Tina Motoc

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Florentina Motoc, detta Tina (Dorohoi, 1980Torino, 17 febbraio 2001) è una vittima innocente di mafia di origini rumene.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Tina Motoc nasce a Dorohoi, un comune rumeno della Moldavia Rumena, nel 1980 da una famiglia di operai. Il fallimento della fabbrica dove lavoravano il padre e il fratello di Tina la costringe a lasciare il paese in cerca di occupazione. Trova lavoro in Turchia ma qui cade preda della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione. Rimasta incinta, le viene permesso di tornare in patria per partorire, ma dopo il parto i suoi protettori la costringono a ripartire verso Torino[1].

Il 9 febbraio 2001 Tina scompare. Il suo corpo viene ritrovato senza vita otto giorno dopo nei pressi di uno svincolo dell'Autostrada A55 tra Pianezza e Collegno. Il viso e il capo sono visibilmente feriti, le gambe e il piede destro riportano segni di bruciatura, le mani sono legate dietro alla schiena e i collant della ragazza sono stretti attorno al suo collo. Le lancette del suo orologio sono ferme alle ore 04:46, probabilmente il momento in cui il pestaggio è cominciato.

Il corpo viene identificato solo successivamente, attraverso la mobilitazione di alcune associazioni e della Chiesa Ortodossa. Sempre grazie all'intervento di alcune associazioni che operano sul capoluogo piemontese: Libera, Gruppo Abele e Acmos, si risale all'identità della famiglia della ragazza e le viene concessa una degna sepoltura[2]. Il 9 marzo 2002 l’associazione Libera ottiene il nulla osta dalla Procura di Torino per portare il suo corpo a Dorohoi[3].

In seguito ad una funzione ortodossa nella città in cui trovò la morte, un carro funebre partì da Torino e dopo 3 giorni arrivò nella città natale[3].

Le indagini[modifica | modifica wikitesto]

Il corpo di Tina viene ritrovato il 17 febbraio lungo un canale di irrigazione che attraversa un campo nelle vicinanze dello svincolo tra Pianezza e Collegno della tangenziale di Torino. Dopo averla percossa brutalmente, l'assassino ha cercato di sbarazzarsi dei suoi vestiti e del suo corpo bruciandoli, sul cadavere vengono infatti ritrovati diversi segni di bruciatura[4], secondo le indagini la giovane è deceduta nella notte tra il 16 e il 17 febbraio[5]. Per diverso tempo il corpo sconosciuto di Tina resta nell'obitorio comunale di Mirafiori[5][6][7].

Il 7 marzo 2001 Maurizio Minghella viene arrestato per aver aggredito una prostituta albanese vicino al luogo in cui era stato trovato il corpo di Tina, le forze dell'ordine riescono così a collegare i due eventi[6]. L’uomo, 44 anni, ex-pugile, era già noto come “il mostro di Genova” per aver ucciso quattro donne (di cui una minorenne) ed essere stato condannato all’ergastolo nel 1979. Dopo 16 anni di carcere riuscì nel 1995 ad ottenere la semilibertà e fu trasferito nel carcere Delle Vallette di Torino, a soli 4 km dal punto in cui Tina perse la vita. Lavorava come falegname presso una comunità di recupero e intorno alle 22 tornava a dormire in carcere, ogni giorno trascorreva almeno cinque ore senza controllo, ma quel giorno non si presentò al lavoro[8][9].

A casa di Minghella vengono trovati il cellulare di Tina e degli scarponi, sui quali sono state rinvenute tracce di foglie e terriccio identiche a quelle presenti sul luogo di ritrovamento del cadavere. Minghella viene sottoposto a misure cautelari anche in relazione a undici rapine e violenze sessuali perpetrate ai danni di prostitute che lavoravano nella stessa zona[9].

Il 4 aprile 2003 Minghella viene condannato dalla Corte d'Assise di Torino all'ergastolo per l'omicidio di Tina Motoc e a 30 anni di carcere per gli omicidi di Cosima Guido e Fatima H'Didou[10].

Memoria[modifica | modifica wikitesto]

Un mese dopo la morte di Tina a Torino viene organizzata una marcia intitolata "Un fiore per Tina" che vede una forte partecipazione cittadina. Da quel momento, il 9 febbraio di ogni anno i cittadini si ritrovano per ricordare la scomparsa di Tina Motoc[1].

È ricordata ogni anno il 21 marzo nella Giornata della Memoria e dell'Impegno di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, la rete di associazioni contro le mafie, che in questa data legge il lungo elenco dei nomi delle vittime di mafia e fenomeni mafiosi[11], le è inoltre stato dedicato un presidio di Libera a Torino[12].

A Tina è dedicata Casa Acmos, sede dell'omonima associazione torinese[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Tina Motoc, su vivi.libera.it. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  2. ^ Lettere del 21 agosto, su La Stampa, 21 agosto 2009. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  3. ^ a b Un anno dopo arriva il nulla-osta Tina Motoc riposerà in pace - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 14 marzo 2002. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  4. ^ Tina, seviziata anche da morta - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 30 marzo 2001. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  5. ^ a b Chi l'ha Visto - Misteri - Tina Motoc e gli omicidi del serial killer Minghella - La scheda, su www.chilhavisto.rai.it. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  6. ^ a b Minghella, il serial-killer che uccideva in semi-libertà, accusato di altri quattro omicidi, su Corriere della Sera, 8 marzo 2016. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  7. ^ a b Una casa ricorderà Tina - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 24 marzo 2002. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  8. ^ Il killer rimesso in libertà che tornò a uccidere le donne, su ilGiornale.it, 27 settembre 2022. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  9. ^ a b Adnkronos, TORINO: UN CELLULARE ACCUSA MINGHELLA PER OMICIDIO MOTOC, su Adnkronos, 11 ottobre 2001. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  10. ^ Maurizio Minghella, il serial killer delle prostitute condannato a scontare oltre 200 anni di carcere, su Fanpage, 18 aprile 2023. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  11. ^ Blog | Mafie: memoria e impegno per dare risposte concrete, su Il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2014. URL consultato il 3 febbraio 2024.
  12. ^ La Mappa dell'Impegno, su vivi.libera.it. URL consultato il 3 febbraio 2024.