Chiomara

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Chiomara in una xilografia del 1474 di Johannes Zainer

Chiomara (... – II secolo a.C.) fu una nobildonna galata, moglie di Orgiagone, capo tribù dei Tectosagi durante la guerra galata.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Durante la guerra galata il generale romano Gneo Manlio Vulsone sconfisse la popolazione celtica e uno dei suoi centurioni fu messo a capo di un gruppo di prigionieri. Tra di loro c'era anche Chiomara, una donna che Tito Livio descrive come di grande bellezza.[1] Il centurione violentò la donna dopo che costei aveva respinto le sue advances e poi, spinto dai sensi colpa, offrì ai Tectosagi la possibilità di riscattare la loro nobildonna.[2]

Quando i galati si presentarono con il riscatto Chiomara diede loro l'ordine di decapitare il centurione mentre l'uomo contava l'oro: secondo Plutarco la donna segnalò il suo ordine sanguinario con un cenno del capo, mentre secondo Livio e Valerio Massimo diede esplicitamente l'ordine nella sua lingua.[3] Chiomara portò la testa del suo stupratore a casa e la gettò ai piedi del marito, affermando che solo un uomo che ha avuto rapporti sessuali con lei potrà restare in vita. Si dice che lo storico Polibio l'abbia conosciuta a Sardi, dove Chiomara l'avrebbe colpito con il suo "buon senso ed intelligenza". Boccaccio la ricorda nel De Mulieribus Claris.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Livy's History of Rome, su mcadams.posc.mu.edu. URL consultato il 12 luglio 2020.
  2. ^ Plutarch • On the Bravery of Women — Sections XVI‑XXVII, su penelope.uchicago.edu. URL consultato il 12 luglio 2020.
  3. ^ Valerius Maximus VI, su thelatinlibrary.com. URL consultato il 12 luglio 2020.
  4. ^ (EN) Ramon Piñon Jr, Friction and Fantasy: Opening Pandora's Box, Strategic Book Publishing Rights Agency, 2014-04, p. 216, ISBN 978-1-63135-070-2. URL consultato il 12 luglio 2020.