Storia della radio in Italia

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La storia della radio in Italia iniziò ufficialmente con la prima trasmissione, avvenuta il 6 ottobre del 1924, durante il Governo Mussolini.

La fase sperimentale[modifica | modifica wikitesto]

In Italia, che sul piano tecnologico era di fatto la patria della radio, il nuovo strumento conobbe maggiori difficoltà ad imporsi. Il radiotelegrafo era stato impiegato in operazioni militari durante la prima guerra mondiale e una legge del 1910 ne proibiva l'uso ai civili.

Mentre all'estero cominciava la radiomania, nel giugno del 1923 iniziarono le trasmissioni sperimentali della prima emittente italiana, il Radio Araldo di Roma, gestito dall'ingegner Ranieri, che nel successivo agosto ottenne una concessione provvisoria per trasmissioni radiofoniche sperimentali, grazie ai buoni rapporti con il Ministro delle Poste Giovanni Antonio Colonna di Cesarò[1]. Tuttavia, all'inizio del 1924 Di Cesarò si dimise dal governo e il suo posto fu preso da Costanzo Ciano, che avrebbe preferito dare la concessione a Marconi[2]. Egli, ministro delle poste nel primo governo Mussolini, intuendo l'enorme potenzialità della radio, indirizzò una lettera alle società che avevano fatto richiesta per la concessione invitandole a trovare un accordo. Il compromesso venne raggiunto con la costituzione dell'Unione Radiofonica Italiana.

L'inizio delle trasmissioni regolari[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Unione Radiofonica Italiana.

Il 5 ottobre 1924, Benito Mussolini fece il primo discorso radiofonico della storia d'Italia da un trasmettitore in prova fornito dalla Marconi Italia che, successivamente, sarebbe diventato la stazione di Roma "Roma-1" nel quartiere di San Filippo situato in Palazzo Corradi in via Maria Cristina nel rione Prati.

Il 6 ottobre 1924, data considerata quella di inizio delle trasmissioni commerciali, in un modesto appartamento dell'ammezzato del medesimo palazzo, con le pareti e il soffitto coperti di pesanti tende per attutire i rumori, alle ore 21 Ines Viviani Donarelli lesse il primo annuncio con queste parole:

«Uri, Unione Radiofonica Italiana. 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d'onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari, il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7 primo e secondo tempo.[3]»

Per molto tempo si credette che fosse stata Maria Luisa Boncompagni a dare l'annuncio d'inizio trasmissioni con le parole: «Unione Radiofonica Italiana, stazione di Roma Uno, trasmissione del concerto inaugurale» fino a quando nel 1997 Barbara Scaramucci, direttrice delle Teche Rai, ritroverà negli archivi Rai di Firenze il documento sonoro originale, dimostrando anche che l'annuncio originario venne in seguito manipolato rimuovendo la frase "che vi sta parlando" e per questo venne successivamente accreditato alla Boncompagni, la prima annunciatrice in Italia assunta con selezione e concorso[4]. Dopo il concerto, fu trasmessa della musica scelta e infine, la prima trasmissione si concluse con il bollettino meteorologico, la borsa e le notizie, sempre lette da Ines Viviani Donarelli. Il tutto durò soltanto un'ora e mezza. Alle 22.30 le trasmissioni venivano sospese per "far riposare le esauste valvole"

L'URI era stata fondata il 27 agosto 1924 come società anonima fra la Radiofono del gruppo Marconi (con una partecipazione dell'82,9%) e la SIRAC del gruppo Radio Corporation of America (per il restante 17,1%)[5]. Il 27 novembre successivo venne stipulata la convenzione fra lo stato e l'URI, che concedeva a quest'ultima il monopolio sulle trasmissioni radiofoniche e in cambio pretendeva che i membri del consiglio di amministrazione fossero italiani, benché l'azienda fosse di proprietà straniera. Infine, il regio decreto di dicembre sancì legislativamente il monopolio dell'URI[6].

Nel gennaio 1925 nasce il Radiorario, settimanale ufficiale dell'URI che pubblica i programmi con l'intento di propagandare il nuovo mezzo e nel contempo di conoscere meglio i gusti e le opinioni di un pubblico ancora da formare. Il 27 novembre, l'URI iniziava le sue comunicazioni regolari giornaliere. Tuttavia l'alto costo degli apparecchi (nell'Italia degli anni venti, uno costava circa 3.000 lire e il reddito medio annuo non superava le 1.000 lire) ne limitava l'uso alle famiglie più abbienti. Nel 1926 entrarono in funzione le due nuove stazioni di Napoli e Milano. A un anno dalla prima trasmissione, si contavano in tutto il territorio nazionale, 26.855 utenti. La ricezione incontrava ancora notevoli difficoltà e spesso accompagnavano l'ascolto boati, scoppiettii, sibili. Nel 1930 la costruzione del nuovo impianto di trasmissione di Roma-Santa Palomba portò un netto miglioramento. Intanto erano state inaugurate le stazioni di Bolzano, Genova e Torino.

Gli anni '30: i primi successi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ente italiano per le audizioni radiofoniche.
Radio Balilla di produzione Telefunken (Italia), 1937

Nel gennaio 1928 l'URI divenne EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). Il 1º luglio 1931 la Società Idroelettrica Piemonte (SIP) acquisì il controllo della Radiofono, azionista di controllo dell'EIAR, e il 23 marzo 1933 la SIP divenne direttamente azionista di maggioranza della società.[7]. Tuttavia, entro il 1934 la stessa SIP si trovò a far parte del gruppo IRI. Questo doppio assorbimento ebbe due importanti conseguenze: l'assorbimento da parte della SIP portò alla cosiddetta "piemontesizzazione" dell'EIAR, in conseguenza della quale la sede di Torino ebbe un ruolo centrale sia nello sviluppo delle tecnologie che nella produzione delle trasmissioni non politiche; l'assorbimento da parte dell'IRI ebbe invece la conseguenza di rendere l'EIAR un'azienda statale[8]. Con un decreto il fascismo stabilì che l'informazione fosse gestita dall'agenzia Stefani, l'organo di stampa ufficiale del regime.

Intanto l'EIAR conobbe una grande diffusione popolare; similmente a quanto avverrà poi per la televisione, la gente, non potendo permettersi una radio nella propria casa, si recava ad ascoltarla nei bar e nei locali pubblici, e la propaganda fascista favorì la diffusione di altoparlanti che collegati agli apparecchi trasmettevano i discorsi del Duce nelle piazze di tutto il Paese. Con il progetto "Radiorurale", nel 1933 la radio venne diffusa in tutte le scuole d'Italia e permise a molti studenti di approfondire la conoscenza della lingua italiana che a settant'anni dall'Unità d'Italia era ancora sconosciuta alla maggioranza degli italiani.

Nel 1930, con la creazione della concessionaria Sipra iniziò la trasmissione dei primi spot pubblicitari. Il successo della radio intanto continuava a crescere, grazie alla trasmissione di programmi innovativi e di grande gradimento popolare: il 13 dicembre 1931 viene diffusa la prima radiocronaca dell'incontro di calcio, svoltosi a Torino fra Italia e Ungheria, all'autunno del 1934 risale il primo trionfo della radio grazie alla rivista I quattro moschettieri (prima puntata 13 ottobre), su testi di Nizza e Morbelli. Abbinato a un concorso delle case Perugina e Buitoni, il programma scatenò la caccia alle figurine quotate per i premi. Nel 1934 si contavano 900.000 ascoltatori ma in realtà i "radioamatori" erano più di otto milioni.

Nel 1935, in occasione dell'invasione italiana dell'Etiopia, si diffuse il genere della radiocronaca, ovvero della cronaca in diretta dai luoghi di battaglia e sull'andamento della guerra. Nel 1936 da Roma-Prato Smeraldo fu avviato il primo trasmettitore a onde corte per l'estero. Nel 1938 il numero degli abbonati raggiunse il milione. Nel resto del mondo, la radio si afferma definitivamente e nel 1931 viene fondata, su impulso di Papa Pio XI, Radio Vaticana. Le elezioni presidenziali americane del 1932, si caratterizzano proprio per la presenza della radio che trasmette e diffonde nelle case americane i programmi dei candidati dalla loro viva voce.

La seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

Lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'ingresso dell'Italia il 10 giugno 1940, favoriscono il lancio definitivo della radio che era all'epoca il mezzo più potente e più veloce, soprattutto per le comunicazioni belliche. Le difficoltà della guerra e i bombardamenti alleati rendono difficili le comunicazioni dell'EIAR e dopo l'8 settembre 1943, il paese è spaccato in due. L'EIAR si trasferisce al Nord e diventa la radio ufficiale della Repubblica Sociale Italiana, mentre nell'Italia meridionale, al seguito all'avanzata delle truppe alleate, il Psychological Warfare Branch impianta nuove emittenti: Radio Palermo, Radio Bari, Radio Sardegna, Radio Napoli, Radio Roma.

Una radio dei tardi anni quaranta

Nei territori della Repubblica Sociale, invece si diffonde, nonostante i tentativi di interferenza da parte dei tedeschi, l'ascolto clandestino delle radio dei paesi nemici e neutrali: Radio Monteceneri, Radio Mosca, Radio Vaticana e soprattutto Radio Londra che, sebbene fossero proibite per legge e punite anche con la morte, erano l'unica fonte per conoscere la verità sull'andamento della guerra.

Gli anni '50: il periodo d'oro della radio italiana[modifica | modifica wikitesto]

Passata la guerra, vengono ricostruiti gli impianti di diffusione e la radio che nel 1944 assume il nome di Rai (Radio Audizioni Italiane) inizia il suo periodo d'oro: il prezzo degli apparecchi scende vertiginosamente e la radio entra nelle case della maggioranza degli italiani. Nel 1950 la riforma del sistema radiofonico stabilisce la creazione di tre reti: Nazionale, Secondo e Terzo; viene regolarizzato il radio-giornale che secondo la legge deve essere imparziale.

Nel 1951 venne trasmessa in diretta la prima edizione del Festival di Sanremo. Nel 1952 iniziò la programmazione notturna e precisamente la trasmissione Notturno italiano, che continuerà fino al 2011.

Nel 1954 l'avvento della televisione non ebbe effetti immediati sull'ascolto della radio, dal momento che i televisori erano ancora molto costosi e d'altra parte le ore di trasmissione poche. Così la televisione si specializzò nei programmi in cui l'immagine era importante, mentre rimasero prevalentemente radiofonici sia i programmi musicali (classici e leggeri), sia i dibattiti[9].

Fra le trasmissioni più popolari dell'epoca c'erano i "giochi a premi" (odierni quiz) come Il motivo in maschera con Mike Bongiorno e Lelio Luttazzi, Rosso e nero con Corrado e Botta e risposta con Silvio Gigli[10]. Fra i programmi culturali ebbe particolare successo L'approdo[11]. Nel 1959 nasce Tutto il calcio minuto per minuto, una delle trasmissioni più popolari della radio italiana, tuttora in onda.

Gli anni '60 e il Sessantotto: la radio Rai si reinventa[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1960 c'è la differenziazione in tre canali per accontentare un numero sempre maggiore di utenti: il Nazionale diventa Primo e si dedica all'informazione politica e sociale, il Secondo punta sulla prosa, sulla musica e sulla varietà mentre il Terzo diventa il canale culturale ma non troppo. Nel 1966 dal Principato di Monaco iniziano le regolari trasmissioni di Radio Monte Carlo, la quale può operare in Italia perché la sua stazione si trova all'estero. Nasce un contenzioso con cui la Rai decide di ricorrere al tribunale che dà ragione all'azienda di stato e costringe Radio Monte Carlo a interrompere le trasmissioni.

A metà degli anni sessanta l'ascolto della televisione raggiunse i livelli di quello radiofonico[12]. Questo spinse la radio a cercare nuove strategie per reggere la concorrenza del nuovo strumento. L'invenzione dell'autoradio e del transistor, trasformano la radio in un oggetto trasportabile ovunque e, negli anni del boom economico essa diventa la colonna sonora del nuovo senso di libertà che si diffonde soprattutto fra i giovani. In opposizione al televisore, che era il nuovo "focolare domestico", fisso nel soggiorno di casa. Nonostante il successo strepitoso della TV, la radio riesce perciò a reggere la concorrenza, grazie alla specializzazione dei programmi e al suo radicamento nel costume popolare.

Agli inizi degli anni 1960, diventa responsabile del settore Rivista Varietà della Direzione programmi radiofonici della Rai, Luciano Rispoli, il quale reinventa la radio nell'era della televisione.[13][14]Sotto la sua direzione il pubblico giovanile ottiene trasmissioni appositamente dedicate, spesso condotte dalla coppia Renzo Arbore-Gianni Boncompagni: spettacoli come Bandiera gialla, Per voi giovani e Alto gradimento cambiano profondamente il linguaggio radiofonico. Esordirono anche programmi di grande successo più tradizionali, come Gran varietà e La Corrida[15].

La “nuova aria” portata dalla contestazione studentesca del 1968 invade anche la radio: cambia il pubblico e si affermano nuovi generi. Un programma manifesto di questo periodo è "Chiamate Roma 3131", ideato dallo stesso Rispoli e Adriano Magli,[16] nonostante il parere contrario del direttore Piccioni[17], tre ore di trasmissione quotidiana in diretta telefonica con gli ascoltatori su temi di costume e società, che allora stavano cambiando profondamente. Il programma nasce il 7 gennaio 1969 ed è un successo strepitoso, che arriva a toccare anche punte di dieci milioni di ascoltatori. Lo conducono Gianni Boncompagni, Franco Moccagatta e Federica Taddei.

Nel 1970, nella valle del Belice terremotata, sorse la prima "radio libera" della storia italiana, Radio Sicilia Libera, che peraltro fu zittita dopo un solo giorno di trasmissione[18].

Gli anni '70: le radio libere e la crisi della Rai[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1973 parte il fortunato esperimento delle "Interviste Impossibili" in cui i maggiori intellettuali italiani immaginano di incontrare celebri personaggi del passato: uno degli esempi più celebri è l'intervista che Umberto Eco farà a un'immaginaria Beatrice.

Nel 1976 il monopolio della Rai (come già era avvenuto con la televisione nel 1974) sulla radiodiffusione viene infranto dalla sentenza 202 della Corte Costituzionale:

«...dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l'ambito locale.»

Nel corso della stessa sentenza si dà atto che le emittenti già attive in Italia sono circa 400. Si tratta delle cosiddette "radio pirata" che poi saranno chiamate "radio libere", un fenomeno tipico degli anni settanta.

Il numero delle radio libere, anche grazie alla mancanza di leggi al riguardo, negli anni seguenti cresce vertiginosamente, il loro numero passa da circa 150 nel 1975 alle 2800 del 1978.

La radio libera è una emittente di piccole dimensioni sia in termini di studio radiofonico, antenna di trasmissione, che di costi di gestione, in grado di coprire un'area di pochi chilometri quadrati, spesso interna ad una città. Di solito trasmettono in modulazione di frequenza (FM), una tecnologia fino ad allora poco sfruttata, che garantisce una qualità più elevata.

La radio libera nasce e si sviluppa con intenti diversi: trasmettere musica indipendente e dediche, notiziari locali, programmi demenziali, idee politiche. Trasmettono la musica ribelle degli anni settanta, snobbata dalla Rai e conquistano soprattutto il pubblico giovanile. Le radio libere contribuiscono a rinnovare radicalmente un settore ingessato, grazie anche ad idee nuove, a programmi originali e talvolta anche strampalati. Le prime radio libere hanno tipicamente una connotazione politica di sinistra, ma tante nascono semplicemente dalla voglia di aggregazione e di lanciarsi di molti giovani. Talvolta, molte di queste radio, trasmettevano i programmi in soluzioni economiche di fortuna: la romana RDS, ad esempio, aveva il suo studio in una soffitta, la prima emissione di Radio Gemini One di Torino avvenne da un garage, ma il caso più eclatante è quello della bolognese Radio Alice. Più tardi nasceranno anche radio a connotazione tipicamente religiosa, come Radio Maria.

Ricordiamo fra le radio che nascono in questi anni: Radio Milano International (poi Radio 101) (1975) destinata a diventare la prima grande rete privata nazionale; Radio International Music (1974) la prima (radio pirata) nata sul lago Maggiore operante a Verbania Pallanza in Via Albertazzi nota per i tanti artisti ospitati in diretta e le fantastiche notti con la presenza e il contributo attivo del famoso poeta Bruno Vilar, classificata al 10º posto in un concorso nazionale organizzato dal settimanale Grand Hotel. Radio Luino International (1974) molto seguita sul Lago Maggiore, GBR (1975) anch'essa di grande diffusione e a cui si aggiunse una TV; Radio Radicale (1976) molto seguita per il contenuto politico-informativo; Radio Popolare (1976) nata a Milano come radio di informazione; Radio Studio 105 (poi Radio 105); da Roma Radio Dimensione Suono; da Bologna Radio Budrio (dicembre 1975), Radio Lattemiele e Radio Alice.

A seguito della liberalizzazione la Rai inizia un processo di ristrutturazione interna per adeguarsi alle nuove esigenze del pubblico e per affrontare la concorrenza. Tuttavia il declino degli ascolti è davvero pesante. Fra i programmi di questo periodo ancora in onda c'è Prima pagina, antesignana della lettura mattutina dei titoli dei giornali.

Gli anni '80: dalle radio libere alle radio private[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni ottanta del Novecento aumenta la professionalità dei conduttori radiofonici, la qualità dei programmi, le dimensioni degli studi. Ciò avviene di pari passo con l'aumento degli introiti pubblicitari, dovuti alla importanza delle radio anche in termini di ascolti. Si parla quindi non più di radio libera ma di radio privata.

Nel 1981 Claudio Cecchetto rileva Radio Music e fonda a Milano Radio Deejay destinata a imporsi sul mercato nazionale come l'emittente più seguita d'Italia. Nascono anche Radio Italia e Radio Italia Network.

Nel 1982 la Rai lancia due nuovi canali: RaiStereoUno e RaiStereoDue sulle nuove frequenze FM e una riforma strutturale decisa favorisce una modernizzazione degli stili e un adeguamento ai tempi sul modello delle radio private.

Nel 1988 con la riforma del servizio radio-televisivo pubblico, le reti radiofoniche Rai rinunciano ad inseguire la concorrenza privata in termini di ascolto e puntano sulla qualità, trasformandosi in programmi d'approfondimento e intrattenimento leggero. Fra i programmi più longevi di quest'epoca ci sono il talk show Radio anch'io di Gianni Bisiach e il programma di lirica Foyer (poi ribattezzato La barcaccia). Nello stesso anno nasce Audiradio che riunisce la Rai, la Sipra e altre organizzazioni del settore con lo scopo di effettuare indagini periodiche a livello nazionale per la rilevazione dell'ascolto radiofonico.

Gli anni '90: l'entrata in scena dei network nazionali[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni novanta si diffonde la formula del network a cui si adeguano le principali emittenti. Contemporaneamente si assiste alla scomparsa di molte radio minori. Nascono in questi anni Radio Deejay e Radio Capital (1995) e Radio 24 (1999), la prima radio italiana all-news che è inoltre legata ad un quotidiano, Il Sole 24 Ore.

Nella prima metà degli anni '90 si registra un calo di ascolti per la radio e in molti sostengono che per il più antico dei mass media sia vicina la fine. In effetti la concorrenza con la televisione si rivela perdente e il pubblico è in forte discesa. La diffusione di Internet e la nascita delle web radio alla fine degli anni novanta rilancia però straordinariamente la radio dandole nuova linfa ed una nuova sociologia. Essa è infatti il mezzo migliore che si può collegare con il nuovo strumento e molte emittenti si dotano di un sito Web.

Fra i più popolari programmi partiti in quegli anni e tuttora in onda bisogna ricordare Deejay chiama Italia di Linus e Nicola Savino su Radio Deejay del 1991, e le trasmissioni satiriche Il ruggito del coniglio e Caterpillar su Radio 2, la prima del 1995 e la seconda del 1997.

Il nuovo millennio: la radio ritorna all'antico splendore[modifica | modifica wikitesto]

Dal 2000 si diffonde, invero senza troppa convinzione, la nuova tecnologia DAB (Digital Audio Broadcasting) che lancia la nuova "radio del duemila". Il DAB garantisce una qualità dell'ascolto pari a quella di un CD, prevede l'impiego di trasmettitori terrestri (DAB-T) e satellitari (DAB-S), e semplici antenne non direzionali per la ricezione. Accanto al DAB, che, come detto, non riscuote un grande successo (stante l'assenza di un concreto valore aggiunto per l'utente della modulazione di frequenza), viene diffuso anche il DRM, considerato di qualità migliore e si sperimenta la tecnologia FMeXtra (che prevede la trasmissione simultanea di un pacchetto digitale unitamente a quello analogico in FM). Nel 2012 l'UNESCO dichiara il 13 febbraio Giornata Mondiale della Radio perché in quel giorno, nel 1946, viene effettuata la prima trasmissione radio dalle Nazioni Unite.

Negli anni duemila la radio, anche quella tradizionale, conosce in Italia un successo straordinario con ascolti altissimi, come non si vedevano da anni, favorita, forse, anche dal contemporaneo calo degli spettatori televisivi, come sembrerebbe confermare un sondaggio del 2004, che rivelava che oltre il 45% degli Italiani, dichiara di preferire la radio alla televisione[19].

La radio, soprattutto quella musicale, si dimostra in grado di condizionare i gusti del pubblico, molto più del previsto, con le proprie programmazioni. Ma anche la radio generalista ritorna ai trionfi del passato.

Ma il successo della radio dopo il 2000, è dovuto anche all'evoluzione di Internet (web 2.0) che diventa quasi una parte indissolubile di questo mezzo.

La Rai ottiene un particolare successo con Viva Radio 2 condotta da Fiorello.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Renato Nunziata, Il primo broadcasting in Italia su Armonia - Rai Senior, maggio-giugno 2018, pagg. 14-15
  2. ^ Renato Nunziata, Cara vecchia radio, novant'anni dopo, su democratica.com. URL consultato il 1º marzo 2019 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2019).
  3. ^ Ansa - Audio del primo annuncio radiofonico italiano
  4. ^ UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO - LA COMMISSIONE DI ASCOLTO DELLA RAI dal fascismo alla fine del monopolio RAI.
  5. ^ Annuario RAI 1988 1989, Torino ERI, 1989, pag. 13
  6. ^ Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio, 1992, pag. 23
  7. ^ Radiomarconi.com - La vera storia della radiodiffusione in Italia, Cronologia 1919-2000, su radiomarconi.com. URL consultato il 19 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  8. ^ Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio, 1992, pagg. 54-51
  9. ^ Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio, 1992, pagg. 310-316
  10. ^ Gian Luigi Falabrino, Pubblicità serva padrona, Milano, Sole 24 Ore, 1989, pag. 61
  11. ^ RAI - Radiotelevisione Italiana sul sito Vivit
  12. ^ Annuario RAI 1971, pag. 191
  13. ^ Luciano Rispoli, su Indipendente-mens. URL consultato il 1º gennaio 2023.
  14. ^ Tanti auguri a Luciano Rispoli, su La Stampa, 12 luglio 2013. URL consultato il 1º gennaio 2023.
  15. ^ Rai Storia: Leone Piccioni, al servizio della letteratura
  16. ^ Addio a Luciano Rispoli, la voce educata di radio e tv, su La Stampa, 27 ottobre 2016. URL consultato il 1º gennaio 2023.
  17. ^ Rispoli, l'innovatore gentleman di radio e tv - Libri - Approfondimenti, su Agenzia ANSA, 19 luglio 2022. URL consultato il 1º gennaio 2023.
  18. ^ Gian Luigi Falabrino, Pubblicità serva padrona, Milano, Sole 24 Ore, 1989, pag. 97
  19. ^ Televideo del 6 ottobre 2004 "Gli ottant'anni della radio"
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