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Anzio (città antica): differenze tra le versioni

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'''Antium''' (in [[Lingua latina|latino]] ''Antĭum''<ref>[http://www.dizionario-latino.com/dizionario-latino-italiano.php Lemma: ''Antĭum'' ] in «dizionario-latino.com».</ref>) anche nota come '''Anzio''' (città antica), era un'importante città [[Italici|italica]] che sorgeva sulla costa tirrenica del [[Latium|Lazio antico]]. Fu fondata dai [[Latini]] agli inizi del [[I millennio a.C.|primo millennio a.C.]], e in seguito occupata dai [[Volsci]], che erano giunti nella zona costiera tra il VI e il V secolo a.C.
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Antium
I ruderi della Domus Neroniana.
Civiltàlatino-volsca e romana
UtilizzoAntica città, che comprendeva territorialmente le odierne Nettuno ed Anzio
EpocaInizi del I millennio a.C. - VI secolo d.C.
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Provincia  Roma
Amministrazione
EnteCittà di Anzio e Città di Nettuno
Sito webwww.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/LuoghiDellaCultura/Ricerca/index.html?action=show&idluogo=101478
Mappa di localizzazione
Map

Antium (in latino Antĭum[1]) anche nota come Anzio (città antica), era un'importante città italica che sorgeva sulla costa tirrenica del Lazio antico. Fu fondata dai Latini agli inizi del primo millennio a.C., e in seguito occupata dai Volsci, che erano giunti nella zona costiera tra il VI e il V secolo a.C. In epoca romana luogo termale e di villeggiatura, la città era frequentata da patrizi e imperatori. Copriva un territorio oggi occupato dalle odierne città di Anzio[2] e Nettuno[3].

Storia

Dalle origini al periodo volsco

Lo stesso argomento in dettaglio: Cenone, Satricum, Longula e Polusca.
Ricostruzione dell'antico Latium (William Robert Shepherd, Historical Atlas, New York, Henry Holt and Company, 1911), che illustra, fra le altre cose, il percorso della Via Severiana. Notare anche che l'interpretazione proposta dalla cartina pone il porto Cenone degli Anziati (qui chiamato P. Ceno) a oriente della voce Antium (che trovasi in corrispondenza del Capo d'Anzio), quindi nel territorio oggi occupato dall'odierna Nettuno, nella zona del fiume Loricina (in base ad una tesi avanzata da alcuni studiosi). L'interpretazione esclude quindi la localizzazione del Cenone nell'area del successivo porto neroniano, posto invece sul Capo d'Anzio, sul lato occidentale (come vuole invece l'altra tesi).

Secondo la tradizione leggendaria di Xenagora, Antium venne fondata da Anteo, figlio di Ulisse e della maga Circe[4], mentre un'altra leggenda del ciclo troiano (messa in dubbio da Antonio Nibby[5]) indica della città un diverso fondatore: Ascanio, figlio di Enea[6]. Sebbene la scoperta di reperti archeologici risalenti all'età della pietra provi la presenza dell'uomo fin da quell' epoca, le fonti hanno accertato l'origine della città vera e propria, col nome di "Antium", nell'epoca della civiltà laziale[7][8].

Affacciandosi su quel capo (oggi Capo d'Anzio, occupato dall'odierna Anzio) che interrompe il piatto scorrere della costa laziale dalla foce del Tevere fino al Circeo, agli inizi del primo millennio la città doveva a tale posizione la propria origine ed il proprio sviluppo.

Fin dalle origini notevole centro commerciale e marinaresco[9], in epoca pre-romana Antium, secondo un'interpretazione proposta, fra diversi studiosi, da Paola Brandizzi Vittucci, si estendeva approssimativamente (per longitudine) dal Capo d'Anzio al fiume Loricina, nell'attuale Nettuno[10][11].

Un aggere, muro di difesa rafforzato da un terrapieno e completato da un fossato, a protezione della città, detto vallo volsco (iniziato dai Latini e poi migliorato dai Volsci, per cui la denominazione alternativa sarebbe vallo latino-volsco[12]) si estendeva in gran parte del territorio dell'odierna Anzio (soprattutto nell'altopiano delle "Vignacce" - zona di S. Teresa - sito occupato dall' Antium "primitiva", meglio difendibile per le sue caratteristiche naturali[13]; i resti dell'opera sono visibili, in modo particolare, lungo Via dell'oratorio di S. Rita[14]).

Del resto, che la città fosse situata su un'altura, dava notizia Strabone scrivendo che "si trova su masse di roccia"[15].

Vi era un antico oppidum anziate, un castello fortificato e abitato, città ben distaccata e distante da Antium, nonché posta sul lido, chiamata Caenon (Cenone)[16], che fin dal periodo latino[17], con relativo porto, fungeva da arsenale navale, da foro per il mercato e da deposito per i viveri[18] (la localizzazione dell' oppidum col porto è oggetto di dibattito[19][20][21]); punto strategico, da lì partivano le scorrerie piratesche per il Mediterraneo[22].

Antium fu alleata di Tarquinio il Superbo re di Roma, che la fece entrare nella Lega Latina[23]. Nel primo trattato fra Roma e Cartagine, del 509 a.C., fu menzionata quale città latina sotto la protezione romana, quindi tutelata contro qualsiasi ingiuria da parte dei Cartaginesi[24].

La città nel periodo volsco osteggiò lungamente i Romani e per molto tempo fu la capitale dei Volsci Anziati[25] (stanziati sulla costa tirrenica, e distinti dai Volsci Ecetrani, dell'entroterra). Vere e proprie colonie anziati furono le città di Ecetra[26] e di Satricum[27]; città dipendenti furono Longula e Polusca[28].

Antium, dunque alla guida di altre città divenute volsche, intraprese una belligeranza che vide numerosi episodi, tra cui il più noto è quello del patrizio Gneo Marcio Coriolano, il quale, in esilio presso gli Anziati[29], fu accolto dal nobile Attio Tullio col quale organizzò la strategia di guerra contro Roma; entrambi furono eletti dalle città volsche condottieri delle loro truppe, e Gneo Marcio, tra il 489 a.C. e il 488 a.C., arrivò a minacciare seriamente l'Urbe, portando i Volsci ad arrivare al quarto miglio della via Latina[30]. Ad Antium Coriolano fu poi ucciso dai seguaci di Tullio, mentre si apprestava a difendere il proprio operato al Foro; tuttavia i cittadini, dopo averne celebrato il funerale in pompa magna, nei pressi del Foro seppellirono le sue reliquie, e sopra vi eressero un notevole monumento[31].

Nel 484 a.C., nel territorio antistante la città, i Volsci inflissero in battaglia una dura sconfitta alle legioni romane, condotte da Lucio Emilio Mamercino, costringendole ad una clamorosa fuga notturna[32]. Avendo poi Mamercino condotto la sua armata, nottetempo, a Longula, i Volsci da Antium partirono per attaccarla, ma in battaglia furono sconfitti e costretti a ritirarsi disordinatamente[33].

Nel 469 a.C. i Romani conquistarono e devastarono la città-castello di Cenone[18]. Nel 468 a.C., dopo aver perso la battaglia di Antium, gli Anziati si arresero ai Romani, che stabilirono un presidio armato in città[34]. L'anno seguente Roma fondò una colonia di diritto latino nel territorio anziate[35]. Ma in seguito, nel 459 a.C., in una battaglia sanguinosa assediò nuovamente e conquistò Antium, dopo che i Volsci anziati coi coloni romani si erano ribellati al suo controllo; la città fu depredata, i maggiori responsabili della rivolta uccisi[36][37].

A testimonianza della "riconquista" latina operata sotto l'egida romana, Antium, inclusa nel secondo trattato fra Roma e Cartagine (348 a.C.), figurava come città in territorio latino protetta da eventuali torti da parte punica (Polibio, Storie, III, 24, 16.).

Nel 338 a.C. il console Gaio Menio Publio, nel contesto della guerra latina, guidava l'esercito contro gli Anziati ora nemici, cui erano confederati i Lanuvini, i Veliterni e gli Aricini: assaliti all'improvviso presso il fiume Astura, li vinceva e mandava in rotta[38]. Antium capitolava, ultimo caposaldo volsco definitivamente soggiogato[9], col porto di Cenone distrutto[39], e diventava la prima colonia romana[40]. Nello stesso anno, Gaio Menio faceva installare i rostri bronzei delle più vecchie navi anziati nel Foro romano (furono posti in esposizione permanente al basamento della tribuna, da allora detta rostra[41]); mentre con quelle pienamente operative, le migliori, si organizzò la prima marina militare romana.

Età romana

Lo stesso argomento in dettaglio: Torre Astura.
Busto dell'imperatore romano Gaio Cesare Germanico, detto Caligola (31 agosto 12- 24 gennaio 41), nativo di Antium secondo Svetonio e Tito Livio.
Testa in marmo dell'imperatore romano Nerone (15 dicembre 37- 9 giugno 68) presso la Gliptoteca di Monaco di Baviera. Egli era nativo di Antium.
Resti della peschiera appartenente alla villa marittima romana nel sito di Torre Astura (è visibile la torre). La prima fase di costruzione risale al I secolo a.C.. Potrebbe trattarsi della villa di Astura appartenuta a Cicerone, che ne parlava nelle sue lettere ad Attico.

Gli Anziati, ormai colonia di Roma, continuarono però a dedicarsi alla navigazione ed alla pirateria esercitata, nel III secolo a.C., fino al Mare Egeo, tanto da provocare le denunce di Demetrio I di Macedonia[15].

Agli inizi del I secolo a.C., durante la guerra civile tra il democratico Gaio Mario e l'aristocratico Lucio Cornelio Silla, Antium si era schierata col secondo, e per questo aveva poi conosciuto serie devastazioni da parte dell'esercito mariano, che trucidò la maggior parte dei cittadini[42]. Di conseguenza aveva subito una battuta d'arresto nel suo sviluppo turistico.

Superata la crisi locale, la città riprese il ruolo di soggiorno marino; ospitò eminenti romani che vi costruirono numerose ville costiere o in riva al mare, tra essi Lucullo, Cicerone e Mecenate. Anche Bruto e Cassio vi possedettero le abitazioni, dove si recarono dopo l'assassinio di Cesare, e ivi Cicerone andò per trattare riguardo alla Repubblica nonché sul partito che aveva il compito di prendere Bruto in sicurezza; unico modo, a suo dire, di salvare la Repubblica. Vi fu dunque un'assemblea nel 43 a.C., cui presero parte, fra gli altri, Favonio, Servilia madre di Bruto, sua moglie Porcia e sua sorella Tertulla, che era anche moglie di Cassio[43].

Antium conobbe il massimo sviluppo durante il periodo imperiale (vi vennero a contatto tutti gli imperatori)[44], fin da Augusto; questi, nel 1 a.C., fu raggiunto nella città da una delegazione della plebe romana, al fine di offrigli il titolo di Pater Patriae (Padre della Patria)[45]. Tiberio vi trascorreva brevi periodi di riposo, dopo le fatiche del governo. Nella città nacquero Nerone (15 dicembre dell'anno 37 d.C.)[46] che vi condusse una colonia militare[47], e, secondo Svetonio e Livio, Caligola (31 agosto dell'anno 12)[48], il quale vi sposò Giunia Claudilla[49] e in seguito Lollia Paolina. Agrippina madre di Nerone ebbe una residenza anziate, e ivi si trovava (anno 59) quando il figlio la invitò a presenziare, a Bacoli, ai quinquatria; ma in realtà per farla uccidere[50]. Nerone, in virtù della nascita ad Antium di sua figlia Claudia Augusta, prescrisse le celebrazioni dei giochi circensi in onore della Gens Claudia e Domitia, che però furono effimeri per via della morte prematura dell'infante; per la quale furono quindi proposti gli onori di una dea, nonché la consacrazione di un tempio con relativo sacerdote[51].

Meno di dieci anni dopo la morte di Nerone, avvenuta il 9 giugno dell'anno 68, la città era quasi tutta in rovina[52][53].

Ma in seguito tornò ad essere frequentata dagli imperatori, particolarmente da Vespasiano e Tito; altri come Domiziano e Adriano[54], Commodo e Settimio Severo vi fecero costruire ulteriormente, per poi, questi ultimi due, farla chiamare successivamente colonia Commodiana e Severiana[55]. Anche Traiano vi avrebbe fatto edificare[56]. Come altri, Lucio Vero ebbe l'onore di un monumento nel foro cittadino, come testimonia una lapide (Corpus Inscriptionum Latinarum: CIL, X, 6653).

Almeno ai tempi di Strabone, Antium, "di circa duecentosessanta stadi distante da Ostia"[15], aveva forse la sua parte più importante sull'altura occupata oggi dalla Villa Bell'aspetto o Villa Borghese, dove erano state scoperte molte rovine romane, di mura, sepolcri e ambienti termali[57][58][59].

Riguardo all'estensione di Antium romana, l'archeologo Antonio Nibby scriveva che "andando pertanto da Anzio a Nettuno tutta la spiaggia vedesi ricoperta di rovine imponenti di fabbriche, residui di ostraco, pavimenti di mosaico ecc. indizi tutti della popolazione che aveva occupato tutta questa costa" (Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, Vol. II, p. 404). Non lo contraddiceva lo storico e topografo Giuseppe Tomassetti[60].

E secondo il Lugli, anch'egli archeologo, "I confini del territorio anziate nell'età romana erano rappresentati ad est e a nord-est dal fiume Astura - che lo divideva dall'Agro Pontino e dalle città di Satricum e di Velitrae - fino alla località detta Guarda Passo, nella tenuta di Campomorto [oggi Campoverde]; di qui dobbiamo tirare una linea fino al miglio 29 della via di Anzio, comprendendo entro il perimetro le selve di Padiglione e di Nettuno. Il fosso del Diavolo, che sbocca in mare alla Torre S. Lorenzo formava forse il confine settentrionale fra Anzio [antica] e Ardea" (Giuseppe Lugli, Saggio sulla topografia dell'antica Antium, p. 154). Quindi la città, "destinata allo svago e al riposo dei nobili romani"[15] si estese su tutto il territorio ora occupato dalle due città di Nettuno e di Anzio, e anche oltre[61].

Paola Brandizzi Vittucci aveva concluso che: "la coincidenza della posizione di Antium con l'abitato di Nettuno era chiara agli eruditi italiani, in particolare del 16° secolo; solo in seguito la risonanza dei rinvenimenti antiquari e le tendenze razionalistiche hanno fatto trascurare queste testimonianze portando a localizzare Antium esclusivamente in Capo d'Anzio"[10].

Altresì, Plinio il Vecchio testimoniava il fiume e l'isola Astura (oggi località di Torre Astura), un tempo detta Afrodisio, colonia di Antium[62]:

Principali opere o costruzioni anziati

Dalla fine del II secolo a.C., il litorale da Tor San Lorenzo ad Astura fu costellato di ville romane. A partire dal secolo successivo, il lido tra Anzio moderna e Torre Astura si popolò di moltissime villae maritimae (con peschiera, lat. piscina, per l'allevamento ittico) del tipo delle ville d'otium, secondo la nuova concezione romana che destinava un tipo di villa suburbana al riposo e al piacere degli aristocratici, facendola perlopiù di carattere residenziale[63].

  • Infatti, secondo gli storici, molti nobili romani avevano le loro ville nei pressi del fiume Loracina, oggi Loricina (che scorre a levante del borgo medievale nettunese), nei cui dintorni infatti sono stati trovati molti reperti archeologici. È nota la presenza di diverse ville romane, situate lungo l'area di costa che si estende dal detto borgo verso occidente[64][65]. Da Tito Livio sappiamo che il pretore romano Caio Lucrezio, circa l'anno di Roma 583 (170 a.C.), aveva una villa nei pressi del fiume detto Loracina, dal quale vi conduceva l'acqua, presumibilmente tramite un acquedotto situato lì; per questo lavoro egli aveva speso centotrentamila assi[66][67][68].
  • Lucio Verazio Afro, questore e decurione di Antium, doveva abitare nell'antica zona nettunese che era prima chiamata San Biagio; qui, nel XIX secolo, furono rinvenuti sottoterra molti sepolcri, e con essi due intere iscrizioni latine nonché il frammento di una terza. Una di esse era incisa su un cippo eretto sul sepolcro di Lucio Verazio Afro[69][70][71]. Calcedonio Soffredini (Storia di Anzio, Satrico, Astura e Nettuno, 1879, p. 184) testimoniava che "[nello stesso sito] furono inoltre rinvenuti dieci piccoli cimeli di bronzo rappresentanti teste di guerrieri, forse fermagli o fibule militari, molti frammenti di statue ed ornati, fra' quali parte di una mano di dimensione colossale, indizio che in quel luogo, o poco lungi, vi fosse qualche sontuoso monumento".
  • Cicerone, nelle sue lettere ad Attico, parlava della sua casa con biblioteca, ove spesso si recava, quando non nella sua villa di Astura. Dopo aver patrocinato la causa di Tito Annio Milone, si trovava ad Antium. Aveva già riordinato la biblioteca dopo l'esilio, e teneva occupato Tirannione nel provvedere al catalogo dei libri, al fine di metterli in un posto sicuro. In seguito vendette, oltre alla casa, la cospicua raccolta di volumi a Marco Emilio Lepido, avendo già un'altra biblioteca nella villa di Astura. Attico desiderava un'abitazione ad Antium, che a quel tempo, ambita per il clima mite, era molto popolata[72][73].
  • Informava l'antiquario Pirro Ligorio, quindi anche lo studioso Calcedonio Soffredini e il Lugli, che Caio Cilnio Mecenate possedeva una villa "a sei miglia da Antium", presso le acque Caldane (oggi Tor Caldara), ove innalzò una statua ad Augusto come protettore della fonte[74][75][76].
  • La località di Astura ospitava, fra le molte ville, quella con peschiera costruita nel I secolo a.C. (potrebbe trattarsi della villa di Cicerone). I ruderi dell'imponente villa marittima mostrano le sue due sezioni: l'una sulla terraferma, oggi quasi irriconoscibile, l'altra su un'isola artificiale, coi tre lati circondati da una grande peschiera. Il settore residenziale insulare comunica con la terraferma grazie a un ponte, che come acquedotto portava anche l' acqua dolce alla peschiera, onde render l'acqua meno salata e far sopravvivere la fauna ittica. La peschiera, quadrangolare, ha al centro un recinto fatto di tre scomparti: quello di mezzo doveva avere strette vasche, le cui aperture lo collegavano con gli altri due, e questi fra di loro; così da favorire il flusso dell'acqua nei bacini e il moto dei pesci. La piscina è per la maggior parte uno specchio d'acqua "unitario", senza ripartizioni interne; sul lato verso il mare, un suo avancorpo fa da base alla Torre medievale. Esso ha vasche rettangolari, e un canale, che lo attraversa, lo fa comunicare col mare per far entrare i pesci nelle vasche. L'acqua marina si infiltrava nella peschiera anche grazie ad aperture nella diga posta sul perimetro. La notevole grandezza della peschiera può essere indicativa di un'attività di tipo industriale. La datazione della villa (deducibile dall'esame dei resti della parte residenziale insulare), è posta tra la fine della Repubblica e l'inizio dell’Impero. Nel I secolo d.C., per la villa fu costruito un approdo per le imbarcazioni (sulle rovine del quale sarebbe stata poi edificata la torre medievale), i cui moli si radicavano alla parte insulare. Seguirono, nei secoli dell'età imperiale, opere di ampliamento del settore insulare[63].
  • Fra le ville individuate sul tratto di costa a ovest di Torre Astura, ben note sono due di tipo marittimo. L'una è posta a circa 1,6 km dalla detta torre, nella località di "Banca"; la sua peschiera, scavata in un banco roccioso, ha pianta rettangolare, con un muro interno che la divide in due vasche identiche, che hanno ai lati delle banchine. È protetta da un molo. Il muro che divide le due vasche presenta una piccola apertura, che permetteva la circolazione dell'acqua all'interno. La villa di "Banca" è datata all'età augustea (27 a.C. - 14 d.C.). L'altra villa si trova invece a circa 2 km da Torre Astura, in zona "Saracca", ed ha una peschiera anch'essa ricavata da un banco di roccia (ideale per l'allevamento ittico); la piscina, semicircolare, è circondata sul perimetro da una diga, dal cui centro parte un canale diretto verso il mare aperto, con la funzione di catturare e far entrare i pesci nella peschiera. Dentro questa, oltre che due vasche minori (una ovale e una rettangolare, con la funzione di impedire l'uscita dei pesci), altre rettangolari erano disposte su tre file concentriche; al centro della peschiera vi era forse un grosso bacino centrale. In corrispondenza del canale, una vasca a forma di esagono doveva imprigionare i pesci tramite delle reti; quindi, come il detto canale, permetteva la loro cattura nonché il reflusso dell'acqua stagnante nella piscina, ai fini dell'igiene e della stabulazione. Un altro canale conduceva l'acqua dolce per limitare la salinità dell'acqua nelle vasche. Della villa si vedono scarsi resti: due ambienti, coperti con volta a botte, si osservano nella zona centrale della peschiera. Uno di essi, la cosiddetta "Chiesola", ha una notevole volta a botte, decorata da cassettoni di stucco bianco, delimitati esternamente da una cornice con ornamento di Kyma lesbio, internamente da una cornice ad ovoli e dentelli; i cassettoni hanno al centro rappresentazioni di motivi floreali. Per via della tecnica di costruzione dei muri, la villa e la peschiera sono state datate, come nel caso di "Banca", all'età augustea; interventi successivi, con tecniche diverse, dimostrano la notevole longevità dell'intera costruzione[63].
  • Nerone fece costruire dei palazzi, tra cui la sua villa imperiale sul mare[77], nonché portici, templi, impianti termali e circhi[78]. Organizzò quindi feste e giochi. Volle anche, intorno all'anno 60, l'edificazione di un nuovo porto romano[79] (del quale ancora oggi si vedono i resti, sulla costa occidentale del Capo d'Anzio[80]); era caratterizzato da moli addossati a due piccoli promontori. Quello a occidente, di cui rimangono emersi pochi avanzi, aveva una lunghezza di circa 850 metri; quello orientale, col faro alla sua estremità, era lungo 700 metri. L'imbocco, largo 60 metri, si rivolgeva a Sud Est. Non si conosce il lato diritto del porto sulla terraferma; vicino al molo occidentale hanno ancora i loro resti dei magazzini portuali. È verosimile che l'imperatore per la realizzazione si fosse servito, come per altre opere, di Severo e di Celere nominati da Tacito (Annales, XV, 42).
  • Opere d'arte, tra cui la La Fanciulla di Anzio; Il Gladiatore Borghese, oggi al Louvre; l'Apollo del Belvedere, conservato in Vaticano[81]; nonché il Gallo morente; una replica dell'Hermes Ludovisi; l’Anubi Aldobrandini e molte altre, furono rinvenute perlopiù nell'area della villa imperiale, situata sul Capo d'Anzio. In mare erano stati scoperti, in tempi diversi, la coppa della Galleria Corsini e l'Hermes Loghios, conservato nel Museo Nazionale Romano. Un importante documento epigrafico - i Fasti Antiates Minores, ora nella Galleria Lapidaria dei Musei Vaticani - fu scoperto nel 1846, durante lo scavo per costruire una strada nella vigna Mencacci, nell'odierna Anzio[82].
  • Di Vespasiano erano stati scoperti due acquedotti di piombo. Nel 1726, come riferiva l'erudita Giuseppe Rocco Volpi, fu rinvenuto un altro acquedotto, la cui iscrizione[83] indica che Vespasiano e Prosia Crispina restaurarono gli acquedotti anziati[84].
  • Adriano edificò invece depositi di grano per gli eserciti, numerosi altri palazzi e, anch'egli (come, peraltro, anche Domiziano) una biblioteca.
  • Un edificio moderno con la fronte a semicerchio si trova, nell'odierna Anzio, tra la villa Corsini ed il tratto della via Antiatina in direzione di Roma. La costruzione ha come base un antico monumento con la stessa forma, fatto con opera mista di reticolato e mattoni risalente al II secolo d.C.; alcuni lo credono un teatro, ma più probabilmente, secondo il Lugli, era un ginnasio o un circo[75]. A proposito del celebre circo anziate, il frammento di una lapide rinvenuta sul territorio, e che il Volpi (Vetus Latium Profanum, 1726-1745, Lib. VI, cap. VI, pag. 129) interpretava, sembra confermare che il censore Appio Claudio Cieco lo restaurò ed ottenne l'elogio della cittadinanza. In quel circo, come riferisce Tacito (Annales, I), si celebravano tutti gli anni i giorni della fondazione della città e delle deità protettrici; in seguito i giorni natali degli imperatori.
  • Come sosteneva Francesco Lombardi (Anzio antico e moderno: opera postuma, 1865, pp. 193-194-195) esistevano, oltre alle pubbliche, terme private, un cui resto riconobbe presso Villa Borghese, negli scavi operati per la nuova strada fra Nettuno e Anzio nel 1845; ivi, nel 1825, altri scavi avevano infatti attestato l'esistenza di bagni caldi. Inoltre lo studioso aveva visto a breve distanza, verso la spiaggia, un edificio con la volta di un'esedra crollata e vari ornamenti; la costruzione andò più tardi in rovina.
  • Come riporta il Lugli, una costruzione chiamata Sepolcro di Coriolano, a detta dello studioso Francesco Lombardi, aveva quattro celle scavate sottoterra sul ciglio posto a sud della collina de "Le Vignacce"; queste all'interno conservavano le vestigia di un antico acquedotto, pianciti di mosaico e notevoli costruzioni indicative di un importante edificio; vi si trovavano molte decorazioni, specialmente con pitture di fiori, ghirlande, festoni, geni alati e sfingi. Degno di nota era un quadro raffigurante un guerriero in piedi, che stringeva la mano destra di una donna seduta, che lo guardava sdegnosamente[75].
  • Nella parte alta della città romana (oggi S. Teresa), l'odierna villa Spigarelli di Anzio è costruita sulle estese rovine (che si estendono in leggere terrazze verso il mare) di un edificio antico, del quale rispetta la pianta, quindi i corridoi e le stanze. Inoltre si conservano interi i pavimenti in mosaico. Fra le stanze, un piccolo atrio con impluvium, un triclinio invernale pitturato, un criptoportico, una vasca, scale e molte sostruzioni. L'edificio fu iniziato verso la fine della Repubblica (opera reticolata) e varie volte ingrandito fino al tardo-impero (muri in opera laterizia e altri di opera mista a tufelli e mattoni)[75].
  • È noto il tracciato dell'acquedotto che si riforniva d'acqua dalle sorgenti dette del Turco, site a quattro chilometri dalla città romana, verso ponente, nei pressi del mare; la costruzione andava parallela alla spiaggia, leggermente sopraelevata fino a villa Sarsina; quindi volgeva a settentrione di villa Mencacci, per poi terminare in un grande castello di divisione, ove la via Antiatina confina con la villa Albani[75].
  • Francesco Lombardi, riportato dal Lugli, attribuiva ad Antium un altro acquedotto, dopo quello di cui sopra e quello del pretore Caio Lucrezio sul fiume Loricina. Sempre per il Lombardi, si trattava della costruzione principale, derivata dai Colli Albani, restaurata dall'imperatore Antonino Pio; dopo un lungo percorso, l'acquedotto giungeva in cima alla collina de "Le Vignacce", e qui si divideva in due rami: l'uno che scendeva a destra a rifornire d' acqua il palazzo e la villa imperiale; l'altro diretto ad oriente per approvvigionare la colonia[75].
  • Pare che l'intera città di Nettuno sia attraversata da una grande rete di gallerie sotterranee, che dovrebbero essere delle rovine di Antium (e che, peraltro, furono utilizzate dai soldati americani durante lo sbarco di Anzio e Nettuno).
  • Cippi di legionari romani della XII Legione anziate, come testimoniavano le loro iscrizioni, erano stati trovati sotto la gradinata della Chiesa di San Giovanni (che si trova all'interno del borgo medievale), nel corso degli scavi a Nettuno del 1937. Depositati poi nel municipio di "Nettunia porto", sparirono durante la Seconda guerra mondiale[85].
  • Nel 1830, nella "fontana vecchia", interna al borgo medievale nettunese, fu trovato un condotto murato antico, e nel suo spazio una vasca di piombo con lettere (iscrizioni) latine. Il condotto, che, molto probabilmente dalla campagna, portava l'acqua alla detta fontana, fu quindi datato almeno all'epoca romana, se non a tempi più antichi. Si è quindi ipotizzato che, sul sito della fontana, fosse stato qualche ricco e devoto possidente ad erigere un tempio al Dio del mare (Nettuno), vicino al più antico porto; come possono suggerire i tanti esempi di santuari eretti sui litorali a varie divinità[86][87].

La villa imperiale

La villa e le grotte di Nerone, sul lato ovest del Capo d' Anzio.
Le biblioteche nella Domus Neroniana, sulla costa occidentale del Capo d'Anzio.
Vestigia dell' orchestra del teatro romano sito sul del colle de "Le Vignacce" (S. Teresa).

Degna di nota è la villa degli imperatori. Le murature che caratterizzano i tantissimi ruderi dell'esteso abitato (avanzi di opera reticolata e laterizia, con absidi e nicchie, resti di portici e terrazze) che occupava il litorale ovest del Capo d' Anzio, tra il semaforo (quello dell'allora Regia Marina, al tempo in cui scriveva il Lugli) e l'attuale Faro, e in cui la villa imperiale, fra altre costruzioni, era compresa, sono principalmente in reticolato, solo o legato con mattoni (opus mixtum); a dimostrazione che le fasi principali della villa risalgono a Nerone e ad Adriano (sarebbe stata costruita nella prima età imperiale - da Augusto, poi ampliata da Tiberio - quindi da Nerone ristrutturata e dotata di porto; intorno ad essa, di quest'ultimo imperatore si sarebbe sviluppata la colonia[10]). Dunque la villa neroniana, occupante largamente il lato ovest del Capo d' Anzio, si estendeva, verosimilmente, dalla sinistra dei magazzini del porto neroniano fino all'Arco Muto; sembra dunque divisa dal detto porto da una linea quasi sottostante al Faro; su quel limite terminano i detti magazzini e, laddove sono gli edifici superiori, iniziano le sue alte sostruzioni, che presentano nicchie e speroni. Dunque le fabbriche a sinistra della suddetta linea appartengono, oltre che, probabilmente, a ville private, alla villa degli imperatori, che aveva anche un teatro o ninfeo, unico edificio identificabile; era appodiato su una terrazza artificiale, sostenuta da grandi voltoni, nei quali furono letti, nel XIX secolo, i bolli di mattone delle figline domiziane, realizzati sotto gli imperatori Settimio Severo e Caracalla. La scena del cosiddetto teatro (che il Lugli ipotizza perlopiù una delle tipiche diaetae delle ville romane, notoriamente composte di terrazze parzialmente coperte, con portici e fontane, in cui si viveva all'aperto godendosi il panorama) aveva stanze interne absidate e un fondale dotato di due avancorpi ai lati; della cavea è noto solo un settore del porticato esterno. A nord-ovest del Faro di Anzio vi sono grandi muri in reticolato, con nicchie e attacchi trasversali, e ai primi si sovrappone una grande esedra ad arco leggero, che da sul mare; si compone di due muri concentrici: l'interno sostiene un colonnato (che la contorna ed è simile a quello della domus Augustana), mentre l'esterno funge per la parte di fondo. Erano anche presenti due edifici termali, uno dei quali aveva pianta tricora con stanze interne e un largo vestibolo d'ingresso. Pressoché ovunque, fino all'Arco Muto, si trovano mosaici e frammenti in opera settile marmorea. Fu scoperta, nel 1884, la strada che conduceva alla villa imperiale. Nei pressi del cosiddetto teatro furono rinvenute, come ricorda Giuseppe Rocco Volpi, lastre di marmo con inciso un antico calendario romano, datato al 50 d.C.. Quasi nel medesimo luogo, a 35 metri a Est dell'Arco Muto, fu trovato un altro calendario di età pre-cesariana (i Fasti Antiates Maiores, di cui si parlerà in seguito)[75]. Sempre nell'area, nel 1711, nel contesto di scavi commissionati dal cardinale Alessandro Albani e supervisionati da Mons. Francesco Bianchini, furono rinvenuti i Fasti Ministrorum Domus Augustae: parte di un calendario sullo schema giuliano, abbinato ad un elenco di membri di un collegio di addetti (schiavi e liberti) alla villa imperiale[82]. In questa dimorarono moltissimi imperatori, e tra essi quasi tutti quelli del I secolo d.C.

Varie iscrizioni (Corpus Inscriptionum Latinarum: CIL, X, 6640; CIL, X, 6675; CIL, X, 6703; CIL, X, 6726) citano anch'esse schiavi e liberti legati alla casa imperiale, provando ulteriormente l'esistenza di un determinato corpo civico, conseguente alla presenza della villa, peraltro caratterizzato da continuità: gli individui citati rivendicano ascendenza servile riguardo a nobili e imperatori[82].

Per la tutela del patrimonio è stato istituito, nel Luglio 2014, il Monumento Naturale "Villa e Grotte di Nerone e relativa area archeologica marina"[88].

Il teatro romano

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro romano di Anzio.

Sezione a parte merita anche la descrizione di un teatro imperiale, emerso dagli scavi nel XX secolo nell'area de "Le Vignacce". La costruzione rinvenuta, con un lungo colonnato dietro alla scena, ha un diametro di 30 metri; la sua cavea è suddivisa in 11 cunei, che un corridoio semicircolare coperto taglia a metà. Un fornice centrale e due laterali, nei pressi della scena, consentivano di entrare nella cavea. La scena aveva stanze sottoterra destinate agli attrezzi, nonché camere riservate agli attori. Rispetto a questa, il portico sul retro aveva lunghezza ben maggiore (originariamente, era dotato di 18 colonne, poi ridotte a 14). Tutta l'ossatura muraria era rivestita di marmo, a testimonianza della destinazione a pochi spettatori di rango scelto[75].

Riguardo ai principali templi

Antium romana ne aveva molti, e tra essi:

  • Il tempio della Dèa Fortuna (di cui tuttora non sembra rimanere traccia)[89] che secondo molti storici sorgeva nel sito della Chiesa di San Francesco, a Nettuno, al di sotto della quale si sarebbero le sue vestigia[90][91]. Marco Valerio Marziale (Epigrammi, Lib. V, epig. 1) intendeva la collocazione del tempio nel sobborgo di Antium; quindi, presumibilmente, nel Cenone. Lo scrittore Macrobio (Saturnalia, Lib. I, cap. 23) informa che ad Antium vi erano i simulacri di due Fortune; i quali però, come riferisce Lattanzio (De Divinis institutionibus adversus gentes, Lib. III, De falsa sapientia) rappresentavano un solo nume;
  • Il tempio di Ercole, le cui rovine si troverebbero al di sotto o nei pressi dell'attuale Forte San Gallo (sul cui pianoro vi era un antico edificio romano, presumibilmente una villa marittima), nell'area della villa Belvedere, dove nel 1863 fu rinvenuta una statua marmorea di questo dio, la cui gamba era stata trovata, nel 1845, più a ponente, presso la Batteria Pamfili[92][93];
  • Due templi del Dio Nettuno, uno dei quali si sarebbe trovato presso la villa imperiale (Anzio odierna)[94]; mentre l'altro, presente, presumibilmente, già nell'Antium pre-romana, doveva avere le sue rovine sotto l'attuale chiesa di San Giovanni, interna al borgo medievale di Nettuno[95][96][97]. Il Volpi (Vetus Latium Profanum, 1726-1745, pag. 188) nella tavola XVII della sua opera riportò quattro are rostrate, scoperte nel menzionato borgo, dove doveva sorgere il più importante e antico tempio di Nettuno: in una è scolpita questa divinità, che alla sua sinistra ha un tridente con la scritta Ara Neptuni e alla destra un delfino; l'altra, dedicata ai venti, rappresenta Eolo loro re che suona una buccina, che ha la dicitura Ara Ventorum; la terza riporta solo un tridente; la quarta mostra una nave a vele spiegate, con la scritta Ara Tranquillitatis;
  • Il tempio di Esculapio[98] e di Apollo, presente dall'epoca pre-romana. Delle due divinità furono rinvenute, a levante del borgo medievale nettunese, le statue in ottime condizioni[99]; come testimonia Giuseppe Rocco Volpi (Vetus Latium Profanum, 1726-1745), insieme alla statua di Apollo fu scoperta una lapide con iscrizione, di cui parlava anche Calcedonio Soffredini[100];
  • Il tempio di Venere Afrodisia, che avrebbe dovuto trovarsi non lontano dal porto neroniano[101][102].
  • Il tempio di Mitra o Mitreo, che doveva anch'esso esser posto nei pressi del suddetto porto, a ovest, poiché in quella zona l'erudito archeologo Filippo Della Torre, sul finire del XVII secolo, scoprì una lapide raffigurante una tauroctonia: vi è scolpito un giovane vestito in modo succinto e con manto ondeggiante, col tutto che gli scende dalla spalla sinistra. Sulla testa ha un berretto frigio e sta per stendere un toro, su cui preme col ginocchio sinistro; con un pugnale nella mano destra, lo ferisce al collo, mentre lo blocca con l'altra. Sui lati vi sono tre garzoni che brandiscono torce; davanti un serpente e un cane, e sotto il toro, un granchio; poco distante, un piccolo vaso. In alto, a simboleggiare il Sole, vi è un giovane che sovrasta due uccelli[103][104]. Altresì, Pirro Ligorio e il Volpi (Vetus Latium Profanum, 1726-1745, Lib. IV, cap. IV, p. 80) riportavano un'iscrizione latina, prova dell'esistenza ad Antium di un Mitreo con suoi sacerdoti.

Le divinità oracolari: le Fortune Anziatine

Più fonti riconoscono l'esistenza ad Antium di due Fortune sorelle, venerate, che da oracoli predicevano il futuro. Tra gli scrittori che ne fanno menzione vi è Marziale (Epigrammi, Lib. V, epig. 1). Al detto tempio della Dèa Fortuna ci si recava per conoscere l'avvenire, sia tramite le sorti dette Anziatine, sia coi responsi che dava la Dèa. Delle prime ci informa Svetonio (De vita Caesarum libri VIII, IV, 57-58): per cui l'imperatore Caligola fu ammonito dalle Fortune Anziatine di essere in pericolo, di guardarsi da Cassio Cherea; onde egli sbagliò persona facendo uccidere Cassio Longino proconsole in Asia; fu quindi ucciso dai congiurati, Cherea presente. Come scrisse Macrobio (Saturnalia, Lib. I, cap. 23), le statue delle due Fortune di Antium (le quali come detto, rappresentavano un'unica divinità) venivano trasportate, così procedevano per dare responsi.

Sulle principali strade

  • La via Antium-Lanuvium (di cui un tratto, identificato con la via storica dallo studioso G. M. De Rossi, è oggi visibile nella località nettunese "La Campana", dove è stato stato dissotterrato nel 2002) affondava le sue radici in un'epoca molto antica, forse nell'VIII secolo a.C.. Iniziava da Lanuvium e, entrata nel territorio di Nettuno odierna, andava verso "La Campana" e poi in direzione del "Fosso dell’Armellino"; passava poi attraverso la località dei "Cioccati" e, superato il ponticello sul torrente "Pocacqua" (zona Tinozzi), assumeva una biforcazione: il ramo principale proseguiva verso Anzio moderna, mentre il secondario, in direzione Sud Est, continuava a Nettuno lungo le attuali via di San Giacomo e via Romana (che giunge a Piazza Mazzini, nelle adiacenze settentrionali del borgo medievale, che, un tempo più esteso, ospitava al suo interno la strada e la piazza), per poi terminare, finalmente, al litorale. Questo tratto ultimo della via era documentato nel '500 come “strada romana”, nome che infatti conserva ancora oggi[105]. Inoltre una seconda via forse si staccava dalla direttrice principale che partiva da Lanuvium, a circa 2 km prima di "Torre del Monumento", e puntava direttamente a Nettuno centro (il borgo suddetto)[63][106][107].
  • La via Antiatina, in corrispondenza della porta anziate rivolta verso Roma (quella occidentale), si congiungeva con la via Severiana, e nel tratto extra-urbano aveva lo stesso tracciato della moderna Via Nettunense.
  • Una progettata via annonaria costiera, cui la villa imperiale sembrava funzionale, era destinata a rifornire Roma[10].
  • Come accennato, la città era attraversata dalla famosa via Severiana, costruita nel 198 dall'imperatore Settimio Severo; collegava Portus a Terracina. Ad Antium, nel punto in cui usciva dal vallo latino-volsco verso Astura, la detta via attraversava la porta orientale della città, e si trovava anche in asse, verso il mare, con la porta meridionale.
  • Come si evince da Cicerone (Epistulae ad Atticum, II, 12), da Antium una strada verso nord-est giungeva sulla via Appia alla località di Tres Tabernae: "..emerseram commodum ex Antiati in Appiam ad tris tabernas ipsis Cerialibus, cum in me incurrit Roma veniens Curio meus".

I Fasti Antiates Maiores

Lo stesso argomento in dettaglio: Calendario romano e Calendario giuliano.

Rinvenuti presso la Villa di Nerone sul Capo d'Anzio (di qui il nome Antiates), rappresentano l'unico calendario romano precedente alla riforma giuliana (dunque un esempio del calendario di Numa) sopravvissuto ai giorni nostri. I Fasti presentano una datazione tra l'84 a.C. e il 55 a.C.; trattasi di una affresco scoperto in frammenti, che però ne permettono un'ampia e sicura ricostruzione, tale da renderlo nuovamente un calendario completo. I Fasti Antiates Maiores sono ora esposti nel Museo Nazionale Romano, a Roma.

Insieme ad essi, i frammenti di intonaco recuperati nel sito consentirono di ricomporre un altro pannello: una lista di consoli dal 164 a.C. all'84 a.C.[82].

In età tardo-antica

Secondo Paola Brandizzi Vittucci, seguì poi la decadenza dei nuclei abitativi già dal III secolo d.C e lo sviluppo della comunità cristiana con sede vescovile, che si fece carico dell'amministrazione e dell'approvvigionamento annonario. Sempre per la studiosa, accanto alla civitas tardo-antica (che localizza nel territorio dell'odierna Nettuno), sorgeva nel VI secolo d.C. il borgo fortificato (da cui deriva il borgo medievale nettunese)[10].

Sappiamo che il proconsole della Campania, Anicio Auchenio Basso, intorno al 380 aveva fatto restaurare le terme pubbliche anziati, come testimoniato da un'iscrizione[108].

Dunque è attestata la presenza, nel V secolo d.C., della Dioecesis Antiatensis, sede vescovile titolare della Chiesa cattolica. Poco si conosce della diocesi di Antium, che per alcuni studiosi aveva come suo patrono il martire romano sant'Ermete. Sono noti, dalle sottoscrizioni dei concili di Roma, i nomi di tre vescovi che vi esercitarono il governo: di Gaudenzio, che nel 465 prese parte ad un sinodo di Roma; di Felice, che nel 487 partecipò ad un altro sinodo romano; e di Vindemio, che fu presente ai sinodi banditi da papa Simmaco nel 499, del 501 e in seguito.

Distruzione di Antium e sua eredità storica

La diocesi di Antium fu poi soppressa nel VI-VII secolo d.C., per via delle incursioni barbariche, per venire incorporata nella Diocesi di Albano.

Il porto neroniano doveva essere ancora agibile fino al 536-537, se Procopio di Cesarea scriveva che navi romane erano approdate sul lido anziate per mandare viveri a Roma assediata dai Goti[109].

Come accennato, all'inizio del VI secolo d.C. Antium, fra molte altre, fu oggetto di saccheggio e distrutta dai Goti di Vitige, che seminavano morte e distruzione per il Lazio[110].

La storiografia sembra concorde nell'affermare che il "castello di Nettuno", agli inizi del Medioevo, continuò la storia di Antium, né raccolse l'eredità sviluppandosi sul suo territorio come paese successore. Se Antonio Nibby ipotizzava che i "primitivi abitanti" nettunesi non fossero degli anziati susperstiti, ma gente venuta da altrove[111], altri orientamenti propendono per una versione secondo cui, in seguito alle incursioni gotiche e a quelle successive dei Saraceni (avvenute a partire dall' VIII-IX secolo), abbandonati l'antico porto neroniano e gli altri siti, gli Anziati sopravvissuti si spostarono o concentrarono in massa in un oppidum o borgo (che anticamente era forse il Caeno o Caenon, e che già dal periodo intorno al I secolo d.C. aveva probabilmente assunto il nuovo nome Neptunus, prendendolo dal possibile tempio, al suo interno, dedicato all'omonimo dio[112]), dove si fortificarono subito intorno a un tempio del dio Nettuno; di qui derivò il noto borgo medievale, che quindi assunse (se, come detto, non l'avesse già da molto prima) la denominazione Neptunus.

Quell'abitato che era stato quartiere di Antium, si pose come nuova città e ne ereditò tutto il territorio[113].

A tal riguardo, è importante citare il Lugli: «Anzio, come tutte le città marinare della costa tirrenica, fu soggetta all'inizio del Medioevo alle incursioni dei pirati e dei Saraceni, per cui il porto [neroniano] fu danneggiato e la città abbandonata, e nel vasto territorio rimasero soltanto una domusculta (Liber Pontificalis, ediz. Duchesne, I, p. 435) e una torre di segnalazione. [...] Nell'età papale la popolazione si era spostata di un paio di chilometri più a sud, intorno al castello di Nettuno, situato in località meglio difensibile dal mare, e la nuova città aveva assunto la eredità di Anzio»[114][115].

Infatti, in un'opera edita nel 1674 è riportato che: Antium urbs olim episcopalis, et colonia Latii maritimi [...] ab Ascanio Aeneae filio, sive ab Antio rege conditum et a Saracenis eversum. Nunc ibi Neptunium Oppdum [...] Antio nunc etiam dicitur, Antio rovinato" (Filippo Ferrari, Michel Antoine Baudrand e Domenico Magri, Lexicon Geographicum: In Qvo Vniversi Orbis Vrbes, Provinciae, Regna, Maria, & Flumina recensentur, Cadorinus, 1674, vol I, pag. 42).

Dello stesso avviso erano stati l'archeologo Carlo Fea[116] e Giuseppe Tomassetti[117].

Degna di nota è la ricerca della studiosa Paola Brandizzi Vittucci, che ha confutato l'origine solo medievale dell'abitato di Nettuno: questo era già presente nell'antica Antium[10].

Ad ogni modo, il borgo o castello di Nettuno aveva probabilmente quel nome, e si era posto come nuova città erede, già nel VII secolo, quindi come tale doveva essere presente al momento dell'arrivo dei Saraceni. Antium dovette cessare la sua esistenza, o comunque di chiamarsi col vecchio nome, già agli inizi del VI secolo[118]. Il borgo di Nettuno sembrava rientrare, intorno all'anno 778 d.c., nel territorio del Ducato Romano[119].

L'area dell'odierna città di Anzio andò ripopolandosi, molto lentamente, solo nel XVIII secolo, in seguito all'inaugurazione del porto innocenziano (1700)[120]. Il nome di Antium (nella forma italianizzata di Anzio) tornò definitivamente in auge nel 1827, con la nascita del Comune di Nettuno e Porto d'Anzio. Con effetto giuridico dal 1º gennaio del 1857, il pontefice Pio IX istituì il Comune di Anzio, cedendogli un quarto di Nettuno[121]. Dunque a quest'ultima la nuova città si affiancò nell'ereditare il patrimonio degli antichi anziati.

Nel Medioevo quindi il borgo nettunese era il solo a rappresentare l'eredità della vecchia Antium[122]. Molte iscrizioni marmoree ritrovate recitano Neptunum olim Antium, ossia "Nettuno una volta Antium", oppure Neptuno in Antium. Infatti gli abitanti non fecero altro che cambiare il nome dell'intera contrada da Antium a Nettuno (probabilmente in onore del Dio Nettuno). Altresì, una stampa relativa a Nettuno, nell'opera Nova et accurata Italiae Hodiernae descriptio edita dal cartografo Jodocus Hondius nel 1627, riporta NEPTUNIUM, olim Antium[123]. Su una carta topografica di Innocenzo Mattei del 1674, illustrante il Lazio antico, si legge "Nettuno una volta Antium navale [il Cenone], e, Antium distrutta - Tempio della Fortuna - dove nacque l'imperatore Nerone e Col.[colonia]", sotto l'asterisco che indica Nettuno[124]. Almeno generalmente, i Nettunesi avevano la consapevolezza di far parte di quel territorio una volta chiamato Antium, e ci tenevano a chiamarsi Anziati, per differenziarsi da tutti coloro che giungevano da altre località[125][126].

Personaggi

Note

  1. ^ Lemma: Antĭum in «dizionario-latino.com».
  2. ^ La moderna Anzio sorse il 1º Gennaio 1857, per separazione da Nettuno, secondo l'ordine emanato il 26 Giugno 1856 dal pontefice Pio IX (P. Francesco Lombardi, Anzio antico e moderno: opera postuma, Roma, Fratelli Pallotta Tipografi, 1865, p. 389, nota n. 1).
  3. ^ Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma (3 voll.), Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848; Giuseppe Tomassetti, La Campagna romana antica, medioevale e moderna, a cura di L. Chiumenti e F. Bilancia, Firenze, Olschki, 1979-’80, vol II; Paola Brandizzi Vittucci, Antium. Anzio e Nettuno in epoca romana, Roma, Bardi Editore, 2000, ISBN 88-85699-83-9; Giuseppe Lugli, Saggio sulla topografia dell'antica Antium, Roma, RIASA 7 (1940), pp. 153-188.
  4. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I, 63.
  5. ^ Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, vol. I, pp. 166-167.
  6. ^ "Deinde constituta ab Ascanio Longa Alba, Fidenæ, Antium.." Gaio Giulio Solino, De mirabilibus Mundi, cap. II.
  7. ^ Riguardo alla necropoli di Antium arcaica, Giuseppe Lugli così scriveva: "La scoperta di un considerevole gruppo di tombe dell'età del ferro, avvenuta alcuni anni fa nella zona ad occidente del faro [l'attuale Faro di Anzio] fissa il sito della necropoli arcaica in quel luogo, cioè subito fuori della cinta preromana. Si rinvennero circa venti tombe che appartenevano al periodo fra l'VIII e VII secolo a. C.; le tombe più antiche erano a cremazione, le più recenti a inumazione; il materiale somiglia molto a quello dei corrispondenti sepolcri dei Colli Albani e fa pensare che si tratti di popolazione latina, anziché volsca" (Giuseppe Lugli, Op. cit., p. 181).
  8. ^ Recentemente sono stati scoperti materiali appartenenti a un gruppo di tombe databili tra il IX e il VII sec. a.C. (quindi alla fase "laziale"), rinvenute nel 1962, nell'area di Viale Severiano (Anzio odierna) e poste all'interno del vallo che circondava la città pre-romana.
  9. ^ a b Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, vol. I, p. 166.
  10. ^ a b c d e f Paola Brandizzi Vittucci, Antium. Anzio e Nettuno in epoca romana, 2000.
  11. ^ Lo studioso Giuseppe Lugli collocava la città volsca e l'acropoli volsca, fortificate da un vallo (detto volsco), nella sola località collinare de "Le Vignacce", occupata dall'attuale zona di S. Teresa, sovrastante la zona costiera del Capo d'Anzio (indicava l’acropoli situata nelle immediate vicinanze della città, più a oriente). Antonio Nibby (Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1849, Vol. I, pp. 181 e 184) argomentava invece che Antium pre-romana, nel suo complesso, da "Le Vignacce" si estendesse molto più a oriente, quindi su tutto il "ripiano scosceso e dirupato" (dominante la costa) fino più oltre il "casino" della Villa Borghese (a Nettuno): dunque la sua acropoli, la "cittadella originale", era posta nel sito dell'attuale Palazzo Borghese. Di diverso avviso P. Francesco Lombardi, che voleva l'acropoli, la "Cittadella primitiva", nell'area del Palazzo Pamphily (P. Francesco Lombardi, Anzio antico e moderno: opera postuma, 1865, pp. 84-85). L'insieme delle ricerche fino ad oggi sembra comunque confermare l'estensione dell'abitato fortificato fino al mare, almeno nell'area del Capo d'Anzio.
  12. ^ A conferma dell'origine latina di Antium, il vallo presenta caratteristiche del tutto simili rispetto alle mura di antiche città latine come Aricia, Gabii, Lavinium e Ardea. Inoltre, lo scavo operato dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio (1980-1981) ha consentito di datare una prima fase di costruzione dell'aggere, corrispondente a un periodo non successivo alla metà del VII sec. a.C., quindi alla fase protostorica di Antium, precedente all'arrivo dei Volsci.
  13. ^ Per l'archeologo Antonio Nibby, la città "primitiva stava a nord, e nord-est della Terra odierna [la moderna Anzio]". Quindi Antium, posta sul "ripiano de'dirupi" a piccola distanza dal mare, si trovava "in luogo facile a difendersi" (Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, Vol. I, p. 181)
  14. ^ La tesi di Paola Brandizzi Vittucci (Op.cit.) sostiene in effetti che l'insediamento con vallum e necropoli, cioè a dire l’oppidum protostorico e la prima colonia latina (467 a.C.) sono ubicabili nel sito di Anzio odierna (Colle delle Vignacce).
  15. ^ a b c d Strabone, Geografia, V, 3, 5.
  16. ^ Livio chiamava la città col nome di Caenonem, mentre Dionigi di Alicarnasso utilizzava il termine navale (Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IX, 56; Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, II, 63).
  17. ^ I Volsci, insediatisi ad Antium, iniziarono ad utilizzare il Cenone che era già esistente al loro arrivo (Paolo Blasimme - Zarone, La portualità nettunense, in Monsignor Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986)
  18. ^ a b Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IX, 56.
  19. ^ Per la studiosa Paola Brandizzi Vittucci (Antium. Anzio e Nettuno in epoca romana, Roma, Bardi Editore, 2000) il porto di Cenone (il cui nome latino, Caenum, vuol dire "fango" e indica un semplice "ricettacolo per navi", piuttosto fangoso, poco profondo e di natura paludosa, ossia un pantano) con l'omonimo oppidum si trovava in corrispondenza del fiume nettunese Loricina, che scorre ad oriente del borgo medievale di Nettuno; in origine di portata ben maggiore rispetto ad ora, quel corso d'acqua attraversava un'area oggi sommersa, un bacino circolare dal fiume reso paludoso, fangoso e leggermente depresso; quel sito, in carte geografiche come quella di Antonio Lafréry (XVI secolo) veniva appunto indicato col nome "Pantano". In linea con altri studiosi, Giuseppe Tomassetti sosteneva che "l' arsenale marittimo Cenon [...] corrisponde, per consenso dei topografi, al Castello di Nettuno" (il detto borgo medievale). Riguardo alla parte del porto, in accordo con altri, la collocava nel basso del detto Castello, prossima al Loricina; come detto, Caenum=fango (Giuseppe Tomassetti, Op. cit, pag. 372). Per altri studiosi, come Antonio Nibby (Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, 1848, Vol. I) e Giuseppe Lugli (Saggio sulla topografia dell'antica Antium, 1940), il Cenone era invece situato nel luogo poi occupato dal porto neroniano, o nelle sue immediate vicinanze; dunque sul Capo d'Anzio, a sud-ovest della città alta (Antium con la sua acropoli). La loro tesi ritiene l'area particolarmente adatta per ospitare un porto, considerate le successive costruzioni del porto neroniano e di quello innocenziano.
  20. ^ Nell'odierna Nettuno, a oriente del borgo medievale, fu ritrovata un'iscrizione marmorea, forse risalente al II secolo d.C., in cui si accenna (oltre che all'esistenza di un tempio di Apollo), anche alla presenza di una sorgente d'acqua, di un foro per il mercato di erbe e di bestiame, di depositi di grano e di vestigia del "porto di Nettuno"; il testo è riportato nel Corpus Inscriptionum Latinarum, repertorio epigrafico ufficiale (CIL, VI, 29830 cfr. 36613): T(emplum). APOLLINIS AQUAE. PEN. Mle FOR. BOARIUS PORT(us). EX NEPTUNI FORI. OLITORIUS HORREA BAL. FAUSTINA. La sorgente pare corrispondere alla nota "fontana vecchia", presente all'interno del menzionato borgo; i depositi di viveri ai molti pozzi di grano che una volta erano visibili nella piazza detta "dei pozzi" (l'odierna Piazza Mazzini, confinante col suddetto borgo, che un tempo era più esteso e la racchiudeva), e il porto a quello dell'antico Cenone (Monsignor Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986, pp. 13 e 179); del quale in epoca romana si dovevano vedere ancora i ruderi. Anche Dionigi di Alicarnasso (Antichità romane, IX, 56) descriveva il Caenum, oltre che come "porto degli Anziati", anche come "foro per il mercato e il deposito dei loro viveri". Lo studioso Giovanni Matteucci ricordava che gli antichi parlavano del Cenone con le stesse parole dell'iscrizione sovraesposta: "Citandoci i primi Storici il Cenònis, Forum, horrea [il Cenone, foro e deposito di di grano]: locché mostra di secoli tanti e tanti la Opulenza in Mare e per terra di quegli industri e potenti Anziati" e inoltre sosteneva che l'espressione della lapide, PORTUS NEPTUNI, lascia intendere che il porto di Cenone, in età romana interrato e in rovina, già durante l'Impero aveva smesso di essere ricordato col nome originario, a vantaggio di Neptunus; stessa denominazione del suo borgo, l'oppidum adiacente (in precedenza chiamato Caenon, che secoli dopo sarebbe divenuto il citato borgo medievale), che si chiamava così fin dal periodo intorno al I secolo d.C. (Giovanni Matteucci, Cenni storici sull'Anzio antico, Nettuno e Porto d' Anzio, Tip. di D. Vaselli, 1872, pp. 19-20) Si pensa quindi che il porto di Cenone fosse collocato nell'odierno territorio di Nettuno: nell'intervallo tra l'attuale borgo medievale e il fiume Loricina, prossimo ad entrambi; oppure lo si colloca in corrispondenza del detto corso d'acqua, il quale scorre non lontano dal borgo, a oriente.
  21. ^ Cicerone, nelle sue epistole ad Attico, accennava forse al Castello (oppidum) di Caenon, situato presumibilmente alquanto a sud di Antium, in direzione della sua villa di Astura (questo oppidum doveva quindi ancora esistere in epoca romana, sebbene ormai privo del porto); ciò farebbe supporre che l’oppidum di Cenone fosse situato in corrispondenza del borgo medievale di Nettuno o del fiume Loricina (secondo la proposta "nettunese" di alcuni studiosi), e rappresenterebbe un'ulteriore conferma che era sempre stato una cittadella (certamente fortificata) distante da Antium. Così scriveva l'oratore (Epistulae Ad Atticum, IV, 8): «aedificati tibi in agris nihil reperio. in oppido est quiddam, de quo est dubium sitne venale, ac proximum quidem nostris aedibus», ossia: «In campagna non riesco a trovare per te nessun fabbricato. Nel castello c'è qualcosa, ma non si sa bene se sia in vendita; sarebbe nelle immediate vicinanze della mia casa». Seguivano altri probabili riferimenti (Cicerone, Epistulae Ad Atticum, XII, 19; XIII, 26, ecc.)
  22. ^ Nei tempi antichi Antium era stata una località dove si raccoglievano numerose imbarcazioni, da cui partivano incursioni di pirateria (Strabone, Geografia, V, 3,5).
  23. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IV, 49, I.
  24. ^ Polibio, Storie, III, 22, 11.
  25. ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VI, 6; VIII, I.
  26. ^ "...che Antium era il centro delle operazioni, che a Ecetra coloni di Antium tenevano apertamente delle riunioni; quello era il punto di riferimento, quelle le forze della guerra" (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, III, 10).
  27. ^ "...gli Anziati fondarono una colonia a Satricum, che fu così ricostruita..." (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VII, 27). "...Satricum, dove gli Anziati avevano raccolto non soltanto la gioventù dei Volsci, tratta dalla nuova generazione, ma anche un massiccio contingente di Latini ed Ernici" (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VI, 7). "...un esercito di Volsci, alla cui testa erano gli Anziati, si era accampato nei pressi di Satricum" (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VIII, 1).
  28. ^ Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, vol. I, p. 166; F. Lombardi, Anzio antico e moderno: opera postuma, 1865, p. 25.
  29. ^ Plutarco, Vite parallele, 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XXII, 1.
  30. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, VIII, 1-36.
  31. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, VIII, 59.
  32. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, VIII, 83-85.
  33. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, VIII, 86.
  34. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IX, 57-58.
  35. ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, III, 1.
  36. ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, III, 22-23.
  37. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, X, 21.
  38. ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VIII, 13.
  39. ^ I Romani nel 338 a.C. distrussero il Cenone incendiandolo insieme al naviglio, al fine di renderlo definitivamente inutilizzabile. Infatti, già dal III secolo a.C. non sembrava rimanerne traccia, cosicché Strabone (Geografia, V, 3,5) al suo tempo definiva Antium "urbs umportuosa", ossia priva di porto. (Paolo Blasimme - Zarone, La portualità nettunense, in Monsignor Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986).
  40. ^ In virtù di una politica di integrazione, Roma concesse agli anziati superstiti (tra quelli non ridotti in schiavitù né uccisi) la cittadinanza. Avrebbero infatti potuto iscriversi di persona alla nuova colonia, se lo avessero voluto. Si videro sequestrare parte delle navi da guerra, incendiare le altre; quindi gli fu interdetta la navigazione (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VIII, 14.). Per rispondere alle loro richieste, il senato gli accordò la concessione di "patroni" al fine di riorganizzare le leggi della colonia (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, IX, 12). In tal modo, Roma si valse dell'esperienza cantieristica anziate, per creare una valida flotta in grado di primeggiare nel Mediterraneo.
  41. ^ Per Lucio Floro le navi rostrate erano sei (Lucio Anneo Floro, Rerum romanorum, I, IX); Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, VIII, 14.
  42. ^ F. Lombardi, Anzio antico e moderno: opera postuma, 1865, pp. 80-81; Appiano, Historia romana, De bellis civilibus, Liber I, VIII, 69.
  43. ^ Cicerone, Epistulae Ad Atticum, XV, 12; Appiano, Historia romana, De bellis civilibus, Liber II.
  44. ^ Soprattutto i Cesari della Dinastia giulio-claudia frequentarono molto la città.
  45. ^ Svetonio, De vita Caesarum libri VIII (testo latino), II, 58.
  46. ^ Vi nacque, nel 63 d.C., anche sua figlia Claudia Augusta (Tacito, Annales, XV, 23); durante il grande incendio di Roma del 64 d.c., Nerone si trovava ad Antium (Tacito, Annales, XV, 38, 42).
  47. ^ Tacito, Annales, XIV, 27
  48. ^ “[...] tanto più che Antium fu, tra tutti, il luogo e il ritiro da lui preferito, proprio come si predilige il luogo della propria nascita. Si dice persino che, annoiato dell’Urbe, abbia pensato di trasferirvi la sede dell’Impero” (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, IV, 8); Svetonio, De vita Caesarum libri VIII (testo latino), IV.
  49. ^ Svetonio, De vita Caesarum libri VIII (testo latino), IV, 12.
  50. ^ Tacito, Annales, XIV, 3-4.
  51. ^ Tacito, Annales, XV, 23.
  52. ^ Plinio il Vecchio, morto nel 79 d.C., scriveva che "Antium] Nunc quoniam sola supersunt rudera [...] Neronis haec patria" che vuol dire "Antium: per ora, rimangono solo rovine [...] questa patria di Nerone" (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Lib. III, 9).
  53. ^ "Dopo l'epoca di Nerone niuna notizia ci resta più di Anzio, che meriti di essere menzionata" (Antonio Nibby, Viaggio antiquario ne' contorni di Roma di Antonio Nibby membro ordinario dell'Accademia Romana di Archeologia. Roma, Vincenzo Poggioli stampatore camerale, 1819, Tomo II, p. 232)
  54. ^ Adriano ad Antium ebbe un'illustre reggia, che in Italia era tra quelle in cui aveva avuto maggior piacere (Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana, VIII, cap. 20).
  55. ^ Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio, I; III.
  56. ^ Francesco Bianchini, De lapide Antiati epistola ... in qua agitur de Villa Hadriani Augusti in Antiati Colonia etc, Antonius de Ruberis, 1698.
  57. ^ "Tutto il tratto però fra Anzio, e Nettuno dovea essere occupato dall'antica città [Antium] come dalle rovine apparisce. Anzi da questa parte [dunque anche a Nettuno, nell'area della Villa Borghese, che confina con Anzio odierna] esister dovea l'antica città a' tempi di Strabone [(Geografia, V, 3, 5)] che la dice posta sopra rupi" (Antonio Nibby, Viaggio antiquario ne' contorni di Roma, 1819, pp. 235-236). Ancora Antonio Nibby (Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, vol. I, p. 184) scriveva che il sito del Palazzo Borghese (nella Riserva di Villa Borghese) al tempo della colonia di Nerone dovette fungere da Capitolium, punto culminante.
  58. ^ "Altra scoperta dell’epoca [anni '20 dell'Ottocento] è stato il ritrovamento di antiche mura, sepolcri ed ambienti termali in un terreno adiacente alla Villa Costaguti (oggi Villa Borghese)" (Giancarlo Baiocco et al., Nettuno. La sua storia, Pomezia, Arti grafiche s.r.l, 2010, p. 74).
  59. ^ "Si arriva a Nettunno per una buonissima strada la quale passa davanti alla villa [Borghese], e corre in un bosco di sugheri e di elci, dove s’incontrano parecchi avanzi di mura romane" (Ferdinand Gregorovius, Idilli delle spiagge romane, 1854, in Ricordi storici e pittorici d'Italia per Ferdinando Gregorovius, trad. di Augusto di Cossilla, Milano, Manini, post 1865, vol. I, p. 124).
  60. ^ "Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio" (Giuseppe Tomassetti, Op. cit., p. 366).
  61. ^ E il Lombardi scriveva: "La colonia romana [Antium] occupò dapprima la stessa posizione [dell'Antium volsca]: ma divenendo in seguito angusta per l'aumento de' cittadini e pe' vasti edifici che vi si costruivano, convenne che a poco a poco si dilatasse fuor della cerchia primitiva, scendendo fino al mare, e dilungandosi col suburbano fino a Caldane verso ponente, e fino ad Astura verso levante". Dopo aver riportato le parole di Plinio il giovane (Epistularum libri, II, 17, A Gallo): "tutto il lido è ornato di ville, le une contigue, le altre separate, che per la loro differente bellezza formano il più incantevole aspetto del mondo, ed insieme offrono a' tuoi occhi più d'una città" aggiungeva: "A levante, poi, tutta la deliziosa curva fino ad Astura ne era fiorita, com'è a vedersi dagli avanzi che tratto tratto appariscono sul lido. Grandiosi in ispecie sono quelli che trovansi al quarto miglio, oltre Nettuno, in un sito nominato i Grottoni [località de "Le Grottacce", nel territorio di Nettuno] parte de' quali sono di opera incerta, cioè dell'era repubblicana, e parte di opera reticolata, appartenente a' primi tempi imperiali" (P. Francesco Lombardi, Anzio antico e moderno: opera postuma, 1865, pp. 86 e 102-103).
  62. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 57.
  63. ^ a b c d Giancarlo Baiocco et. al., Nettuno. La sua storia, 2010.
  64. ^ Lo studioso Luigi Jacono (Piscinae in litore constructae, in Notsc, 1924, p. 333-340) documentò graficamente, nei primi anni del XX secolo, la struttura di tre peschiere che aveva individuato e osservato sul litorale di Nettuno (una di queste, di cui un resto era conosciuto come "Scoglio Orlando", era situata davanti alla "marciaronda" del borgo medievale, oggi scomparsa). Le dette peschiere sono oggi sparite, dopo che, circa il 1960, furono costruite delle dighe costiere, e fu scavato, intorno al 1983, il bacino occidentale del nuovo porto turistico (che si estende dal borgo suddetto alle adiacenze del Loricina); quelle antiche costruzioni testimoniavano la presenza di almeno tre villae maritimae. Una mappa, illustrante la "Posizione delle ville romane tra Nettuno ed Astura", individua cinque di esse sul litorale che si estende dal borgo medievale verso occidente (Giuseppe Baiocco et al., Op. cit., p. 26).
  65. ^ Nettuno – Peschiere Romane: la stupidità umana, accompagnata dalla quiescenza delle autorità hanno, negli anni, danneggiato irrimediabilmente i resti di epoca romana ancora visibili nel centro di Nettuno, in «inliberauscita.it - il primo quotidiano online di Anzio e Nettuno».
  66. ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, XLIII, 4, 6
  67. ^ "Abbiamo notizia delle seguenti ville: del pretore Caio Lucrezio, nella prima metà del II secolo a.C., lo stesso che spese 130.000 sesterzi ex manubiis per condurre l'acqua potabile ad Anzio dal fosso di Loracina (LIV., XLIII, 4, 6-7)" (Giuseppe Lugli, Op. cit., pp. 153-154).
  68. ^ Vi sono notizie su resti di acquedotto, localizzato nell'attuale Nettuno, la cui captazione ex flumine Loracinae era indicata da Tito Livio (Ab Urbe Condita Libri, XLIII, 4, 6) al 170 a.C., e che forse era stato un'opera pubblica (Paola Brandizzi Vittucci, Op. cit.).
  69. ^ Lo scavo avvenne nel territorio di Nettuno, in una vigna fra l'antica via Romana e la galleria denominata di S.Barbara; il luogo preciso della scoperta era sotto le fondamenta dell'antica chiesetta di S.Biagio, oggi scomparsa (Bullettino dell'Instituto di corrispondenza archeologica per l'anno 1878, Roma, Coi Tipi del Salviucci, 1878, p. 123-124).
  70. ^ "Nell'Ottobre del 1877, sotto una piccola chiesa antica dedicata a S. Biagio, a breve distanza da Nettuno si ritrovò un sepolcreto, e in questo due lapidi con iscrizioni latine, nonché il frammento di una terza. La prima, bene incisa e dei migliori secoli dell'impero, è la seguente: L(ucio). VERATIO C(ai). F(ilio). QUI(rina) AFRO FORO IULI VETERANO DECURIONI QUAEST0R ANTI L(ucius). MUNATIUS SABINUS (centurio) SPECUL(atorum). C(aius) MAMILIUS NAUS (centurio) COH(ortis) VII PR(aetoriae). N(umerius) NAEVIUS RUFUS (centurio) COH(ortis) VI VIG(ilum). L(ucius) VERATIUS CERTUS (centurio) LEG(ionis). HAEREDES IN FRONTE P(edes) XX IN AGRO P(edes) XX". Fra i tanti sepolcri, vi era quello "di Verazio Afro decurione e questore di Anzio [Antium], la cui città estendevasi in Nettuno ove sorgeva il tempio dedicato al dio del mare" (Calcedonio Soffredini, Storia di Anzio, Satrico, Astura e Nettuno, 1879, pp. 182-183). L' iscrizione è riportata nel Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL, X, 6674).
  71. ^ "..Lucio Verazio Afro, questore di Anzio [Antium]. Questi dimorava nei pressi dell'odierna contrada S. Biagio in Nettuno. Ivi fu rinvenuto un cippo eretto sopra il di lui sepolcro, che l'archeologo Armellini descrive. II nostro personaggio dopo aver militato, forse, nelle corti Pretoriane, compiti gli stipendi, fu dapprima nel numero dei veterani; poscia, tornato in Anzio, a quei tempi celeberrima colonia Romana, entrò nel corpo dei decurioni, finché pervenne ad essere questore. È noto infatti che Anzio ebbe, come tutti gli altri municipi e colonie, i suoi decemviri, quatorviri, decurioni, pretori, e questori, tra i quali, se non erro, il nostro Verazio Afro è il primo che ci presentano le memorie epigrafi Anziati. I nomi che seguono nell'iscrizione del cippo sono gli eredi del nostro questore, tutti appartenenti alla milizia, dei quali i primi due occupano la carica di speculatori della VII Coorte pretoria; i quali formavano sotto l'Impero, un corpo d'uomini scelti addetto alla persona del duce dell'esercito marciando al medesimo. I due ultimi sono legati nella VI coorte dei vigili. La biografia fu desunta dal cippo sepolcrale, che tuttora esiste presso l'autore del presente scritto" (Giuseppe Brovelli Soffredini, Neptunia, Roma, 1923, pp. 41 e 63).
  72. ^ Cicerone, Epistulae Ad Atticum, II, 3, 6; III, 2, 47a; IV, 4a, 8; XII, 19; XIII, 26, 47 ecc.
  73. ^ Astura (che dall’età romana rappresentava il prolungamento e il confine orientale della colonia di Antium) fu il luogo in cui si consumarono le ultime fasi dell'inutile fuga di Cicerone da Marco Antonio, come riporta Plutarco in Cicerone, 47, 1-7.
  74. ^ Calcedonio Soffredini, Storia di Anzio, Satrico, Astura e Nettuno, Roma, Tipografia della pace, 1879, p. 34.
  75. ^ a b c d e f g h Giuseppe Lugli, Saggio sulla topografia dell'antica Antium, 1940.
  76. ^ È interessante notare che, partendo dalla località di Tor Caldara (che si trova a nord del sito centrale di Antium) e andando verso sud calcolando le sei miglia (il miglio romano corrisponde a circa 1500 metri) si arriva nell'area dell'odierna Piazza Mazzini, limitrofa al borgo medievale di Nettuno.
  77. ^ Non può tuttavia essere identificata con certezza, sebbene venga generalmente posta nei pressi del cosiddetto Arco Muto, dove tuttora si trovano le rovine di un teatro. La dimora dell'imperatore si estendeva sul Capo d'Anzio lungo una fascia costiera di circa ottocento metri e venne edificata sul sito di una precedente villa dove Augusto aveva ricevuto una delegazione da Roma per essere acclamato Pater Patriae. Nerone volle erigere una villa degna, per dimensioni e magnificenza, del suo status di imperatore. Dopo la morte di Nerone tutti i Cesari romani la utilizzarono fino alla Dinastia dei Severi.
  78. ^ In uno di quei circhi anziati, che era stato fatto restaurare da Appio Claudio Cieco, Nerone fece un ingresso trionfale e ricevette gli applausi dal pubblico, allorché tornato dalla Grecia vincitore dei giochi olimpici (Svetonio, De vita Caesarum libri VIII (testo latino), VI, 25).
  79. ^ Svetonio giudicava il porto neroniano un'opera sontuosissima (Svetonio, De vita Caesarum libri VIII (testo latino), VI, 9)
  80. ^ "la periferia dell'antico porto fabbricatovi da Nerone [...] ad occidente del porto moderno" (Antonio Nibby, Viaggio antiquario ne' contorni di Roma, presso Vincenzo Poggioli stampatore camerale, 1819, Tomo II, p. 233).
  81. ^ Antonio Nibby, Viaggio antiquario ne' contorni di Roma, p. 234.
  82. ^ a b c d e Tiziana Ceccarini, Anzio e i suoi Fasti: il tempo tra mito e realtà, Edizioni Tipografia Marina, 2010.
  83. ^ È la seguente: IMP. AUG. VESPASIANI PROSIAE CRISPINAE (Giuseppe Rocco Volpi, Vetus Latium Profanum, Patavii, Cominus, 1726-45, Lib.IV, cap. III, pag. 40). E' riportata, in due parti anche nel Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL, X, 6684 = CIL, XV, 7790; CIL, X, 6695 = CIL, XV, 7798).
  84. ^ Calcedonio Soffredini, Op. cit., p. 38
  85. ^ Monsignor Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986, p. 20.
  86. ^ A tal riguardo, l'avvocato Carlo Fea, archeologo, che partecipò alla scoperta, riportò una relazione (Carlo Domenico Francesco Ignazio Fea, Cenni di storia del porto neroniano nella città di Anzio e modo facile di ristabilirlo, Roma, Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1832, pp. 19-20). Calcedonio Soffredini (Storia di Anzio, Satrico, Astura e Nettuno, Roma, Tipografia della pace, 1879, p. 181) scrisse che le iscrizioni latine in questione, da egli osservate, «indicavano il nome dell'artefice e dei consoli. Collocato questo avanzo di antichità nell'ufficio comunale, non fu più potuto trovare, ne più esame si poté fare intorno al nome dei consoli».
  87. ^ Monsignor Vincenzo Cerri, Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986, p. 179.
  88. ^ Anzio, istituito il Monumento Naturale Villa e Grotte di Nerone, in «ilgranchio.it - il settimanale di Anzio e Nettuno»
  89. ^ Il celebre tempio era dedicato alla Fortuna Anziate (che si contendeva la fama con la Fortuna di Palestrina), caratterizzata dalla duplice forma di divinità della buona e cattiva sorte, ed invocata da Orazio: “O diva gratum quae regis Antium” (Orazio, I, Ode XXXV).
  90. ^ Come riportavano Calcedonio Soffredini (Op. cit.) e P. Francesco Lombardi (Op. cit.), nel 1585, in una base marmorea nell'odierna Chiesa di S. Francesco (costruita sulle rovine di un tempio antico), si leggeva scolpito il seguente voto alle Fortune Anziati: FORTUNIS ANTIATIBUS M. ANTONIUS RUFUS AXIUS - DAMASCO S(enatus).D(ecreto).D(icavit). Il testo fu riportato anche da Giuseppe Rocco Volpi (Op. cit., Lib. IV, cap. V, p. 99). Potrebbe risultare indicativa, sulla reale collocazione del tempio della Dea Fortuna, la notizia dataci da Tacito (Annales, XV, 23), il quale scriveva che il Senato romano, in seguito alla nascita di Claudia Poppea, figlia di Nerone, ad Antium, decretò delle "gare sul tipo di quelle tenute per celebrare la vittoria di Azio, e la collocazione di statue d'oro alle due Fortune sul trono di Giove Capitolino.
  91. ^ Giuseppe Tomassetti (Op. cit.) supponeva invece che il sito del tempio fosse nell'attuale Villa Albani, nell'odierna Anzio; ma di diverso avviso era Giuseppe Lugli, che si dimostrava incerto riguardo alla vera collocazione.
  92. ^ Calcedonio Soffredini, Op. cit., p. 74; Giovanni Matteucci, Op. cit., p. 11; P. Francesco Lombardi, Op. cit., p. 167.
  93. ^ P. Francesco Lombardi (Op. cit., p. 168 e 175) argomentava invece l'esistenza del tempio di Ercole dentro l'odierna Villa Aldobrandini, verso l'odierna Anzio, dopo però aver parlato di un'iscrizione relativa al dio, che era stata ritrovata presso la Batteria Pamfili, a Nettuno, quindi laddove fu poi rinvenuta la sua gamba: SANCTISSIMO HERCULI PACIFICO INVICTO SACRUM P. IUNIUS P. F. CERINUS. PRAEF. EQ. SING V. S. L. M. L'epigrafe era stata riportata anche da Giuseppe Rocco Volpi (Op. cit., Lib. IV, cap. IV, pag. 96) e da Raffaele Fabretti (Inscriptionum antiquarum quae in aedibus paternis asservantur explicatio et additamentum, Biblioteca pubblica di Lione, 1699, pag. 128).
  94. ^ P. Francesco Lombardi affermava che tale tempio "apparteneva alla villa imperiale" (P. Francesco Lombardi, Op. cit., p. 162)
  95. ^ All'interno del quale, fra i molti avanzi di vestigia antiche, era stata rinvenuta una lapide, riferita da Raffaele Fabretti (Op. cit., pag. 405) e da Giuseppe Rocco Volpi (Op. cit., Lib. IV, cap. IV, pp. 91-92): NEPTUNO REDUCI SACRUM Q. MANILIUS Q. FIL. PAL. VI VIR AUGUSTALIS ET FLAM. TITIAL. VOTUM SOLVIT LIBENS MERITO. Il Volpi (Op. cit., p. 92) riporta anche un'altra iscrizione, scoperta nello stesso luogo, che fa riferimento a un sacerdote del dio Nettuno: ACCIAE. MANILIAE. C.F. VIXIT. ANNIS. XLII. L. ACCIUS. L. F. OUFENT. VARUS NEPTUNI.III. SACERDOS. D. D.
  96. ^ Antonio Nibby decisamente afferma che: "Nello sbarcare a Nettuno si veggono dentro il mare le sostruzioni del tempio di Nettuno" (Antonio Nibby, Viaggio antiquario ne' contorni di Roma, p. 236)
  97. ^ "l'altro tempio, certamente più antico dell'imperiale e più grandioso, sorgeva alle sponde del mare la' dove ne' bassi tempi [nel Medioevo] surse il Castello di questo nome [il borgo di Nettuno]" (P. Francesco Lombardi, Op. cit., p. 164).
  98. ^ La prima notizia di un tempio di Esculapio ad Antium si ha, fra gli altri, da Valerio Massimo (Factorum et dictorum memorabilium libri IX, Liber I, 8, 2).
  99. ^ Nel XVIII secolo, il cardinale Alessandro Albani rinvenne nel territorio di Nettuno [che allora comprendeva l'odierna Anzio] molte opere d'arte, tra cui le statue di Ercole, Esculapio, Giove e Pallade, i busti di Adriano, Settimio Severo e Faustina Augusta (Giuseppe Rocco Volpi, Vetus Latium Profanum, 1726-1745).
  100. ^ Il quale, come altri, scriveva che "Il tempio di Esculapio e di Apollo doveva sorgere nelle vicinanze del presente Nettuno [ossia nelle adiacenze del borgo, il castello di Nettuno] ove era il Cenone, porto anziate in cui dovette approdare il naviglio venuto dalla Grecia, e sarebbe provato dalla seguente iscrizione rinvenuta presso questo tempio [è riportata nel Corpus Inscriptionum Latinarum: CIL, VI, 29830 cfr. 36613] [...]: T(emplum). APOLLINIS AQUAE. PEN. Mle FOR. BOARIUS PORT(us) EX NEPTUNI FORI. OLITORIUS HORREA BAL. FAUSTINA. [...] nella quale [...] è accennato il foro pel mercato dei buoi e dell'erbe, e i pozzi granai che esistevano nel Cenone [antico emporio e porto anziate] i quali essendo sotterra, tuttora si riconoscono colla loro superficie circolare innanzi l' antico castello di Nettuno nella piazza grande chiamata perciò dei Pozzi, ora della Indipendenza [l'odierna Piazza Mazzini, che confina col borgo, che una volta, più esteso, la comprendeva al suo interno] cancellando così una memoria storica" (Calcedonio Soffredini, Op. cit., pp. 64 - 65). Anche Giuseppe Brovelli Soffredini (Neptunia, 1923) sosteneva che il tempio sorgeva nei pressi del borgo medievale di Nettuno, verso Est. Giuseppe Lugli (Op. cit.) affermava invece la grande incertezza sulla sua localizzazione.
  101. ^ Pier Francesco Lombardi (Op. cit.) ricordava che Giuseppe Rocco Volpi (Op. cit), indicava gli avanzi del tempio sul lido del mare aldilà del porto neroniano.
  102. ^ Come riferisce l'archeologo Carlo Fea, un tempio di Venere Afrodisia fu scoperto nel 1794, nella tenuta del duca Cesarini, detta Campo Iemini, a circa mezzo miglio da Torvajanica, verso Ardea, a mezzo miglio dal mare. La località della scoperta, nel Medioevo, era altresì chiamata Campus Veneris (Carlo Domenico Francesco Ignazio Fea, Cenni di storia del porto neroniano nella città di Anzio e modo facile di ristabilirlo, Roma, Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1832, p. 21).
  103. ^ Della tauroctonia il Della Torre riportò anche un disegno (Filippo Della Torre, Monumenta Veteris Antii, Roma, 1700).
  104. ^ Giuseppe Brovelli Soffredini, Neptunia, Roma, 1923.
  105. ^ Come riportato da una pianta di Kupferstich, relativa a Nettuno e datata 1557 (denominata Il vero ritratto di Nettuno, al presente occupato da gl'imperiali), l'odierna Piazza Mazzini si chiamava "Piazza dei Pozzi di grano", ed era interna, insieme a un tratto della "strada romana", al borgo medievale nettunese (Universitätsbibliothek Salzburg, G 126 III).
  106. ^ Ettore Cuccillato, Il recupero ambientale della strada romana, Le Edizioni del Gonfalone, 2003.
  107. ^ Paola Brandizzi Vittucci (Op. cit., pp. 124-128) sostiene che gli assi principali dell'assetto viario (via Antium-Satricum, via Antium-Lanuvium, via Hostis-Lavinium-Antium-Terracina, documentate dalla Tabula Peutingeriana) che collegava la colonia romana di Antium (quella costituita nel 338 a.C., con ager centuriato a forte vocazione agricola) con altre città laziali convergono nella zona dell'attuale borgo medievale di Nettuno. Che tutta l'area affondi le sue radici nell'antichità, sarebbe provato dall'impianto ortogonale delle strade al di fuori del perimetro della cinta medievale del borgo, e da un importante cippo di confine riportante un lunga iscrizione, rinvenuto negli ultimi anni del XX secolo, che rappresenterebbe una solida controprova di opere di centuriazione conosciute grazie alle fonti. Sempre secondo la Brandizzi Vittucci, anche la toponomastica più antica va a sostegno dell'ipotesi, essendo l'attuale Piazza Mazzini (che, come detto, confina col la parte nord del borgo, ma una volta vi si trovava racchiusa) invariabilmente denominata nella cartografia storica col nome "Piazza dei Pozzi di grano"; il toponimo va collegato con le numerose allusioni alla produzione cerealicola di Antium (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, IV, 56, 6; VI, 3, 5-8.). Quindi, la studiosa pone la civitas Antium nell'odierna Nettuno. Peraltro, se ci informa Pirro Ligorio, quindi anche Calcedonio Soffredini e Giuseppe Lugli, che Gaio Cilnio Mecenate possedeva una villa a sei miglia da Antium (molto a nord rispetto al centro cittadino, nell'area dell'odierna Tor Caldara), potrebbe risultare indicativo che, partendo da detto luogo e allontanandosi verso sud di sei miglia (il miglio romano corrisponde a circa 1500 metri) si arriva nella zona dell'odierna Piazza Mazzini.
  108. ^ È la seguente, riportata nel Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL, X, 6656): FLORENTE IMPERIO DDD(ominorum) AAA(uuu)GGG(ustorum)Q(ue) NNN(ostrorum) GRAT{t}IANI / VALENTINIANI ET THEODOSI PRINCIPUM MAXIMORUM / THERMARUM SPECIEM RUINAE DEFORMITATEM SORDENTEM / ET PERICULOSIS PONDERIBUS INMINENTEM QUAE LA<v=B>ANTEM / POPULUM METU SOLLICITUDINIS DETERREBAT EXCLUSA TOTIUS / {s}CARIE VETUSTATIS AD FIRMAM STABILITATE(m) USUMQ(ue) TECTORUM / ANICIUS AUCHENIUS BASSUS V(ir) C(larissimus) PRO CONSULE CAMPANIAE / VICE SACRA IUDICANS [re]PARAVI IN MELIOREM CIVITATIS EFFIGIEM.
  109. ^ Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, I, Capo 26.
  110. ^ Il Papa Gregorio I così descriveva: "Dovunque vediamo lutti, dovunque sentiamo gemiti. Distrutte le città, abbattute le fortezze, devastate le campagne, la terra è ridotta a deserto [...]Da ogni parte siamo circondati dalle spade, da ogni parte temiamo imminente il pericolo di morte [...] Ormai sono costretto ad interrompere il commento, perché l'anima mia sente il tedio della vita." (Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, II, 6, 21-22; II, 10, 24).
  111. ^ Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1848, Vol. II, pp. 405-406.
  112. ^ Giovanni Matteucci, Op. cit.
  113. ^ Lo storico anziate Pier Francesco Lombardi scriveva che gli Anziati, avviliti dopo le incursioni saracene, si fortificarono "in un prossimo fabbricato, già tempio di Nettuno" dando così "origine al paese di tal nome [...] sotto la cui dipendenza tutto il territorio anziate fece passaggio" Affermava poi che la storia di Nettuno riempiva "la lacuna lasciata vuota nella Storia Anziate dalla sua caduta fino al risorgimento Innocenziano" Quindi proseguiva: "Che Nettuno perciò principiasse col finire di Anzio, sembra non potersene dubitare [...] L'avvocato Carlo Fea, il quale assicura di aver fatte molte ricerche per rintracciare la storia di Nettuno, e la sua denominazione [...] che però crede che la mera località isolata, o il nominato tempio di Nettuno avran dato origine a questo paese, e ciò fosse nell'ottavo, o nono secolo: e con molta probabilità può ritenersi questa opinione, sendoché le città marittime in questo torno di tempo si ebbero i maggiori guasti dai Saraceni nel 740" (P. Francesco Lombardi, Op. cit., pp. 286 e 389, 390 - 391).
  114. ^ Giuseppe Lugli, Op. cit., pp. 154-155.
  115. ^ Paola Brandizzi vittucci afferma che solo a partire dal XVIII secolo la zona del Capo d'Anzio tornò a ripopolarsi (Paola Brandizzi Vittucci, Op. cit.).
  116. ^ "..dopo esaminata nel 1829 e 1830 la storia, e la località di Nettuno, Terra originata dalla rovina della città d'Antium per fatto dei Saraceni nel secolo VIII" e in seguito: "O la mera località isolata [coincidente col borgo di Nettuno], o il Tempio [del Dio Nettuno, posto in detta località], vi richiamò i poveri abitanti d'Antium [...], scampati dai Saraceni nell'ottavo, o nono secolo; e vi hanno essi continuato la dimora [come abitanti della nuova città, Nettuno, che prese possesso del territorio di Antium], passando nei vari tempi sotto il dominio dei monaci di Grotta Ferrata, poi della Casa Frangipane, e della Colonna, nel 1594 da questa a quello della detta Reverenda Camera [Apostolica]; e il territorio anticamente d'Antium, fu ultimamente venduto alla Casa Borghese" (Carlo Domenico Francesco Ignazio Fea, Cenni di storia del porto neroniano nella città di Anzio e modo facile di ristabilirlo, Roma, Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1832, pp. 1 e 19)
  117. ^ Lo storico e topografo così scriveva: «..il moderno Anzio [...] di recente costituzione (1858), essendo stato sempre appodiato di Nettuno [...] vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati". Più avanti argomentava "Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medioevo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare» (Giuseppe Tomassetti, Op. cit., pp. 366 e 381-382).
  118. ^ "Falsa è così quell'opinione, ché Anzio [Antium] perisse per man de' Saraceni. Occuparon Essi per la prima volta quel littorale negli ultimi del seguente Secolo settimo: ma Anzio da oltre un secolo non v'era più. Qué feroci pirati poteron solo come fecero, danneggiar il porto Neroniano, opprimere l'indifeso Nettuno, rosicchiare solo con rabbia ogni resto dell'Anzio infelice, di cui appena restava memoria" (Giovanni Matteucci, Op. cit., p. 46)
  119. ^ Stefano Borgia, Breve istoria del dominio temporale della Sede Apostolica nelle Due Sicilie descritta in tre libri, in Roma, 1789, p. 288. Lo stesso Pier Francesco Lombardi, a tal riguardo, cita la fonte storiografica di Stefano Borgia (P. Francesco Lombardi, Op. cit., p. 393.
  120. ^ "Alla metà del secolo XVIII, cioè poco dopo la costruzione del nuovo porto per opera di Innocenzo XII, scrive il Nibby che in Anzio si contavano appena 500 anime, tra funzionari pontifici, soldati, marinai e detenuti" (Giuseppe Lugli, Op. cit., p. 155).
  121. ^ Giancarlo Baiocco et al., Nettuno. La sua storia, Pomezia, Arti grafiche, 2010; Giuseppe Brovelli Soffredini, Neptunia, Roma, 1923.
  122. ^ Come riferiva Giuseppe Rocco Volpi (Op. cit. ) nel '700, "II Volterrano" riteneva che a quel tempo di Antium non rimaneva nulla, ma che sulle sue vestigia era stato costruito Nettuno.
  123. ^ Jodocus Hondius, Nova et accurata Italiae hodiernae descriptio... illustrata a Judoco Hondio. Addita est Siciliae, Sardiniae, Corsicae et itinerariorum per Italiam brevis delineatio, Apud B. et A. Elsevir, Biblioteca pubblica di Lione, 1627, p. 164.
  124. ^ Amato Pietro Frutaz, Le Carte del Lazio, Roma, Istituto nazionale di studi romani, 1972.
  125. ^ Per esempio, il nettunese Domenico Segneri, nel 1656, pubblicò un'opera dal titolo "Opus dei admirabile, seu de monarchia divi pietri. Studio Dominici Segneri Antiatis explicata", che vuol dire "Mirabile opera di Dio, ossia del regno di S. Pietro, descritta da Domenico Segneri, Anziate" (Domenico Segneri, Pierre Miotte, Opus Dei admirabile, typis HH. Corbelletti, 1656).
  126. ^ Il 5 maggio 1850 si celebrava a Nettuno il terzo centenario dell'avventuroso sbarco, sulla sua costa, della sacra Immagine di Nostra Signora delle Grazie. Per l'occasione si pubblicò un sonetto, nella cui testata è scritto che la Vergine Santissima, correndo via dalle coste britanniche, "GLI ANZIATI PRESCELSE". I Nettunesi del 1550 abitavano da soli la zona dal Capo d' Anzio (che, come detto, si ripopolò tre secoli dopo) ad Astura; dunque, come si evince dalla citata frase, al 1850 gli abitanti di Nettuno in genere si consideravano ancora Anziati. Il documento del sonetto è riportato nel libro di Mons. Vincenzo Cerri (Nettuno, Nettuno, Collana Caritas, 1986, p. 203).
  127. ^ Furio Anziate, in «Treccani.it - Enciclopedie on line»

Bibliografia

Fonti per la Diocesi di Antium

Voci correlate

Collegamenti esterni