Atella (città antica)
Atella | |
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Cronologia | |
Fondazione | ante 218 a.C. |
Fine | post 1030 |
Causa | trasferimento della diocesi ad Aversa[1] |
Localizzazione | |
Stato attuale | ![]() |
Località | Frattaminore, Frattamaggiore, Grumo Nevano, Crispano, Sant'Arpino, Orta di Atella e Succivo |
Coordinate | 40°57′35.96″N 14°15′33.66″E / 40.95999°N 14.25935°E |
Cartografia | |
Atella è una città di origine osca, una delle più antiche della Campania e una delle prime ad aver ottenuto la cittadinanza romana.[1] Era attraversata dalla via Atellana, che la conduceva a sud-ovest a Cuma e a nord-est a Capua.[1] Parte del tracciato della via Atellana è conservato oggi, con lo stesso nome, nel tratto che attraversa Frattaminore.[1] Dalla città prende nome l'atellana, una delle forme di spettacolo d'origine locale che influenzò il teatro latino.[1]
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Non se ne trova menzione su documenti precedenti alla seconda guerra punica, quando, sebbene fosse una città indipendente e battesse moneta propria, in particolare in bronzo con la leggenda ADERL in alfabeto osco, risalenti probabilmente alle guerre puniche, era alleata con Capua e altre città campane e parteggiò per Cartagine dopo la battaglia di Canne (216 a.C.).[2]
Fu occupata dai Romani nel 210 a.C.: i sopravvissuti furono mandati in esilio e la città fu successivamente rifondata come rifugio per i profughi provenienti da Nocera.[1] Infatti, poiché, gli abitanti di Nuceria e Acerra, si lamentavano di non sapere dove andare a vivere, in quanto Acerra era stata in parte incendiata e Nuceria completamente distrutta, essi furono inviati dal proconsole Fulvio Flacco al Senato di Roma a fare le loro rimostranze.[3] Ai primi, gli Acerrani, venne concesso di ricostruire gli edifici incendiati; ai Nucerini si permise loro di trasferirsi ad Atella, mentre agli Atellani fu imposto di spostarsi a Calatia.[3]
Nel I secolo a.C. Cicerone ne parlò così tanto da poter essere considerato il suo patron; durante il periodo imperiale fu un municipium.[4] Nello stesso periodo, la città veniva rifornita da una diramazione dell'acquedotto augusteo che partiva dal tratto ipogeo a Capodimonte.[5]
Inoltre, fra il 455 e il 456, fu devastata dai Vandali, al comando di Genserico.[1]
Il declino della città cominciò quando la sua diocesi fu trasferita nella vicina città normanna di Aversa nel 1030.[1]
Area archeologica[modifica | modifica wikitesto]

Le rovine della città, consistenti in case private, numerose tombe e il giardino di Virgilio, sono oggi conservate sui siti dei comuni di Frattaminore (più precisamente nella parte corrispondente al capoluogo del comune di Pomigliano d'Atella, soppresso con Decreto Regio del 15/05/1890), Orta di Atella, Sant'Arpino e Succivo.[4] Di questi, Orta di Atella, Sant'Arpino e Succivo hanno costituito, durante il fascismo, il comune di Atella di Napoli. Questi paesi, inoltre, sono soci fondatori dell'Associazione dei Comuni atellani, cui si sono aggiunti di recente i comuni di Cesa e Gricignano di Aversa.[6] Il Comune di Orta di Atella ad inizio 2012 ha lasciato l'Unione.[7]
Alcuni studiosi ritengono che il territorio di Atella fosse più vasto e comprendesse anche i suoli oggi occupati da parte degli abitati di Cesa, Caivano, Sant'Antimo e la frazione Fratta Piccola del soppresso comune di Pomigliano d'Atella; altri a questi comuni aggiungono addirittura Afragola, Casavatore, Casoria e i quartieri dell'area settentrionale di Napoli.[4]
Nel 1978 viene fondato l'Istituto di Studi Atellani, ente dotato di personalità giuridica, di rilevante interesse regionale, con lo scopo di incentivare gli studi sull'Antica Atella e le fabulae, raccogliendone e conservandone ogni testimonianza e diffondendo il tutto mediante pubblicazioni.[8]
A Succivo è situato il museo archeologico dell'Agro Atellano, istituito all'inizio degli anni 2000.
Nel marzo del 2012 per far riaffiorare il ricordo dell'antica città della Campania, centro di cultura e patria delle famose "Fabulae Atellanae" nasce Atella Multimedia, associazione culturale con lo scopo di diffondere la cultura mediante le nuove tecnologie e la multimedialità.[9]
Nel luglio del 2012 la medesima associazione fonda Atella.TV,[10] la Web TV della cultura.[9]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b c d e f g h W. Johannowsky, Atella, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1973. URL consultato il 13 marzo 2020.
- ^ Livio, XXII, 61.11-12.
- ^ a b Livio, XXVII, 3.6-7.
- ^ a b c Atella, su iststudiatell.org, Istituto di Studi Atellani. URL consultato il 13 marzo 2020.
- ^ Giuseppe Maria Montuono, L’approvvigionamento idrico della città di Napoli. L’acquedotto del Serino e il Formale Reale in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Madrid, in Salvatore D'Agostino (a cura di), Storia dell'ingegneria : atti del 2. Convegno Nazionale, Napoli, 7-8-9 aprile 2008, Cuzzolin, 2008, ISBN 978-88-87998-86-3, OCLC 948279745. URL consultato il 26 aprile 2020.
- ^ Sito web dell'Unione dei Comuni denominata "Atella", su unionedeicomuniatella.it. URL consultato il 19 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 1º novembre 2016).
- ^ News Unione dei Comuni Atellani
- ^ Istituto di Studi Atellani
- ^ a b "Associazione Culturale Atella Multimedia", su atellamultimedia.org. URL consultato il 26 settembre 2019 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
- ^ Atella.TV, la Web TV della Cultura, su atella.tv. URL consultato il 29 ottobre 2012 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2012).
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Vincenzo De Muro, Atella antica città della Campania, Napoli, 1985.
- Sossio Andreone, L'antica Atella, Napoli, 1993.
- Giovanni Reccia, Atella/Aderl, Napoli 2015.
- Giovanni Reccia, Le monete di Atella, Napoli 2016.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Frattaminore
- Orta di Atella
- Sant'Arpino
- Succivo
- Museo archeologico dell'Agro Atellano
- Diocesi di Atella
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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