I promessi sposi: differenze tra le versioni

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|immagine= I promessi sposi - 2nd edition cover.jpg
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|didascalia= La copertina dell'edizione del [[1840]] del romanzo.
|didascalia= La copertina dell'edizione del [[1840]] del romanzo.
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'''''I promessi sposi''''' è un [[romanzo storico]] di [[Alessandro Manzotin]]. Assieme alle ''[[Confessioni di un italiano]]'' di [[Ippolito Nievo]] è considerato il più importante romanzo della [[letteratura italiana]] prima dell'[[Unità d'Italia|unità nazionale]]. Preceduto nella pubblicazione da [[Fermo e Lucia]], spesso considerato romanzo a sè, fu edito in una prima versione nel [[1827]]; rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il [[1840]] e il [[1841]].
'''''I promessi sposi''''' è un [[romanzo storico]] di [[Alessandro Manzoni]]. Assieme alle ''[[Confessioni di un italiano]]'' di [[Ippolito Nievo]] è considerato il più importante romanzo della [[letteratura italiana]] prima dell'[[Unità d'Italia|unità nazionale]]. Preceduto nella pubblicazione da [[Fermo e Lucia]], spesso considerato romanzo a sè, fu edito in una prima versione nel [[1827]]; rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il [[1840]] e il [[1841]].


Ambientato dal [[1628]] al [[1630]] in [[Lombardia]] durante l'occupazione [[Spagna|spagnola]], fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo un'interpretazione [[Risorgimento|risorgimentista]], il periodo storico era stato scelto da Manzotin con l'intento di alludere al [[Impero austro-ungarico|dominio austriaco]] sul [[nord Italia]]. Quella che Manzotin vuole descrivere è la società italiana di ogni tempo, con tutti i suoi difetti che tuttora mantiene.<ref>[[Otello Ciacci]], ''Studi Manzotinani'',
Ambientato dal [[1628]] al [[1630]] in [[Lombardia]] durante l'occupazione [[Spagna|spagnola]], fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo un'interpretazione [[Risorgimento|risorgimentista]], il periodo storico era stato scelto da Manzoni con l'intento di alludere al [[Impero austro-ungarico|dominio austriaco]] sul [[nord Italia]]. Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di ogni tempo, con tutti i suoi difetti che tuttora mantiene.<ref>[[Otello Ciacci]], ''Studi manzoniani'',
A. Signorelli, 1975 p.3 e sgg</ref>
A. Signorelli, 1975 p.3 e sgg</ref>
Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del [[XVII secolo]], come ad esempio le vicende della [[Monaca di Monza]] e [[Peste del 1630|la grande peste del 1629-1631]], si fondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca.
Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del [[XVII secolo]], come ad esempio le vicende della [[Monaca di Monza]] e [[Peste del 1630|la grande peste del 1629-1631]], si fondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca.


Il romanzo di Manzotin viene considerato non solo una pietra miliare della letteratura italiana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della [[lingua italiana]]. Nei dialoghi, riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo non ammissibili nella [[lingua standard]]. È una delle letture obbligate del [[sistema scolastico italiano]].
Il romanzo di Manzoni viene considerato non solo una pietra miliare della letteratura italiana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della [[lingua italiana]]. Nei dialoghi, riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo non ammissibili nella [[lingua standard]]. È una delle letture obbligate del [[sistema scolastico italiano]].


== L'opera ==
== L'opera ==
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È considerata l'opera più rappresentativa del [[Risorgimento]] e del [[romanticismo italiano]] e una delle massime opere della [[letteratura italiana]]. Dal punto di vista strutturale è il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana. L'opera ebbe anche un'enorme influenza nella definizione di una lingua nazionale italiana<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'',Einaudi Scuola, Torino 1992, pp. 651-653</ref>.
È considerata l'opera più rappresentativa del [[Risorgimento]] e del [[romanticismo italiano]] e una delle massime opere della [[letteratura italiana]]. Dal punto di vista strutturale è il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana. L'opera ebbe anche un'enorme influenza nella definizione di una lingua nazionale italiana<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'',Einaudi Scuola, Torino 1992, pp. 651-653</ref>.


Considerato principalmente un romanzo storico, in realtà l'opera va ben oltre i ristretti limiti di tale genere letterario: il Manzotin infatti, attraverso la ricostruzione dell'Italia del '600, non tratteggia soltanto un grande affresco storico, ma prefigura degli evidenti parallelismi con i processi storici di cui era testimone nel suo tempo, non limitandosi ad indagare il passato ma tracciando anche una idea ben precisa del senso della storia, e del rapporto che il singolo ha con gli eventi storici che lo coinvolgono<ref>Alessandro Manzotin, ''I promessi sposi'', a cura di Ezio Raimondi e Luciano Bottoni, Principato, Milano 1988, pp.VIII-XI</ref>.
Considerato principalmente un romanzo storico, in realtà l'opera va ben oltre i ristretti limiti di tale genere letterario: il Manzoni infatti, attraverso la ricostruzione dell'Italia del '600, non tratteggia soltanto un grande affresco storico, ma prefigura degli evidenti parallelismi con i processi storici di cui era testimone nel suo tempo, non limitandosi ad indagare il passato ma tracciando anche una idea ben precisa del senso della storia, e del rapporto che il singolo ha con gli eventi storici che lo coinvolgono<ref>Alessandro Manzoni, ''I promessi sposi'', a cura di Ezio Raimondi e Luciano Bottoni, Principato, Milano 1988, pp.VIII-XI</ref>.


È al tempo stesso [[romanzo di formazione]] (si veda in particolare il percorso umano di Renzo), ma per alcune ambientazioni e vicende presenti (la Monaca di Monza, il rapimento di Lucia segregata poi nel castello), ha anche caratteristiche che lo possono accomunare ai [[Romanzo gotico|romanzi gotici]] sette-ottocenteschi.<br />
È al tempo stesso [[romanzo di formazione]] (si veda in particolare il percorso umano di Renzo), ma per alcune ambientazioni e vicende presenti (la Monaca di Monza, il rapimento di Lucia segregata poi nel castello), ha anche caratteristiche che lo possono accomunare ai [[Romanzo gotico|romanzi gotici]] sette-ottocenteschi.<br />
Il romanzo tuttavia è anche e soprattutto filosofico, profondamente cristiano, dominato dalla presenza della Provvidenza nella storia e nelle vicende umane. Il male è presente, il gioco dei contrapposti egoismi genera effetti a volte disastrosi nella storia, ma Dio non abbandona gli uomini, e la fede nella Provvidenza, nell'opera Manzotinana, permette di dare un senso ai fatti e alla storia dell'uomo.{{quote|Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. (I promessi sposi, cap. XXXVIII)}}
Il romanzo tuttavia è anche e soprattutto filosofico, profondamente cristiano, dominato dalla presenza della Provvidenza nella storia e nelle vicende umane. Il male è presente, il gioco dei contrapposti egoismi genera effetti a volte disastrosi nella storia, ma Dio non abbandona gli uomini, e la fede nella Provvidenza, nell'opera manzoniana, permette di dare un senso ai fatti e alla storia dell'uomo.{{quote|Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. (I promessi sposi, cap. XXXVIII)}}


In particolare il romanzo ha un suo punto di forza nella scelta e nella raffigurazione dei personaggi, resi tutti con grande forza narrativa, scolpiti a tutto tondo dal punto di vista psicologico e umano, tanto che alcuni di essi sono diventati degli stereotipi umani, usati ancora oggi nel linguaggio comune (si pensi ad esempio a un "don Abbondio" o alla figura di "un Azzeccagarbugli" o di una "Perpetua"). Una rappresentazione psicologica così accurata dei suoi personaggi fa sì che, salvo poche eccezioni, quasi nessuno di essi sia completamente "positivo" o "negativo". Anche il malvagio trova un'occasione di umanità e redenzione, così come anche il personaggio positivo, quale ad esempio Renzo, non è immune da difetti, azioni violente e riprovevoli ed errori anche gravi. La stessa Lucia viene tacciata spesso come egoista e addirittura "solipsista", e non sempre a torto: il discorso di padre Cristoforo a Lucia al Lazzaretto, benché paterno e benevolo, è durissimo. Lo stesso Padre Cristoforo, il personaggio forse più positivo del romanzo assieme al Cardinale Federigo Borromeo (e anch'egli non è esente da tragici errori, come si vede dal Romanzo stesso e dalla ''[[Storia della colonna infame|Colonna Infame]]''), ha anche lui una grave macchia nel suo passato.<br />
In particolare il romanzo ha un suo punto di forza nella scelta e nella raffigurazione dei personaggi, resi tutti con grande forza narrativa, scolpiti a tutto tondo dal punto di vista psicologico e umano, tanto che alcuni di essi sono diventati degli stereotipi umani, usati ancora oggi nel linguaggio comune (si pensi ad esempio a un "don Abbondio" o alla figura di "un Azzeccagarbugli" o di una "Perpetua"). Una rappresentazione psicologica così accurata dei suoi personaggi fa sì che, salvo poche eccezioni, quasi nessuno di essi sia completamente "positivo" o "negativo". Anche il malvagio trova un'occasione di umanità e redenzione, così come anche il personaggio positivo, quale ad esempio Renzo, non è immune da difetti, azioni violente e riprovevoli ed errori anche gravi. La stessa Lucia viene tacciata spesso come egoista e addirittura "solipsista", e non sempre a torto: il discorso di padre Cristoforo a Lucia al Lazzaretto, benché paterno e benevolo, è durissimo. Lo stesso Padre Cristoforo, il personaggio forse più positivo del romanzo assieme al Cardinale Federigo Borromeo (e anch'egli non è esente da tragici errori, come si vede dal Romanzo stesso e dalla ''[[Storia della colonna infame|Colonna Infame]]''), ha anche lui una grave macchia nel suo passato.<br />
È anche questa caratteristica quindi a consentire al romanzo di elevarsi ben al di sopra del livello medio dei romanzi storici e gotici dell'Ottocento.
È anche questa caratteristica quindi a consentire al romanzo di elevarsi ben al di sopra del livello medio dei romanzi storici e gotici dell'Ottocento.


La maestria del Manzotin nel tratteggiare i suoi personaggi emerge soprattutto nei dialoghi, scritti con sottile cura, che spesso sono i veri rivelatori dei personaggi, della loro psicologia e delle loro motivazioni.
La maestria del Manzoni nel tratteggiare i suoi personaggi emerge soprattutto nei dialoghi, scritti con sottile cura, che spesso sono i veri rivelatori dei personaggi, della loro psicologia e delle loro motivazioni.


== La stesura e le edizioni ==
== La stesura e le edizioni ==
La prima idea del romanzo risale al [[24 aprile]] [[1821]]<ref>"come è attestato dalla data che si legge all'inizio del manoscritto autografo". Lanfranco Caretti, ''Manzotin.Ideologia e stile, Einaudi, Torino, 1975, p.43</ref>, quando [[Alessandro Manzotin|Manzotin]] cominciò la stesura del ''[[Fermo e Lucia]]'', componendo in circa un mese e mezzo i primi due capitoli e la prima stesura dell'Introduzione. Interruppe però il lavoro per dedicarsi al compimento dell'''[[Adelchi]]'', al progetto poi accantonato della tragedia ''Spartaco'', e alla scrittura dell'ode ''Il cinque maggio''.<br /> Dall'aprile del [[1822]] il ''Fermo e Lucia'' fu ripreso con maggiore lena e portato a termine il [[17 settembre]] [[1823]] (sarebbe stato pubblicato nel [[1915]] da Giuseppe Lesca col titolo ''"Gli sposi promessi"''). In questa prima edizione è presente, in nuce, la trama del romanzo. Tuttavia, il ''Fermo e Lucia'' non va considerato come laboratorio di scrittura utile a preparare il terreno al futuro romanzo, ma come opera autonoma, dotata di una struttura interna coesa e del tutto indipendente dalle successive elaborazioni dell'autore. Rimasto per molti anni inedito, il ''Fermo e Lucia'' viene oggi guardato con grande interesse. Anche se la tessitura dell'opera è meno elaborata di quella de ''I promessi sposi'', nei quattro tomi del ''Fermo e Lucia'' si ravvisa un romanzo irrisolto a causa delle scelte linguistiche dell'autore che, ancora lontano dalle preoccupazioni che preludono alla terza ed ultima scrittura dell'opera, crea un tessuto verbale ricco, dove s'intrecciano e si alternano tracce di lingua letteraria, elementi dialettali, latinismi e prestiti di lingue straniere. Nella seconda Introduzione a ''Fermo e Lucia'', l'autore definì la lingua usata {{quote|un composto indigesto di frasi un po' lombarde, un po' toscane, un po' francesi, un po' anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall'una o dall'altra di esse.}} Anche i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva.<br />
La prima idea del romanzo risale al [[24 aprile]] [[1821]]<ref>"come è attestato dalla data che si legge all'inizio del manoscritto autografo". Lanfranco Caretti, ''Manzoni.Ideologia e stile, Einaudi, Torino, 1975, p.43</ref>, quando [[Alessandro Manzoni|Manzoni]] cominciò la stesura del ''[[Fermo e Lucia]]'', componendo in circa un mese e mezzo i primi due capitoli e la prima stesura dell'Introduzione. Interruppe però il lavoro per dedicarsi al compimento dell'''[[Adelchi]]'', al progetto poi accantonato della tragedia ''Spartaco'', e alla scrittura dell'ode ''Il cinque maggio''.<br /> Dall'aprile del [[1822]] il ''Fermo e Lucia'' fu ripreso con maggiore lena e portato a termine il [[17 settembre]] [[1823]] (sarebbe stato pubblicato nel [[1915]] da Giuseppe Lesca col titolo ''"Gli sposi promessi"''). In questa prima edizione è presente, in nuce, la trama del romanzo. Tuttavia, il ''Fermo e Lucia'' non va considerato come laboratorio di scrittura utile a preparare il terreno al futuro romanzo, ma come opera autonoma, dotata di una struttura interna coesa e del tutto indipendente dalle successive elaborazioni dell'autore. Rimasto per molti anni inedito, il ''Fermo e Lucia'' viene oggi guardato con grande interesse. Anche se la tessitura dell'opera è meno elaborata di quella de ''I promessi sposi'', nei quattro tomi del ''Fermo e Lucia'' si ravvisa un romanzo irrisolto a causa delle scelte linguistiche dell'autore che, ancora lontano dalle preoccupazioni che preludono alla terza ed ultima scrittura dell'opera, crea un tessuto verbale ricco, dove s'intrecciano e si alternano tracce di lingua letteraria, elementi dialettali, latinismi e prestiti di lingue straniere. Nella seconda Introduzione a ''Fermo e Lucia'', l'autore definì la lingua usata {{quote|un composto indigesto di frasi un po' lombarde, un po' toscane, un po' francesi, un po' anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall'una o dall'altra di esse.}} Anche i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva.<br />
Sullo sfondo la [[Lombardia]] del [[XVII secolo]] è dipinta come scenario non pacificato, il cui potere politico coincide con l'arbitrio del più forte, la cui ragione (come insegna [[La Fontaine]]) è sempre la migliore. Romanzo dell'arbitrio e della violenza, mostra l' eterna oppressione dei potenti nei confronti degli "umili", riprendendo il tema già presente nell'Adelchi dei "due popoli", quello degli oppressi e quello degli oppressori, vicenda eterna di ogni tempo.
Sullo sfondo la [[Lombardia]] del [[XVII secolo]] è dipinta come scenario non pacificato, il cui potere politico coincide con l'arbitrio del più forte, la cui ragione (come insegna [[La Fontaine]]) è sempre la migliore. Romanzo dell'arbitrio e della violenza, mostra l' eterna oppressione dei potenti nei confronti degli "umili", riprendendo il tema già presente nell'Adelchi dei "due popoli", quello degli oppressi e quello degli oppressori, vicenda eterna di ogni tempo.


Una seconda stesura dell'opera (la cosiddetta ''Ventisettana'', che è la prima edizione a stampa) fu pubblicata da [[Alessandro Manzotin|Manzotin]] nel [[1827]], con il titolo ''I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzotin'', e riscosse notevole successo. La struttura più equilibrata (quattro sezioni di estensione pressoché uguale), la decisa riduzione di quello che appariva un "romanzo nel romanzo", ovvero la storia della Monaca di Monza, la scelta di evitare il pittoresco e le tinte più fosche a favore di una rappresentazione più aderente al vero sono i caratteri di questo che è in realtà un romanzo diverso da ''Fermo e Lucia''.<ref>Lanfranco Caretti, ''Manzotin. Ideologia e stile'', Einaudi, Torino 1975, pp.46-53</ref>
Una seconda stesura dell'opera (la cosiddetta ''Ventisettana'', che è la prima edizione a stampa) fu pubblicata da [[Alessandro Manzoni|Manzoni]] nel [[1827]], con il titolo ''I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni'', e riscosse notevole successo. La struttura più equilibrata (quattro sezioni di estensione pressoché uguale), la decisa riduzione di quello che appariva un "romanzo nel romanzo", ovvero la storia della Monaca di Monza, la scelta di evitare il pittoresco e le tinte più fosche a favore di una rappresentazione più aderente al vero sono i caratteri di questo che è in realtà un romanzo diverso da ''Fermo e Lucia''.<ref>Lanfranco Caretti, ''Manzoni. Ideologia e stile'', Einaudi, Torino 1975, pp.46-53</ref>


[[Alessandro Manzotin|Manzotin]] non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché il linguaggio dell'opera era ancora troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso [[1827]] egli si recò, perciò, a [[Firenze]], per ''risciacquare'' - come disse - ''i panni in [[Arno]]'', e sottoporre il suo [[romanzo]] ad un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al dialetto fiorentino considerato lingua unificatrice. Ciononostante non sono pochi i lettori del [[romanzo]] a preferire la ''ventisettana'' per la ricchezza delle sue scelte lessicali, e per il retrogusto ancora schiettamente lombardo, che rendono questa versione decisamente più viva rispetto a quella successiva che viene, normalmente, stampata e di solito studiata a scuola.
[[Alessandro Manzoni|Manzoni]] non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché il linguaggio dell'opera era ancora troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso [[1827]] egli si recò, perciò, a [[Firenze]], per ''risciacquare'' - come disse - ''i panni in [[Arno]]'', e sottoporre il suo [[romanzo]] ad un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al dialetto fiorentino considerato lingua unificatrice. Ciononostante non sono pochi i lettori del [[romanzo]] a preferire la ''ventisettana'' per la ricchezza delle sue scelte lessicali, e per il retrogusto ancora schiettamente lombardo, che rendono questa versione decisamente più viva rispetto a quella successiva che viene, normalmente, stampata e di solito studiata a scuola.


Tra il [[1840]] e il [[1842]], [[Alessandro Manzotin|Manzotin]] pubblicò quindi la terza ed ultima edizione de ''I promessi sposi'', la cosiddetta ''Quarantana'', cui oggi si fa normalmente riferimento. Fondamentale, all'interno dell'economia dell'opera, il ruolo che assumono le illustrazioni del piemontese [[Gonin|Francesco Gonin]], cui l'autore stesso si rivolge per arricchire il testo di un apparato iconografico. Il rapporto fra Manzotin e Gonin è di grande intesa, lo scrittore guida la mano del pittore nella composizione di questi quadretti. La forza espressiva delle litografie del Gonin è impressionante, al lettore si rivela un mondo vastissimo di volti e fisionomie, sempre varissime; personaggi che passano dal solenne al grottesco, dall'ascetico al torbido, in una composizione che non trascura mai quella certa, accattivante, ironia che ogni lettore del romanzo ben conosce. Su quest'ultimo punto si consideri, ad esempio, la vignetta che chiude l'introduzione, dove è di scena lo stesso scrittore, in camicione da notte e pantofole, mentre sfoglia davanti ad un rassicurante camino un librone, che potrebbe essere tanto il resoconto secentesco della vicenda, quanto il romanzo che chi legge ha sotto gli occhi in quel momento. La più recente critica Manzotinana, si pensi solamente a [[Ezio Raimondi]] o a [[Salvatore Silvano Nigro]], ha lungamente sottolineato il valore esegetico di questo apparato di immagini, vero e proprio [[paratesto]] alla narrazione delle vicende matrimoniali dei due protagonisti. Le moderne edizioni, che non si rifanno ai criteri della stampa [[copia anastatica|anastatica]], privano i lettori di uno strumento essenziale alla comprensione del testo. Oggi sfugge anche ai più colti fruitori dell'opera di Manzotin che uno dei nodi principali de ''I promessi sposi'' consiste proprio nel rapporto che intercorre fra lettera e immagine.
Tra il [[1840]] e il [[1842]], [[Alessandro Manzoni|Manzoni]] pubblicò quindi la terza ed ultima edizione de ''I promessi sposi'', la cosiddetta ''Quarantana'', cui oggi si fa normalmente riferimento. Fondamentale, all'interno dell'economia dell'opera, il ruolo che assumono le illustrazioni del piemontese [[Gonin|Francesco Gonin]], cui l'autore stesso si rivolge per arricchire il testo di un apparato iconografico. Il rapporto fra Manzoni e Gonin è di grande intesa, lo scrittore guida la mano del pittore nella composizione di questi quadretti. La forza espressiva delle litografie del Gonin è impressionante, al lettore si rivela un mondo vastissimo di volti e fisionomie, sempre varissime; personaggi che passano dal solenne al grottesco, dall'ascetico al torbido, in una composizione che non trascura mai quella certa, accattivante, ironia che ogni lettore del romanzo ben conosce. Su quest'ultimo punto si consideri, ad esempio, la vignetta che chiude l'introduzione, dove è di scena lo stesso scrittore, in camicione da notte e pantofole, mentre sfoglia davanti ad un rassicurante camino un librone, che potrebbe essere tanto il resoconto secentesco della vicenda, quanto il romanzo che chi legge ha sotto gli occhi in quel momento. La più recente critica manzoniana, si pensi solamente a [[Ezio Raimondi]] o a [[Salvatore Silvano Nigro]], ha lungamente sottolineato il valore esegetico di questo apparato di immagini, vero e proprio [[paratesto]] alla narrazione delle vicende matrimoniali dei due protagonisti. Le moderne edizioni, che non si rifanno ai criteri della stampa [[copia anastatica|anastatica]], privano i lettori di uno strumento essenziale alla comprensione del testo. Oggi sfugge anche ai più colti fruitori dell'opera di Manzoni che uno dei nodi principali de ''I promessi sposi'' consiste proprio nel rapporto che intercorre fra lettera e immagine.


Secondo un tipico ''cliché'' della narrativa europea fra Settecento e Ottocento, il narratore prende le mosse da un manoscritto anonimo del XVII secolo, che racconta la storia di Renzo e Lucia. Nulla sappiamo dell'autore di questo manoscritto, salvo che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda, e non si esclude che lo stesso Renzo possa aver reso edotto questo curioso secentista lombardo della sua storia. Il ''[[tòpos]]'' della trascrizione della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti permette all'autore di giocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ovvero il suo essere un componimento di fantasia che, spesso, non disdegna di proporsi ai suoi lettori come documento storico reale ed affidabile.
Secondo un tipico ''cliché'' della narrativa europea fra Settecento e Ottocento, il narratore prende le mosse da un manoscritto anonimo del XVII secolo, che racconta la storia di Renzo e Lucia. Nulla sappiamo dell'autore di questo manoscritto, salvo che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda, e non si esclude che lo stesso Renzo possa aver reso edotto questo curioso secentista lombardo della sua storia. Il ''[[tòpos]]'' della trascrizione della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti permette all'autore di giocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ovvero il suo essere un componimento di fantasia che, spesso, non disdegna di proporsi ai suoi lettori come documento storico reale ed affidabile.


Conclude il testo la ''[[Storia della colonna infame]]'', in cui Manzotin ricostruisce il clima di intolleranza e ferocia in cui si svolgevano gli assurdi processi contro gli [[untore|untori]], al tempo della peste raccontata del romanzo. Non è un'appendice ma il vero finale del romanzo, come dimostra l'impaginazione stessa, stesa dallo stesso Manzotin.
Conclude il testo la ''[[Storia della colonna infame]]'', in cui Manzoni ricostruisce il clima di intolleranza e ferocia in cui si svolgevano gli assurdi processi contro gli [[untore|untori]], al tempo della peste raccontata del romanzo. Non è un'appendice ma il vero finale del romanzo, come dimostra l'impaginazione stessa, stesa dallo stesso Manzoni.


== Genesi interna e genesi esterna ==
== Genesi interna e genesi esterna ==
La genesi interna del romanzo ''I promessi sposi'' è costituita dalle idee di partenza, dall'ideologia di base che la poetica di Manzotin doveva propagandare. È stata evinta soprattutto grazie alle lettere che lo stesso scrisse mentre stava preparando le diverse edizioni dell'opera. Il suo romanzo era fondato, infatti, su tre perni principali:<ref>{{cita web |url=http://www.digila.it/public/iisbenini/transfert/Bernazzani/4B%20Mercurio/Materiale/CD_158Utile,vero,dilettevole.pdf |titolo=Lettera a Cesare d’Azeglio Sul Romanticismo|accesso= 11 agosto 2011}}</ref>
La genesi interna del romanzo ''I promessi sposi'' è costituita dalle idee di partenza, dall'ideologia di base che la poetica di Manzoni doveva propagandare. È stata evinta soprattutto grazie alle lettere che lo stesso scrisse mentre stava preparando le diverse edizioni dell'opera. Il suo romanzo era fondato, infatti, su tre perni principali:<ref>{{cita web |url=http://www.digila.it/public/iisbenini/transfert/Bernazzani/4B%20Mercurio/Materiale/CD_158Utile,vero,dilettevole.pdf |titolo=Lettera a Cesare d’Azeglio Sul Romanticismo|accesso= 11 agosto 2011}}</ref>


# ''Il vero per soggetto'': l'autore mette al centro la ricostruzione storica degli eventi che caratterizzarono quei luoghi a quel tempo.
# ''Il vero per soggetto'': l'autore mette al centro la ricostruzione storica degli eventi che caratterizzarono quei luoghi a quel tempo.
# ''L'utile per scopo'': l'opera deve mirare ad educare l'uomo ai valori che Manzotin vuole diffondere.
# ''L'utile per scopo'': l'opera deve mirare ad educare l'uomo ai valori che Manzoni vuole diffondere.
# ''L'interessante per mezzo'': l'argomento del romanzo deve essere moderno, popolare, e quindi avere forti legami con la realtà contadina ed operaia.
# ''L'interessante per mezzo'': l'argomento del romanzo deve essere moderno, popolare, e quindi avere forti legami con la realtà contadina ed operaia.


La genesi esterna, invece, comprende tutte le letture e gli autori che hanno ispirato Manzotin. Tra le principali abbiamo l<nowiki>'</nowiki>''[[Ivanhoe (romanzo)|Ivanhoe]]'' di [[Walter Scott]] da cui l'autore prende l'ispirazione per la tipologia del romanzo che sarà a sfondo storico, la ''Storia Milanese'' (del [[1600]]) di [[Giuseppe Ripamonti]], da cui l'autore prende, appunto, la maggior parte degli avvenimenti storici che verranno intrecciati con le vicende dei personaggi.<ref>I Promessi sposi, ed. Bulgarini, Firenze, 1992, commento di Gilda Sbrilli</ref>. Altre fonti sono le opere dell'economista [[Melchiorre Gioia]] e del [[cardinale]] [[Federico Borromeo]] al cui scritto ''De Pestilentia'' Manzotin si ispirò per l'episodio della madre di Cecilia.
La genesi esterna, invece, comprende tutte le letture e gli autori che hanno ispirato Manzoni. Tra le principali abbiamo l<nowiki>'</nowiki>''[[Ivanhoe (romanzo)|Ivanhoe]]'' di [[Walter Scott]] da cui l'autore prende l'ispirazione per la tipologia del romanzo che sarà a sfondo storico, la ''Storia Milanese'' (del [[1600]]) di [[Giuseppe Ripamonti]], da cui l'autore prende, appunto, la maggior parte degli avvenimenti storici che verranno intrecciati con le vicende dei personaggi.<ref>I Promessi sposi, ed. Bulgarini, Firenze, 1992, commento di Gilda Sbrilli</ref>. Altre fonti sono le opere dell'economista [[Melchiorre Gioia]] e del [[cardinale]] [[Federico Borromeo]] al cui scritto ''De Pestilentia'' Manzoni si ispirò per l'episodio della madre di Cecilia.


Secondo il critico [[Giovanni Getto]] una fonte per l'opera Manzotinana potrebbe essere stata anche la ''Historia del Cavalier Perduto'', romanzo erotico - cavalleresco del XVII secolo scritto dal vicentino Pace Pasini. <ref>http://www.gianniroghi.it/Testi/l%27europeo/6019%20%20%281%29.htm</ref> Il prof. Claudio Povolo dell'Università di [[Venezia]] con recenti documentati studi ha dimostrato che una ulteriore fonte del romanzo potrebbe essere la storia di Paolo Orgiano, signorotto di [[Orgiano]] ([[Vicenza]]), violento, rapitore di donne, condannato al carcere a vita nel processo del 1607. Molte sono le analogie con la vicenda descritta nei ''Promessi sposi''.<ref>http://ladomenicadivicenza.it/a_ITA_1634_1.html</ref>
Secondo il critico [[Giovanni Getto]] una fonte per l'opera manzoniana potrebbe essere stata anche la ''Historia del Cavalier Perduto'', romanzo erotico - cavalleresco del XVII secolo scritto dal vicentino Pace Pasini. <ref>http://www.gianniroghi.it/Testi/l%27europeo/6019%20%20%281%29.htm</ref> Il prof. Claudio Povolo dell'Università di [[Venezia]] con recenti documentati studi ha dimostrato che una ulteriore fonte del romanzo potrebbe essere la storia di Paolo Orgiano, signorotto di [[Orgiano]] ([[Vicenza]]), violento, rapitore di donne, condannato al carcere a vita nel processo del 1607. Molte sono le analogie con la vicenda descritta nei ''Promessi sposi''.<ref>http://ladomenicadivicenza.it/a_ITA_1634_1.html</ref>


Molti personaggi e situazioni del romanzo Manzotinano presentano analogie con precedenti opere della letteratura europea. L'argomento è trattato molto esaurientemente anche dal critico [[Giovanni Getto]] nel suo libro ''Manzotin europeo''. Per limitarsi ad alcuni cenni, c'è da rilevare una evidente analogia fra il capolavoro Manzotinano e i romanzi dello scozzese [[Walter Scott]] iniziatore del [[romanzo storico]]. Manzotin però elimina gli aspetti favolosi presenti nelle opere di Scott (per esempio, in ''Ivanhoe'' nel primo capitolo si parla del "favoloso dragone Wantley" e di "riti della superstizione druidica" ). Esistono rapporti con il gusto inglese del “quotidiano”, tipico del [[romanzo borghese]] dell’[[Inghilterra]] sette-ottocentesca ([[Samuel Richardson]], [[Jane Austen]], [[Thomas Hardy]], [[William Thackeray]], per citare gli autori più noti), gusto trasferito dal Manzotin sul mondo popolare. Riguardo all’[[Innominato]], sono state notate analogie col [[mito]] satanico del “grande ribelle”, personaggio titanico e individualista presente in certi poeti romantici inglesi e tedeschi come [[Friedrich Schiller|Schiller]] e [[Byron]] (ad esempio ne ''I Masnadieri'' di Schiller e ne ''Il Corsaro'' di [[Byron]]). [[Egidio]] e, in minor misura, [[don Rodrigo]] richiamano gli eroi [[libertini]] del Settecento francese, moralmente anticonformisti, dissacratori della tradizione e rinnegatori della virtù nell’esaltazione del desiderio, degli istinti naturali, come i protagonisti dei romanzi del Marchese [[De Sade]] (''Storia di Juliette'', ''Justine ovvero le disavventure della virtù'').<br />
Molti personaggi e situazioni del romanzo manzoniano presentano analogie con precedenti opere della letteratura europea. L'argomento è trattato molto esaurientemente anche dal critico [[Giovanni Getto]] nel suo libro ''Manzoni europeo''. Per limitarsi ad alcuni cenni, c'è da rilevare una evidente analogia fra il capolavoro manzoniano e i romanzi dello scozzese [[Walter Scott]] iniziatore del [[romanzo storico]]. Manzoni però elimina gli aspetti favolosi presenti nelle opere di Scott (per esempio, in ''Ivanhoe'' nel primo capitolo si parla del "favoloso dragone Wantley" e di "riti della superstizione druidica" ). Esistono rapporti con il gusto inglese del “quotidiano”, tipico del [[romanzo borghese]] dell’[[Inghilterra]] sette-ottocentesca ([[Samuel Richardson]], [[Jane Austen]], [[Thomas Hardy]], [[William Thackeray]], per citare gli autori più noti), gusto trasferito dal Manzoni sul mondo popolare. Riguardo all’[[Innominato]], sono state notate analogie col [[mito]] satanico del “grande ribelle”, personaggio titanico e individualista presente in certi poeti romantici inglesi e tedeschi come [[Friedrich Schiller|Schiller]] e [[Byron]] (ad esempio ne ''I Masnadieri'' di Schiller e ne ''Il Corsaro'' di [[Byron]]). [[Egidio]] e, in minor misura, [[don Rodrigo]] richiamano gli eroi [[libertini]] del Settecento francese, moralmente anticonformisti, dissacratori della tradizione e rinnegatori della virtù nell’esaltazione del desiderio, degli istinti naturali, come i protagonisti dei romanzi del Marchese [[De Sade]] (''Storia di Juliette'', ''Justine ovvero le disavventure della virtù'').<br />
[[Lucia]] è la giovane innocente e virtuosa, perseguitata come Clarissa Harlowe dell’omonimo romanzo di [[Samuel Richardson]], inoltre il suo rapimento si può avvicinare a quello di lady Rowena descritto da [[Walter Scott]] in ''Ivanhoe''. Il rapimento di Lucia e la sua prigionia nel tetro castello dell’[[Innominato]] nonché la descrizione del castello e del suo ambiente (capitolo XX) richiamano analogie con il [[romanzo gotico]], il genere “nero” inglese del Settecento: ''The monk'' di [[Matthew Gregory Lewis]], ''The castle of Otranto'' di [[Horace Walpole]], ''The Mysteriers of Udolpho'' di [[Ann Radcliffe]].<br />
[[Lucia]] è la giovane innocente e virtuosa, perseguitata come Clarissa Harlowe dell’omonimo romanzo di [[Samuel Richardson]], inoltre il suo rapimento si può avvicinare a quello di lady Rowena descritto da [[Walter Scott]] in ''Ivanhoe''. Il rapimento di Lucia e la sua prigionia nel tetro castello dell’[[Innominato]] nonché la descrizione del castello e del suo ambiente (capitolo XX) richiamano analogie con il [[romanzo gotico]], il genere “nero” inglese del Settecento: ''The monk'' di [[Matthew Gregory Lewis]], ''The castle of Otranto'' di [[Horace Walpole]], ''The Mysteriers of Udolpho'' di [[Ann Radcliffe]].<br />
Per la storia di [[Gertrude]] si è trovato un riferimento nel romanzo ''La monaca'' di [[Diderot]]: è la storia della monacazione forzata di una figlia della ricca [[borghesia]]. Nel romanzo di [[Diderot]] c’è però una avversione contro le istituzioni ecclesiastiche, risalente all'[[Illuminismo]], che è assente in Manzotin.
Per la storia di [[Gertrude]] si è trovato un riferimento nel romanzo ''La monaca'' di [[Diderot]]: è la storia della monacazione forzata di una figlia della ricca [[borghesia]]. Nel romanzo di [[Diderot]] c’è però una avversione contro le istituzioni ecclesiastiche, risalente all'[[Illuminismo]], che è assente in Manzoni.
Inoltre si rileva una descrizione più positiva in [[Diderot]] in cui manca la cupezza tragica di Manzotin.<br />
Inoltre si rileva una descrizione più positiva in [[Diderot]] in cui manca la cupezza tragica di Manzoni.<br />
Sono riscontrabili echi dal [[romanzo epistolare]] ''[[Giulia o la nuova Eloisa]]'' di [[Jean-Jacques Rousseau]]: la descrizione del paesaggio del lago di [[Ginevra]] (v. il [[lago di Como]] nel romanzo Manzotinano), la figura di Giulia (lettera XVIII, III parte) che richiama quella di [[Lucia]]. Le avventure di [[Renzo]] sono accostabili a quelle del [[picaro]] dei romanzi picareschi spagnoli del XVI e XVII secolo.<ref>[[Giovanni Getto]], ''Manzotin europeo '' , Biblioteca europea di cultura, ed. Mursia, 1971.</ref>
Sono riscontrabili echi dal [[romanzo epistolare]] ''[[Giulia o la nuova Eloisa]]'' di [[Jean-Jacques Rousseau]]: la descrizione del paesaggio del lago di [[Ginevra]] (v. il [[lago di Como]] nel romanzo manzoniano), la figura di Giulia (lettera XVIII, III parte) che richiama quella di [[Lucia]]. Le avventure di [[Renzo]] sono accostabili a quelle del [[picaro]] dei romanzi picareschi spagnoli del XVI e XVII secolo.<ref>[[Giovanni Getto]], ''Manzoni europeo '' , Biblioteca europea di cultura, ed. Mursia, 1971.</ref>


== Trama ==
== Trama ==
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[[Immagine:I promessi sposi - Lucia.jpg|thumb|Lucia Mondella]]
[[Immagine:I promessi sposi - Lucia.jpg|thumb|Lucia Mondella]]
La vicenda è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola. I protagonisti sono Renzo e Lucia, due giovani operai che vivono in una località lecchese, nei pressi del lago di Como, allo sbocco del fiume Adda.
La vicenda è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola. I protagonisti sono Renzo e Lucia, due giovani operai che vivono in una località lecchese, nei pressi del lago di Como, allo sbocco del fiume Adda.
Il romanzo ebbe un impatto tanto forte sull'inconscio collettivo italiano che si volle per forza identificare il "paesello" dei Promessi Sposi e così, con i più capziosi ragionamenti, si scelsero due quartieri di Lecco, Olate ed Acquate che, ancora oggi, si contendono questo ruolo. Di fatto Manzotin non si riferiva a luoghi precisi e nel romanzo gli unici indicati chiaramente sono il quartiere lecchese di Pescarenico, dove si trovava il convento di Padre Cristoforo,e il castello della guarnigione spagnola, posto in riva al lago.
Il romanzo ebbe un impatto tanto forte sull'inconscio collettivo italiano che si volle per forza identificare il "paesello" dei Promessi Sposi e così, con i più capziosi ragionamenti, si scelsero due quartieri di Lecco, Olate ed Acquate che, ancora oggi, si contendono questo ruolo. Di fatto Manzoni non si riferiva a luoghi precisi e nel romanzo gli unici indicati chiaramente sono il quartiere lecchese di Pescarenico, dove si trovava il convento di Padre Cristoforo,e il castello della guarnigione spagnola, posto in riva al lago.
Ogni cosa è pronta per il suo matrimonio quando un signore del luogo, Don Rodrigo,
Ogni cosa è pronta per il suo matrimonio quando un signore del luogo, Don Rodrigo,
scommette con il cugino Attilio che riuscirà ad impossessarsi di Lucia. Perciò il curato del paese incaricato a celebrare il matrimonio, don Abbondio, durante la sua solita passeggiata serale, viene minacciato da due bravi di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani. In preda al panico, don Abbondio cede subito. Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, approfittando della sua ignoranza citando una frase in latino.
scommette con il cugino Attilio che riuscirà ad impossessarsi di Lucia. Perciò il curato del paese incaricato a celebrare il matrimonio, don Abbondio, durante la sua solita passeggiata serale, viene minacciato da due bravi di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani. In preda al panico, don Abbondio cede subito. Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, approfittando della sua ignoranza citando una frase in latino.
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===L'Addio ai monti===
===L'Addio ai monti===
[[Immagine:I promessi sposi - ch8.jpg|thumb|''Addio monti'' con il [[Resegone]] e il villaggio di Pescarenico sullo sfondo.]]
[[Immagine:I promessi sposi - ch8.jpg|thumb|''Addio monti'' con il [[Resegone]] e il villaggio di Pescarenico sullo sfondo.]]
Secondo quanto padre Cristoforo ha preordinato, Renzo, Lucia e Agnese scendono alle rive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Qua i pensieri di Lucia sono trascritti dal Manzotin in pochi paragrafi, tuttavia riassumono perfettamente lo stato d'animo dei personaggi. Si ha un [[Climax (retorica)|climax]] di sentimenti, la malinconia si fa sentire molto forte e suscita nel lettore un moto di compassione verso i personaggi. È certamente uno dei passaggi più celebrati del romanzo, per il suo carattere emotivamente intenso e altamente poetico dal punto di vista narrativo.
Secondo quanto padre Cristoforo ha preordinato, Renzo, Lucia e Agnese scendono alle rive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Qua i pensieri di Lucia sono trascritti dal Manzoni in pochi paragrafi, tuttavia riassumono perfettamente lo stato d'animo dei personaggi. Si ha un [[Climax (retorica)|climax]] di sentimenti, la malinconia si fa sentire molto forte e suscita nel lettore un moto di compassione verso i personaggi. È certamente uno dei passaggi più celebrati del romanzo, per il suo carattere emotivamente intenso e altamente poetico dal punto di vista narrativo.


===In convento a Monza===
===In convento a Monza===
Giunta al convento "pochi passi distante da Monza", Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento di Monza dove vive Gertrude, la "signora" (il personaggio è ispirato alla vicenda di Virginia Maria de Leyva), che prende la giovane sotto la sua protezione. Dopo l'incontro con Lucia, Manzotin racconta la biografia della monaca di Monza.
Giunta al convento "pochi passi distante da Monza", Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento di Monza dove vive Gertrude, la "signora" (il personaggio è ispirato alla vicenda di Virginia Maria de Leyva), che prende la giovane sotto la sua protezione. Dopo l'incontro con Lucia, Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza.
Gertrude è figlia di un principe feudatario di Milano di cui Manzotin tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio del primogenito si era deciso prima ancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è continuamente orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile. Divenuta adolescente però, Gertrude comincia a dubitare di tale scelta. Tuttavia, un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento soggiace alle attenzioni di uno "scellerato di professione", e per salvarsi dallo scandalo giunge ad uccidere una compagna che ha scoperto la relazione.
Gertrude è figlia di un principe feudatario di Milano di cui Manzoni tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio del primogenito si era deciso prima ancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è continuamente orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile. Divenuta adolescente però, Gertrude comincia a dubitare di tale scelta. Tuttavia, un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento soggiace alle attenzioni di uno "scellerato di professione", e per salvarsi dallo scandalo giunge ad uccidere una compagna che ha scoperto la relazione.


===I tumulti di Milano===
===I tumulti di Milano===
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=== Conclusione ===
=== Conclusione ===
Infine i due promessi si incontrano nel lazzaretto di Milano, dove Renzo era andato alla ricerca di Lucia. Con l'aiuto di fra Cristoforo superano lo scoglio rappresentato dal voto di Lucia e tornano al loro paese dove don Abbondio prima tentenna, poi acconsente a celebrare le nozze (avuta conferma della morte di Don Rodrigo). Si trasferiscono infine nel bergamasco; Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, e poi ne arriveranno altri.<br />
Infine i due promessi si incontrano nel lazzaretto di Milano, dove Renzo era andato alla ricerca di Lucia. Con l'aiuto di fra Cristoforo superano lo scoglio rappresentato dal voto di Lucia e tornano al loro paese dove don Abbondio prima tentenna, poi acconsente a celebrare le nozze (avuta conferma della morte di Don Rodrigo). Si trasferiscono infine nel bergamasco; Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, e poi ne arriveranno altri.<br />
Il significato dell'opera è che con la fede in Dio tutti i problemi e le disgrazie si possono superare. Manzotin, traslando le problematiche del suo tempo in questo contesto romanzesco lascia inoltre una morale di grande importanza: è il popolo, nella sua condizione povera e umile, il vero protagonista della storia. Dio istituisce secondo Manzotin una Provvidenza che non decide al posto dell'uomo, ma determina un perpetuo equilibrio, pertanto il popolo deve giustamente cercare di riscattarsi e reclamare il proprio diritto di vivere e lasciare un proprio segno nella storia.<ref>"Manzotin, col "sugo" della storia nella chiusa dei ''Promessi sposi'', lascia intendere che il libro è un [[romanzo a tesi]]; e fiumi d'inchiostro si sono versati in proposito. Ma potrebbe anche sostenersi che il libro è un romanzo ''di'' tesi, un teorema con più ipotesi compresenti e alternative, un <<romanzo di idee sotto specie di romanzo storico>> (cfr. Caretti, cit., p.32)" Pietro Gibellini, ''La parabola di Renzo e Lucia. Un'idea dei "Promessi sposi"'', Morcelliana, Brescia, 1994.</ref>
Il significato dell'opera è che con la fede in Dio tutti i problemi e le disgrazie si possono superare. Manzoni, traslando le problematiche del suo tempo in questo contesto romanzesco lascia inoltre una morale di grande importanza: è il popolo, nella sua condizione povera e umile, il vero protagonista della storia. Dio istituisce secondo Manzoni una Provvidenza che non decide al posto dell'uomo, ma determina un perpetuo equilibrio, pertanto il popolo deve giustamente cercare di riscattarsi e reclamare il proprio diritto di vivere e lasciare un proprio segno nella storia.<ref>"Manzoni, col "sugo" della storia nella chiusa dei ''Promessi sposi'', lascia intendere che il libro è un [[romanzo a tesi]]; e fiumi d'inchiostro si sono versati in proposito. Ma potrebbe anche sostenersi che il libro è un romanzo ''di'' tesi, un teorema con più ipotesi compresenti e alternative, un <<romanzo di idee sotto specie di romanzo storico>> (cfr. Caretti, cit., p.32)" Pietro Gibellini, ''La parabola di Renzo e Lucia. Un'idea dei "Promessi sposi"'', Morcelliana, Brescia, 1994.</ref>


== L'ambientazione geografica ==
== L'ambientazione geografica ==
Il romanzo è ambientato in Lombardia, più precisamente in una zona che comprende il ramo [[Lecco|lecchese]] del [[Lago di Como]], l'Adda, Monza e Milano. Questa scelta non è casuale dato che Manzotin scrive di luoghi a lui familiari.
Il romanzo è ambientato in Lombardia, più precisamente in una zona che comprende il ramo [[Lecco|lecchese]] del [[Lago di Como]], l'Adda, Monza e Milano. Questa scelta non è casuale dato che Manzoni scrive di luoghi a lui familiari.


== Personaggi ==
== Personaggi ==
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| align=center | [[Griso]] || aiutante dell'antagonista (simboleggia la violenza gratuita) || capo dei bravi || opportunista || prepotente, violento
| align=center | [[Griso]] || aiutante dell'antagonista (simboleggia la violenza gratuita) || capo dei bravi || opportunista || prepotente, violento
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| align=center | Monaca di Monza (Gertrude) ("la Signora") || aiutante della protagonista, poi dell'antagonista; è ispirata ad un personaggio storico (suor Maria Virginia de Leyva, la [[Monaca di Monza]]) (attraverso il racconto delle sue vicende, Manzotin denuncia la monacazione forzata) || figlia di un potente signore di Milano, secondo Manzotin è sempre stata indirizzata alla vita in convento, anche se ciò andava contro la sua natura || frustrata, rancorosa, debole, indecisa, ambigua || autoritario, capriccioso, enigmatico
| align=center | Monaca di Monza (Gertrude) ("la Signora") || aiutante della protagonista, poi dell'antagonista; è ispirata ad un personaggio storico (suor Maria Virginia de Leyva, la [[Monaca di Monza]]) (attraverso il racconto delle sue vicende, Manzoni denuncia la monacazione forzata) || figlia di un potente signore di Milano, secondo Manzoni è sempre stata indirizzata alla vita in convento, anche se ciò andava contro la sua natura || frustrata, rancorosa, debole, indecisa, ambigua || autoritario, capriccioso, enigmatico
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| align=center | [[Conte zio]] || aiutante dell'antagonista (simboleggia la classe dei potenti e corrotti) || potente rappresentante della famiglia, membro del Consiglio Segreto, zio del conte Attilio (cugino aiutante dell'antagonista don Rodrigo, cinico e amorale) || risoluto || serio, paternalistico, consapevole del suo potere
| align=center | [[Conte zio]] || aiutante dell'antagonista (simboleggia la classe dei potenti e corrotti) || potente rappresentante della famiglia, membro del Consiglio Segreto, zio del conte Attilio (cugino aiutante dell'antagonista don Rodrigo, cinico e amorale) || risoluto || serio, paternalistico, consapevole del suo potere
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== Fonti Manzotinane ==
== Fonti manzoniane ==


* G. Ripamonti, "Historia Patria".
* G. Ripamonti, "Historia Patria".
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Sono spesso citati inoltre interi brani del romanzo che vengono tuttora imparati a memoria e recitati, come ''"Addio, monti sorgenti dall'acque..."'' e ''"Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno..."'', tutti riferimenti al paesaggio dei dintorni [[Provincia di Lecco|lecchesi]].
Sono spesso citati inoltre interi brani del romanzo che vengono tuttora imparati a memoria e recitati, come ''"Addio, monti sorgenti dall'acque..."'' e ''"Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno..."'', tutti riferimenti al paesaggio dei dintorni [[Provincia di Lecco|lecchesi]].


[[Dino Buzzati]], autore del '900, ha scritto, sulla base del capitolo Manzotinano sulla malattia di don Rodrigo, il racconto ''La peste motoria'', vivace trasposizione in cui la malattia aggredisce non più gli uomini ma le autovetture, e i monatti sono dipendenti degli sfasciacarrozze.
[[Dino Buzzati]], autore del '900, ha scritto, sulla base del capitolo manzoniano sulla malattia di don Rodrigo, il racconto ''La peste motoria'', vivace trasposizione in cui la malattia aggredisce non più gli uomini ma le autovetture, e i monatti sono dipendenti degli sfasciacarrozze.


== Adattamenti ==
== Adattamenti ==
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== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
* [[Alessandro Manzotin]]
* [[Alessandro Manzoni]]
* [[Crisi del XVII secolo]]
* [[Crisi del XVII secolo]]
* [[Luoghi Manzotinani]]
* [[Luoghi manzoniani]]
* [[Peste del 1630]]
* [[Peste del 1630]]
* [[Peste di San Carlo]]
* [[Peste di San Carlo]]
* [[Romanzo storico]]
* [[Romanzo storico]]
* [[San Carlo Borromeo]]
* [[San Carlo Borromeo]]
* [[Serata Manzotin]]
* [[Serata Manzoni]]


== Altri progetti ==
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.booksandbooks.it/e-books/125-ebook-gratuito-i-promessi-sposi-di-alessandro-Manzotin.html Ebook Gratuito e riflessioni sull'opera]
* [http://www.booksandbooks.it/e-books/125-ebook-gratuito-i-promessi-sposi-di-alessandro-manzoni.html Ebook Gratuito e riflessioni sull'opera]
* [http://www.classicistranieri.com/tag/Manzotin Testo in ''e-book'' (Microsoft LIT)] Edizione 1842
* [http://www.classicistranieri.com/tag/manzoni Testo in ''e-book'' (Microsoft LIT)] Edizione 1842
* {{en}}[http://crtpesaro.altervista.org/Cultura%20e%20Storia/Letteratura/Sezione%20Manzotinana/The%20Betrothed%20Lovers%20Review%20by%20E.A.%20Poe.php Recensione de ''I promessi sposi'' di E.A. Poe], pubblicata nel maggio 1835 in ''The Southern Literary Messenger''
* {{en}}[http://crtpesaro.altervista.org/Cultura%20e%20Storia/Letteratura/Sezione%20Manzoniana/The%20Betrothed%20Lovers%20Review%20by%20E.A.%20Poe.php Recensione de ''I promessi sposi'' di E.A. Poe], pubblicata nel maggio 1835 in ''The Southern Literary Messenger''
* [http://www.liberliber.it/audioteca/m/Manzotin/i_promessi_sposi/mp3/Manzotin_i_promes.m3u Audiolibro - Lettura integrale] MP3 Creative Commons - a cura di [http://www.liberliber.it/progetti/libroparlato/ Liber Liber, progetto Libro parlato]. Voce di Silvia Cecchini
* [http://www.liberliber.it/audioteca/m/manzoni/i_promessi_sposi/mp3/manzoni_i_promes.m3u Audiolibro - Lettura integrale] MP3 Creative Commons - a cura di [http://www.liberliber.it/progetti/libroparlato/ Liber Liber, progetto Libro parlato]. Voce di Silvia Cecchini
* [http://www.raiclicktv.it/raiclickpc/secure/folder.srv?id=2050# I promessi sposi del trio]. Il capolavoro di Alessandro Manzotin rivisitato da Lopez, Marchesini e Solenghi.
* [http://www.raiclicktv.it/raiclickpc/secure/folder.srv?id=2050# I promessi sposi del trio]. Il capolavoro di Alessandro Manzoni rivisitato da Lopez, Marchesini e Solenghi.
* [http://scuola.otforum.it/appunti/italiano/promessisposi/analisi.html Analisi dei singoli capitoli]. Disponibili analisi e commenti di ogni singolo capitolo del libro.
* [http://scuola.otforum.it/appunti/italiano/promessisposi/analisi.html Analisi dei singoli capitoli]. Disponibili analisi e commenti di ogni singolo capitolo del libro.
* [http://www.promessi-sposi.it Riassunti de ''I promessi sposi'']. Riassunti e divisioni in sequenze di tutti i capitoli, schede dei personaggi e critiche del romanzo.
* [http://www.promessi-sposi.it Riassunti de ''I promessi sposi'']. Riassunti e divisioni in sequenze di tutti i capitoli, schede dei personaggi e critiche del romanzo.
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[[cs:Snoubenci]]
[[cs:Snoubenci]]
[[de:I Promessi Sposi]]
[[de:I Promessi Sposi]]
[[en:The Betrothed (Manzotin novel)]]
[[en:The Betrothed (Manzoni novel)]]
[[eo:La gefianĉoj]]
[[eo:La gefianĉoj]]
[[es:Los novios]]
[[es:Los novios]]

Versione delle 15:48, 30 gen 2012

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi I promessi sposi (disambigua).
I promessi sposi
La copertina dell'edizione del 1840 del romanzo.
AutoreAlessandro Manzoni
1ª ed. originale1827 poi 1840 e 1842
Genereromanzo
Sottogenereromanzo storico
Lingua originaleitaliano
AmbientazioneItalia settentrionale, 1628 - 1630
ProtagonistiRenzo Tramaglino e Lucia Mondella
AntagonistiDon Rodrigo, Conte Attilio, Conte Zio
Altri personaggiDon Abbondio, Innominato, Padre Cristoforo, Padre provinciale, Monaca di Monza, Agnese

I promessi sposi è un romanzo storico di Alessandro Manzoni. Assieme alle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo è considerato il più importante romanzo della letteratura italiana prima dell'unità nazionale. Preceduto nella pubblicazione da Fermo e Lucia, spesso considerato romanzo a sè, fu edito in una prima versione nel 1827; rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il 1840 e il 1841.

Ambientato dal 1628 al 1630 in Lombardia durante l'occupazione spagnola, fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo un'interpretazione risorgimentista, il periodo storico era stato scelto da Manzoni con l'intento di alludere al dominio austriaco sul nord Italia. Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di ogni tempo, con tutti i suoi difetti che tuttora mantiene.[1] Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del XVII secolo, come ad esempio le vicende della Monaca di Monza e la grande peste del 1629-1631, si fondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca.

Il romanzo di Manzoni viene considerato non solo una pietra miliare della letteratura italiana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della lingua italiana. Nei dialoghi, riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo non ammissibili nella lingua standard. È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.

L'opera

Quel ramo del lago di Como ...

È considerata l'opera più rappresentativa del Risorgimento e del romanticismo italiano e una delle massime opere della letteratura italiana. Dal punto di vista strutturale è il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana. L'opera ebbe anche un'enorme influenza nella definizione di una lingua nazionale italiana[2].

Considerato principalmente un romanzo storico, in realtà l'opera va ben oltre i ristretti limiti di tale genere letterario: il Manzoni infatti, attraverso la ricostruzione dell'Italia del '600, non tratteggia soltanto un grande affresco storico, ma prefigura degli evidenti parallelismi con i processi storici di cui era testimone nel suo tempo, non limitandosi ad indagare il passato ma tracciando anche una idea ben precisa del senso della storia, e del rapporto che il singolo ha con gli eventi storici che lo coinvolgono[3].

È al tempo stesso romanzo di formazione (si veda in particolare il percorso umano di Renzo), ma per alcune ambientazioni e vicende presenti (la Monaca di Monza, il rapimento di Lucia segregata poi nel castello), ha anche caratteristiche che lo possono accomunare ai romanzi gotici sette-ottocenteschi.

Il romanzo tuttavia è anche e soprattutto filosofico, profondamente cristiano, dominato dalla presenza della Provvidenza nella storia e nelle vicende umane. Il male è presente, il gioco dei contrapposti egoismi genera effetti a volte disastrosi nella storia, ma Dio non abbandona gli uomini, e la fede nella Provvidenza, nell'opera manzoniana, permette di dare un senso ai fatti e alla storia dell'uomo.

«Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. (I promessi sposi, cap. XXXVIII)»

In particolare il romanzo ha un suo punto di forza nella scelta e nella raffigurazione dei personaggi, resi tutti con grande forza narrativa, scolpiti a tutto tondo dal punto di vista psicologico e umano, tanto che alcuni di essi sono diventati degli stereotipi umani, usati ancora oggi nel linguaggio comune (si pensi ad esempio a un "don Abbondio" o alla figura di "un Azzeccagarbugli" o di una "Perpetua"). Una rappresentazione psicologica così accurata dei suoi personaggi fa sì che, salvo poche eccezioni, quasi nessuno di essi sia completamente "positivo" o "negativo". Anche il malvagio trova un'occasione di umanità e redenzione, così come anche il personaggio positivo, quale ad esempio Renzo, non è immune da difetti, azioni violente e riprovevoli ed errori anche gravi. La stessa Lucia viene tacciata spesso come egoista e addirittura "solipsista", e non sempre a torto: il discorso di padre Cristoforo a Lucia al Lazzaretto, benché paterno e benevolo, è durissimo. Lo stesso Padre Cristoforo, il personaggio forse più positivo del romanzo assieme al Cardinale Federigo Borromeo (e anch'egli non è esente da tragici errori, come si vede dal Romanzo stesso e dalla Colonna Infame), ha anche lui una grave macchia nel suo passato.
È anche questa caratteristica quindi a consentire al romanzo di elevarsi ben al di sopra del livello medio dei romanzi storici e gotici dell'Ottocento.

La maestria del Manzoni nel tratteggiare i suoi personaggi emerge soprattutto nei dialoghi, scritti con sottile cura, che spesso sono i veri rivelatori dei personaggi, della loro psicologia e delle loro motivazioni.

La stesura e le edizioni

La prima idea del romanzo risale al 24 aprile 1821[4], quando Manzoni cominciò la stesura del Fermo e Lucia, componendo in circa un mese e mezzo i primi due capitoli e la prima stesura dell'Introduzione. Interruppe però il lavoro per dedicarsi al compimento dell'Adelchi, al progetto poi accantonato della tragedia Spartaco, e alla scrittura dell'ode Il cinque maggio.
Dall'aprile del 1822 il Fermo e Lucia fu ripreso con maggiore lena e portato a termine il 17 settembre 1823 (sarebbe stato pubblicato nel 1915 da Giuseppe Lesca col titolo "Gli sposi promessi"). In questa prima edizione è presente, in nuce, la trama del romanzo. Tuttavia, il Fermo e Lucia non va considerato come laboratorio di scrittura utile a preparare il terreno al futuro romanzo, ma come opera autonoma, dotata di una struttura interna coesa e del tutto indipendente dalle successive elaborazioni dell'autore. Rimasto per molti anni inedito, il Fermo e Lucia viene oggi guardato con grande interesse. Anche se la tessitura dell'opera è meno elaborata di quella de I promessi sposi, nei quattro tomi del Fermo e Lucia si ravvisa un romanzo irrisolto a causa delle scelte linguistiche dell'autore che, ancora lontano dalle preoccupazioni che preludono alla terza ed ultima scrittura dell'opera, crea un tessuto verbale ricco, dove s'intrecciano e si alternano tracce di lingua letteraria, elementi dialettali, latinismi e prestiti di lingue straniere. Nella seconda Introduzione a Fermo e Lucia, l'autore definì la lingua usata

«un composto indigesto di frasi un po' lombarde, un po' toscane, un po' francesi, un po' anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall'una o dall'altra di esse.»

Anche i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva.

Sullo sfondo la Lombardia del XVII secolo è dipinta come scenario non pacificato, il cui potere politico coincide con l'arbitrio del più forte, la cui ragione (come insegna La Fontaine) è sempre la migliore. Romanzo dell'arbitrio e della violenza, mostra l' eterna oppressione dei potenti nei confronti degli "umili", riprendendo il tema già presente nell'Adelchi dei "due popoli", quello degli oppressi e quello degli oppressori, vicenda eterna di ogni tempo.

Una seconda stesura dell'opera (la cosiddetta Ventisettana, che è la prima edizione a stampa) fu pubblicata da Manzoni nel 1827, con il titolo I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni, e riscosse notevole successo. La struttura più equilibrata (quattro sezioni di estensione pressoché uguale), la decisa riduzione di quello che appariva un "romanzo nel romanzo", ovvero la storia della Monaca di Monza, la scelta di evitare il pittoresco e le tinte più fosche a favore di una rappresentazione più aderente al vero sono i caratteri di questo che è in realtà un romanzo diverso da Fermo e Lucia.[5]

Manzoni non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché il linguaggio dell'opera era ancora troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso 1827 egli si recò, perciò, a Firenze, per risciacquare - come disse - i panni in Arno, e sottoporre il suo romanzo ad un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al dialetto fiorentino considerato lingua unificatrice. Ciononostante non sono pochi i lettori del romanzo a preferire la ventisettana per la ricchezza delle sue scelte lessicali, e per il retrogusto ancora schiettamente lombardo, che rendono questa versione decisamente più viva rispetto a quella successiva che viene, normalmente, stampata e di solito studiata a scuola.

Tra il 1840 e il 1842, Manzoni pubblicò quindi la terza ed ultima edizione de I promessi sposi, la cosiddetta Quarantana, cui oggi si fa normalmente riferimento. Fondamentale, all'interno dell'economia dell'opera, il ruolo che assumono le illustrazioni del piemontese Francesco Gonin, cui l'autore stesso si rivolge per arricchire il testo di un apparato iconografico. Il rapporto fra Manzoni e Gonin è di grande intesa, lo scrittore guida la mano del pittore nella composizione di questi quadretti. La forza espressiva delle litografie del Gonin è impressionante, al lettore si rivela un mondo vastissimo di volti e fisionomie, sempre varissime; personaggi che passano dal solenne al grottesco, dall'ascetico al torbido, in una composizione che non trascura mai quella certa, accattivante, ironia che ogni lettore del romanzo ben conosce. Su quest'ultimo punto si consideri, ad esempio, la vignetta che chiude l'introduzione, dove è di scena lo stesso scrittore, in camicione da notte e pantofole, mentre sfoglia davanti ad un rassicurante camino un librone, che potrebbe essere tanto il resoconto secentesco della vicenda, quanto il romanzo che chi legge ha sotto gli occhi in quel momento. La più recente critica manzoniana, si pensi solamente a Ezio Raimondi o a Salvatore Silvano Nigro, ha lungamente sottolineato il valore esegetico di questo apparato di immagini, vero e proprio paratesto alla narrazione delle vicende matrimoniali dei due protagonisti. Le moderne edizioni, che non si rifanno ai criteri della stampa anastatica, privano i lettori di uno strumento essenziale alla comprensione del testo. Oggi sfugge anche ai più colti fruitori dell'opera di Manzoni che uno dei nodi principali de I promessi sposi consiste proprio nel rapporto che intercorre fra lettera e immagine.

Secondo un tipico cliché della narrativa europea fra Settecento e Ottocento, il narratore prende le mosse da un manoscritto anonimo del XVII secolo, che racconta la storia di Renzo e Lucia. Nulla sappiamo dell'autore di questo manoscritto, salvo che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda, e non si esclude che lo stesso Renzo possa aver reso edotto questo curioso secentista lombardo della sua storia. Il tòpos della trascrizione della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti permette all'autore di giocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ovvero il suo essere un componimento di fantasia che, spesso, non disdegna di proporsi ai suoi lettori come documento storico reale ed affidabile.

Conclude il testo la Storia della colonna infame, in cui Manzoni ricostruisce il clima di intolleranza e ferocia in cui si svolgevano gli assurdi processi contro gli untori, al tempo della peste raccontata del romanzo. Non è un'appendice ma il vero finale del romanzo, come dimostra l'impaginazione stessa, stesa dallo stesso Manzoni.

Genesi interna e genesi esterna

La genesi interna del romanzo I promessi sposi è costituita dalle idee di partenza, dall'ideologia di base che la poetica di Manzoni doveva propagandare. È stata evinta soprattutto grazie alle lettere che lo stesso scrisse mentre stava preparando le diverse edizioni dell'opera. Il suo romanzo era fondato, infatti, su tre perni principali:[6]

  1. Il vero per soggetto: l'autore mette al centro la ricostruzione storica degli eventi che caratterizzarono quei luoghi a quel tempo.
  2. L'utile per scopo: l'opera deve mirare ad educare l'uomo ai valori che Manzoni vuole diffondere.
  3. L'interessante per mezzo: l'argomento del romanzo deve essere moderno, popolare, e quindi avere forti legami con la realtà contadina ed operaia.

La genesi esterna, invece, comprende tutte le letture e gli autori che hanno ispirato Manzoni. Tra le principali abbiamo l'Ivanhoe di Walter Scott da cui l'autore prende l'ispirazione per la tipologia del romanzo che sarà a sfondo storico, la Storia Milanese (del 1600) di Giuseppe Ripamonti, da cui l'autore prende, appunto, la maggior parte degli avvenimenti storici che verranno intrecciati con le vicende dei personaggi.[7]. Altre fonti sono le opere dell'economista Melchiorre Gioia e del cardinale Federico Borromeo al cui scritto De Pestilentia Manzoni si ispirò per l'episodio della madre di Cecilia.

Secondo il critico Giovanni Getto una fonte per l'opera manzoniana potrebbe essere stata anche la Historia del Cavalier Perduto, romanzo erotico - cavalleresco del XVII secolo scritto dal vicentino Pace Pasini. [8] Il prof. Claudio Povolo dell'Università di Venezia con recenti documentati studi ha dimostrato che una ulteriore fonte del romanzo potrebbe essere la storia di Paolo Orgiano, signorotto di Orgiano (Vicenza), violento, rapitore di donne, condannato al carcere a vita nel processo del 1607. Molte sono le analogie con la vicenda descritta nei Promessi sposi.[9]

Molti personaggi e situazioni del romanzo manzoniano presentano analogie con precedenti opere della letteratura europea. L'argomento è trattato molto esaurientemente anche dal critico Giovanni Getto nel suo libro Manzoni europeo. Per limitarsi ad alcuni cenni, c'è da rilevare una evidente analogia fra il capolavoro manzoniano e i romanzi dello scozzese Walter Scott iniziatore del romanzo storico. Manzoni però elimina gli aspetti favolosi presenti nelle opere di Scott (per esempio, in Ivanhoe nel primo capitolo si parla del "favoloso dragone Wantley" e di "riti della superstizione druidica" ). Esistono rapporti con il gusto inglese del “quotidiano”, tipico del romanzo borghese dell’Inghilterra sette-ottocentesca (Samuel Richardson, Jane Austen, Thomas Hardy, William Thackeray, per citare gli autori più noti), gusto trasferito dal Manzoni sul mondo popolare. Riguardo all’Innominato, sono state notate analogie col mito satanico del “grande ribelle”, personaggio titanico e individualista presente in certi poeti romantici inglesi e tedeschi come Schiller e Byron (ad esempio ne I Masnadieri di Schiller e ne Il Corsaro di Byron). Egidio e, in minor misura, don Rodrigo richiamano gli eroi libertini del Settecento francese, moralmente anticonformisti, dissacratori della tradizione e rinnegatori della virtù nell’esaltazione del desiderio, degli istinti naturali, come i protagonisti dei romanzi del Marchese De Sade (Storia di Juliette, Justine ovvero le disavventure della virtù).
Lucia è la giovane innocente e virtuosa, perseguitata come Clarissa Harlowe dell’omonimo romanzo di Samuel Richardson, inoltre il suo rapimento si può avvicinare a quello di lady Rowena descritto da Walter Scott in Ivanhoe. Il rapimento di Lucia e la sua prigionia nel tetro castello dell’Innominato nonché la descrizione del castello e del suo ambiente (capitolo XX) richiamano analogie con il romanzo gotico, il genere “nero” inglese del Settecento: The monk di Matthew Gregory Lewis, The castle of Otranto di Horace Walpole, The Mysteriers of Udolpho di Ann Radcliffe.
Per la storia di Gertrude si è trovato un riferimento nel romanzo La monaca di Diderot: è la storia della monacazione forzata di una figlia della ricca borghesia. Nel romanzo di Diderot c’è però una avversione contro le istituzioni ecclesiastiche, risalente all'Illuminismo, che è assente in Manzoni. Inoltre si rileva una descrizione più positiva in Diderot in cui manca la cupezza tragica di Manzoni.
Sono riscontrabili echi dal romanzo epistolare Giulia o la nuova Eloisa di Jean-Jacques Rousseau: la descrizione del paesaggio del lago di Ginevra (v. il lago di Como nel romanzo manzoniano), la figura di Giulia (lettera XVIII, III parte) che richiama quella di Lucia. Le avventure di Renzo sono accostabili a quelle del picaro dei romanzi picareschi spagnoli del XVI e XVII secolo.[10]

Trama

Renzo Tramaglino
Lucia Mondella

La vicenda è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola. I protagonisti sono Renzo e Lucia, due giovani operai che vivono in una località lecchese, nei pressi del lago di Como, allo sbocco del fiume Adda. Il romanzo ebbe un impatto tanto forte sull'inconscio collettivo italiano che si volle per forza identificare il "paesello" dei Promessi Sposi e così, con i più capziosi ragionamenti, si scelsero due quartieri di Lecco, Olate ed Acquate che, ancora oggi, si contendono questo ruolo. Di fatto Manzoni non si riferiva a luoghi precisi e nel romanzo gli unici indicati chiaramente sono il quartiere lecchese di Pescarenico, dove si trovava il convento di Padre Cristoforo,e il castello della guarnigione spagnola, posto in riva al lago. Ogni cosa è pronta per il suo matrimonio quando un signore del luogo, Don Rodrigo, scommette con il cugino Attilio che riuscirà ad impossessarsi di Lucia. Perciò il curato del paese incaricato a celebrare il matrimonio, don Abbondio, durante la sua solita passeggiata serale, viene minacciato da due bravi di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani. In preda al panico, don Abbondio cede subito. Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, approfittando della sua ignoranza citando una frase in latino.

L'incontro tra padre Cristoforo e don Rodrigo

Renzo però, parlando con Perpetua, donna che si prende cura di don Abbondio, capisce che qualcosa non quadra e costringe il curato a rivelare la verità. Si consulta così con Lucia e con la madre di lei, Agnese, e insieme decidono di chiedere consiglio a un avvocato, detto Azzecca-garbugli, che però si rivela essere in malafede. Così si rivolgono a padre Cristoforo, loro "padre spirituale", cappuccino di un convento poco distante. Fra Cristoforo decide di affrontare don Rodrigo, e si reca al suo palazzotto; ma il signorotto accoglie con malumore il frate, intuendo il motivo della visita; il frate tenta di farlo recedere dal suo proposito, ma viene cacciato via in malo modo.

La notte degl'imbrogli e dei sotterfugi

Intanto Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa, pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni. Con molte riserve da parte di Lucia, il piano viene accettato, quando fra Cristoforo annuncia il fallimento del suo tentativo di convincere don Rodrigo. Intanto don Rodrigo medita il rapimento di Lucia, e una sera dei bravi irrompono in casa sua, che però trovano deserta:Lucia, Agnese e Renzo sono a casa di don Abbondio per tentare di sorprenderlo, ma falliscono, e si devono riparare al convento di fra Cristoforo, perché frattanto vengono a sapere del tentato rapimento.

La fuga

Renzo, Lucia e Agnese giungono al convento di Pescarenico dove padre Cristoforo espone loro i suoi progetti: Renzo si rifugerà presso il convento dei cappuccini a Milano dove cercherà padre Bonaventura, mentre Lucia troverà aiuto dal padre guardiano del convento nei pressi di Monza. Ha già scritto una lettera per ognuno dei confratelli e le consegna ai detenuti fuggiti.

L'Addio ai monti

Addio monti con il Resegone e il villaggio di Pescarenico sullo sfondo.

Secondo quanto padre Cristoforo ha preordinato, Renzo, Lucia e Agnese scendono alle rive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Qua i pensieri di Lucia sono trascritti dal Manzoni in pochi paragrafi, tuttavia riassumono perfettamente lo stato d'animo dei personaggi. Si ha un climax di sentimenti, la malinconia si fa sentire molto forte e suscita nel lettore un moto di compassione verso i personaggi. È certamente uno dei passaggi più celebrati del romanzo, per il suo carattere emotivamente intenso e altamente poetico dal punto di vista narrativo.

In convento a Monza

Giunta al convento "pochi passi distante da Monza", Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento di Monza dove vive Gertrude, la "signora" (il personaggio è ispirato alla vicenda di Virginia Maria de Leyva), che prende la giovane sotto la sua protezione. Dopo l'incontro con Lucia, Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza. Gertrude è figlia di un principe feudatario di Milano di cui Manzoni tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio del primogenito si era deciso prima ancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è continuamente orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile. Divenuta adolescente però, Gertrude comincia a dubitare di tale scelta. Tuttavia, un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento soggiace alle attenzioni di uno "scellerato di professione", e per salvarsi dallo scandalo giunge ad uccidere una compagna che ha scoperto la relazione.

I tumulti di Milano

Renzo, a Milano, non potendo ricoverarsi nel convento indicatogli da Fra Cristoforo, dato che padre Bonaventura è in quel momento assente, rimane coinvolto nei tumulti scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane. Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorso dove critica la giustizia, che sta sempre dalla parte dei potenti. È tra i suoi ascoltatori un birro in borghese, che cerca di condurlo in carcere ma Renzo, stanco, si ferma in un'osteria, dove il birro viene a conoscenza, con uno stratagemma, del suo nome. Andato via costui, Renzo si ubriaca e fa nuovi appelli alla giustizia con gli altri avventori. L'oste lo mette a letto e corre a denunciarlo. Il mattino dopo Renzo viene arrestato ma riesce a fuggire e si ripara a Bergamo, nella Repubblica di Venezia, da suo cugino Bortolo, che lo ospita e gli procura un lavoro. Intanto la sua casa viene perquisita e viene fatto credere che sia uno dei capi della rivolta. Nel frattempo il conte Attilio, cugino di don Rodrigo, chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra Cristoforo, cosa che il conte ottiene dal padre provinciale dei cappuccini. In questo modo padre Cristoforo viene trasferito a Rimini.

L'Innominato

L' Innominato

Don Rodrigo chiede aiuto all'Innominato, potentissimo e sanguinario signore, che però da qualche tempo sta maturando una crisi di coscienza. Costui fa rapire Lucia dal Nibbio, con l'aiuto di Egidio e la complicità di Gertrude, sua amante, e Lucia viene portata al castello dell'Innominato. Lucia, terrorizzata, supplica l'Innominato di lasciarla libera e lo esorta a redimersi dicendo che "Dio perdona molte cose per un atto di misericordia". La notte che segue è per Lucia e per l'Innominato molto intensa. La prima fa un voto di castità alla Madonna perché la salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo. Il secondo trascorre una notte orribile, piena di rimorsi, e sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campane suonano a festa in tutta la vallata), che il cardinale Federigo Borromeo è in paese. Spinto dall'inquietudine che lo tormenta, la mattina si presenta in chiesa per parlare con il cardinale. Il colloquio sconvolge l'Innominato, che si impegna a cambiare vita e per prima cosa libera Lucia, che viene ospitata presso la casa di don Ferrante e donna Prassede, coppia di signori milanesi amici del Borromeo. Intanto il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio. Poco dopo scendono in Italia i lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di Mantova, che mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo della peste. Molti, tra cui don Abbondio, Perpetua e Agnese, trovano rifugio nel castello dell'Innominato, che si è fatto fervido campione di carità.

La peste

Con i lanzichenecchi entra nella Penisola la peste: se ne ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi (che non godrà dei frutti del suo tradimento, contagiato anch'egli dalla peste). Don Rodrigo viene portato dai monatti al lazzaretto in mezzo agli altri appestati. Renzo, guarito, torna al paese per cercare Lucia, preoccupato dagli accenni fatti da lei per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato, ma non la trova, e viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel lazzaretto. Qui trova anche padre Cristoforo, che scioglie il voto di Lucia e invita Renzo a perdonare don Rodrigo, ormai morente.

La peste, una delle peggiori piaghe dell'umanità, viene descritta in maniera scrupolosa e nei minimi particolari nelle sue prime manifestazioni, nelle reazioni suscitate, negli interventi positivi e negativi degli uomini chiamati ad occuparsene (dai medici, ai politici, alla chiesa). Agli errori delle autorità, alla voluta disinformazione si somma l'ignoranza superstiziosa della popolazione. Ne deriva uno sconvolgimento drammatico della città intera, attraversata da Renzo, ormai guarito, come un luogo infernale pieno di pericoli e di insidie mortali.

La parte più drammatica di questa descrizione si trova nel capitolo 34, con una delle più celebri frasi della letteratura italiana:

"Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato".

In tale capitolo si parla anche di Cecilia, "di forse nov'anni", che, ormai morta, è posta sul carro dei monatti dalla madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore, e chiede poi di tornare dopo a riprendere lei e l'altra sua figlia(sorella di Cecilia),entrambe appestate.

Conclusione

Infine i due promessi si incontrano nel lazzaretto di Milano, dove Renzo era andato alla ricerca di Lucia. Con l'aiuto di fra Cristoforo superano lo scoglio rappresentato dal voto di Lucia e tornano al loro paese dove don Abbondio prima tentenna, poi acconsente a celebrare le nozze (avuta conferma della morte di Don Rodrigo). Si trasferiscono infine nel bergamasco; Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, e poi ne arriveranno altri.
Il significato dell'opera è che con la fede in Dio tutti i problemi e le disgrazie si possono superare. Manzoni, traslando le problematiche del suo tempo in questo contesto romanzesco lascia inoltre una morale di grande importanza: è il popolo, nella sua condizione povera e umile, il vero protagonista della storia. Dio istituisce secondo Manzoni una Provvidenza che non decide al posto dell'uomo, ma determina un perpetuo equilibrio, pertanto il popolo deve giustamente cercare di riscattarsi e reclamare il proprio diritto di vivere e lasciare un proprio segno nella storia.[11]

L'ambientazione geografica

Il romanzo è ambientato in Lombardia, più precisamente in una zona che comprende il ramo lecchese del Lago di Como, l'Adda, Monza e Milano. Questa scelta non è casuale dato che Manzoni scrive di luoghi a lui familiari.

Personaggi

Personaggio Tipo/ruolo Caratteristiche socio-economiche Psicologia Comportamento
Don Abbondio principale, per codardia si trasforma in aiutante dell'antagonista (simboleggia chi, pur investito di responsabilità istituzionali, si piega al più forte), personaggio meschino e reietto è un succube che tenta di avere il minor danno proprio a discapito dei più poveri. curato del paese, vocazione non spirituale ma di convenienza; non benestante; esercita una forma di banco di pegni. pavido, egoista, pauroso e codardo si ispira alla regola di "scansare tutti i contrasti e cedere quelli che non può scansare" don Abbondio è succube del suo tempo, della sua epoca e delle ingiustizie presenti in essa; non riuscendo ad affrontarle tenta di scansarle. Viene paragonato ad un vaso d'argilla che viaggia insieme ad altri vasi di ferro su un carro. Egli risulta vittima della società perché non possiede un carattere forte e determinato ("non era nato con un cuor di leone").
Perpetua personaggio minore (simboleggia la sincerità, la genuinità) domestica di don Abbondio; " aveva passato l'età sinodale dei 40, rimanendo nubile, per aver rifiutati tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche." pragmatica sa ubbidire e comandare, tollerare e imporre, non sa mantenere i segreti, poiché ha un animo abbastanza semplice, e "rozzo". Termine scurrile usato nel primo capitolo contro Don Abbondio: "Oh che birbone".
Renzo Tramaglino protagonista (simboleggia gli ingenui volenterosi) operaio tessile e contadino, condizioni economiche medie, orfano, fidanzato di Lucia animo buono, dai valori morali semplici e onesti; ma anche ingenuo e impulsivo, e per questo capace di cacciarsi nei guai, come accade a Milano.
Lucia Mondella protagonista, vittima (simboleggia l'innocenza, i valori puri del cattolicesimo) fidanzata di Renzo, tessitrice, orfana di padre vive con la madre Agnese. timorata di Dio, dotata di una morale solida, ma anche capace di sottili astuzie; come quando dà a fra Galdino una gran quantità di noci perché concluda prima la questua e torni presto al convento a chiamare Fra' Cristoforo; o come quando, vedendo che l'Innominato comincia a commuoversi, esplode in accenti ancora più accorati, che lo inducono a capitolare. Lucia appare più equilibrata e coerente di Renzo e di Agnese, anche se talvolta cede alle loro pressioni e si lascia convincere ad agire contro i propri principi, come quando accetta di partecipare al matrimonio a sorpresa.
Agnese aiutante dei protagonisti (simboleggia i valori pragmatici e materni) tessitrice, madre di Lucia pragmatica, sicura di sé, dotata di furbizia "di paese" materno, protettivo, impulsivo
Azzecca-garbugli aiutante dell’antagonista (simboleggia la manipolazione della legge a difesa dei privilegi) avvocato trasandato meschino al servizio dei potenti, comicità di gesti e smorfie
Padre Cristoforo (Lodovico) aiutante dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia un cristianesimo coraggioso, capace di prendere posizione in difesa dei più deboli) padre cappuccino, di benestante famiglia di mercanti irrequietezza interiore, disciplina d’umiltà, somma spiritualità religiosa costante astinenza, autocontrollo, senso della giustizia, determinazione e coraggio
Don Rodrigo antagonista, incapricciato di Lucia (simboleggia i prepotenti) nobiluomo orgoglioso, maligno prepotente, capriccioso, offensivo, sarcastico, violento
Griso aiutante dell'antagonista (simboleggia la violenza gratuita) capo dei bravi opportunista prepotente, violento
Monaca di Monza (Gertrude) ("la Signora") aiutante della protagonista, poi dell'antagonista; è ispirata ad un personaggio storico (suor Maria Virginia de Leyva, la Monaca di Monza) (attraverso il racconto delle sue vicende, Manzoni denuncia la monacazione forzata) figlia di un potente signore di Milano, secondo Manzoni è sempre stata indirizzata alla vita in convento, anche se ciò andava contro la sua natura frustrata, rancorosa, debole, indecisa, ambigua autoritario, capriccioso, enigmatico
Conte zio aiutante dell'antagonista (simboleggia la classe dei potenti e corrotti) potente rappresentante della famiglia, membro del Consiglio Segreto, zio del conte Attilio (cugino aiutante dell'antagonista don Rodrigo, cinico e amorale) risoluto serio, paternalistico, consapevole del suo potere
Innominato aiutante dell'antagonista, poi dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia il pentimento, la conversione, la redenzione, valori base del cristianesimo) nobile, potente fuorilegge crudele, risoluto, inquieto, introspettivo, sensibile dapprima violento, "aspro, dominante e ostile" (v. valle); poi, a seguito del pentimento, umile e desideroso di espiazione
Nibbio aiutante dell'antagonista capo dei bravi fedele, inquieto un uomo crudele che rimane toccato dai pianti di una fanciulla
Oste aiutante dell'antagonista (simboleggia mentalità cittadina) oste opportunista, prudente, egoista teso al proprio interesse e alla propria sicurezza
Bortolo aiutante del protagonista (simboleggia valori familiari) tessitore, cugino di Renzo altruista disponibile, pragmatico
Cardinale Federigo Borromeo aiutante dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia un cristianesimo puro e ispirato) da facoltosa famiglia lombarda, arcivescovo di Milano autentica e profonda spiritualità cristiana puro, umile, caritatevole, altruista, disponibile, pacato
Sarto aiutante della protagonista (simboleggia l'uomo umile, il buon cristiano) sarto altruista disponibile, goffo e imbarazzato
Donna Prassede aiutante ambigua della protagonista (simboleggia il bigottismo) nobildonna milanese, moglie di don Ferrante benefattrice bigotta, dalla carità e dalla morale malintesa, pregiudizi arroganti e autoritari disponibile ma intrigante, autoritario, malizioso
Don Ferrante aiutante della protagonista (simboleggia l’ottusa cultura erudita e accademica) uomo di cultura, marito di donna Prassede vuota erudizione non comanda né ubbidisce, studia tutto il giorno con rabbia e compiacenza della moglie, professore di cavalleria, quotato consigliere su questioni d'onore
Conte Attilio aiutante di Don Rodrigo, di cui è il cugino nobile proveniente da Milano, sembra più importante di don Rodrigo dal carattere molto semplice sa trasformare il suo comportamento, scherzoso con don Rodrigo, serioso e truffaldino con il conte Zio
Tonio aiutante di Renzo Compaesano di Renzo, lo aiuterà nel tentativo di matrimonio per sorpresa venendo a far da testimone (ovviamente sotto compenso) Furbo e acuto, si dimostra molto affettuoso nei confronti del fratello Gervaso, che definisce "un sempliciotto", mentre in realtà egli è un disabile mentale.

Fonti manzoniane

  • G. Ripamonti, "Historia Patria".
  • M. Gioia, "Economia e Statistica".
  • F. Borromeo, De pestilentia quae Mediolani anno 1630 magnam stragem edit.
  • C.G. Cavatio della Somaglia, Alleggiamento dello Stato di Milano per le imposte e loro ripartimenti.
  • L. Ghirardelli, Il memorando contagio seguito in Bergamo l'anno 1630.
  • P. La Croce, Memoria delle cose notabili successe in Milano intorno al mal contagioso l'anno 1630.
  • A. Lampugnano, La pestilenza seguita in Milano l'anno 1630
  • L.A. Muratori, Del governo della peste e delle maniere di guardarsene
  • G. Ripamonti, De peste quae fuit anno 1630 libri V desumpti ex annalibus urbis
  • F. Rivola, Vita di Federigo Borromeo Cardinale del titolo di Santa Maria degli Angeli, ed Arcivescovo di Milano
  • F. Verri, Osservazioni sulla tortura

Citazioni

I promessi sposi hanno dato origine a diverse frasi ed espressioni che in Italia sono entrate nell'uso comune. Alcuni esempi: Da "Questo matrimonio non s'ha da fare" a "Perpetua", che ora identifica per antonomasia le collaboratrici dei parroci; da "latinorum" a "Carneade", per definire un illustre sconosciuto, e ancora da "Azzecca-garbugli" per definire un avvocato di scarsa etica professionale (o, in generale un arruffone che incanta il prossimo solo a parole), a "i capponi di Renzo" per indicare in senso figurato soggetti deboli e destinati a soccombere che si perdono nel litigare fra di loro, invece di far fronte comune contro la fine che li attende.

Sono spesso citati inoltre interi brani del romanzo che vengono tuttora imparati a memoria e recitati, come "Addio, monti sorgenti dall'acque..." e "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...", tutti riferimenti al paesaggio dei dintorni lecchesi.

Dino Buzzati, autore del '900, ha scritto, sulla base del capitolo manzoniano sulla malattia di don Rodrigo, il racconto La peste motoria, vivace trasposizione in cui la malattia aggredisce non più gli uomini ma le autovetture, e i monatti sono dipendenti degli sfasciacarrozze.

Adattamenti

Opera lirica

Musical

Cinema

Sceneggiati televisivi

File:Romina ed Albano con Felice Chiusano e Lucia Mannucci.jpg
Romina Power (Lucia) ed Al Bano (Renzo) con Felice Chiusano (don Abbondio) e Lucia Mannucci (Agnese) nella parodia dei Promessi Sposi realizzata nel 1985 dal Quartetto Cetra

Note

  1. ^ Otello Ciacci, Studi manzoniani, A. Signorelli, 1975 p.3 e sgg
  2. ^ Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana,Einaudi Scuola, Torino 1992, pp. 651-653
  3. ^ Alessandro Manzoni, I promessi sposi, a cura di Ezio Raimondi e Luciano Bottoni, Principato, Milano 1988, pp.VIII-XI
  4. ^ "come è attestato dalla data che si legge all'inizio del manoscritto autografo". Lanfranco Caretti, Manzoni.Ideologia e stile, Einaudi, Torino, 1975, p.43
  5. ^ Lanfranco Caretti, Manzoni. Ideologia e stile, Einaudi, Torino 1975, pp.46-53
  6. ^ Lettera a Cesare d’Azeglio Sul Romanticismo (PDF), su digila.it. URL consultato l'11 agosto 2011.
  7. ^ I Promessi sposi, ed. Bulgarini, Firenze, 1992, commento di Gilda Sbrilli
  8. ^ http://www.gianniroghi.it/Testi/l%27europeo/6019%20%20%281%29.htm
  9. ^ http://ladomenicadivicenza.it/a_ITA_1634_1.html
  10. ^ Giovanni Getto, Manzoni europeo , Biblioteca europea di cultura, ed. Mursia, 1971.
  11. ^ "Manzoni, col "sugo" della storia nella chiusa dei Promessi sposi, lascia intendere che il libro è un romanzo a tesi; e fiumi d'inchiostro si sono versati in proposito. Ma potrebbe anche sostenersi che il libro è un romanzo di tesi, un teorema con più ipotesi compresenti e alternative, un <<romanzo di idee sotto specie di romanzo storico>> (cfr. Caretti, cit., p.32)" Pietro Gibellini, La parabola di Renzo e Lucia. Un'idea dei "Promessi sposi", Morcelliana, Brescia, 1994.

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