Pietro d'Acquarone

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Pietro d'Acquarone

Ministro della Real Casa del Regno d'Italia
Durata mandato1939 –
4 giugno 1944
PredecessoreAlessandro Mattioli Pasqualini
SuccessoreFalcone Lucifero

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato23 gennaio 1934 –
7 novembre 1947[1]
LegislaturaXXIX - XXX
Incarichi parlamentari
Membro della commissione delle forze armate (17 aprile 1939 – 5 agosto 1943)
Sito istituzionale
Pietro Acquarone
NascitaGenova, 9 aprile 1890
MorteSanremo, 13 febbraio 1948
Luogo di sepolturaCimitero monumentale di Staglieno
ReligioneCattolicesimo
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Regio esercito
Anni di servizio19091924
GradoGenerale di Brigata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
BattaglieFalzarego
Monfalcone
DecorazioniMedaglia di Bronzo al Valore Militare
Medaglia d'Argento al Valore Militare
Croce al merito di guerra
Altre carichepolitico, imprenditore
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Pietro d'Acquarone, I duca d'Acquarone
I Duca d'Acquarone
Stemma
Stemma
In carica19 ottobre 1942 –
13 febbraio 1948
Predecessoresé stesso come Conte d'Acquarone
SuccessoreLuigi Filippo d'Acquarone, II duca d'Acquarone
IV Conte d'Acquarone
In carica? –
19 ottobre 1942
PredecessoreLuigi Filippo Acquarone, III conte d'Acquarone
Successoresé stesso come Duca d'Acquarone
Altri titoliPatrizio genovese
NascitaVilla Madre Cabrini, Genova, 9 aprile 1890
MorteVilla del Sole, Sanremo, 13 febbraio 1948 (57 anni)
Luogo di sepolturaCimitero monumentale di Staglieno
DinastiaAcquarone
PadreLuigi Filippo Acquarone, III conte d'Acquarone
MadreMaria Pignatelli Montecalvo
ConsorteMaddalena Trezza di Musella
FigliUmberta
Luigi Filippo
Cesare
Maddalena
ReligioneCattolicesimo

Pietro d'Acquarone, I duca d'Acquarone, IV conte d'Acquarone, nato Pietro Acquarone (Genova, 9 aprile 1890Sanremo, 13 febbraio 1948), è stato un nobile, politico, militare e imprenditore italiano che ricoprì la carica di Ministro della Real Casa del Regno d'Italia. Fu una delle personalità chiave della caduta del fascismo in Italia facendo da intermediario fra il sovrano, gli esponenti politici del prefascismo e alcuni membri del Gran consiglio del fascismo, al fine di rimuovere Benito Mussolini, nominare al suo posto un governo non fascista e concordare con le Forze armate angloamericane la fine delle ostilità.[2][3][4] Fu inoltre consigliere fidato di re Vittorio Emanuele III e dell'allora principe ereditario Umberto.

Era il nonno paterno del giornalista Filippo d'Acquarone, figlio del figlio ed erede Luigi Filippo, II duca d'Acquarone, e di Emanuela Castelbarco Pindemonte Rezzonico (figlia del conte Emanuele Alberto Castelbarco e di Wally Toscanini, figlia sua volta del famoso direttore d'orchestra Arturo Toscanini).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni e l'inizio della carriera[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Acquarone nacque a Genova in Villa Acquarone[5] (poi Villa Madre Cabrini), figlio del conte avvocato Luigi Filippo Acquarone e di sua moglie, Maria Pignatelli di Montecalvo. Giovanissimo, entrò nell'esercito, nel reggimento di cavalleria, servendo in Libia nel 1913.[6] Nel maggio del 1915 il governo italiano entrò in guerra contro l'Impero austro-ungarico e Acquarone prestò servizio sul fronte settentrionale. Ottenne una medaglia di bronzo al valor militare al passo Falzarego il 21 agosto 1915 e una d'argento a Monfalcone il 15 maggio 1916. Dopo la guerra venne impiegato come istruttore militare del principe ereditario Umberto.[3][7] Per questo compito si spostò a Roma e si legò sempre più profondamente coi membri della famiglia reale italiana.[6]

Uomo d'affari e attivista[modifica | modifica wikitesto]

Il 9 novembre 1919 Pietro Acquarone sposò Maddalena Trezza di Musella (1893-1981[8]), figlia di Cesare e di sua moglie, l'inglese Elena Sofia Knowles. Maddalena era erede di una grande fortuna che affidò in gran parte in gestione al marito, in gran parte proprietà terriere accumulate da suo nonno attorno a Verona. L'industrializzazione e l'urbanizzazione durante gli ultimi decenni del XIX secolo avevano aumentato di molto il valore di quelle terre.[3]

La destabilizzazione creata dalla guerra nei principali affaristi italiani spinse Acquarone a volere fortemente il ritorno ad una situazine prebellica e di conseguenza, spinto da spirito patriottico, prese parte all'impresa di Fiume accanto a D'Annunzio nel 1919/1920 ed alla marcia su Roma del 1922. Divenne successivamente seniore nella milizia fascista di Verona, pur non parteggiando mai apertamente per il partito.[9][10] Dopo la morte del suocero il 18 dicembre, la moglie Maddalena ereditò un patrimonio di quasi tre milioni di lire oltre alla villa di San Martino Buon Albergo, nella periferia della città[11] e nel 1924, raggiunto il grado di generale di brigata di cavalleria, abbandonò definitivamente la sua carriera militare per dedicarsi unicamente agli affari di famiglia.[10][12] Nel novembre del 1929 divenne consulente finanziario del giornale L'Arena, il principale quotidiano di Verona.[10] Divenne vicepresidente della Camera di commercio di Verona, carica con la quale rilanciò il Consiglio provinciale dell'economia corporativa.[2][6][7] Fu inoltre fondatore e direttore della società anonima finanziaria "Ditta Trezza" di Verona (1924) nonché amministratore dell'opera pia Martínez.

Senatore[modifica | modifica wikitesto]

Con lettera del 27 dicembre 1933, Pietro Acquarone divenne senatore su proposta del principe ereditario (1º dicembre 1933). La nomina venne ufficializzata il 23 gennaio 1934 e Acquarone giurò il 3 maggio successivo.[4] Acquarone venne nominato senatore "per censo", in virtù del suo patrimonio e delle tremila lire di tasse annue pagate per tre anni di seguito.[3]

Con la sua nomina a senatore, Pietro Acquarone trascorse più tempo a Roma, motivo per cui divenne amico anche con re Vittorio Emanuele III che ne ammirava le abilità amministrative, il fiuto istintivo per gli affari e le capacità personali. Il giornalista Paolo Monelli disse di lui:

«[E'] un genovese duttile, astuto, esperto di affari e di convenzioni mondane; capace di dir poco con molte parole, e di far capire molte cose senza compromettersi, con un'occhiata, un sorriso; abile a leggere nel silenzio del sovrano [Vittorio Emanuele III] e ad interpretarne i sentimenti repressi; capace anche, all'occorrenza, di forzar la mano, di assumersi la responsabilità di un atto che al re repugnasse, e che potesse poi sconfessare.»

Alla fine del 1938, Vittorio Emanuele III lo nominò Ministro della Real Casa, succedendo ad Alessandro Mattioli Pasqualini, che aveva lasciato l'incarico per raggiunti limiti di età. La nomina di Acquarone ebbe effetto a partire dal 1939 e si rivelò un successo: iniziò una riforma della Real Casa con la quale cercava di ridurre le numerose cariche della corte d'onore; il conte venne elevato al rango di duca con decreto reale del 22 settembre 1942, guadagnandosi inoltre la qualifica di uno dei consiglieri più fidati del sovrano. Il medesimo decreto reale mutò il suo cognome da Acquarone in "d'Acquarone" e venne nominato Gentiluomo di Palazzo della Regina.

Seconda guerra mondiale e ruolo nella caduta del fascismo in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il 14 marzo 1940, tre mesi prima dell'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, Pietro d'Acquarone si informò presso il conte Galeazzo Ciano circa le reali possibilità del coinvolgimento della penisola nel conflitto.[13] Dopo il febbraio del 1943, quando Ciano venne trasferito dal ministero degli esteri all'ambasceria italiana in Vaticano, d'Acquarone avvicinò anche Mussolini nel tentativo di dissuaderlo dal continuare a rimanere nel Patto d'Acciaio (sottoscritto nel 1938), ma senza successo. Dalla prima metà del 1943, prese contatti stabili anche con Dino Grandi, presidente del Gran consiglio del fascismo, il quale divenne uno dei principali cospiratori contro Mussolini stesso. Immediatamente dopo la seduta del consiglio del 25 luglio 1943, fu d'Acquarone a condurre Grandi dal re per relazionare quanto accaduto.[3][14]

Il maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, col quale d'Acquarone fu amico ma col quale ebbe pure dei contrasti nella gestione dello stato dopo la caduta del fascismo nel 1943

Lo storico Claudio Pavone ha suggerito come il d'Acquarone stesse lavorando a questa progressiva strategia di distanziamento della famiglia reale italiana dal fascismo già a partire dal 1940, in particolare dall'alleanza con la Germania nazista. L'idea che il re e d'Acquarone iniziarono a sviluppare fu quella di un "fascismo senza Mussolini", ovvero di un fascismo di tecnocrati guidato da anti-mussoliniani, così da creare le condizioni per un periodo di stabilizzazione, pur nel periodo delicato della guerra. D'Acquarone si oppose all'idea emersa dal luglio del 1943 di costituire un nuovo governo con Pietro Badoglio quale presidente del consiglio e quale vicepresidente l'antifascista Ivanoe Bonomi, quanto piuttosto avrebbe preferito il ruolo di Badoglio come emergenziale, proponendone poi la sostituzione con Bonomi alla liberazione di Roma da parte delle truppe angloamericane. Costruì importanti contatti in questo periodo anche coi generali Vittorio Ambrosio, Giacomo Carboni e Giuseppe Castellano, con Marcello Soleri e con Vittorio Emanuele Orlando[3], oltre che con lo stesso Bonomi il quale aveva contatti anche con diversi antifascisti che erano ospitati al Seminario Romano da papa Pio XII.

Mussolini venne informato di questa serie di contatti che d'Acquarone stava prendendo con diversi esponenti dal suo capo della polizia, Lorenzo Chierici, ma sembrò non dare particolare importanza alla cosa. Il 25 luglio 1943, Pietro d'Acquarone presenziò all'arresto di Benito Mussolini presso Villa Savoia dopo venti minuti di colloquio col re.[15] Il governo Badoglio venne quindi istituito ma, come auspicato da d'Acquarone, venne costituito da tecnocrati e non più da politici. Continuò ad ogni modo a tramare nell'ombra al punto che lo stesso Ivanoe Bonomi nei suoi diari (poi pubblicati) lo definiva "l'eminenza grigia del re". Fu anche il tramite tra il re e sua nuora, Maria José del Belgio che il re sospettava di star gestendo una propria politica estera più allineata agli angloamericani che agli interessi della politica internazionale italiana.[3][16]

L'armistizio firmato l'8 settembre 1943 tra d'Italia e gli alleati angloamericani non sorprese ovviamente il d'Acquarone che aveva seguito i negoziati sin dal principio. Immediatamente dopo il proclama di Badoglio, il 9 o 10 settembre 1943 si occupò del trasferimento del re, della famiglia reale e del maresciallo Badoglio a sud, sotto la protezione degli alleati che avanzavano dalla Sicilia, dapprima a Pescara e poi a Brindisi. Roma venne liberata solo nove mesi dopo.[3][17] Durante il periodo di permanenza della corte a Brindisi, d'Acquarone continuò a mantenere stretti contatti per conto del re con gli uomini più fidati della nuova politica come Benedetto Croce, Enrico De Nicola, Giovanni Porzio, Giulio Rodinò e Carlo Sforza, opponendosi talvolta allo stesso Badoglio nelle decisioni.[3] Rimaneva il fatto se ciò che rimaneva del Regno d'Italia (con governo a Brindisi) dovesse dichiarare formalmente guerra alla Germania o meno, mossa alla quale sia il re che d'Acquarone si opponevano fermamente, perché questo avrebbe avuto ripercussioni anche in quelle parti d'Italia (soprattutto al nord) non ancora liberate. Il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio ad ogni modo decise di dichiarare formalmente guerra alla Germania nazista; lo stesso maresciallo dovette attendere l'assenza temporanea di d'Acquarone per far firmare il decreto al re e persuaderlo della necessità di tale azione in un periodo così delicato.[3][18] Non appena saputa la notizia, d'Acquarone si oppose alla creazione dei Gruppi di Combattimento sotto la guida del leader della resistenza Giuseppe Pavone a Napoli tra il settembre e l'ottobre del 1943, iniziativa proposta da Benedetto Croce. L'idea di questi gruppi era quella di liberare Napoli con truppe italiane anche per una questione d'immagine, lasciando alle forze angloamericane della 1st King's Dragoon Guards e della 82nd Airborne Division. Napoli venne liberata, ma l'apporto dei corpi di volontari si rivelò ben poco incisivo.[3][19]

Pietro d'Acquarone si oppose sempre all'abdicazione di Vittorio Emanuele III, azione per la quale i governi di Londra e Washington stavano facendo pressione a Badoglio. Lo stesso duca era poco convinto che il Principe ereditario Umberto fosse pronto a prendere le redini del Paese. Fu quindi su pressione di d'Acquarone che venne raggiunto un compromesso di nominare dal 10 aprile 1944 Umberto quale Luogotenente generale del Re[20], facendogli così assumere la maggior parte dei poteri del sovrano pur non formalizzando l'abdicazione di Vittorio Emanuele. Alcune settimane dopo, il 4 giugno 1944, ad ogni modo, Pietro d'Acquarone si dimise dal suo ruolo di Ministro della Real Casa e venne succeduto da Falcone Lucifero, il quale collaborò a stretto contatto col Principe ereditario. Ancora una volta d'Acquarone continuò a tramare in segreto per dirigere la politica nazionale al fianco del sovrano, come ministro "onorario" della Real Casa sino all'abdicazione di Vittorio Emanuele III il 9 maggio 1946, ritirandosi quindi a vita privata.[3][4]

Il 29 marzo 1944, l'Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, alla quale erano stati deferiti i senatori per valutarne la condotta e dichiararne l'eventuale decadenza, emise un'ordinanza favorevole al senatore D'Acquarone[21], con la quale fu mantenuto nella carica fino alla formale dissoluzione del Senato del Regno avvenuta il 7 novembre 1947[22].

Ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Villa del Sole a Sanremo dove il duca d'Acquarone si spense nel 1948

Nel 1946, il duca d'Acquarone si ritirò a San Martino Buon Albergo, presso Verona, riprendendo la piena gestione dei suoi affari di famiglia e occupandosi attivamente di Villa Musella, antica residenza della famiglia della moglie, i cui giardini vennero riprogettati da Russell Page, celebre architetto del verde[23][24].

Negli anni trenta aveva acquistato Villa del Sole, una grandiosa villa fin de siècle a Sanremo[25], dove si spense il 13 febbraio 1948. Le sue spoglie vennero portate a Genova, sua città natale, ove fu sepolto a fianco alla madre nel cimitero di Staglieno.[6]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valore militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una sezione mitragliatrici, trovandosi quasi completamente accerchiato dal nemico, tenne la posizione per circa un'ora e mezza. Strettosi l'accerchiamento, riuscì ad aprirsi un varco, facendo fuoco con un'arma tenuta a braccia. Messa in salvo l'altra arma che più non funzionava, fece personalmente con quella rimasta un'ultima raffica di fuoco, riuscendo poi a metterla in salvo e a ritirarsi sulla linea immediatamente retrostante»
— Monfalcone, 15 maggio 1916
Medaglia di bronzo al valore militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Colpito in pieno uno dei suoi pezzi e travolto egli stesso sotto le macerie, dava prova di calma serena, rianimando i dipendenti e provvedendo alla ripresa del fuoco. In altra circostanza, si distinse riunendo militari che si erano momentaneamente dispersi dopo un attacco»
— Falzarego, Cinque Torri, 21 agosto - 2 settembre 1915
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa delle campagne di Libia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa italiana della vittoria - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere della Legion d'onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Giacomo Filippo Acquarone, I conte d'Acquarone Tommaso Acquarone  
 
 
Pietro Acquarone, II conte d'Acquarone  
 
 
 
Luigi Filippo Acquarone, III conte d'Acquarone  
 
 
 
Maria Gabriella Landolina di Torrebruna  
 
 
 
Pietro d'Acquarone, I duca d'Acquarone  
Carlo Pignatelli, VIII duca di Montecalvo Giuseppe Pignatelli, VII duca di Montecalvo  
 
Doristella Caracciolo d'Arena  
Alfonso Pignatelli di Montecalvo  
Carolina Caracciolo di Torella Giuseppe Caracciolo, VII principe di Torella  
 
Caterina Saliceti  
Maria Pignatelli di Montecalvo  
 
 
 
Marianna Pandolfelli  
 
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il Senato del Regno cesso' le sue funzioni il 3 Agosto 1943 e fu abolito ufficialmente il 7 Novembre 1947, con la decadenza dei Senatori, ai sensi della Legge Costituzionale 3 novembre 1947, n. 3
  2. ^ a b Acquaróne, Pietro, duca, in Biografie in Storia, Treccani, Roma. URL consultato l'8 maggio 2021.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l Claudio Pavone, Acquarone, Pietro, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 1, Treccani, Roma, 1960. URL consultato l'8 maggio 2021.
  4. ^ a b c Acquarine (d') Pietro, in Indice dell'Attività Parlamentare, Fascicolo personale, Senato della Repubblica, Roma. URL consultato l'8 maggio 2021.
  5. ^ Atto di Nascita in Senato Fascicolo Pietro Acquarone (PDF), su notes9.senato.it..
  6. ^ a b c d Sergio Spiazzi, Il caso della I Armata dopo Caporetto e l’incontro di Maddalena Trezza con Piero Acquarone ... footnote97 (PDF), in San Martino Buon Albergo e Marcellise con approfondimento storico-militare – Il Grande Guerra (1914–1918), pp. 117–131, 125. URL consultato l'8 maggio 2021.
  7. ^ a b Maria Teresa Navarra (author), Marco Cadinu (compiler) e Elisabetta De Minicis (compiler), Verona liberty: borgo Trento tra architettura arte e cultura (PDF), in Il Tesoro delle Città, Steinhäuser Verlag, Wuppertal, 2018, pp. 211–234, 218, ISBN 978-3-924774-62-2. URL consultato l'8 maggio 2021.
  8. ^ https://gw.geneanet.org/fcicogna?lang=en&pz=francesco+maria&nz=cicogna+mozzoni&ocz=1&p=luigi+filippo&n=d+acquarone.
  9. ^ Caterina Spinelli, Pier Filippo d'Aquarone, che fine ha fatto l'ex inviato di Emilio Fede per il Tg4: dietro l'addio, Berlusconi, su liberoquotidiano.it, Libero, Milano. URL consultato l'11 maggio 2021.
  10. ^ a b c Francesco Clari (author) e Renato Camurri (compiler-editor), Footnotes 21 & 46 ... Nobile di recente acquisizione, il conte d'Acquarone (1890-1948) da giovane intraprese la carriera militare partecipando all’impresa di Libia e alla prima guerra ... (PDF), in Fascismi locali ... Élites locali, Partito, e Stato a Verona (1928-1943), Istituti per la storia della Resistenzadi Belluno, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza (Venetia - Rivista di storia contemptoranea), gennaio 2011, pp. 119-120, ISBN 978-88-8314-633-6. URL consultato l'11 maggio 2021 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2021).
  11. ^ Stefano Caniato, Nel destino della tenuta della Musella rispunta l'ipotesi del campo da golf Avesani: «Per far acquisire all'area ancora più prestigio servono spazi e capitali», su larena.it, Giornale L'Arena, Verona, 6 agosto 2014. URL consultato l'11 maggio 2021.
  12. ^ Stefano Lorenzetto, L’avvocato e il buco nell’ozono, su ilgiornaledivicenza.it, Il Giornale di Vicenza, 11 aprile 2016. URL consultato l'11 maggio 2021.
  13. ^ Gianpasquale Santomassimo, Ciano, Galeazzo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 25, 1981. URL consultato il 9 maggio 2021.
  14. ^ Marzio Mezzetti, Recensioni – Il 25 luglio nei libri: le memorie di quanti votarono “contro”, in review, Osservatorio La Rocca (Circolo La Rocca), 29 settembre 2013. URL consultato il 9 maggio 2021.
  15. ^ Nello Ajello, ... La caduta "Il comando a Badoglio: è fatta". E a villa Savoia il Re si libera del duce, in prima puntata ... seconda puntata ... terza puntate, la Repubblica, Roma, 24 luglio 2013. URL consultato il 9 maggio 2021.
  16. ^ Rebecca Cope, The extraordinary life of the beautiful, and radical, last Queen of Italy, su tatler.com, Tatler, 28 gennaio 2021. URL consultato il 9 maggio 2021.
  17. ^ Fabio Biondi (author-compiler), Gen. C.A. Vittorio Ambrosio, in Roma 8 Settembre 1943: La battaglia per Roma .... I personaggi di parte italiana, 18 settembre 2018. URL consultato il 10 maggio 2021.
  18. ^ V. Vailati, Badoglio racconta, Torino 1955, p. 404
  19. ^ Claudio Pavone (author-compiler), I Gruppi Combattenti Italia, in Il movimento di liberazione in Italia, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (Rassegna bimestrale di studi e documenti ...), Comitato Provinciale Brindisi, 1955. URL consultato il 10 maggio 2021.
  20. ^ REGIO DECRETO 5 giugno 1944, n. 140 Nomina di S.A.R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, a Luogotenente Generale del Re., su normattiva.it.
  21. ^ http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/4038162380009750c125703d004eed42/cf339e8d554de45a4125646f00581ded?OpenDocument.
  22. ^ Legge Costituzionale 3 novembre 1947, n. 3, Soppressione del Senato e determinazione della posizione giuridica dei suoi componenti. pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il 7 novembre 1947 (ancorche' il Senato del Regno non fosse più operativo dal 3 Agosto 1943).
  23. ^ Villa Musella, in https://www.sanmartinoba.it/SMBAVillaMusella.htm.
  24. ^ Corriere della Sera, Villa Musella venduta per 12 milioni di euro a una tedesca, in https://www.pressreader.com/italy/corriere-di-verona/20160318/281479275530454.
  25. ^ Villa del Sole: An almost hidden jewel., su sanremostoria.it, Sanremo Storia. URL consultato l'11 maggio 2021.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ministro della Real Casa Successore
Alessandro Mattioli Pasqualini 1939-1944 Falcone Lucifero
Predecessore Duca d'Acquarone Successore
Sé stesso come conte 1942-1948 Luigi Filippo d'Acquarone, II duca d'Acquarone
Predecessore Conte d'Acquarone Successore
Luigi Filippo d'Acquarone, conte d'Acquarone ?-1942 Sé stesso come duca
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