Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori

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Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori
Frontespizio della prima e seconda parte delle Vite nell'edizione del 1568
AutoreGiorgio Vasari
1ª ed. originale1550
Generetrattato
Sottogenerebiografico, arte
Lingua originaleitaliano

Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri sono una serie di biografie di artisti, scritta da Giorgio Vasari e pubblicata per la prima volta nel 1550 a Firenze da Lorenzo Torrentino in tre parti per due volumi, dedicata al granduca Cosimo I de' Medici e preceduta da una trattazione delle tecniche utilizzate nelle varie arti. Il successo dell'opera spinse l'autore a curarne una seconda edizione, ampliata e aggiornata, con il titolo Le vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori, che fu stampata nel 1568 sempre a Firenze dai Giunti in tre volumi e illustrata con i ritratti incisi degli artisti[1].

È il primo libro organico di storia dell'arte che ci sia pervenuto, nonché la fonte, spesso unica, di notizie biografiche degli artisti a cavallo tra Medioevo e Rinascimento, e inoltre una raccolta di informazioni su opere d'arte poi disperse, perdute o distrutte. Appassionato e meticoloso, Vasari peccò talvolta di eccessiva enfasi letteraria nel tracciare gli sviluppi dell'arte e i rapporti tra gli artisti. Gli studi successivi sul testo vasariano (tra cui quello scrupoloso di Gaetano Milanesi del 1848) hanno tuttavia circoscritto gli errori e le notizie rivelatesi fasulle (dovute spesso a quella creduloneria che ingannò molti storici del passato), restituendo il pieno valore del testo, che non solo influenzò il giudizio in materia d'arte fino a buona parte del XIX secolo, ma è tutt'oggi un'imprescindibile e citatissima referenza bibliografica.

Contesto storico

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Furono gli esiti non soddisfacenti delle biografie di artisti negli Uomini illustri di Paolo Giovio a spingere Vasari a scrivere una raccolta di vite d'artisti, scritte secondo i canoni della materia che egli stesso ben padroneggiava.

Vasari fu il primo storico dell'arte italiano e l'autore delle prime biografie artistiche, genere enciclopedico che si protrae ancor oggi. L'impostazione degli studi d'arte strutturata come successione di biografie fu sostanzialmente immutata fino all'approccio "per scuole" della fine dell'Ottocento e della prima metà del Novecento. Furono ad esempio quotati continuatori di Vasari Giovanni Paolo Lomazzo, Karel van Mander, Filippo Baldinucci, Joachim von Sandrart e Antonio Palomino.

Fu Vasari a coniare termini ancora oggi consolidati come Rinascimento[2], Gotico o "Maniera moderna".

Le Vite sono la raccolta delle biografie di molti importanti artisti italiani del Medioevo e del Rinascimento, spesso adottata come riferimento classico per le varie grafie dei nomi: come per Paolo Uccello (Paolo Doni), Benozzo Gozzoli (Benozzo di Lese) o Piero della Francesca (Piero de' Franceschi).

Le biografie scritte dal Vasari sono generalmente attendibili per i pittori della sua generazione e di quelle immediatamente precedenti, meno per artisti a lui più distanti nel tempo. I critici moderni, grazie a nuove informazioni e ricerche, hanno corretto molte delle sue attribuzioni e date. L'opera rimane comunque un classico anche oggi, sebbene debba essere integrato da ricerche critiche contemporanee.

Con poche eccezioni, il giudizio estetico del Vasari è molto accurato e acuto, tenuto ancora oggi in considerazione. Riuscì a dare giudizi basati su un metro adeguato all'epoca in cui le opere erano state prodotte: ad esempio non rimproverò mai agli autori gotici la rigidezza o la mancanza di profondità spaziale che i suoi occhi potevano percepire, in quanto già reso partecipe dei successivi sviluppi.

Come molti degli storici del suo tempo, Vasari peccò talvolta di un eccesso di zelo, incorporando nelle biografie racconti relativi a scandali e pettegolezzi, e di creduloneria, dando per buone fonti orali a distanza di secoli dai fatti, non verificate né verificabili, che diedero origine ad alcuni macro-errori (come l'inverosimile assassinio di Domenico Veneziano da parte di Andrea del Castagno), che screditarono in parte l'opera vasariana agli occhi della critica moderna. La maggior parte degli aneddoti, pur essendo descritta come realmente accaduta, è più probabilmente frutto di fantasia, se non pura invenzione letteraria. Alcuni infatti sono generiche storie, come quella secondo la quale il giovane Giotto dipinse una mosca su un quadro di Cimabue e il vecchio maestro cercò più volte, invano, di scacciarla: riecheggia infatti gli aneddoti raccontati sul pittore greco Apelle da Plinio il Vecchio. Altre volte il Vasari si documentò scrupolosamente, spulciando gli archivi e le rare fonti su fatti artistici a lui anteriori (i Commentari di Ghiberti, il Libro di Antonio Billi, l'Anonimo Magliabechiano): ad esempio per provare il discepolato di Michelangelo presso Domenico Ghirlandaio (fatto escluso volontariamente dalla biografia di Ascanio Condivi revisionata dal Buonarroti), si recò alla bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, figlio del maestro, dove trovò le tracce dei pagamenti al giovanissimo Buonarroti.

Il Vasari incluse un'autobiografia di 42 pagine alla fine delle Vite e aggiunse ulteriori dettagli su di sé e sulla sua famiglia nelle vite di Lazzaro Vasari e di Francesco Salviati. Durante la redazione delle Vite si servì di una personale, straordinaria raccolta di oltre cinquecento disegni di artisti italiani, che fu dispersa dopo la sua morte ed è nota come il Libro de' disegni di Giorgio Vasari.

Un testo fiorentino-centrico

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Vasari era aretino, ed era al servizio del duca di Firenze Cosimo I de' Medici. Una delle pecche rilevate della sua opera è sicuramente quella di enfatizzare eccessivamente il ruolo degli artisti toscani, e in particolare fiorentini, nell'evoluzione della storia dell'arte. Tese infatti ad attribuire a essi tutte le nuove scoperte dell'arte rinascimentale, come ad esempio l'invenzione dell'incisione. A volte lodò artisti non toscani attribuendo però loro un fantomatico discepolato presso un fiorentino, come nel caso del veronese Pisanello riferito come alunno di Andrea del Castagno.

L'arte veneziana, in particolare, fu completamente ignorata nella prima edizione e solo dopo un viaggio a Venezia il Vasari le dedicò più attenzione (includendo infine tra gli artisti anche Tiziano), senza tuttavia tenere un punto di vista sufficientemente obiettivo. Ai fiorentini riservò il "primato del disegno", mentre ai veneziani quello "del colore", una distinzione molto acuta, tenuta in conto ancora oggi, seppure debitamente calibrata.

Meno considerate ancora furono le altre scuole pittoriche, relegate a un sostanziale oblio fino al XIX secolo. Lombardi, emiliani, marchigiani, romani, napoletani, siciliani, ecc. sono regolarmente sottostimati, se non del tutto ignorati. Nella visione artistica di Vasari tutto aveva inizio col fiorentino Cimabue, primo ad aver rotto le catene della "goffa, scabrosa" maniera greca, e finiva col fiorentino Michelangelo, il genio sublime che aveva eccelso in tutte le discipline e che le aveva riportate ai fasti dell'antichità, superando anche i mitici artefici del mondo classico.

La lista seguente rispetta l'ordine e la suddivisione dell'opera, desunta dalla seconda edizione ampliata del 1568 (edizione "giuntina"), in tre parti e altrettanti volumi. La prima parte contiene 31 titoli, la seconda 59 titoli e la terza 88 titoli, di cui cinquantasei nel primo volume e trentadue nel secondo, per un totale di 178 Vite. Talvolta alcune brevi biografie sono inglobate nei capitoli di altri artisti, oppure sono riunite in un unico capitolo miscellaneo.

  • Dedica a Cosimo I de' Medici del 1550
  • Dedica a Cosimo I de' Medici del 9 gennaio 1568
  • Proemio di tutta l'opera
  • Introduzione alle tre arti del disegno: 35 capitoli dedicati agli aspetti tecnici e ai testi di riferimento per l'architettura, la scultura e la pittura
  • Lettera di Giovambattista Adriani al Vasari su i nomi e l'opere de' più eccellenti artefici antichi in pittura, in bronzo et in marmo
  • Proemio delle Vite

Parte seconda

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Parte terza (volume primo)

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Parte terza (volume secondo)

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Fortuna dell'opera

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Le Vite del Vasari hanno avuto una triplice influenza: in primo luogo come esempio per i biografi e gli storici dell'arte contemporanei e successivi, poi per la sua visione del Rinascimento e del ruolo svolto da Firenze e Roma in questo processo, infine come fonte primaria da cui attingere informazioni sulle vite e sulle opere dei primi artisti italiani.

Le Vite sono state tradotte in molte lingue, tra cui inglese, francese, tedesco e olandese.

Sviluppo della biografia artistica

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Le Vite diedero il via al genere di biografie di artisti. La maggior parte dei biografi del XVII secolo furono spesso soprannominati "il Vasari" della loro nazione. Karel van Mander nei Paesi Bassi fu probabilmente il primo autore vasariano, col suo Het Schilderboeck (Il libro della pittura) del 1604, il primo elenco completo di biografie dei pittori dei Paesi Bassi. Joachim von Sandrart (1606-1688), autore di Deutsche Akademie, fu soprannominato il "Vasari tedesco".

Antonio Palomino invece è anche noto come il "Vasari spagnolo" per il suo Museo pittorico e scala ottica in tre volumi (1715-1724) i primi due riguardanti le tecniche pittoriche, il terzo dedicato alle vite dei principali artisti spagnoli del cosiddetto Siglo de Oro. In Inghilterra il Painting Illustrated (Dipinti illustrati) di William Aglionby del 1685 fu basato in gran parte sul lavoro del Vasari.

In Italia riprese e proseguì idealmente il lavoro di Vasari Filippo Baldinucci, fiorentino, pubblicando le Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua... nel 1681.

Edizioni moderne
  • Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, 8 voll. in 11 tomi, testo a cura di Rosanna Bettarini, commento secolare a cura di Paola Barocchi, indice a cura di Paola Barocchi e Giovanna Gaeta Bertela, Firenze, Sansoni, [poi] Studio per edizioni scelte, 1966-1997, SBN IT\ICCU\UFI\0008357.
  1. ^ Talora ricreati a partire da molteplici fonti, non furono però mai "inventati" di sana pianta (come provano quelli lasciati in bianco); non tutti sono attendibili, ma rappresentano spesso l'unica testimonianza delle fattezze di molti artisti del passato (soprattutto quelli più remoti).
  2. ^ Già dai tempi di Leon Battista Alberti tuttavia era presente la consapevolezza di questa rinascita artistica.
  3. ^ Nella prima edizione, tra le biografie di Vecchietta e di Antonio Rossellino si trova quella di Galasso Galassi (Vasari 1550, parte II, pp. 427-428), in cui è menzionato anche Cosme da Ferrara, la quale invece manca nella seconda edizione.
  • Barbara Agosti, Silvia Ginzburg e Alessandro Nova (a cura di), Giorgio Vasari e il cantiere delle «Vite» del 1550, Venezia, Marsilio, 2013, ISBN 978-88-317-1495-2.
  • Carlo Maria Simonetti, La vita delle «Vite» vasariane. Profilo storico di due edizioni, Firenze, Leo S. Olschki editore, 2005, ISBN 88-222-5475-9.

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