Piano regolatore di Addis Abeba del 1938

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Il piano regolatore del regime fascista di Addis Abeba, studiato fin dal 1936 e concluso definitivamente nel 1938, aveva lo scopo di sviluppare e di creare una nuova città che fosse adibita alla popolazione europea nettamente separata dai nuovi quartieri destinati alla popolazione etiopica. I criteri che furono alla base del progetto si ispiravano al principio di creare per la colonia dell'Africa Orientale Italiana una nuova capitale che coniugasse la funzionalità e la monumentalità ispirandosi al tipico schema dell'urbanistica romana.

I primi progetti[modifica | modifica wikitesto]

Il Governatore di Addis Abeba, Alfredo Siniscalchi, si pose per primo il problema di riorganizzare la città. Il primo problema che ci si trovò ad affrontare fu la scelta delle aree. Alcuni ritenevano giusto che la nuova capitale sorgesse nei pressi della Cattedrale di San Giorgio, altri sostenevano più opportuno erigerla nei pressi della stazione ferroviaria (Lagaar), altri ancora proposero di spostarla più a nord al fine di costruirla ex novo. In questo ambito fu lo stesso Mussolini ad intervenire decidendo che per ragioni politiche e storiche fosse giusto che la capitale dovesse rimanere ad Addis Abeba.[1] La scelta cadde quindi sulla vasta area che si trovava nei pressi della stazione ferroviaria. Considerata più adatta per l'andamento pianeggiante ed il leggero declivio, per l'esistenza di terreni liberi e la vicinanza all'acqua.

Impostazione urbanistica di Addis Abeba in un progetto poi accantonato: qui la stazione ferroviaria era ipotizzata in posizione parallela alla via Imperiale

In previsione di un primo prospettato piano regolatore, non ancora approvato, il Governatorato di Addis Abeba provvide a lottizzare 353 ettari di terreno per assegnarli ad enti e a privati. Ne furono esclusi quelli già assegnati ad enti militari. Le difficoltà furono legate alla difficoltà ad individuare i legittimi proprietari da indennizzare.[senza fonte]

Nel frattempo si provvide a creare quelle strutture che erano giudicate importanti nell'immediatezza. Oltre alla ristrutturazione degli edifici che erano andati rovinati durante il precedente conflitto si ampliò l'ospedale Duca degli Abruzzi e si costruì il nuovo ospedale Luigi Razza[senza fonte]. La casa del fascio cittadino venne realizzata nel nord est della città in un edificio andato distrutto durante la precedente guerra.

Intanto si provvide a continuare la sistemazione della rete viaria urbana (circa 20 chilometri). Conseguentemente si rifece il manto delle piste dell'aeroporto e si costruirono gli edifici annessi, dalle aviorimesse alle sedi comando.[2].

Addis Ketema[modifica | modifica wikitesto]

Il piano regolatore improntato dagli italiani nel 1936 si basava sulla politica della segregazione razziale: in primo luogo ci fu lo sfratto degli etiopi, che si erano stabiliti lì da 50 anni, in secondo luogo la zona doveva diventare la residenza per gli italiani.

Il nuovo quartiere realizzato per etiopi fu chiamato Addis Ketema. Entro l'autunno dell'anno successivo non meno di 20.000 abitanti sarebbero stati espropriati delle loro case precedenti per stabilirvisi.[3] Il nuovo quartiere era quindi in grado di accogliere più di 20.000 tucul. Attorno a ciascun tucul fu lasciato uno spazio di terra da adibirsi ad orto familiare e sufficiente a pascolarvi gli animali da cortile.[senza fonte] Questi quartieri furono dotati di strutture come spacci, mercato coperto, stazione dei pompieri e cinema.

Nell'area conosciuta come Ras Makonen sefer furono eseguiti altri sfratti (queste aree erano presenti altri tukul), al fine di rendere le aree zone per le abitazioni degli italiani (Istituto delle Case Economiche e Popolare o Casanchis, Menaharia in amarico).[4]

Dettaglio dell'esecuzione[modifica | modifica wikitesto]

Tra il 1937 e il 1940 fu approvato dalle autorità italiane un decreto in cui ci si decise l'espropriazione di 953 case di 480 proprietari nel 1937, 1.407 case di 1.239 proprietari nel 1938, 1.629 case di 1.418 proprietari nel 1939 e 1.420 case di 1.290 proprietari in 1940, vale a dire un totale in quattro anni di 4.427 proprietari di 5.409 case. Oltre a questo, un ulteriore decreto fu emanato nel 1938 per l'espropriazione "per motivi di salute pubblica".[5]

Inizialmente i tucul furono realizzati da mano d'opera italiana,[senza fonte] ma poi, visti gli alti costi,[6] si preferì autorizzare la costruzione privata delle abitazioni. Per facilitare furono assegnati i terreni e un sussidio di 400 lire per acquisto l'attrezzatura necessaria.[7]

Mancato completamento[modifica | modifica wikitesto]

Il piano di creare una città con zone da segregazione razziale non fu portato a termine a causa del crollo fascista[8].

Solo il 20 per cento del piano fu realizzato nel 1941. Alcune delle tracce importanti sono lo spostamento del centro politico a sud.

Le strutture secondarie[modifica | modifica wikitesto]

Nei 5 anni di occupazione per lo svago dei coloni si provvide alla creazione di tre cinematografi. Numerosi furono i locali aperti da altri italiani, mentre per le strutture alberghiere si provvide all'ammodernamento e all'ampliamento delle esistenti. Alle preesistenti industrie di epoca abissina (fabbriche di birra, fabbriche di olio e segherie) furono aggiunte durante l'occupazione italiana fabbriche di laterizi e industrie tessili. Le chiese copte (in numero di 16) furono restaurate, in particolare le autorità italiane restaurarono la cattedrale di San Giorgio che era stata incendiata nel 1936 nei giorni precedenti all'occupazione italiana. Fu inoltre edificata una moschea che all'epoca non esisteva. Le chiese cattoliche erano due: la cattedrale, che era precedentemente gestita dall'Ordine dei Frati Minori Cappuccini francesi fu affidata ai Cappuccini italiani e la chiesa presente all'interno della Missione della Consolata.

Il progetto del 1938[modifica | modifica wikitesto]

Veduta dall'alto del piano regolatore di Addis Abeba, particolare della via Imperiale destinata agli uffici governativi. In basso si nota il fiume Bantichetù attraversato da un ponte lungo oltre 60 metri. L'intero tracciato stradale, ponte compreso, fu effettivamente realizzato prima della seconda guerra mondiale

Nel 1938, dopo due anni di studi fu approntato il progetto definitivo della città di Addis Abeba dagli architetti Ignazio Guidi e Cesare Valle. Il progetto fu ufficialmente approvato il 16 gennaio 1939 dai membri della Consulta generale per l'edilizia e l'urbanistica del Ministero dell'Africa Italiana, giunti in Africa Orientale Italiana al seguito del sottosegretario Attilio Teruzzi.

Le linee guida furono così riassunte:

  • spostamento del centro politico della città sulla collina dove sorge il Grande Ghebbì di Menelik II nel nuovo quartiere europeo che avrebbe inoltre accolto, oltre agli Uffici Statali, il Teatro, il Cinematografo e le banche.
  • lungo la strada per Dessiè, dove già sorgevano le varie delegazioni nazionali sarebbero sorti anche i quartieri residenziali.
  • ampliamento dell'area della Ferrovia Addis Abeba-Gibuti, dove sorge la stazione per destinarlo ad area industriale.
  • il quartiere indigeno e l'area industriale dove già era stato precedentemente progettato.

Sostanzialmente si intese lasciare inalterata la struttura dell'antica capitale abissina ma trasferendone il centro politico in un nuovo quartiere prossimo alla stazione ferroviaria che era destinato a divenire il quartiere europeo. Da qui sarebbero partite le due principali arterie cittadine (viale Mussolini e via Imperiale) che sviluppandosi lungo un percorso monumentale su cui sorgeva la cattedrale cattolica e la Torre Littoria avrebbero raggiunto una la piazza principale dove già sorgeva la Casa del Fascio, l'altra avrebbe dovuto accogliere tutti gli Uffici Statali per raggiungere il vecchio ghebbì ora sede del palazzo vicereale. Alle spalle della ferrovia si sarebbe sviluppato il quartiere industriale incuneato tra il quartiere commerciale e il quartiere etiope.

Il quartiere europeo[modifica | modifica wikitesto]

Il quartiere europeo si sarebbe sviluppato completamente lungo l'asse del viale Mussolini, nella parte più a monte avrebbero trovato spazio le abitazioni civili, mentre nella parte più a valle sarebbe stato realizzato il quartiere commerciale.[9]

Ancora più a valle, nell'area della stazione ferroviaria (che sarebbe stata spostata), sarebbe sorto un altro tracciato (via Imperiale) lungo il quale si sarebbe sviluppato il quartiere monumentale in cui avrebbero trovato posto tutti gli uffici governativi. Il quartiere sarebbe stato idealmente separato dal resto della città dal fiume Bantichetù. Il Bantichetù sarebbe stato attraversato da un ponte lungo oltre 60 metri.[10] Da lì il tracciato avrebbe raggiunto l'ex ghebbì grande. Il palazzo del governatore dell'Africa Orientale Italiana sarebbe stato realizzato nella parte orientale all'interno di un parco.

Nell'area destinata ad abitazioni civili si decise, in base al piano regolatore, che le abitazioni non dovessero superare i tre piani, due piani invece per le aree destinate ad abitazioni civili non intensive. Nessuna particolare limitazione si decise per quel che riguardava l'area da destinarsi ad uffici amministrativi. Il vecchio centro etiopico, nella parte alta della città, presso la cattedrale di San Giorgio, fu escluso da ogni ulteriore costruzione.[11]

La stazione ferroviaria[modifica | modifica wikitesto]

La stazione ferroviaria (Lagaar), in un precedente progetto era prevista parallela alla via Imperiale, ma nel progetto definitivo si preferì spostarla di località e di sistemarla in posizione arretrata, rispetto all'attuale, per permettere il prolungamento del viale Mussolini. Lungo il tragitto cittadino della Ferrovia Addis Abeba-Gibuti sarebbero state create tre stazioni intermedie, una per il quartiere europeo, una per il quartiere etiopico e una per lo scalo merci.[12]

Il quartiere industriale e commerciale[modifica | modifica wikitesto]

Nei pressi della vecchia stazione ferroviaria sarebbe sorto l'intero quartiere industriale. Trovandosi nei pressi della strada che conduce verso Dessiè e Asmara sarebbe stato facilmente collegato con le altre regioni e con l'Eritrea.[13]

Il quartiere etiopico[modifica | modifica wikitesto]

Il quartiere etiopico sarebbe sorto separato dal centro politico italiano. Come informa Marco Pomilio Una grande fascia verde di 500 metri di larghezza, formata in prevalenza da eucalipti, separerà la città indigena dal complesso dei nuclei metropolitani. Separazione non brusca e scostante, dunque, ma garbata e fragrante.[14]

Al quartiere etiope furono destinati circa 600 ettari locati a nord ovest dei quartieri europei. Il problema più complesso fu quello di conciliare le necessità delle differenti popolazioni e delle diverse religioni. Si decise di adottare una soluzione a scacchiera che potesse allo stesso tempo raggruppare tutti gli elementi locali insieme, ma che allo stesso tempo li mantenesse separati. Pertanto ogni religione o ogni popolo avrebbe avuto a disposizione un proprio quartiere.[15] Nei pressi del mercato etiope sarebbero anche state distribuite tutte le infrastrutture comprensive di uffici postali, stazione di polizia e ambulatori.[16] In particolare un ospedale e tre ambulatori.[17]

Esito[modifica | modifica wikitesto]

Lo scoppio della seconda guerra mondiale impedì di portare a termine il progetto definitivo del 1938. Solo alcune parti di esso furono realizzate. Nel 1940 risultava completata l'intera rete stradale, in particolare era stato realizzato il tracciato della via Imperiale costruita ex novo. Gran parte dei lotti di terreno destinati sia agli italiani, sia agli etiopici erano stati assegnati e la popolazione locale era già trasferita nelle aree loro destinate dal nuovo piano regolatore (quartiere etiopico). Inoltre era già stato realizzato l'enorme mercato (sito nell'attuale quartiere di Merkato). L'acquedotto cittadino era stato solo in parte realizzato.[18] Il quartiere industriale era già in funzione, così come il nuovo aeroporto che rimase a lungo in funzione anche dopo il ritorno di Haile Selassiè. Rimasero invece sulla carta la maggior parte degli edifici che erano stati progettati, soprattutto quelli che avrebbero dovuto abbellire la via Imperiale. Oggi sulla ex Via Imperiale, in uno degli edifici lasciati incompleti, vi è la sede dell'Organizzazione dell'Unità Africana.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Angelo Del Boca,Gli italiani in Africa orientale III, Edizioni Mondadori 2000 pag.170-171 "C'è chi vorrebbe costruirla nello spazio occupato dalla Addis Abeba negussita, cioè intorno alla chiesa di San Giorgio; chi suggerisce di erigerla più a sud, intorno alla stazione ferroviaria; e chi, infine, vorrebbe addirittura spostarla di alcune centinaia di chilometri, nel mediopiano e più vicino al mare. Queste incertezze vengono comunque spazzate via da Mussolini, il quale decide che la capitale dell'impero doveva restare, per motivi politici e storici, ad Addis Abeba."
  2. ^ Ciro Poggiali, "La nuova Addis Abeba" negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno I Numero 2 agosto 1938 pag 474 "L'aeroporto di Addis Abeba, tracciato dal Negus su una zona che durante le piogge diventava un lago smisurato, è ora affrancato definitivamente da quel pericolo, mercé una pista asfaltata lunga un chilometro e 200 metri, larga 150, intorno alla quale il campo di centomila metri quadrati spazia con tutte le sue attrezzature per l'aeronautica civile e militare. Aviorimessa, palazzine, caserme, sedi di comandi"
  3. ^ Richard Pankhurst "Ethiopians: A History" Casa Editrice Wiley, 2001 pag 47 "By the middle of 1937,“more than 10,000 blacks, almost a ninth of the colored population” had been evicted from their houses to the new quarter created for them which is now called Addis Ketema. By the autumn of the following year no less than 20,000 natives where again forced to leave their previous homes and settled in the new quarter".
  4. ^ Richard Pankhurst "Ethiopians: A History" Casa Editrice Wiley, 2001 pag 52 "One of the major evictions was carried out on the area known as Ras Mekonen Sefer, which is now a days called Casanchis, Menaharia, from areas around No. 6 Police Station and the adjacent land. These areas were cleared from tuckules of “natives” in order to make dwelling areas for upper class Italians".
  5. ^ Richard Pankhurst "Ethiopians: A History" Casa Editrice Wiley, 2001 pag 38 "To summarize the Italian had forwarded a master plan for Addis Ababa that was based on racial segregation. The implementation of the master plan that was prepared by Guide and Valle in 1936, which was based on the policy of segregation, had to begin with the eviction of Ethiopians, who had settled and lived there for more than 50 years, in areas now reserved for Italians. Hence the Italians between 1937 and 1940, passed an expropriation order against 480 proprietors with 953 houses in 1937, 1,239 proprietors with 1,407 houses in 1938, 1,418 proprietors with 1,629 houses in 1939 and 1,290 proprietors with 1,420 houses in 1940, i.e. a total in four years of 4,427 proprietors with 5,409 houses".
  6. ^ Ciro Poggiali, "La nuova Addis Abeba" negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno I Numero 2 agosto 1938 pag 472 "Poiché erano costati undicimila lire ciascuno non potevano essere offerti alla moltitudine degli umili, impossibilitati o restii a pagarne il corrispettivo di affitto; per cui, in parte furono assegnati agli indigeni, che senza aver gradi gerarchici- nel qual caso non si sarebbero mischiati alla plebe- avevano raggiunto una certa dovizia; in parte furono affittati a quelle donne che esercitando la galanteria potevano spendere con una certa larghezza".
  7. ^ Ciro Poggiali, "La nuova Addis Abeba" negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno I Numero 2 agosto 1938 pag 472 "Ma poi apparve più pratico che gli stessi indigeni traslocandi si costruissero da sé i tucul. Poi il Governatorato cedé gratuitamente il terreno e elargì 400 lire di sussidio; le quali servivano al capo famiglia ad acquistare i pali di eucalipto, i chiodi e la paglia. Di questa concessione profittarono particolarmente gli ex schiavi liberati".
  8. ^ Richard Pankhurst "Ethiopians: A History" Casa Editrice Wiley, 2001 pag 59 "To summarize the Italian had forwarded a master plan for Addis Ababa that was based on racial segregation. The implementation of this plan had to begin with the eviction of Ethiopians who had settled in the area now reserved for the “colonial masters”. Due to this a huge number of “natives” were resettled in the western part of the city known as Addis Ketema. Even if the plan had not been completed due to the fall of the fascist order, it had resulted in dislocating many urban dwellers of that time".
  9. ^ Guida dell'Africa Orientale Italiana, Milano, Consolazione Turistica Italiana, 1938, p.477 "La città italiana sorgerà nella zona limitata a N dalla linea ex Ghebbì grande -via Toselli- via Mogadiscio e a S dall'attuale centro marconigrafico Vallauri, ove sarà costruita la nuova stazione ferroviaria. L'asse principale della città sarà il viale Mussolini, che sarà prolungato oltre l'attuale stazione fino alla facciata della nuova stazione; esso sarà alberato, con una larghezza minima di m 40, massima di 90. Lungo l'asse del viale Mussolini, a S delle vie Toselli e Mogadiscio e pressappoco fino all'altezza dell'incrocio del viale Mussolini con la via dell'Aeroporto sorgerà il quartiere commerciale. Esso avrà sul viale palazzi monumentali e nelle vie trasversali costruzioni nazionali meno grandiose, ma non prive di bellezza architettonica, a serie aperta con cortili sistemati a giardino visibile dalla strada, trapassando via via che ci si allontana dall'asse principale a costruzioni di altezza decrescente che ci si allontana dall'asse principale a costruzioni di altezza decrescente e a villini. Visto in prospettiva, il quartiere apparirà come un'enorme scalea, il cui vertice sarà rappresentato dagli alti edifici del viale Mussolini."
  10. ^ "La costruzione dell'Impero" I piani regolatori negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno II Numero 4 agosto 1939 pag 375 "Altro settore della nuova città in cui i progetti vengono alacremente posti in esecuzione è quello detto della Via Imperiale, cioè della direttrice fondamentale su cui è orientato tutto il piano regolatore, quella che attraverserà il centro politico-amministrativo e la zona di grandi costruzioni monumentali e a carattere intensivo, destinata ad essere il cuore della capitale. Questa arteria, che sarà larga in alcuni tratti anche 120 metri, con aiuole e alberature, belle piazze e monumenti e grandi palazzi, attraverserà il Bantichetù con un ponte lungo oltre 60 metri. Sul primo lotto, lungo 700 metri, i lavori, iniziati il 15 aprile 1939, sono ormai molto avanzati, sì che presto verrà attaccato il secondo lotto: circa 500 operai vi lavorano con largo impiego di mine-una media di 300 brillamenti al giorno- ed un chilometro di binari e circa 60 vagonetti per effettuare i grandi movimenti di pietra e di terra occorrenti".
  11. ^ "La costruzione dell'Impero" I piani regolatori negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno II Numero 4 agosto 1939 pag 370 "Lasciato inalterato, come località, il vecchio caratteristico aggregato urbano, sparso e caotico intorno alla chiesa di San Giorgio, si è portato il centro della nuova città verso sud, in una zona ridente, ad ondulazioni larghe e disseminate di vegetazione".
  12. ^ "La costruzione dell'Impero" I piani regolatori negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno II Numero 4 agosto 1939 pag 376 "La zona ferroviaria viene situata nell'unica località dove è possibile ricavare un'area perfettamente piana dalla larghezza di circa 300 metri e della lunghezza di circa un chilometro, senza dover ricorrere a lavori di spostamenti di terra troppo notevoli. Sono previste tre stazioni: per i passeggeri nazionali, per i passeggeri indigeni, e per le merci. Alla testata nord di questa zona troverà posto la Dogana, coi magazzini generali".
  13. ^ "La costruzione dell'Impero" I piani regolatori negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno II Numero 4 agosto 1939 pag 371 "Nelle immediate vicinanze dell'attuale stazione ferroviaria si è localizzata la zona industriale, comprendente anche i depositi ed i magazzini, perché, essendo questa facilmente collegata alle strade provenienti dalle varie regioni circostanti, risulta la più adatta alle funzioni cui è destinata".
  14. ^ Marco Pomilio, "Come sarà la nuova Addis Abeba" articolo su L'Azione coloniale del 19 ottobre 1939
  15. ^ Ciro Poggiali, "La nuova Addis Abeba" negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno I Numero 2 agosto 1938 pag 492 "Si è giunti così alla soluzione della scacchiera che bene disciplina gli elementi, e inquadra in modo preciso e netto il vario mosaico di razze, nelle zone loro rispettivamente assegnate. Così i Musulmani, i Copti, i Somali, gli Eritrei, i Cattolici, gli Evangelisti, gli Yemeniti, gli Indiani, i Curaghi, le Notabilità, avranno un loro proprio quartiere, governato dai rispettivi interessi e dalla rispettiva produzione. Produzione che potrà essere esposta al mercato pressoché al limite del quartiere indigeno lambito da alcune tra le principali suddette divisioni".
  16. ^ Guida dell'Africa Orientale Italiana, Milano, Consolazione Turistica Italiana, 1938, p.478 "La città indigena sarà un vero centro moderno fornito di tutti i servizi: uffici pubblici, scuole, ospedali, ambulatori, illuminazione elettrica, fognatura, cinematografi, campi sportivi ecc."
  17. ^ "La costruzione dell'Impero" I piani regolatori negli Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori Anno II Numero 4 agosto 1939 pag 376 "L'ospedale non sarà la sola sede sanitaria nella città indigena in quanto vi saranno anche 3 ambulatori ed un ufficio di disinfestazione e bonifica".
  18. ^ Angelo Del Boca,Gli italiani in Africa orientale III, Edizioni Mondadori 2000 pag.172 "All'inizio del 1940, la rete stradale appare in gran parte tracciata; sono stati assegnati 1043 lotti nella città nazionale e 908 in quella indigena; 20000 etiopici sono già stati trasferiti al di là del cordone sanitari e si sta lavorando al nuovo acquedotto. Ma sostanzialmente i 35 mila italiani che vivono ad Addis Abeba utilizzano ancora la vecchia città del Negus, che hanno rabberciata e ampliata."

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa orientale III", Edizioni Mondadori 2000
  • Guida dell'Africa Orientale Italiana, Milano, Consociazione Turistica Italiana, 1938
  • Annali dell'Africa Italiana Casa Editrice A. Mondadori