Duomo di Monza

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Coordinate: 45°34′59″N 9°16′31″E / 45.583056°N 9.275278°E45.583056; 9.275278

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Il Duomo di Monza, dedicato a San Giovanni Battista, è stato edificato tra il XIV e il XVII secolo e si trova nella piazza omonima della città lombarda di Monza.

Storia

Dalle origini al '300

Lo stesso argomento in dettaglio: Basilica di San Giovanni Battista (Monza).

Monza esce dal panorama nebuloso dei centri minori del territorio milanese durante il regno ostrogoto: Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, ne sottolinea la prossimità a Milano e la salubrità del clima, ragioni che inducono Teodorico a costruirvi il suo Palatium magnum[1].

Il rosone e la statua di San Giovanni Battista

Successivamente Monza conosce nuova importanza quando viene scelta come residenza estiva dalla regina Teodolinda, principessa bavarese, vedova di Autari e sposa di Agilulfo, re dei Longobardi, che ha fondato un "oraculum" dedicato a san Giovanni Battista nel 595.
La regina fa edificare a Monza anche un Palazzo, magnificamente decorato con le imprese dei Longobardi, e accanto al palazzo fonda una Basilica, che dedica a San Giovanni Battista, dotandola di molti ornamenti d'oro e d'argento e di rendite sufficienti. Le informazioni disponibili sul tempio originario sono scarsissime e l'unica fonte disponibile è ancora la Historia Langobardorum, che Paolo Diacono compose al crepuscolo del regno Longobardo.

Il San Giovanni monzese, nato come cappella palatina, nel 603 è usato eccezionalmente anche come luogo di battesimo per Adaloaldo, figlio di Teodolinda e Agilulfo ed erede al trono longobardo. Il battesimo viene celebrato da Secondo di Trento, abate benedettino consigliere della regina[1].

In quella e in altre occasioni, papa Gregorio I manifesta con doni e lettere la propria approvazione per il progetto politico di Teodolinda, mirante alla normalizzazione dei rapporti con la sede pontificia e alla conversione del popolo longobardo dall'eresia ariana al cattolicesimo.

Alla sua morte, avvenuta nel 627, Teodolinda è sepolta all'interno della Basilica. Il luogo della sepoltura è subito fatto segno di devozione, sino al 1308, quando i resti della sovrana vengono traslati in un sarcofago, oggi collocato all'interno della Cappella della Regina. Anche il sarcofago diviene oggetto di venerazione e per secoli, ogni anno, nell'anniversario della morte di Teodolinda, il 22 gennaio, si svolge una cerimonia all'altare di quella cappella, presso il sepolcro.

Dal '300 ai giorni nostri

La riedificazione del Duomo, nella forma in cui lo vediamo noi oggi, risale al 1300, quando l'arciprete Avvocato degli Avvocati, nell'anno del primo Giubileo della storia della cristianità, depone la prima pietra del nuovo tempio.

L'ex evangelicatorio di Matteo da Campione riadattato nel XVIII secolo a cantoria dell'organo
Lapide funeraria di Matteo da Campione, immurata all'esterno della Cappella del Rosario

Questa seconda campagna costruttiva, motivata dalla necessità di ampliare l'edificio (sobriamente ispirato alle contemporanee architetture mendicanti, come il S. Francesco "ad pratum magnum" della stessa Monza) per adattarlo alle esigenze di rappresentanza che il ritorno del Tesoro da Avignone (nel 1345) imponeva, cade a metà del secolo. Artefice di questa seconda, più solenne, fase è Matteo da Campione[2], esponente di quella stirpe di costruttori proveniente dalla zona dei laghi tra Lombardia e attuale Canton Ticino, alla quale i Visconti commissionarono tante imprese edilizie e decorative del ducato nel corso del Trecento. La sua lapide funeraria (+ 1396), immurata all'esterno della cappella del Rosario, ci informa sulla sua attività (il completamento della grande facciata "a vento", la realizzazione del pulpito e del battistero) e testimonia il prestigio da lui raggiunto e la sua devozione. Egli fu certamente interprete dell'aspirazione dei Visconti a realizzare una grande basilica per le incoronazioni imperiali[2], secondo la tradizione germanica che imponeva all'imperatore di assumere tre corone: quella d'argento ad Aquisgrana, quella d'oro a Roma e quella "di ferro" appunto a Monza (o a Milano). E di ciò si ha una straordinaria testimonianza iconografica nella grande lastra (già chiusura posteriore del pulpito) oggi collocata presso l'ingresso della sacrestia[3].

Altare maggiore e paliotto

A Matteo spetta anche la costruzione delle due cappelle gemelle ai lati dell'abside maggiore. Quella di destra (già del S. Chiodo e oggi dedicata al S. Rosario) venne decorata intorno al 1417-18 (sopravvive un unico frammento con Cristo crocifisso, attribuito a Michelino da Besozzo); quella di sinistra (dedicata a Teodolinda) decorata tra il 1444 e il 1446 dalla famiglia di pittori lombardi Zavattari che realizzarono il celebre ciclo di affreschi tardogotici[2].

Occorre attendere oltre un secolo per assistere alla ripresa dell'attività decorativa, che questa volta interessa i bracci dei transetti. È sempre nella seconda metà del Cinquecento che si avvia, in rapporto alle trasformazioni imposte dal Concilio di Trento, una profonda rielaborazione della zona absidale, con lo sfondamento del muro di fondo della cappella maggiore e la costruzione di un vasto presbiterio, all'esterno rigorosamente intonato alle precedenti architetture tardogotiche.

Duomo di Monza, interno

Alla fine del secolo viene anche costruito, su progetto di Pellegrino Tibaldi, il nuovo campanile, a sinistra della facciata. Nel 1644 viene gettata la volta della navata centrale[2] e nel 1681 è costruita, nell'area delle sacrestie, la cappella ottagona destinata a ospitare il Tesoro. I primi decenni del Settecento, anche in coincidenza con il ripristino del culto del S. Chiodo, segnano anche una forte ripresa decorativa, che trasforma l'edificio in una sorta di antologia della pittura tardobarocca. La stagione neoclassica è segnata dall'altare maggiore progettato da Andrea Appiani (1798) e dal nuovo pulpito di Carlo Amati (1808). Alla fine dell'Ottocento si collocano le grandi opere di restauro conservativo e stilistico della cappella di Teodolinda e soprattutto della facciata (L. Beltrami, G. Landriani), che viene trasformata radicalmente con la reintegrazione delle edicole sommitali (già tutte cadute, ad eccezione di una, all'inizio dei Seicento) e la sostituzione dei filari di marmo nero di Varenna con serpentino verde d'Oira, per enfatizzare, in una sorta di ipercorrettismo, la componente toscaneggiante della cultura figurativa campionese[2].

I cicli decorativi

Se si eccettua il ciclo della cappella di Teodolinda, poco è sopravvissuto della decorazione precedente la stagione barocca, che ha profondamente inciso nella percezione dello spazio interno del Duomo. In clima tardomanierista ci trasportano le decorazioni delle testate interne dei transetti, a iniziare da quella meridionale (Albero di Jesse, di Giuseppe Arcimboldi[2] e Giuseppe Meda, 1558) per passare a quella settentrionale (Storie di San Giovanni Battista, di G. Meda e Giovan Battista Fiammenghino, 1580). La decorazione del presbiterio e del coro è la maggiore impresa pittorica del Seicento e vede all'opera Stefano Danedi detto il Montalto, Isidoro Bianchi, Carlo Cane ed Ercole Procaccini il Giovane, con quadrature di Francesco Villa. La volta della navata maggiore viene invece affrescata alla fine del secolo da Stefano Maria Legnani detto il Legnanino, con quadrature del Castellino (1693). I dieci quadroni della navata centrale con Storie di Teodolinda e della Corona ferrea, realizzati tra Sei e Settecento, appartengono a diversi pittori, fra cui Sebastiano Ricci, Filippo Abbiati e Andrea Porta. È però soprattutto il Settecento a segnare l'interno dell'edificio, che costituisce un osservatorio privilegiato per lo studio della cultura figurativa lombarda tra barocco, barocchetto e rococò. Pietro Gilardi affresca con Storie della Croce il tiburio[2] (1718-19); Giovan Angelo Borroni dipinge nella cappella del Rosario (1719-21), in quella del Battistero e in quella di Santa Lucia (1752-53); Mattia Bortoloni decora la cappella del Corpus Domini[2] (1742). L'episodio conclusivo è costituito dall'intervento in Duomo di Carlo Innocenzo Carloni, il grande maestro del rococò internazionale, già attivo in Austria, Germania e Boemia. Tra il 1738 e il 1740, secondo un programma stabilito dal gesuita Bernardino Capriate, egli decora le volte delle navate laterali, l'arcone trionfale e le pareti occidentali del transetto[2].

Corona Ferrea e Tesoro del Duomo

La Corona Ferrea, conservata nella cappella di Teodolinda
Lo stesso argomento in dettaglio: Corona Ferrea.

Nel Duomo si conserva la celeberrima Corona Ferrea che, secondo la tradizione, contiene uno dei chiodi usati per la crocefissione di Cristo. La Chiesa riconosce il carattere di reliquia alla Corona, e proprio per questo è conservata in Chiesa (e non nel museo). Dal transetto sinistro, attraverso il grazioso chiostro del settecentesco cimiterino, si accede al Museo Serpero, che conserva il Tesoro del Duomo.

Fino al XVI secolo il Duomo di Monza era amministrativamente autonomo dalla diocesi di Milano, e l'arciprete del Duomo aveva persino una parte dei poteri propri di un vescovo; nei documenti d'epoca si parla di "curia" di Monza, anticamente di rito patriarchino, proprio come se fosse stata una sede vescovile.
Questa situazione fu sanata da San Carlo Borromeo, che abolì tutti i riti diversi dal rito ambrosiano e romano, ma per la forte opposizione dei monzesi, egli dovette tuttavia rinunciare ad imporre il rito ambrosiano per la celebrazione della Messa, che vige nel resto della diocesi. Tuttora a Monza, Brugherio e Villasanta, la Messa è celebrata secondo il rito romano.

La torre campanaria

Il campanile
1592 anno di fondazione del campanile scolpito sullo zoccolo dello stesso
Lapide in ricordo della visita dei sovrani austriaci del 4.3.1816

La torre campanaria, con la sua altezza di circa 79 metri, svetta nel cielo di Monza e costituisce un significativo punto di riferimento nel paesaggio della Brianza.

La sua costruzione iniziò il 23 maggio 1592, quando l'arciprete Camillo Aulario pose la prima pietra della fabbrica.

Nel 1606 la costruzione era completata, tuttavia il castello con le campane e il rivestimento si datano intorno al 1620. Soltanto il 18 settembre 1628 il cardinale Federico Borromeo benedisse le campane alla presenza dell'arciprete Adamo Molteno e del clero monzese.

Il progetto del campanile, che rivela l'influsso dello stile di Pellegrino Pellegrini, architetto di S. Carlo Borromeo, fu in realtà eseguito dall'architetto Ercole Turati, al quale si devono anche i progetti del battistero, della cripta e dell'ampliamento del coro, realizzati nei primi due decenni del XVII secolo.

Il Turati inserì nei quattro frontoni della cella grandi stemmi in cornici barocche di granito, che raffigurano: a sud, la Chioccia con i pulcini, del Tesoro; a est, la mitra e il pastorale, in uso all'arciprete; a nord, la Corona Ferrea e la Croce del Regno; a ovest, l'Agnello sul libro dei sette sigilli.

Alla base della torre una lapide ricorda la visita del 4 marzo 1816 dei sovrani d'Austria, Francesco I e della sua terza moglie Maria Ludovica d'Asburgo-Este, alias Maria Luigia (che morirà il mese successivo a Verona), preceduta dalla restituzione del tesoro monzese, il 2 marzo.

Le campane

Il campanile possiede un concerto di 8 campane in scala diatonica maggiore di LA2, fuse nel 1741 dal milanese Bartolomeo Bozzi[4], successivamente autore anche delle campane della Basilica di Sant'Ambrogio. Questo campanile ha la caratteristica di avere le campane che suonano a "slancio", un'eccezione nella Diocesi di Milano, che invece usa il sistema "Ambrosiano".

Campana Nota nominale Fonditore Anno Peso stimato
Prima La3 Bartolomeo Bozzi 1741 372 Kg
Seconda Sol#3 Bartolomeo Bozzi 1741 414 Kg
Terza Fa#3 Bartolomeo Bozzi 1741 662 Kg
Quarta Mi3 Bartolomeo Bozzi 1741 993 Kg
Quinta Re3 Bartolomeo Bozzi 1741 1324 Kg
Sesta Do#3 Bartolomeo Bozzi 1741 1656 Kg
Settima Si2 Bartolomeo Bozzi 1741 2401 Kg
Ottava La2 Bartolomeo Bozzi 1741 3315 Kg

Plenum delle 8 campane di Monza

L'Arciprete di Monza

L'Arciprete di Monza è un presbitero che presiede il Capitolo del Duomo ed è a capo della comunità cattolica della città.

Il Duomo, sin dalla sua fondazione da parte della Regina Teodolinda, è retto da un arciprete.

L'Arciprete per antiche concessioni ha il titolo di "Monsignore" e utilizza alcune insegne tipiche di un vescovo: l'anello, la croce pettorale (sorretta con cordone verde e oro), la mitria preziosa, la dalmatica e il pastorale. Nelle maggiori solennità come Natale, Epifania, Pasqua, Natività di San Giovanni Battista, Corpus Domini, Festa dell'Esaltazione della Santa Croce, celebra la Messa pontificale.

Anticamente alcuni prelati disponevano di una milizia armata propria. Per un privilegio concesso dalla corona austriaca nel XVIII secolo la milizia monzese è stata conservata. Per questo, durante le celebrazioni in Duomo, nelle maggiori solennità prestano servizio degli alabardieri in costume settecentesco.

Note

  1. ^ a b P. Diacono, Historia Langobardorum, Libri III et IV
  2. ^ a b c d e f g h i R. Conti, Il Duomo di Monza: 1300-2000. VII centenario della fondazione: guida storico-artistica, Silvana, 1999
  3. ^ Duomo di Monza | La basilica, la parrocchia e i suoi parrocchiani - Home
  4. ^ Scheda completa sul campanile

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