Yoshinori Ōsumi

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Yoshinori Ōsumi nel 2015
Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la medicina 2016

Yoshinori Ōsumi (大隅 良典?, Ōsumi Yoshinori, talvolta traslitterato Yoshinori Ohsumi) (Fukuoka, 9 febbraio 1945) è un biologo giapponese.

Ha vinto il premio Nobel per la medicina nel 2016 «per le sue scoperte dei meccanismi di autofagia».[1]

Biografia

Dall' infanzia all'età adulta

Yoshinori Ōsumi è nato a Fukuoka, nell'isola di Kyushu in Giappone, il 9 febbraio del 1945. Ultimo di quattro fratelli[2], eredita dal padre, professore di Ingegneria presso l'Università di Kyushu, l'interesse per la vita da ricercatore. Tuttavia, mentre il padre si occupa di un settore fortemente orientato verso lo sviluppo industriale, Ōsumi si rivela più propenso allo studio delle scienze naturali. L'interesse verso la Chimica, sin dai tempi del liceo, e della Biologia poi, lo porteranno ad intraprendere la strada che gli frutterà un grande successo negli anni a venire.[3]

Ōsumi nasce nel 1945

Ōsumi a Tokyo

Nel 1963 si iscrive all'Università di Tokyo per continuare a coltivare l'interesse per la Chimica. Tuttavia, molto presto si accorge che il percorso appena intrapreso non desta l'interesse che si aspettava. Sceglie di dedicarsi alla biologia molecolare, campo all'epoca molto meno conosciuto e dunque più stimolante[3]. Una volta laureato, da ricercatore presso il Dipartimento di Biochimica, sotto la supervisione di Kazumoto Imahori, analizza i meccanismi di iniziazione dei ribosomi nel batterio Escherichia coli e l'azione della colicina E3, la quale inibisce la trasduzione delle cellule dell'Escherichia coli legandosi al suo recettore specifico. A questo periodo risalgono le prime pubblicazioni a livello scientifico.

Dal 1972 al 1974, è assegnista di ricerca presso la facoltà di Chimica Agricola nella medesima università. In seguito ai risultati poco incoraggianti ottenuti in questo primo periodo, e alla difficoltà di trovare impiego in una posizione di rilievo in Giappone, Ōsumi decide di trasferirsi all'estero.

Ōsumi a New York

Alla fine del 1974 si trasferisce a New York, presso l'Università Rockefeller, per compiere degli studi in collaborazione con Gerald M. Edelman. Nonostante le poche conoscenze nel campo dell'embriologia e dello sviluppo embrionale, studia la fecondazione in vitro dei topi. Frustrato sia dallo scarso interesse nei confronti di questa disciplina, che dalla scarsa disponibilità di mezzi, decide di passare all'analisi dei meccanismi di iniziazione della replicazione del DNA, servendosi dei lieviti. Gli stessi lieviti diverranno in futuro oggetto di ulteriori ricerche. Quando un anno e mezzo dopo, Mike Jazwinski entra nel laboratorio di Gerald M. Edelman, Ōsumi decide di lavorare sotto la sua supervisione. In questo periodo gli si presenta l'occasione per rientrare in patria, poiché gli viene offerto un posto all'Università Tokyo.

Il ritorno in Patria

Nel 1977 torna in Giappone e lavora come professore associato con Yiasuhiro Anraku presso la Facoltà di Scienze dell'Università di Tokyo. A questo periodo risalgono le sue ricerche sulla membrana dei vacuoli del lievito: sintetizzando membrane vacuolari riesce a dimostrare l'esistenza di una nuova pompa protonica.

Dal 1986 al 1988 lavora come assistente universitario presso il Dipartimento di Biologia dell'Università di Tokyo.

Nel 1988 diventa professore associato della suddetta università e ha la possibilità di avviare un piccolo laboratorio personale. Inizia dunque, in modo autonomo, a lavorare sulla funzione litica dei vacuoli. Successivamente riesce a osservare il meccanismo di autofagia dei lieviti utilizzando sia il microscopio ottico che quello elettronico a scansione. Approfondendo questo tipo di studio realizza uno screening genetico per gli organismi con anomalie nel processo di autofagia. Con l'aiuto della sua équipe individua 15 geni essenziali per l'autofagia indotta dall'assenza di sostanze nutritive.

Nel 1996 inizia a lavorare presso l'Istituto Nazionale di Biologia di Base a Okazaki. In questo periodo studia la struttura delle proteine ATG sia nei mammiferi che negli eucarioti superiori, dopo averne compreso la particolare struttura. Negli anni seguenti, presso lo stesso istituto, riprende i suoi studi sui lieviti, combinandoli con le recenti scoperte relative alle proteine ATG.

Dal 2009 diventa professore presso l'Istituto di Tecnologia di Tokyo, di cui diventa professore onorario nel 2014. In questa sede continua ad approfondire gli studi di una vita su lieviti ed autofagia, combinando biologia cellulare, biochimica, biologia molecolare e biologia strutturale.

Il premio Nobel

Dopo essersi aggiudicato numerosi premi per le sue ricerche tra il 2005 e il 2015, all'età di 71 anni, nel 2016, viene insignito del prestigioso premio Nobel per i suoi studi sull'autofagia.[4]

Ōsumi al Gairdner Foundation International Award del 2015

Riceve la notizia per via telefonica mentre era nel suo laboratorio, dichiarandosi sorpreso e onorato. In seguito, in un'intervista con la tv giapponese NHK, afferma:

"Il corpo umano vive attraverso questo processo di autodecomposizione, che è una forma di cannibalismo. Cerca di mantenere un equilibrio delicato fra costruzione e distruzione. E questo è quello che in fondo caratterizza la vita" (Yoshinori Ōsumi a NHk)[5]

Il Comitato per il Nobel norvegese, dopo averlo scelto tra 273 possibili candidati, nell'annunciarlo come vincitore, dichiara che le sue scoperte "aprono il percorso alla comprensione di molti processi fisiologici fondamentali, come l'adattamento dell'organismo in caso di fame e la risposta alle infezioni"[6]. Ōsumi è il venticinquesimo cittadino giapponese a vincere l'ambito premio Nobel, ma solo il quarto ad ottenerlo in ambito medico. L'ultimo era stato Satoshi Ōmura nel 2015.[7]

Dagli esperimenti sul lievito alla scoperta dell'autofagia

Lavori paralleli

Alla metà degli anni '50 gli scienziati osservano dei nuovi compartimenti cellulari specializzati, che in seguito vengono considerati alla stregua dei già noti "organuli cellulari", contenenti enzimi in grado di digerire proteine, carboidrati e lipidi.

Questi nuovi compartimenti cellulari specializzati, chiamati lisosomi, lavorano come veri e propri siti di demolizione e degradazione di componenti cellulari.

Lo scienziato belga Christian de Duve venne insignito del premio Nobel per la Medicina o Fisiologia nel 1974, per la scoperta dei lisosomi.[8] Osservazioni durante gli anni '60 avevano mostrato che grandi quantità di materiale cellulare, o addirittura interi organuli, possono, a volte, trovarsi all'interno di questi organuli.

Si suppone dunque che la cellula debba avere una modalità di trasporto del materiale cellulare ai lisosomi per la degradazione. Ulteriori ricerche microscopiche dimostrano, in effetti, l'esistenza di particolari vescicole costituite di doppia membrana che favoriscono l'acquisizione del materiale cellulare da parte dei lisosomi. Christian de Duve, lo scienziato dietro la scoperta dei lisosomi, conia dunque il termine "autofagia", per descrivere questo tipo di processo. Le nuove vescicole, invece, prendono il nome di "autofagosomi"[9]. In tale processo, questi ultimi operano infatti inglobando il materiale citoplasmatico da degradare grazie all'azione di particolari enzimi. In un secondo momento, attraverso alcune proteine, dette SNARE, avviene la fase di riconoscimento in cui la membrana più esterna dell' autofagosoma e la membrana del lisosoma si uniscono e gli enzimi lisosomiali degradano il resto, tra cui la membrana interna dell'autofagosoma (che quindi, come dice il nome stesso, si 'autofagocita').[10]

Tra gli anni '70 e '80 le ricerche si concentrano sull'identificazione di un ulteriore processo di degradazione, basato sui proteasomi. In questo campo, Aaron Ciechanover, Avram Hershko e Irwin Rose vengono insigniti del premio Nobel per la Chimica nel 2004, per aver scoperto la degradazione mediata dalla proteina ubiquitina.[11]

Il proteasoma degrada efficientemente le proteine una alla volta, tuttavia, questo meccanismo non spiega come le cellule si liberano di proteine più complesse o, talvolta, di interi organuli.

Ōsumi e la scoperta dell'autofagia nel lievito

Dopo aver avviato il suo laboratorio personale nel 1988, Ōsumi si concentra sulla degradazione delle proteine nei vacuoli, organuli delle cellule vegetali che corrispondono ai lisosomi delle cellule animali.

Le cellule dei lieviti sono relativamente facili da studiare e di conseguenza sono spesso utilizzate come modello per le cellule umane. In particolare questo tipo di cellule è molto utile per l'identificazione di geni responsabili di molti complessi percorsi cellulari. Tuttavia, Ōsumi affronta una sfida più grande. Essendo le cellule di lievito molto piccole, e di conseguenza, le loro strutture interne difficili da distinguere, non si era nemmeno certi dell'esistenza del meccanismo di autofagia in questo tipo di organismi.

L'intuito e l'abilità del professore lo portano a concepire l'idea che se fosse riuscito a bloccare il processo di degradazione mentre era in corso il meccanismo di autofagia, gli autofagosomi si sarebbero dovuti accumulare all'interno del vacuolo senza smaltire quanto inglobato e dunque divenire visibili al microscopio. Pertanto, una volta ottenuta un coltura di cellule di lievito mutate, (mancanti degli enzimi di degradazione del vacuolo) e indotto il processo di autofagia non fornendo sufficienti sostanze nutritive alle cellule, crea le condizioni necessarie per delle osservazioni che avrebbero rivelato l'esistenza o meno del processo stesso.

I risultati sono strabilianti: dopo un'ora, dei primi autofagosomi, dal diametro compreso tra i 400 e i 900 nm, iniziano ad accumularsi nel vacuolo e, continuando a crescere gradualmente in numero, nell'arco di tre ore lo riempiono quasi completamente, aumentandone il volume. L'esperimento di Ōsumi prova l'esistenza dell'autofagia all'interno delle cellule di lievito. Inoltre, in maniera ancora più importante della scoperta stessa, il professor Ōsumi riconosce subito un meccanismo per identificare e caratterizzare i geni responsabili di questo processo.[12]I risultati di tale ricerca vengono pubblicati nel 1992 e hanno un notevole impatto sulla comunità scientifica.[13]

La scoperta dei geni dell'autofagia

Ōsumi trae ora vantaggio dai ceppi di lievito da lui ottenuti, nei quali si sono accumulati gli autofagosomi durante il processo inedia indotto. Questi tipi di accumuli, tuttavia, non sarebbero possibili, se i geni coinvolti nel processo di autofagia venissero inattivati.

Ōsumi espone dunque le cellule di lievito coltivate a dei processi chimici che, in modo del tutto casuale, provocano mutazioni in diversi geni. Solo successivamente, induce l'autofagia, per verificare se il processo di autofagia fosse stato inibito, e se sì, in risposta a quali geni mutati.

Ancora una volta i risultati sono strabilianti. Nel giro di circa un anno dalla scoperta dell'autofagia nel lievito, il professor Ōsumi identifica i primi geni essenziali per tale processo. Quest'ultimi vengono detti geni Atg (da 'Autophagy') e le proteine da essi codificate prendono dunque il nome di proteine Atg.

Nelle successive ricerche, le proteine Atg codificate dai geni appena scoperti vengono studiate nel dettaglio, identificandone struttura e ruolo all'interno della complessa fisiologia cellulare. I risultati ottenuti dimostrano che l'autofagia è regolata da una serie di proteine che si attivano con un processo detto "a cascata", e da diversi gruppi di proteine più complesse. Ogni proteina Atg è coinvolta in una fase distinta dell'iniziazione e della formazione degli autofagosomi.[14] Nel 2014 le proteine Atg conosciute sono più di 37.[15]

Autofagia: un meccanismo essenziale nelle nostre cellule

Dopo l'identificazione del meccanismo dell'autofagia nei lieviti, ancora una questione rimaneva irrisolta: esiste un corrispondente di questo meccanismo anche in altri organismi? Presto diventa chiaro che meccanismi virtualmente identici operano nelle nostre stesse cellule. Gli strumenti di ricerca richiesti per indagare sull'autofagia negli umani sono ora, grazia agli esperimenti sul lievito, disponibili.

Grazie a Ōsumi, ora sappiamo che l'autofagia controlla importanti funzioni fisiologiche in cui le componenti cellulari necessitano di essere degradate e riciclate. L'autofagia può rapidamente fornire energia e blocchi costitutivi per il rinnovo di componenti cellulari ed è quindi essenziale per la risposta cellulare all'inedia e ad altri tipi di stress. Ad esempio, dopo un'infezione, l'autofagia può eliminare la proliferazione intracellulare di batteri e virus. Inoltre, essa può contribuire allo sviluppo embrionale e alla differenziazione cellulare. Infine, le cellule si avvalgono dell'autofagia per eliminare le proteine e gli eventuali organuli danneggiati, mettendo in pratica un controllo di qualità molto importante per contrastare l'invecchiamento cellulare.

Sono state riscontrate delle correlazioni significative tra defezioni del processo di autofagia, morbo di Parkinson, diabete di secondo tipo, cancro, e alcuni disordini che solitamente appaiono con la vecchiaia. Mutazioni dei geni dell'autofagia possono causare malattie genetiche. Sono attualmente in corso delle ricerche per sviluppare dei farmaci che possano intervenire sui processi di autofagia e sui vari disagi che il malfunzionamento di quest'ultimo comporta.

L'autofagia, ormai conosciuta da più di 50 anni, di fatto diventa fondamentale nella Fisiologia e Medicina solo grazie al lavoro di Yoshinori Ōsumi.

Pubblicazioni principali[16]

  • Ohsumi, Y., Uchida, E., and Anraku, Y. The H+-Translocating ATPase in vacuolar membranes of Saccharomyces cerevisiae. Biochemistry and function of vacuolar adenosine-triphosphatase in fungi and plants (ed. B. P. Marin), Springer., pp.141 -150, Berlin (1985)
  • Anraku, Y., Uchida, E., and Ohsumi, Y. A Novel H+-Translocating adenosine-triphosphatase from the vacuolar membrane of Saccharomyces cerevisiae. Perspectives of biological energy transduction (eds. Y. Mukohata, S. Fleiscer and M. Nakao), Academic Press, New York and Tokyo, pp.309-313 (1987)
  • Yoshihisa, T., Ohsumi, Y., and Anraku, Y. Purification and properties of mannosidase from vacuolar membranes of yeast Saccharomyces cerevisiae. Plant Vacuoles (ed. B. Marin) Plenum Publising Corp., pp.121-125 (1987)
  • Anraku, Y., Uchida, E., and Ohsumi, Y. Structure and function of the subunits of the vacuolar membrane H+-ATPase of Saccharomyces cerevisiae. Plant Vacuoles (ed. B. Marin) Plenum Publishing Corp., pp.173-178 (1987)
  • Uchida, E., Ohsumi, Y., and Anraku, Y. Purification of yeast vacuolar membrane H+-ATPase and enzymological discrimination of three ATP-driven proton pumps in Saccharomyces cerevisiae. Methods in Enzymology, Biomembrane, Part M: Biological transport, ATP-driven pumps and related transport. (ed. S. Fleischer) Academic Press, New York and London, pp.544-561 (1988)
  • Ohsumi, Y. Ion and solute transport across the vacuolar membrane of yeast. Plant Water Relations and growth under stress (ed. M. Tazawa), The XXII Yamada Conference, MYU, Tokyo, pp.31-34 (1989)
  • Ohsumi, Y. Physiological functions of vacuoles in yeast, mechanism sequestration of metabolites and proteins into Vacuole. Molecular Biology and its Application to Medical Mycology, Springer Verlag, pp.39-45 (1992)
  • Ohsumi. Y. Molecular mechanism of autophgay in yeast, Saccharomyces cerevisiae. Phil. Trans. R. Soc. Lond. B., 354, pp.1577-1581 (1999)
  • Klionsky, D. J., and Ohsumi, Y. Vacuolar import of proteins and organelles from the cytoplasm. Annu. Rev. Cell Dev. Biol., 15, pp.1-32 (1999)
  • Noda, T., Ohsumi, Y., and D. Klionsky. The yeast vacuole: A paradigm for Plant cell Biologist. Ann. Plant Reviews, 5, 1-19 (2000)
  • Ohsumi, Y. Molecular dissection of autophagy: two ubiquitin-like systems. Nature Rev., Mol. Cell Biol., 2, pp.211-216 (2001)
  • Noda, T., Suzuki, K., and Ohsumi, Y. Yeast autophagosomes: de novo formation of membrane structure. Trends Cell Biol., 12, pp.231-235 (2002)
  • Mizushima, N., Yoshimori, T., and Ohsumi, Y. Role of the Apg12 conjugation system in mammalian autophagy. Int. J. Biochem. Cell Biol., 35, pp.553-561 (2003)
  • Ohsumi, Y., and Mizushima, N. Two ubiquitin-like conjugation systems essential for autophagy. Semin. Cell Dev. Biol., 15, pp.231-236 (2004)
  • Ohsumi, Y. Cellular recycling system-molecular mechanism of autophagy. In Cell Growth, (Hall, MN, Raff, M., Thomas G. eds) Cold Spring Harbor Press, pp.412-429 (2004)
  • Ohsumi, Y. Lytic function of vacuole, molecular dissection of autophagy in yeast. In Handbook of ATPase (Futai, M., Wada, Y., and Kaplan, JH eds) Wiley-VCH., pp.443-45 (2004)
  • Kamada, Y., Sekito, T., and Ohsumi, Y. Autophagy in yeast: a TOR-mediated response to nutrient starvation. Curr. Top. Microbiol. Immunol., 279, pp.73-84. (2004)
  • Bassham, D. C., Laporte, M., Marty, F., Moriyasu, Y., Ohsumi, Y., Olsen, L. J., and Yoshimoto, K. Autophagy in development and stress responses of plants. Autophagy, 2, pp.2-11 (2006)
  • Ohsumi, Y. Protein turnover. IUBMB Life, 58, pp.363-369 (2006)
  • Suzuki, K., and Ohsumi, Y. Molecular machinery of autophagosome formation in yeast, Saccharomyces cerevisiae. FEBS Lett. 581, pp.2156-2161 (2007)
  • Nakatogawa, H., Oh-oka, K., and Ohsumi, Y. Lipidation of Atg8. Autophagy, 4, 7, pp.911-913 (2008)
  • Obara, K., and Ohsumi, Y. Dynamics and function of PtdIns(3) P in Autophagy. Autophagy, 4, 7, pp.952-954 (2008)
  • Noda, N. N., Ohsumi, Y., and Inagaki, F. ATG systems from the protein structural point of view. Chem. Rev., 109, pp.1587-1598 (2009)
  • Nakatogawa, H., Suzuki, K., Kamada, Y., and Ohsumi, Y. Dynamics and diversity in autophagy mechanisms: lessons from yeast Nat. Rev. Mol. Cell Biol., 10, pp.458-467 (2009)
  • Okamoto, K., Kondo-Okamoto, N., and Ohsumi Y. A landmark protein essential for mitophagy. Autophagy, 5, pp.1203-1206 (20099
  • Kamada, Y., and Ohsumi, Y. The TOR-mediated regulation of autophagy in the yeast, Saccharomyces cerevisiae. The Enzymes, 28, pp.143-165 (2010)
  • Suzuki, K., and Ohsumi, Y. Current knowledge of the pre-autophagosomal structure (PAS). FEBS lett., 584, pp.1280-1286 (2010)
  • Noda, N. N., Ohsumi, Y., and Inagaki, F. Atg8-family interacting motif crucial for selective autophagy. FEBS lett., 2010, 584, pp.1379-1385 (2010)
  • Mizushima, N., Yoshimori, T., and Ohsumi, Y. The role of Atg proteins in autophagosome formation. Annu. Rev. Cell Dev. Biol., 27, pp.107-132 (2011)
  • Obara, K., and Ohsumi, Y. Atg14, a key player in orchestrating autophagy. Int. J. Cell Biol., 713435 (2011)
  • Obara, K., and Ohsumi, Y. PtdIns 3-kinase orchestrates autophagosome formation in yeast. J. Lipids, 498768 (2011)
  • Nakatogawa, H., and Ohsumi, Y. SDS-PAGE techniques to study ubiquitin-like conjugation systems in yeast autophagy.
Methods Mol. Biol., 832, pp.519-529 (2012)
  • Nakatogawa H, Ohsumi Y. Atg4 proteases in autophagy. Handbook of Proteolytic Enzymes, 3rd Edn., 2138-2142 (2012)
  • Ohsumi Y. Historical landmarks of autophagy research. Cell Res., 24,9-23 (2014)
  • Fujimoto T, Yamamoto H, Ohsumi Y. Different phosphatidylinositol 3-phosphate asymmetries in yeast and mammalian autophagosomes revealed by a new electron microscopy technique. Autophagy, 10, 933-935 (2014)
  • Nakatogawa H, Ohsumi Y. Autophagy: close contact keeps out the uninvited. Curr. Biol., 24, R560-562 (2014)
  • Shibata M, Oikawa K, Yoshimoto K, Goto-Yamada S, Mano S, Yamada K, Kondo M, Hayashi M, Sakamoto W, Ohsumi Y, Nishimura M. Plant autophagy is responsible for peroxisomal transition and plays an important role in the maintenance of peroxisomal quality. Autophagy, 10, 936-937 (2014)

Riconoscimenti

  • 2016 Nobel Prize in Medicina o Fisiologia[17]
  • 2016 Paul Janssen Award[18]
  • 2016 Wiley Prize[19]
  • 2016 Rosenstiel Award[20]
  • 2015 The Person of Cultural Merit[21]
  • 2015 The Keio Medical Science Prize, Keio University Medical Science Fund[22]
  • 2015 International Prize for Biology, The Japan Society[23]
  • 2015 Canada Gairdner International Award, The Gairdner Foundation[24]
  • 2013 Thomson Reuters Citation Laureates[25]
  • 2012 Kyoto Prize, The Inamori Foundation[26]
  • 2008 Asahi Prize, The Asahi Shimbun[27]
  • 2007 Science Award of the Botanical Society of Japan 2006 Japan Academy Prize, The Japan Academy[28]
  • 2005 Fujiwara Award, The Fujiwara Foundation of Science[29]

Note

  1. ^ Il Nobel per la medicina 2016 alle scoperte sulla "pulizia cellulare" - Le Scienze, su lescienze.it. URL consultato il 3 ottobre 2016.
  2. ^ Yoshinori Ohsumi Age, Biography & More - StarsUnfolded, su starsunfolded.com. URL consultato il 16 ottobre 2016.
  3. ^ a b (EN) Caitlin Sedwick, Yoshinori Ohsumi: Autophagy from beginning to end, in J Cell Biol, vol. 197, n. 2, 16 aprile 2012, pp. 164–165, DOI:10.1083/jcb.1972pi. URL consultato l'11 ottobre 2016.
  4. ^ The Nobel Assembly at Karolinska Institutet has today decided to award the 2016 Nobel Prize in Physiology or Medicine to Yoshinori Ohsumi for his discoveries of mechanisms for autophagy (PDF), su nobelprize.org.
  5. ^ Il giapponese Yoshinori Ohsumi vince il Nobel per la medicina, in Repubblica.it, 3 ottobre 2016. URL consultato l'11 ottobre 2016.
  6. ^ Il giapponese Yoshinori Ohsumi vince il Nobel per la medicina, in Repubblica.it, 3 ottobre 2016. URL consultato il 16 ottobre 2016.
  7. ^ Nobel Medicina 2015, su focus.it.
  8. ^ The Nobel Prize in Physiology or Medicine, su www.nobelprize.org. URL consultato l'8 ottobre 2016.
  9. ^ Enciclopedia Treccani.
  10. ^ autofagia in "Dizionario di Medicina", su www.treccani.it. URL consultato il 16 ottobre 2016.
  11. ^ The Nobel Prize in Physiology or Medicine, su www.nobelprize.org. URL consultato l'8 ottobre 2016.
  12. ^ A groundbreaking experiment (PDF), su nobelprize.org.
  13. ^ Autophagy in yeast demonstrated with proteinase-deficient mutants and conditions for its induction (PDF), su ncbi.nlm.nih.gov.
  14. ^ La scoperta dei geni dell'autofagia. (PDF), su nobelprize.org.
  15. ^ (EN) Yoshinori Ohsumi, Historical landmarks of autophagy research, in Cell Research, vol. 24, n. 1, 1º gennaio 2014, pp. 9–23, DOI:10.1038/cr.2013.169. URL consultato il 16 ottobre 2016.
  16. ^ Main Books. (PDF), su titech.ac.jp.
  17. ^ Honorary Professor Yoshinori Ohsumi wins Nobel Prize in Physiology or Medicine for 2016 | Tokyo Tech News | Tokyo Institute of Technology, su www.titech.ac.jp. URL consultato il 7 ottobre 2016.
  18. ^ Vincitore Paul Janssen Award 2016, su pauljanssenaward.com.
  19. ^ Vincitore Wiley Prize 2016, su eu.wiley.com.
  20. ^ Vincitore Rosenstiel Award 2016, su brandeis.edu.
  21. ^ The person of cultural merit 2015, su titech.ac.jp.
  22. ^ The Keko Medical Science Prize 2015, su ms-fund.keio.ac.jp.
  23. ^ International Prize for Biology 2015, su jsps.go.jp.
  24. ^ Canada Gairdner International Award 2015, su gairdner.org.
  25. ^ Thomson Reuters Citation Laureates 2013, su thomsonreuters.com.
  26. ^ Kyoto Prize 2012, su titech.ac.jp.
  27. ^ Asahi Prize 2008, su asahi.com.
  28. ^ International Prize for biology | Japan Society for the Promotion of Science, su www.jsps.go.jp. URL consultato il 9 ottobre 2016.
  29. ^ 東京工業大学 大隅研究室, su www.ohsumilab.aro.iri.titech.ac.jp. URL consultato il 9 ottobre 2016.

Bibliografia

  • Questa voce proviene in parte dalla relativa voce sul sito www.nobelprize.org , in parte dal sito www.titech.ac.jp .
  • Il paragrafo sulla biografia proviene in parte dal documento pdf online http://www.plant.uoguelph.ca/sites/www.plant.uoguelph.ca/files/events/Create%20Event/Dr.%20Ohsumi%20%20(1)(1).pdf, in parte dall'intervista rilasciata al JCB.
  • Il paragrafo "Dagli esperimenti sul lievito alla scoperta dell'autofagia" proviene per intero dal sito www.nobelprize.org[1]
  • Il paragrafo sui riconoscimenti proviene dalla autobiografia di Yoshinori Ōsumi e dai siti relativi a ciascun singolo premio assegnato, come indicato nelle note.
  • Riferimenti ad esperimenti provengono dai singoli articoli e pubblicazioni di Yoshinori Ōsumi.

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