Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano

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Template:Membro delle istituzioni italiane Antonino Paternò-Castello, 6° Marchese di San Giuliano (conosciuto come San Giuliano); Catania, 10 dicembre 1852Roma, 16 ottobre 1914) è stato un politico italiano. Dal 1905 al 1906 e dal 1910 al 1914 fu Ministro degli Esteri del Regno d’Italia. Benché sostenitore della Triplice alleanza, nell'intento di completare l'unità territoriale dell'Italia, allo scoppio della Prima guerra mondiale iniziò le trattative diplomatiche con l'Intesa che portarono al Patto di Londra.

Ascesa 1852-1898

Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano, era discendente- come spiega il suo principale biografo, GianPaolo Ferraioli - da una antica famiglia (Paternò) di origine provenzale-catalana dell’XI secolo proveniente da Embrun, in Francia, e giunta in Sicilia al seguito dei re normanni. Il capostipite del ramo dei San Giuliano fu l'omonimo Antonino Paternò Castello, barone di Gallizzi e Mandrascate (1599-1659).

Antonino nacque a Catania il 10 dicembre 1852 dal matrimonio fra Benedetto, 5° Marchese di San Giuliano, e Donna Caterina Statella e Moncada, figlia di Don Antonio 12° Principe di Cassaro. Figlio unico, ebbe quali punti di riferimento culturali la madre, alla quale era molto affezionato, e la ricca biblioteca di Palazzo San Giuliano.

Da Catania a Roma

Il giovane San Giuliano riuscì presto a padroneggiare le principali lingue europee che affinò durante alcuni viaggi a Londra e a Vienna. Sposatosi con Enrichetta Statella dei conti di Castagneto, nello stesso 1875 si laureò in legge e, eletto consigliere comunale a Catania, ne divenne l’assessore alla Pubblica Amministrazione. La carica gli consentì di far trasferire in città da Parigi le ceneri del musicista Vincenzo Bellini. Molto ambizioso, divenne sindaco della città natale a 26 anni. Nel 1882 si fece promotore di un progetto per una grande linea ferroviaria circumetnea. Giudicata troppo dispendiosa, la ferrovia fu bocciata dai consiglieri (che optarono per una soluzione più modesta) e San Giuliano si dimise. Partì da Catania e l’anno dopo, a Roma, venne eletto deputato alla Camera.

I Fasci siciliani

Di area liberale, appoggiò tuttavia la politica di Francesco Crispi e nel 1892 divenne sottosegretario all’Agricoltura nel primo governo Giolitti. L’anno dopo scrisse Le condizioni presenti della Sicilia, in cui proponeva, per i latifondi mal diretti, l’espropriazione "forzata per pubblica utilità". L’iniziativa avrebbe creato una classe di "contadini-proprietari cointeressata alla conservazione dello Stato". Nel frattempo però il governo avrebbe dovuto, come fece, reprimere le organizzazioni di rivoltosi (i Fasci siciliani) per il mantenimento dell’ordine nell’isola. [1]

Ambasciatore e ministro

L'antico palazzo dei San Giuliano a Catania, oggi.

Nel 1899 il Marchese ebbe l’incarico di Ministro delle Poste nel governo conservatore di Luigi Pelloux e nel 1905 entrò al Senato. In quegli anni compì diversi viaggi. Oltre all’Eritrea e alla Tunisia, nel 1904 visitò gli Stati Uniti d'America, che definì “la maggiore democrazia del mondo”, dalle possibilità “indefinite”.

Grazie a Giovanni Giolitti, fu per una prima volta Ministro degli Esteri dal 24 dicembre 1905 all’8 febbraio 1906 con il governo di sinistra di Alessandro Fortis. In quei quaranta giorni il neo-ministro impostò la linea di condotta dell’Italia alla conferenza di Algeciras. Tale linea, pur mantenendosi adeguatamente vicina alle posizioni degli alleati della Triplice Alleanza, determinò una svolta nella politica coloniale italiana. Non votando infatti contro le mire espansionistiche della Francia nei confronti del Marocco, l’Italia si procurò il benestare di Parigi per l’impresa di Libia.

Ben disposte verso di lui furono da quel momento Francia e Gran Bretagna, Paesi dove, fra il 1906 e il 1910, ricoprì la carica di ambasciatore. Con tale mandato a Londra, nella primavera del 1909 ebbe l’occasione di accompagnare in una tappa del suo viaggio nel Mediterraneo il Re d’Inghilterra Edoardo VII. Rientrò, così, al fianco del sovrano più potente del mondo, a Catania dove fu accolto assieme al suo ospite con vive dimostrazioni di entusiasmo. Il personale trionfo del marchese fu coronato tuttavia qualche giorno dopo, quando i sovrani britannici furono accolti in Palazzo San Giuliano, per un . [2]

Dopo l’esperienza diplomatica, il marchese, il 1° aprile 1910 fu nuovamente nominato Ministro degli Esteri, carica che avrebbe ricoperto fino al giorno della sua morte. Il governo di cui fece parte inizialmente fu quello del filofrancese conservatore Luigi Luzzatti.

Il problema più grave che San Giuliano si pose da subito fu di completare l’unità del Regno con i territori di lingua italiana (Trentino, Gorizia e Trieste) dell’Austria. Il marchese riteneva di poter risolvere questo problema pacificamente, contando cioè sull’articolo 7 della Triplice Alleanza, che prevedeva compensi territoriali per l’Italia in caso di espansione dell’Austria nei Balcani.

L’impresa libica

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra italo-turca.
Dirigibili italiani colpiscono postazioni turche in Libia

Una diversa occasione, però si andava profilando. A seguito della crisi di Agadir, che definì l’assegnazione del Marocco alla Francia, Roma riceveva tacitamente il via libera da Parigi e Londra per l’occupazione della Libia, territorio dell’Impero Ottomano.[3] L’impresa, fermamente voluta da San Giuliano, rientrava in un contesto di spartizione coloniale delle coste del Mediterraneo fra le grandi potenze, ed era favorito dall’indebolimento ormai cronico dell’Impero Ottomano. Per il Ministro degli Esteri San Giuliano, fu il risultato di tre mesi di preparazione, in cui dovette seguire e prevedere la crisi di Agadir, tenere testa agli alleati e anche vincere le remore del presidente del consiglio Giolitti.

Dopo l’ultimatum del 28 settembre 1911 e lo sbarco delle truppe italiane, con il passare delle settimane, forte della mediazione tedesca, San Giuliano si mostrò disposto a trattative che avrebbero formalmente lasciato alla Turchia la Libia, e che avrebbero concesso all’Italia una sorta di protettorato politico-economico.[4] Di altro avviso fu invece Giolitti che pretese l’occupazione completa del territorio per poter instaurare qualsiasi forma di dominio l’Italia avesse voluto. [5]

Costretto a rivedere le sue posizioni, e quelle dell’Italia, il marchese si trovò immediatamente in difficoltà con gli alleati, che erano molto vicini alla Turchia. L’Austria soprattutto si oppose all’occupazione delle isole turche nell’Egeo e il marchese fu costretto a minacciare la fine della Triplice Alleanza se all’Italia non fosse stato consentito di chiudere al più presto la guerra. [6]

Nella primavera del 1912, consenziente l’Austria, l’Italia potette infine occupare le isole turche dalle quali partivano i rifornimenti per la guerriglia libica. Ma solo in autunno, scoppiata la Prima guerra balcanica con la dichiarazione di guerra di Montenegro, Serbia, Grecia e Bulgaria alla Turchia, nel timore che tutto l’impero fosse sul punto di crollare, Costantinopoli accettò la resa alle condizioni di Roma. Era il 18 ottobre 1912. L’Italia acquisì il Dodecanneso e la Libia, ma la guerriglia araba non fu mai sedata.

L'Albania

Fra l’impresa libica e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il marchese di San Giuliano si attivò per fare dell’Albania la diga contro l’affacciarsi nell’Adriatico meridionale di qualsiasi potenza ritenuta avversaria degli interessi italiani. Nel 1913, contribuì in modo decisivo al riscatto della nazione nei confronti della Turchia, [7] cooperando alla sua indipendenza protetta e garantita dalle grandi potenze. Accettò anche l’ascesa al trono albanese del principe tedesco Guglielmo di Wied che giudicò non manovrabile dall’Austria, né dal clero, perché protestante.

Costantemente animato dall’idea di completare l’unità del Paese, San Giuliano guardò d’altro canto con sospetto all’annessione di territori etnicamente estranei. Quando nella primavera del 1914, proprio l'Albania sembrò crollare sotto il peso del suo artificioso assetto politico, l’ambasciatore tedesco in Italia Hans Flotow [8] propose al marchese la spartizione del Paese fra Italia e Austria. San Giuliano rifiutò dichiarando che sarebbe stato un grave errore incorporare un territorio alla ricerca della propria unità nazionale e per di più balcanico. Nel caso l’Albania settentrionale fosse diventata austriaca, il compenso per l’Italia si sarebbe dovuto cercare nell’ambito dei territori italiani dell’Austria.[9]

In difesa della pace

Dopo l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914, di fronte al profilarsi di un conflitto europeo e alla quasi certezza che Vienna non avrebbe ceduto sulle province italiane neanche in caso di un appoggio militare di Roma, prevalse in San Giuliano la linea della pace.

Il suo pragmatismo divenne proverbiale quando, dopo la consegna dell’ultimatum austriaco alla Serbia il 23 luglio, propose che i serbi pronunciassero «il semplice monosillabo sì» alle richieste dell'Austria. Aggiungendo: «che i serbi accettino, pronti a non eseguire ciò che hanno accettato». [10] L’Austria sarebbe stata diplomaticamente spiazzata e ci sarebbe stato il tempo di organizzare una conferenza internazionale sulla Serbia.

Inoltre, consigliò al ministro degli esteri inglese Edward Grey di dichiarare fermamente che la Gran Bretagna sarebbe intervenuta nel conflitto a fianco della Francia. Tale notizia avrebbe convinto i tedeschi a non scendere in campo. Ma il giorno dell’ultimatum austriaco alla Serbia, Grey dichiarò proprio il contrario, e cioè che la Gran Bretagna avrebbe potuto lasciare che la guerra restasse confinata a quattro grandi potenze: Francia e Russia contro Germania e Austria, [11] illudendo così il Kaiser Guglielmo II di avere mano libera contro la Francia.

La neutralità

La Triplice Alleanza (in verdone), la Triplice Intesa (in verde) e gli alleati della Russia (in verde chiaro) nel 1914.

Di fronte al precipitare degli eventi, il 31 luglio 1914, al Consiglio dei Ministri, San Giuliano espose la sua convinzione che l’Italia sarebbe dovuta rimanere neutrale, almeno nelle prime fasi dell’imminente conflitto. Ciò non voleva però dire uscire dall’alleanza con Austria e Germania. Il governo, secondo il Ministro degli Esteri, doveva tenere conto dell’avversione degli italiani per una guerra a fianco di Vienna e delle alte probabilità di un intervento della Gran Bretagna nel conflitto a sostegno di Francia e Russia. Ciò voleva dire, per la penisola italiana, esporsi alla maggiore potenza navale del mondo. Infine, il governo doveva dichiarare la sua neutralità per le precarie condizioni dell’esercito, completamente da riorganizzare. Era quindi una fortuna, concluse San Giuliano, che anche lo spirito difensivo della Triplice Alleanza e l’articolo 7, esonerassero l’Italia dall’obbligo di unirsi a Austria e Germania. [12]

Ma decisiva, per San Giuliano, fu la volontà degli alleati di non voler compensare l’Italia in caso di entrata in guerra e comunque non con province italiane in territorio asburgico. In perfetto accordo con il Presidente del Consiglio Antonio Salandra, San Giuliano proclamò la neutralità dell’Italia il 3 agosto 1914, lo stesso giorno della dichiarazione di guerra della Germania alla Francia.

L'indomani la Gran Bretagna dichiarava guerra alla Germania.

Nonostante tutto San Giuliano continuò a definirsi “triplicista”, sostenitore cioè della Triplice Alleanza. Gli eventi bellici iniziali sostenevano questa convinzione: la Germania sembrava destinata a battere la Francia e l’Austria accusava notevoli difficoltà contro la Russia. Il dopoguerra avrebbe visto una Germania potente e amica dell’Italia [13] ed un’Austria stremata e ridimensionata. In una situazione del genere il gesto inconsulto di Vienna sarebbe stato pagato anche con la cessione del Trentino all’Italia. Cessione che sarebbe stata legittimata dalle forze italiane completamente intatte. [14]

Verso il Patto di Londra

San Giuliano in alta uniforme di Ministro degli Esteri

Tuttavia, alla politica della neutralità “triplicista” si affiancò una graduale apertura nei confronti dell’Intesa. Avvicinamento che sarebbe stato utile nell'eventualità di un cambiamento della situazione militare. Fra i tre, il governo scelto da San Giuliano fu quello britannico, l’unico di cui il marchese si fidasse per mantenere la segretezza delle trattative. Già l’11 agosto 1914 il Ministro degli Esteri stilò un telegramma di istruzioni per l’ambasciatore a Londra Guglielmo Imperiali.[15] Si trattava del seguente progetto in nove punti.

In caso di entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa, le quattro potenze (Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia ) non avrebbero stipulato pace separata. Le flotte inglese e francese, assieme a quella italiana avrebbero sùbito stanato e distrutto la flotta austriaca in Adriatico. Conseguita la vittoria, l’Italia avrebbe ricevuto Trieste e il Trentino sino al Brennero. In più, in caso di crollo dell’Impero Ottomano, all’Italia sarebbe spettata la zona di Adalia (anche solo in forma di concessioni economiche). Quanto all’Albania, poteva essere divisa fra Serbia e Grecia, ma Valona sarebbe stata eretta a città autonoma e internazionale. Dal punto di vista economico San Giuliano prevedeva per l’Italia una parte dell’eventuale indennità di guerra, corrispondente ai suoi sforzi bellici. Infine, nel dopoguerra, le quattro potenze avrebbero dovuto sorvegliare sul mantenimento dello status quo costituito.[16]

Con questo documento, iniziò il percorso che avrebbe condotto l’Italia, nove mesi dopo, al Patto di Londra.

Fino alla morte, San Giuliano sostenne che per intervenire nella Grande Guerra a fianco dell’Intesa, l’Italia aveva bisogno che si verificassero tre situazioni: una morale, e cioè un casus belli contro l’Austria; [17] una tecnica: la riorganizzazione dell’esercito; e una finanziaria: rimpinguare le casse dello Stato. [18]

Da anni malato di gotta, il marchese negli ultimi mesi di vita fu costretto all’immobilità. Viveva già da tempo al Palazzo della Consulta a Roma, sede del Ministero degli Esteri, dove morì alle 14,20 del 16 ottobre 1914. Il suo successore, Sidney Sonnino, ereditò la sua linea politica. Poco più di sette mesi dopo l’Italia entrava in guerra contro l’Austria.

Note

  1. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, pp. da 113 a 117.
  2. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 299.
  3. ^ L’accordo che concedeva mano libera all’Italia sulla Libia in cambio di non ingerenza sulle mire della Francia in Marocco, era del 14-16 dicembre 1900.
  4. ^ San Giuliano aveva in mente un protettorato simile a quello dell’Austria in Bosnia, della Francia in Tunisia e Marocco o della Gran Bretagna in Egitto.
  5. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, pp. 430, 431.
  6. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 473.
  7. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 650.
  8. ^ Hans von Flotow (1862-1935). Ambasciatore di Germania a Roma dal marzo 1913 al maggio 1915 (non in sede dal dicembre 1914, di fatto sostituito da Bernhard von Bülow).
  9. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 807.
  10. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 838.
  11. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, pp. 840, 845.
  12. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, pp. 849, 850.
  13. ^ Il Ministro degli Esteri tedesco Gottlieb von Jagow il 15 luglio 1914 aveva riconosciuto che l’Italia aveva diritto sia a rimanere neutrale, sia ad essere compensata qualora l’Austria si fosse espansa, anche temporaneamente, nei Balcani.
  14. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 890.
  15. ^ Guglielmo Imperiali di Francavilla (1858-1944). Marchese, senatore, ambasciatore d’Italia a Londra dal maggio 1910 al novembre 1920.
  16. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, pp. da 899 a 908.
  17. ^ Per casus belli San Giuliano intendeva anche una situazione di crollo imminente dell’Austria con il conseguente pericolo di espansione del panslavismo verso i confini dell’Italia.
  18. ^ Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo, Catanzaro, 2007, p. 945.

Onorificenze

Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria

Bibliografia

Opere di San Giuliano:

  • Un po’ più luce sulla questione del prestito, Giuntini, Catania, 1880.
  • Le condizioni presenti della Sicilia. Studi e proposte, Treves, Milano, 1893.
  • Lettere sull’Albania, Tipografia del Giornale d’Italia , Roma, 1903.
  • Articoli vari.

Per una bibliografia approfondita si rimanda a:

  • Gianpaolo Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra il XIX e XX secolo. Vita di Antonino di San Giuliano (1852-1914), Rubbettino, Catanzaro, 2007 ISBN 8849816979.


Predecessore Ministro degli Esteri del Regno d'Italia Successore
Tommaso Tittoni dicembre 1905 - febbraio 1906 Francesco Guicciardini I
Francesco Guicciardini marzo 1910 - ottobre 1914 Antonio Salandra II

Voci correlate

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