Della Ragion di Stato

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Della Ragion di Stato
Della Ragion di Stato, 1589
AutoreGiovanni Botero
1ª ed. originale1589
Generesaggio
Sottogenerefilosofia politica
Lingua originaleitaliano

Della Ragion di Stato è un'opera di filosofia politica del gesuita italiano Giovanni Botero. Il termine Ragion di Stato indica la teoria del governo che emerge alla fine del XV secolo e rimane prevalente fino al XVIII secolo. Si riferisce al diritto dei governanti di agire in modo contrario ai dettami della legge sia naturale che positiva allo scopo di acquisire, preservare e aumentare il dominio dello Stato. Il trattato fu pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1589 ed è considerato la più importante risposta cattolica al pensiero politico di Machiavelli.[1]

Critica di Machiavelli[modifica | modifica wikitesto]

Fin dal principio dell'opera Botero critica fortemente le due correnti di filosofia politica allora più diffuse: il tacitismo e il machiavellismo. Botero non riusciva a comprendere come fosse possibile «che un autore così empio e le maniere così malvagie d'un tiranno [il Tiberio descritto da Tacito, preso a modello dai teorici della monarchia assoluta] fossero stimate tanto, che si tenessero quasi per norma e per idea di quel che si deve fare nell'amministrazione e nel governo degli Stati.»[2] Botero riteneva che il pensiero politico ricavato dalle opere di Tacito e Machiavelli avesse come conseguenze «la tirannia e la crudeltà» sul piano politico e l'empietà su quello morale.[3] Botero si propone, quindi di mostrare «le reali maniere che deve tenere un Prencipe per divenir grande e per governare felicemente», condannando, al contempo, le «corruzioni introdotte da costoro [i seguaci del Tacitismo e del Machiavellismo] ne' governi e ne' consigli de' Prencipi, onde hanno avuto origine tutti gli scandali nati nella Chiesa di Dio e tutti i disturbi della cristianità.»

La dottrina dello Stato in Botero[modifica | modifica wikitesto]

Botero definisce lo Stato «un dominio fermo sopra i popoli» e la Ragione di Stato «notitia di mezzi atti a fondare, conservare, e ampliare un dominio.»[4] Botero si sofferma in particolare sulla conservazione dello stato, la più difficile delle tre arti, perché «le cose umane vanno quasi naturalmente ora mancando, ora crescendo, a guisa della luna, a cui sono soggette: onde il tenerle ferme, quando sono cresciute, sostenerle in maniera tale, che non scemino, e non precipitino, è impresa d’un valore singolare, e quasi sopra umano.»[5] Obiettivo dello Stato non è, quindi, come ancora riteneva Machiavelli, l'espansione territoriale[6], ma la stabilità e la Ragion di Stato è l'arte che permette al sovrano di garantire la conservazione dello Stato e cioè di far sì che i suoi sudditi vivano in pace e prosperità.[7] In questo quadro si comprende bene il ruolo inedito che in questa e in altre opere di Botero ricopre l'economia nella dottrina dello stato, una concezione che ne farà, insieme al suo contemporaneo Antonio Serra[8], un anticipatore delle teorie di John Locke e Adam Smith.[9][10]

Dalla definizione stessa dello Stato come «dominio fermo sopra i popoli» discende la superiorità della Monarchia sulle altre forme di governo. Infatti «la bontà di un gouerno da tre cose si comprende: dall'autorità di chi commanda dalla diuturnità e dall'ampiezza dell'imperio.»[11] E nessuno può affermare che «se la virtù unita è di maggior forza della dispersa, la podestà unita in un Prencipe non auanzi nell'efficacia la virtù sparsa in un Senato è in un popolo.»[11] E, infatti, la maggior parte delle repubbliche aristocratiche come Venezia e democratiche come Genova «conoscendo di non poter senza qualche forma di Monarchia mantenersi» hanno «per sostegno dello stato il Prencipe e Duce che si debba dire instituito.»[11]

Il rapporto tra politica e religione[modifica | modifica wikitesto]

Botero cerca di ricondurre la teoria dello Stato sotto l'egida della morale e della Religione Cattolica. In primo luogo Botero considera la religione un fondamento dello Stato. Come Machiavelli[12], ritiene che il Principe debba mostrarsi religioso[13], ma, a differenza di Machiavelli, ritiene che la fede del principe debba essere sincera, poiché «è difficile, che chi non è veramente religioso, sia stimato tale; poiché non è cosa, che manco duri, che la simulazione. Deve dunque il Prencipe, di tutto cuore, umiliarsi innanzi la Divina Maestà, e da lei riconoscere il Regno, e l'obedienza de' popoli.» Botero ritiene che tra tutte le religioni quella Cristiana sia la più vantaggiosa per i principi «perché questa sottomette loro, non solamente i corpi, e le facoltà de' sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora, e le conscienze; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora, e i pensieri.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Robert Bireley, The Counter-Reformation Prince: Anti-Machiavellianism or Catholic Statecraft in Early Modern Europe (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1990), Ch. 3, 45–71; Stéphane Bonnet, Botero machiavélien ou l’invention de la raison d’état, Les études philosophiques 66 (2003): 315–29; John M. Najemy, Political Ideas, in A Companion to the Worlds of the Renaissance, ed. Guido Ruggiero (Oxford: Blackwell, 2008), 384–402, in particolare 399–400.
  2. ^ Giovanni Botero, Dedica introduttiva dell'opera a Wolf Dietrich von Raitenau, principe vescovo di Salisburgo dal 1587 al 1612.
  3. ^ «Ma quel che mi moveva non tanto a meraviglia, quanto a sdegno, si era il vedere che così barbara maniera di governo fosse accreditata in modo che si contrapponesse sfacciatamente alla legge di Dio, sino a dire che alcune cose sono lecite per ragione di Stato, altre per conscienza.».
  4. ^ Della Ragion di Stato, a cura di L. Firpo, UTET, Torino 1948, p. 55.
  5. ^ G. Botero, Della Ragion di Stato, Venetia, Gioliti, 1598 (edizione a cura di L. Firpo, Torino 1948), I, v, p. 58.
  6. ^ Botero, al contrario, ritene che gli stati non debbano ambire a ottenere una grande espansione territoriale, dal momento che gli stati di medie dimensioni "sono i più durabili, conciosiaché né per molta debolezza sono così esposti alla violenza, né per grandezza all'invidia altrui, e perché le ricchezze e la potenza è moderata, le passioni sono anco meno veementi, e l'ambizione non ha tanto appoggio, né la libidine tanto fomento quanto ne' grandi." e che la causa della decadenza degli Stati sia da ricercarsi proprio nell'ambizione dei sovrani che aspirano ad ottenere grandi ampliamenti territoriali: "Ma se bene la mediocrità è più atta alla conservazione d'un dominio, che gli eccessi d'essa, durano nondimeno poco gli stati mediocri; perché i principi non se ne contentano, ma di mediocri vogliono diventar grandi, anzi grandissimi: onde, uscendo fuor de' termini della mediocrità, escono anche fuor de' confini della sicurezza" Giovanni Botero, Della ragion di stato libri dieci, Milano per Niccolò Bettoni 1830, pp. 12-13.
  7. ^ Giovanni Botero, Della ragion di Stato, a cura di Chiara Continisio, Donzelli Editore, 1997, p. 18.
    «La conservazione di uno Stato consiste nella quiete e pace de' sudditi»
  8. ^ Cosimo Perrotta, Botero, Giovanni, in di Il Contributo italiano alla storia del Pensiero, su treccani.it. URL consultato il 14 febbraio 2018.
  9. ^ William J. Slattery, Ph.D., S.T.L., Heroism and Genius: How Catholic Priests Helped Build—and Can Help Rebuild—Western Civilization, Ignatius Press, 2017.
  10. ^ Catherine Cowley, The Value of Money: Ethics and the World of Finance, A&C Black, 2006, p. 2.
  11. ^ a b c Giovanni Botero, Relationi vniuersali di Giouanni Botero benese, in Venetia, per li Bertani, 1671, p. 654.
  12. ^ Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, 12.
  13. ^ "Aristotele conseglia anco il tiranno a fare ogni cosa per esser stimato religioso e pio: prima, perché i sudditi, tenendolo in tal concetto, non averanno paura d'essere iniquamente trattati da quel ch'essi stimano riverir gli Dei, appresso, perché si guardariino di sollevarsi, e di dar disturbo a colui, ch'essi pensano esser caro a gli Dei."

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Pozzi, La "Ragion di Stato" e le "Relazioni universali" di Giovanni Botero, Casale 1881.
  • Mario Attilio Levi, Della Ragion di Stato di Giovanni Botero, in Annali dell'Istituto superiore di Magistero del Piemonte, I (1927), pp. 1-21.
  • Rodolfo De Mattei, Critiche secentesche alla "Ragion di Stato" del Botero, in Studi di storia e diritto in onore di A. Solmi, Milano 1941, II, pp. 325-342.
  • Rodolfo De Mattei, Origini e fortuna della locuzione "ragion di Stato", in Studi in memoria di F. Ferrara, Milano 1943, I, pp. 177-192.
  • Emil A. Fischer, Giovanni Botero ein politischer und volkswirtschaftlicher Denker der Gegenreformation, Langnau (Bern) 1952.
  • Federico Chabod, Giovanni Botero (1934), ora in Id., Scritti sul Rinascimento, Torino 1967, pp. 271-458 (da segnalare la preziosa appendice con l'esemplare analisi delle fonti delle Relazioni universali).
  • Friedrich Meinecke, Die Idee der Staatsräson, in der neueren Geschichte, München-Berlin 1924 (trad. it. L'idea della ragion di Stato nella storia moderna, Firenze 1970), pp. 65-70.
  • Luigi Firpo, La "Ragion di Stato" di Giovanni Botero: redazione, rifacimenti, fortuna, in Civiltà del Piemonte. Studi in onore di Renzo Gandolfo nel suo settantacinquesimo compleanno, a cura di Gianrenzo P. Clivio, Riccardo Massano, Torino 1975, pp. 139-64.
  • Botero e la "Ragion di Stato", Atti del Convegno in memoria di Luigi Firpo, Torino (8-10 marzo 1990), a cura di Artemio Enzo Baldini, Firenze 1992 (in partic. A. Tenenti, Dalla "Ragion di Stato" di Machiavelli a quella di Botero, pp. 11-21; K.C. Schellhase, Botero, reason of State, and Tacitus, pp. 243-58; M. Stolleis, Zur Rezeption von Giovanni Botero in Deutschland, pp. 405-16).
  • (FR) Romain Descendre, Raison d'État, puissance et économie. Le mercantilisme de Giovanni Botero, in Revue de Métaphysique et de Morale, n. 3, 2003, pp. 311-321, JSTOR 40903952.
  • (FR) Romain Descendre, L'état du monde. Giovanni Botero entre raison d'état et géopolitique, Genève, Droz Librairie, 2009, ISBN 978-2600011907.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]