono condizioni endemiche in Germania.

    Dal punto di vista economico la guerra assistette a una generale contrazione economica in tutto l'Impero, cui contribuirono i saccheggi, i furti e le distruzioni indiscriminate, ma anche gli altissimi costi per il mantenimento degli eserciti mercenari. Molte città e stati tedeschi si indebitarono per sostenere lo sforzo bellico, e dopo la guerra il recupero fu ostacolato dal fatto che l'Impero fu coinvolto in una serie di nuove guerre con la Francia e l'Impero ottomano che, pur non coinvolgendo direttamente la Germania, richiesero nuovi sforzi economici. Come detto, la guerra fu causa di gravi danni all'economia dell'Europa centrale, tuttavia si ritiene che potrebbe aver semplicemente aggravato una situazione che già si stava instaurando precedentemente.[42][43] Inoltre, alcuni storici sostengono che il costo umano della guerra possa avere migliorato il tenore di vita dei sopravvissuti.[44] Secondo Ulrich Pfister, nel 1500 la Germania fu uno dei paesi più ricchi d'Europa, ma nel corso del 1600 questo primato andò di gran lunga a deteriorarsi. Durante il periodo tra il 1600 e il 1660, il paese tornò economicamente a crescere, in parte grazie allo shock demografico della guerra dei Trent'anni.

    Conseguenze politiche

    La maggiore conseguenza, dal punto di vista politico, fu la conferma della frammentazione della Germania, che ora veniva a essere formata da stati di fatto indipendenti. Tale situazione durò fino al 1871, quando la Germania fu riunificata dalla Prussia in seguito a una vittoriosa guerra contro la Francia. La Spagna, che continuò ancora a combattere con la Francia dopo la firma della pace, evidenziò chiaramente i segni della inarrestabile decadenza già iniziata negli ultimi decenni del secolo XVI; sconfitta sul fronte pirenaico e su quello dei Paesi Bassi, tormentata internamente dalle rivolte della Catalogna e del Portogallo, si vide costretta a riconoscere l'indipendenza dei Paesi Bassi (a quel tempo denominati Province Unite, ma rimanevano i Paesi Bassi spagnoli, cioè l'attuale Belgio più poco altro) prima e del Portogallo poi, che venne messo sotto protezione dell'Inghilterra.

    Più tardi il Sacro Romano Impero diede l'indipendenza alla Svizzera. Il ruolo della Spagna in Europa veniva parzialmente ridimensionato: doveva rinunciare al suo ruolo egemonico, ma rimaneva detentrice di un vasto impero coloniale e di un esercito efficiente. La Svezia assunse invece un ruolo preminente nell'Europa settentrionale. Grazie ai nuovi strategici acquisti territoriali e al succedersi di sovrani energici, il mar Baltico divenne a tutti gli effetti un "lago" svedese, fino a quando, agli inizi del XVIII secolo, la Russia la sostituirà nel suo ruolo di potenza nell'Europa del nord.

    Anche la Francia uscì dalla guerra rafforzata: grazie al declino spagnolo e alla frammentazione del Sacro Romano Impero, divenne una potenza di primo rango, uscendo trionfalmente da un periodo di eclissi che durava ormai da molti decenni. Da un punto di vista più generale, la guerra segnò la fine dei conflitti religiosi nell'Europa occidentale; dopo il 1648, nessuna grande guerra europea fu giustificata da motivazioni confessionali. La Pace di Vestfalia viene ancora oggi considerata come uno dei cardini della concezione dello stato sovrano, e il primo trattato stipulato tra pari. Infatti i prìncipi tedeschi protestanti ebbero libertà di culto.

    Aspetti tattici e strategici del conflitto

    La guerra dei trent'anni ebbe grande importanza anche nell'introduzione di significative novità in campo militare. Da questo punto di vista può ritenersi della massima importanza il ruolo dell'intervento svedese, in quanto l'esercito di Gustavo Adolfo rappresentava sicuramente, all'epoca, la più moderna organizzazione bellica presente in Europa.

    Innovazioni tattiche svedesi

    La guerra iniziò in un periodo in cui, nella maggior parte dell'Europa, erano in uso le tattiche tradizionali di tipo spagnolo, poco diverse da quelle adottate nel XVI secolo; fulcro di tali dottrine era la formazione detta tercio, un consistente gruppo di picchieri disposto in un denso quadrato e circondato da moschettieri di supporto. Nel tercio, il ruolo più importante era affidato ai picchieri, che dovevano svolgere un ruolo sia difensivo che offensivo, avanzando a picche spianate, mentre i moschettieri avevano essenzialmente un compito subordinato, anche a causa della bassa cadenza di tiro.

    Picchiere - Nell'esercito svedese i picchieri persero il loro ruolo predominante

    In questa situazione si distingueva nettamente, per le tattiche adottate, l'esercito svedese. Le riforme militari attuate da Gustavo Adolfo, ispirate dai provvedimenti attuati dagli olandesi nella loro decennale lotta contro la Spagna, riguardarono sia le tre armi singolarmente (fanteria, cavalleria, artiglieria), sia il coordinamento dei vari componenti l'armata.

    • La fanteria svedese vedeva la predominanza dei moschettieri sui picchieri, in un rapporto di circa 2:1, e l'adozione di una formazione lineare su più file (in genere sei), che consentiva di massimizzare la potenza di fuoco dei moschettieri; questi ultimi erano addestrati a ricaricare il più rapidamente possibile, e a sparare per salve controllate per fila, mentre le altre file ricaricavano.
    • La cavalleria, che per il predominio dei picchieri aveva perso importanza sul campo di battaglia nei precedenti decenni, abbandonava la poco efficace tattica del caracollo e passava a una tattica più incisiva di carica all'arma bianca (in special modo la sciabola).
    • L'artiglieria, finora relativamente secondaria, veniva notevolmente sviluppata, con un sostanziale alleggerimento dei pezzi, la cui maneggevolezza ne permetteva ora lo spostamento sul campo, prima quasi impossibile; inoltre vennero introdotti cannoni reggimentali per appoggiare le formazioni di fanteria e venne data molta importanza alla rapidità nel caricamento.

    Tali innovazioni si rivelarono decisive per l'esito del conflitto, e vennero via via adottate dai vari contendenti. Nelle battaglie che videro scontrarsi eserciti che adottavano le due diverse dottrine (come a Breitenfeld o a Rocroi), prevalse sempre la tattica svedese.

    Logistica

    La logistica degli eserciti impegnati nel conflitto fu sempre molto problematica. Non esistevano, all'epoca, treni di rifornimento come quelli che sarebbero stati impiegati nel XVIII secolo. Se questo rendeva possibile per gli eserciti effettuare spostamenti più rapidi, in quanto non esisteva la necessità di trainare lenti carriaggi, il materiale per il sostentamento delle truppe era spesso ridotto ai minimi termini. La tipica politica adottata nella guerra fu l'utilizzo sistematico delle risorse del territorio: questa spoliazione di intere regioni ebbe conseguenze molto gravi sulle popolazioni, ed era inserita in un sistema più generale, per cui i comandanti degli eserciti traevano lauti profitti dai saccheggi sistematici.

    Emblematico di questa abitudine fu il comandante imperiale Albrecht von Wallenstein: al comando di un esercito da lui stesso arruolato, egli trasse enormi profitti che gli consentirono di equipaggiare il suo esercito in maniera relativamente uniforme e di aumentare di molto il numero di truppe al suo comando fino al suo assassinio. Il problema dei rifornimenti incise spesso sulle operazioni militari, costringendo gli eserciti a spostarsi a causa dell'esaurimento delle risorse locali; inoltre, si assistette a casi in cui intere armate furono decimate a causa del forzato passaggio o stazionamento in zone già esaurite.

    Con il proseguire della guerra il problema logistico si fece sempre più stringente, a causa dell'aumento del numero di uomini in campo. Molto problematico si rivelò il pagamento delle truppe, che ricevevano il salario con ampio ritardo, fatto che provocò numerosi ammutinamenti, soprattutto da parte dell'esercito svedese. Una conseguenza secondaria della necessità di pagare ed equipaggiare un grande numero di truppe fu l'avvento della standardizzazione nelle uniformi e nell'armamento, per aumentare le velocità di produzione e diminuire i costi.

    Note

    1. ^ A titolo indicativo, la guarnigione di stanza nelle Fiandre, che comprendeva circa la metà degli effettivi totali degli eserciti degli Asburgo di Spagna presenti nello scacchiere europeo, era formata, nel 1640, da circa 109.000 uomini, di cui 88.280 stipendiati. Questi ultimi erano costituiti per un 42% circa da valloni e fiamminghi, per un 20% da spagnoli, per 17% da tedeschi, per un 4% da italiani, ecc. Cfr. Geoffrey Parker, El ejército de Flandes y el Camino Español, Madrid, Alianza Editorial S.A., 1985, Apendice A (Appendice A), ISBN 84-206-2438-1
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    39. ^ G. Parker, La Guerra dei trent'anni, p. 337
    40. ^ Vi sono stati accesi dibattiti sulle due teorie del "declino iniziale" e della "guerra disastrosa", come accennato da G. Parker nella sua opera. Cfr. anche l'articolo di T. K. Rabb, "The Effects of the Thirty Years' War on the German Economy", vol. 34, No. 1 di "The Journal of Modern History"
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